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L'ora di religione

Post n°5 pubblicato il 21 Agosto 2007 da Eccelino
 

Quando ero alle elementari, molto
spesso, la maestra ci impartiva l'educazione religiosa e in qualche
occasione si univa a lei anche il prete del mio paese.

Ricordo
quei momenti con molto imbarazzo e riluttanza. Imbarazzo, perché
il contegno che dovevamo tenere era notevolmente più rigoroso
di quello che normalmente si teneva; riluttanza per la noia che ci
assaliva nell'ascoltare le prodi avventure del santo bambino e di
tutta la sua famiglia.

Ma la cosa che mi faceva letteralmente
innervosire era lo sguardo beatamente ebete del prete che nel
proferire sermoni e parabole bibliche, usava le mani morbide per
stringere le orecchie di alcuni compagni un po' troppo nervosi
facendoli contorcere dal dolore.

 

Non ricordo se anche a me successe una
cosa del genere, forse ero troppo vigliacco per disobbedire o forse
dovevo ancora capire.
In quelle aule, riscaldate dalla stufa a
legna e con i pavimenti in cotto, nelle giornate d'inverno quell'ora
era sempre agghiacciante e la povera maestra cercava di essere
gentile con noi bambini, inermi e stupidamente vuoti. La guardavamo e
cercavamo di carpire dai suoi occhi, dal tono della voce, dalla
movenza delle mani e dal colore delle sue guance se quanto diceva
poteva essere vero o solamente una storia, come molte ce ne
raccontava. Non poteva essere vero, ci si diceva nell'ora di
ricreazione, perché se lo fosse quante cose belle potremmo
avere!!!

Era anche un'ora in cui, alcune volte, con molta
distrazione lasciavo vagare la mia fantasia in altre cose ed ero
certo che non sarebbe stata quella distrazione a peggiorare il mio
anno scolastico già preario di suo. Insomma, era un momento di
svago e noia mentale e siccome il più delle volte tutto questo
avveniva verso la tarda mattinata, poco prima della fine della
scuola, la mia mente andava su un piatto fumante di minestra, su
quello che mia madre ci avrebbe preparato da lì a poco, o su
quello che mangiavano i bambini poveri che in quella scuola avevano
anche il refettorio, nel quale in alcune occasioni , mi soffermavo
con invidia nel vederli assieme a mangiare e a ridere.

 

Quest'invidia del pranzo collegiale mi
è sempre rimasta e a torto mio padre mi ha sempre
*scappellotato* perché dovevo invece ringraziare il signore se
invece avevo del cibo da mangiare senza dovermi fermare al
refettorio.

 

Mah? Non so se avrei dovuto ringraziare
il signore, o il lavoro suo, oppure la natura che ci aveva permesso
di nascere in una famiglia *benestante per poco*, ma tant'è
che l'invidia rimase.

Ho sempre trovato illogico e
inaccettabile che tra la parola di dio e noi, popolino infame, ci
fossero degli intermediari, i preti o le suore, giusto per capirsi e
nel pormi queste domande, sia allora che adesso, mi sono sempre preso
delle grandi batoste.
Ma a volte la comunicazione è anche
quella non verbale; è quella fatta di segni, di mimica, di
intonazioni della voce, oppure delle movenze del corpo e la maestra
che veniva inevitabilmente sommersa di domande, non essendo una
teologa, comunicava spessissimo la sua ignoranza senza dirlo, ma
creando grandi movimenti con le mani, oppure sgranando gli occhi e
abbozzando un sorriso di compiacimento alle nostre
curiosità.
Purtroppo il corvo sapeva e conosceva le
limitazione della classe insegnante di allora e con la gentilezza
decisa del clero la faceva accomodare nella sala degli insegnati
lasciando a lui il compito di arare senza ritegno le nostre innocenti
menti.

Nei giorni di natale, che allora non si festeggiava con
tutte le porcate di adesso, si faceva a gara per costruire il presepe
più bella della scuola ed ogni classe s'ingegnava per questa
stupida gara voluta dal corvo.

 

Ma era un vero gioco!!! Per me lo era.
E ognuno di noi portava qualcosa da casa per abbellire la coreografia
del natale. Chi cercava il muschio, quello vero che si trovava lungo
i fossi, chi invece cercava nelle stradine i sassolini piccoli e
bianchi per creare i viottoli, chi invece, perché magari
figlio di qualche artigiano, portava le casette, fatte a mano e altri
con le pecore, gli asini e tutte le altre comparse natalizie...a
volte c'era anche un indiano e anche qualche cow-boy, non c'entravano
nulla, ma vedere il corvo che ammirava il presepe e che s'accorgeva
della stridente figura degli indiani e dei cow-boy ci faceva solo che
ridere a crepapelle. Ma ridevamo noi, perché il sorriso e la
commedia non è della religione e mettere in *banchetta* la
sacra famiglia era peggio che bestemmiare, tanto che alcune volte
fummo richiamati, a suon di ceffoni e relegati all'angolo della
classe con la faccia al muro per aver offeso dio...
Per noi tutto
questo, al di là dei ceffoni che facevano male, era solo puro
divertimento e l'attendersi poi qualche giorno di riposo, soprattuto
in campagna e con la neve, era meglio che andare a scuola.


 
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