Creato da Matrixart il 29/10/2006

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IL RESTAURO NELLA STATUARIA CLASSICA - II parte (2^ lezione)

Post n°11 pubblicato il 31 Ottobre 2006 da Matrixart
 

  •  Questo è un altro caso delizioso per la qualità dell’intervento di restauro della fine del ‘400 in area veneta. Vediamo che è la rappresentazione di una Musa che noi vediamo in questo grafico, a questa Musa sono stati aggiunti alla fine del ‘400, la testa, parte del braccio destro, il pilastrino e la parte inferiore con i piedi etc… . Autore di questo restauro è uno dei più raffinati scultori veneti della fine del ‘400 e inizio del ‘500 ed è Tullio Lombardo. Tullio Lombardo è un’artista squisita e sappiamo che è anche in rapporto molto stretto con lo studio della statuaria classica. Lui stesso aveva nella sua bottega una raccolta di modelli latini e quindi fu chiamato a integrare questo torso femminile, lo trasforma e probabilmente in origine la costruzione non era questa della figura e lui ha aggiunto questo pilastrino e ha scalpellato la parte dello spessore sul fianco sinistro per dare questo movimento esaltato a questa figura e per farla appoggiare su questo pilastro. Quindi gli ha dato un movimento diverso dall’originale.
  • Questa bellissima testa che non ha niente a che fare con la scultura classica ma a molto a che fare con quella sensazione, con quella volontà di espressione del pathos, del dolore che era tipica della scultura ellenistica. Noi sappiamo che Tullio Lombardo aveva una particolare propensione per questo momento dell’arte antica, cioè l’ellenismo il periodo più tardo dell’arte antica che in questa bellissima testa interpreta alla sua maniera un modello antico. Vediamo la capigliatura con i riccioli, la bocca semiaperta che era la manifestazione di dolore e che abbiamo visto per esempio nel Laocoonte, la lunga in mezzo alla fronte che è un altro elemento che compare nella scultura ellenistica e sottolinea questa manifestazione. Dunque questa è un’opera di altissima qualità del pieno Rinascimento veneto che interpreta l’antico. Anche questa scultura ha una storia 900ntesca che ci interessa; qui la vediamo com’era fino a qualche anno fa e come fu ridotta negli anni ’20 del ‘900. In quel periodo molti musei archeologici italiani hanno compiuto delle campagne che sono state definito “derestauro”, cioè sono state tolte alle sculture classiche quelle parti fra cui il Laocoonte, ma ancora prima negli anni ’20-’30 del ‘900 c’era questa campagna di “derestaro”, cioè venivano primeggiate le sculture classiche in quanto tali togliendo tutto quello che non era pertinente; anche se l’aveva aggiunto un’artista come Tullio Lombardo. Qui questo derestauro si era formato a togliere soltanto il pezzo della mano destra che reggeva una ……… . Naturalmente non avrebbero potuto togliere il pilastrino perché la figura non si sarebbe retta e altrettanto la testa perché sarebbe stato un impoverire quest’immagine. Solo recentissimamente tipo negli anni ’90 del ‘900 è stata questa come altri esempi, sono stati reintegrati nelle loro parti storiche e quindi la statua è ritornata a essere uno straordinario e squisito esemplare di quell’incontro degli artisti rinascimentali con la statuaria classica; di quel confronto degli artisti del ‘500-‘600 avevano con la scultura antica. Cioè era un confronto che riportava a integrare mettendo quasi sullo stesso piano in una sorta di gara con il mondo antico e infatti vengono capolavori di questa qualità.
