Il termine "cucchiaio" proviene dal latino “cochlea” (conchiglia,
chiocciola), forse perché il guscio di questi animali rappresentò il
primo strumento naturale usato dall’uomo per portare i liquidi alla
bocca. Nel romoto passato l'uomo cacciatore usava esclusivamente le
mani per mangiare.
Ancora al tempo dei Greci, popolo civile per eccellenza, non
veniva sentito alcun bisogno di servirsi di posate, in quanto i cibi
erano posti già sminuzzati davanti al commensale, e la mano destra era
l'unico "strumento" usatoIl problema dei cibi caldi veniva affrontato: "temprando
con l'esercizio le dita" alla scottatura. Infatti tra una portata e
l'altra le mani erano nettate con abluzioni di acqua profumata, anche
perchè nelle corti e nelle case aristocratiche c'era abbondanza di
servitori, ancelle (Ulisse ne aveva cinquanta), coppieri e mescitori
che provveddevano a tutte le esigenze dei commensali.
Sulla scena romana dell'età imperiale comparvero le prime posate,
suggerite dalla passione per cibi adatti a stuzzicare l'appetito come
ostriche, molluschi e frutti di mare. Questi arnesi erano di due tipi,
con fattezze simili all'odierno cucchiaio:
-il primo detto "ligula" (da lingua), aveva la pala ovale e il
manico dritto o curvo, e lo si usava per dispensare le preziose salse
di cui la cucina Romana era prodiga.
-il secondo chiamato "cochlear", con la pala rotonda e piatta, e
il manico dritto e appuntito, veniva utilizzato per scalzare il frutto
dalla conchiglia e portarlo alla bocca, o per consumare le uova crude
(con la punta si apriva il guscio e con la pala si sorbiva il
contenuto).
Gli ornamenti di questi utensili, per lo più forgiati in argento,
variavano secondo le mode del momento: spesso vi erano incisi motti e
dediche augurali, come il celebre "Utere Felix" (adoperalo
felicemente), forse il primo "Buon Appetito" della storia.
Lo scrittore Macrobio, descrivendo un menù completo del IV sec. ci
dice che a quell'epoca comparve un cucchiaio speciale: il "cyathus"
(capacità mezzo litro) utilizzato per versare il vino nelle coppe
durante la parte finale del convivio. Con il diffondersi del Cristianesimo, il "cochlear" dei trionfali
banchetti si trasformò anche in supellettile sacro, diventando quel
"cucchiaio di consacrazione" ancora oggi presente nei riti
greco-orientali.
Nel ‘500 alcuni personaggi illustri, per mostrare la propria
ricchezza, si fecero realizzare cucchiai da tavola in oro smaltato o
tempestato di gemme. Nel ‘600 questa moda cambiò a favore dell’argento,
più facilmente lavorabile e dal minor costo, permettendo una buona
diffusione del cucchiaio di “rappresentanza” anche presso la ricca
borghesia. Ma è verso la fine del ‘600 che si trasformò il modo
d’impugnare il cucchiaio: da allora si usarono tre dita per reggerlo,
invece di stringerlo nel palmo della mano come si era fatto sino a quel
momento. In seguito all’affermarsi delle buone maniere, il cucchiaio
assunse la forma odierna: più ovale e più piatto ai lati, con il manico
più sottile al centro.