Dopo Venezia e Roma...
Niente tam-tam mediatico, nessuna spasmodica attesa per grandi big internazionali, neanche un'ombra di gossip. Il Torino Film Festival (dal 23 novembre al 1 dicembre), che proprio in questi giorni è nel pieno delle sue attività, come da tradizione mantiene il cinema, quello vero, al primo posto e lo fa con opere interessanti e retrospettive di altissimo livello. Delusi dunque (per fortuna) tutti coloro i quali pensavano che la scelta di affidare la direzione artistica della manifestazione a Nanni Moretti fosse solo un mezzo per dare maggiore visibilità al festival sull'onda di Venezia e Roma. E in effetti questo festival non dovrebbe aver bisogno affatto di pubblicità in quanto rappresenta uno dei momenti più alti del cinema in Italia. Nasce nel 1981 come Festival Cinema Giovani con il preciso intento di indagare sulle nuove forme del cinema e dare spazio alle sperimentazioni e grazie soprattutto al lavoro di allora giovani critici cinematografici, tra cui Gianni Rondolino, acquisisce col tempo sempre maggiore visibilità in Italia e all'estero ed inizia un percorso evolutivo durante il quale inizia a curare interessanti retrospettive, introduce nuove sezioni, istituisce premi, fino a cambiare nome, nel 1997, diventando Torino Film Festival. Da quel momento si fa sempre più insistente lo sguardo al cinema del passato e vengono allestite retrospettive via via sempre più curate. E i nomi sono di spicco: si va da John Carpenter (1999) a George A. Romero (2001), da John Landis (2004) a Walter Hill (2005). Quest'anno i protagonisti delle retrospettive sono John Cassavetes e Wim Wenders che, al fianco di David Cronemberg che presenterà nella giornata conclusiva il suo ultimo film "Eastern promises" (in italiano "La promessa dell'assassino", con Viggo Mortensen, Naomi Watts e Vincent Cassel), sono di certo i nomi di maggior spicco di questa edizione.
Da segnalare, inoltre, l'esordio alla regia di Fabrizio Bentivoglio con il suo "Lascia perdere Johnny!".