  • Un altro caso analogo e questo è l’altra icona dell’arte antica per diversi secoli è l’Apollo del Belvedere che si trova nel cortile del Belvedere. Una statua sulla quale sono stati scritti specialmente nel ‘700 dei fiumi di chiostro che è stata amata in particolare da Winkelmann, che vedeva in questa statua proprio l’ideale della figura maschile, una statua che sul piano archeologico moderno ha perso la sua importanza. A noi interessa perché questa scultura anch’essa fu restaurata da Montorsoli che già aveva restaurato il Laocoonte. Il restauro non era molto invadente in questo caso; Montorsoli rifece l’avambraccio destro, dal gomito in giù la parte è 500ntesca e rifece la mano sinistra che reggeva l’arco. Il fatto è che questo braccio sinistro dell’Apollo non doveva avere quell’andamento staccato dal corpo che dà una sensazione di slancio e di movimento ma doveva essere molto più aderente al corpo e quindi cambia la dinamica proprio del movimento della figura. Questa figura fu stata riconosciuta dell’integrazione del Montorsoli fino sempre agli anni ’20 del ‘900, quando il braccio è stato tolto e la figura è stata per diversi decenni, fino alla fine del ‘900 è rimasta nel cortile secondo questo aspetto. Solo recentemente negli ultimi anni, l’Apollo ha riacquistato le braccia e la mano 500ntesche perché la sensibilità degli storici dell’arte abbinata a quella degli archeologi ha fatto si che ne l’una e ne l’altra parte prendesse sopravvento; cioè è un insieme che può essere un insieme classico che può essere però valutato sia sul piano filologico e archeologico, sia sul piano di un esempio di rivalutazione rinascimentale di un grande modello antico.
  • Questo è un altro esempio di restauro rinascimentale molto particolare e curioso, vediamo che è un Ercole in riposo e si trova al Museo Archeologico di Napoli che fu trovato nella seconda metà del ‘500, fu trovato privo delle gambe. Quindi fu affidato per il restauro allo scultore romano sempre vicino a Michelangelo che è Guglielmo della Porta. Guglielmo della Porta realizzò queste due gambe che interpretò anche le gambe con la stessa qualità plastica e con la stessa attenzione anatomica per la muscolatura. Il fatto è che poco dopo che l’integrazione era stata compiuta furono ritrovate le gambe originali; le quali gambe per suggerimento si dice di Michelangelo non furono riportate sulla statua e movendo la parte rinascimentale, ma furono conservate da parte; cioè la statua rimase nella versione che l’aveva dato l’artista rinascimentale. Queste gambe rimasero conservate nella collezione Farnese cui faceva parte questo Ercole e vi rimasero finché la collezione Farnese fu trasferita da Roma a Napoli e oggi si trova al Museo Archeologico di Napoli. Questa collezione al movimento in cui fu trasferita per motivi ereditari alla fine del ‘700 da Roma a Napoli, tutte le sue componenti erano numerosissime statue che passarono a Napoli furono prese in considerazione da un restauratore che li vide un po’ tutte e che fece questa famosa sostituzione che Michelangelo non aveva voluto fare; cioè risistemò le gambe originali sulla statua antica togliendo la parte 500ntesca. Questo ci dice che alla fine del ‘700 si privilegiava certamente molto di più il significato originale dell’antico più che le aggiunte storiche.
  • Dunque anche a Firenze si coltivano operazioni di restauro ma in questo caso in queste operazioni più che di restauro potremmo definirle di completo rifacimento. Questo è il celeberrimo Ganimede di Benvenuto Cellini che si trova al Museo Nazionale del Bargello a Firenze. Questa è un’operazione compiuta da Benvenuto Cellini a metà del ‘500. Sappiamo dalle fonti che lo stesso Granduca Cosimo gli aveva dato e gli aveva fatto arrivare un semplice torso giovanile antico che Cellini aveva il compito di completarlo. Si può dire certamente che questo torso che non aveva caratterizzazioni che consentissero di capire di quale iconografia si trattasse, Cellini crea sulla base di questa parte antica un’opera d’arte di squisita qualità ma che non ha che niente a che fare con questa base antica che è solo un pretesto per la creazione di quest’opera. Questo era una prassi che soprattutto a Firenze si usava particolarmente alla fin del ‘500.
