PRESUNZIONI POETICHE
I pensieri a modo mio« MOLINENSE 1963-1964 | TRIPETETOLO IN FESTA » |
Di quell' Inferno acchè il divin poeta non dedicò canto
Ma sol poiché all'epoca cosa sconosciuta alquanto
Solo al presente puotesi vergar questo quaderno
Giacché ignoto al tempo ed alle universali genti
Dante non passò per quel donnesco inferno
Ignaro e fosco anco alle più edotte menti
Donne non vidi mai asembianza di quelle
Che grande hanno a soffrir di questi patimenti
Madri non ponno esser pur se giovini e belle
Ma coatte a nutrir morbo a si vile sembianze
E non felici attaccar lattante alle mammelle
Vivon di lunghe attese e periodiche
Rampan erte e discese con perigli e faticosa lena
E alla fin delli travagli hanno solo le rimembranze
Sono in vita ad espiar la pena
Ancorché senza peccato commesso o colpa niuna
Pur quando le ferace età più le serena
Non accettan di rassegnar speranza alcuna
Morbo vile si disse, che nel femmineo infido s'annida
Più sovente nel grembo materno si raduna
A invalidar la gioia e il dono di crear la vita
Con nocumenti forti si da nimico eguale
Incognito per varia nomea e non nozione fida
E' alla scienza incompreso che iniquo male
Sta nello mondo moderno qual piaga forte
Ed alle nostre figlie d'Eva troppe assale
Pur se rara conduce a ragion di morte
Vitale al corpo ma allo spirito obietto
Non a ciò meno perfida è la sorte
Le trascura un ordinamento scevro di rispetto
Inani i burocrati sol di politica a nutrirsi
Volgon le spalle, offendo la persona e l'intelletto
Ignoran le ragioni si tanto gravose a dirsi
Legiferan solo aborri vanificando ogni consiglio
La moderna medicina a poco può riuscirsi
Sol chi le ama può recare ausilio
Rara la grazia divina un miracolo dispone
Pervengon maternità e ponno baciar lor figlio
Non son li versi questi mera presunzione
Possan essi recar conforto a cotanto soffrire
Solo a conoscer lo problema era intenzione
Ed alfin forse a nuova speranza divenire
voglia il divin poeta accettar la poca modestia
che tale canto sciorina e perdoni l'ardire
Più grandi son li canti suoi che mai s'udia
Lo canto mio vuol solo avversar l'endometriosi
Un dovuto pensier il poetastro dedicar sentia
Volto a colei che tanto ispirò questa simbiosi
Si porpaghin li versi in questo mondo guasto
Più di dolor non sia cagion l'endometriosi
E giunga alfin rimedio, che male sia sovrasto.
Alessandro Pesci
Lastra a Signa FI
22-01-08
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