  • Qui è un altro esempio ed è un Apollo giovane che è stato completamente rifatto da Giovanni Caccini, un bellissimo scultore della fine del ‘500 legato a Giambologna e che è molto impegnato nei restauri e antichità della collezione medicea. In questo caso Caccini riceve un torso antico privo della testa, delle braccia e con le gambe fino al ginocchio e si percepiscono bene le aggiunture. Era sicuramente un torso di Apollino e ce ne sono molti esempi che Caccini ritiene di interpretare creando un’opera moderna sulla base di questo frammento antico, non particolarmente qualificato. In più del Cellini, aveva metà delle gambe questa figura e il fatto che le avesse determina la posizione stessa delle gambe secondo quel principio della poderazione. Quindi Caccini rifà dai polpacci ai piedi ma li rifà sulla base dell’andamento delle coscie. Inventa invece tutto la posizione delle braccia e questa posizione, questo modo di porsi in rapporto con lo spazio è certamente un canone della scultura tardo rinascimentale e soprattutto della scultura barocca. Particolarmente cacciniana cioè manierista è questa bellissima testa di Apollo che ha si dei modelli antichi perché le teste di Apollo tra l’altro erano bellissime per tipologia, però quello che è diverso è questo gesto così elegante, questo volgersi così elegante della testa rispondendo al richiamo sulla sua sinistra. Oltre tutto Caccini aggiunge come appoggio alla struttura, perché questa struttura senza un appoggio come nel caso del Cellini e come nella Musa vista prima non si sarebbe retto; quindi lui ci mette una bellissima opera d’arte costituito da questo sostegno sul quale poggia la lira che è l’attributo di Apollo. Il tutto è drappeggiato e inventa questa posizione di Apollo che si appoggia in maniera così disinvolta e assolutamente lontana all’iconografia antica, si appoggia a questo sostegno. Un’opera anch’essa squisita nella quale c’è un elemento di tipo manierista, cioè l’uso dei marmi policromi e questo bellissimo appoggio sono stati usati dei marmi semipregiati, cioè il serpentello, il rosso, il giallo di Siena; gli stessi marmi che Caccini in quel momento siamo negli anni ’80 del ‘500 Caccini usava nella realizzazione della Tribuna degli Uffizi. Quindi questa è un’opera che rientra in quel gusto per la policromia dei marmi che era tipico a Firenze nella fine del ‘500. Si trova nel braccio corto degli Uffizi e anche questo è un esempio di reintegrazione o meglio di rifacimento che riflette il gusto del ‘500.
  • Questo è un altro restauro di Caccini e si trova alla testata del primo corridoio degli Uffizi e questa era una scultura frammentaria che raffigura una delle fatiche di Ercole, Ercole con il centauro Nesso. Nella figura di Ercole rimanevano i piedi, cioè sono originali solo i piedi e una parte del braccio che abbranca la testa del centauro e non c’era altro. Della figura del centauro c’era quasi la metà della figura e quindi anche qui si tratta di un frammento abbastanza sostanzioso, ma in caso diverso perché in questo caso si poteva capire bene quale fosse l’iconografia originale del gruppo e quindi Caccini a partire dalla posizione del piede destro dell’Ercole e la punta del piede sinistro che dava la posizione delle gambe. Poi la mano che era sulla testa del centauro e poi non c’era altro. Da questo Caccini costruisce tutta la figura di Ercole e compone quindi tutto questo insieme che certamente è anche basato su immagini che Caccini poteva avere attraverso la glittica, i cammei, le gemme incise e quindi poteva avere a modello altre fonti. Quindi è un restauro di rifacimento che rispetta sicuramente con grande maestria l’originale. Sappiamo che dai documenti che in questo restauro c’è anche la mano del Giambologna, o meglio l’idea di Giambologna perché l’incarico viene dato a Giambologna ma poi egli lo affidò al suo aiutante-allievo che era Caccini.

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