Il trono conteso »

L'occhio di Ra

Post n°2 pubblicato il 10 Novembre 2005 da andrearts81

Anno dopo anno, Ra era invecchiato, per quanto le sue ossa fossero d'argento, le sue carni d'oro, le chiome di preziosi lapislazzuli.
È ormai decrepito per governare, pensavano gli uomini. E facevano progetti per liberarsene.
Il Dio amareggiato convocò gli Déi che stavano con lui quando era nel Nun, lo sconfinato oceano che abbracciava l'intero creato e i confini dell'oltretomba; e invitò Nun stesso nel Grande Palazzo.
Gli Déi lo attorniavano, inchinandosi a lui. “Parlaci”, dissero. “Ti ascoltiamo”.
“O Dio nel quale venni in esistenza, e voi tutti, Déi primordiali! L'umanità ingrata, nata dalle mie lacrime, mi si rivolta contro e trama per destituirmi. Ditemi che cosa pensate al riguardo. Io non sterminerò quella razza malvagia, finché non avrò conosciuto il vostro parere”.
Rispose la Maestà di Nun: “Figlio mio, tra tutti il più forte che io abbia creato! Siediti sul tuo trono: grande è il terrore che incuti, quando il tuo Occhio si volge contro i tuoi nemici”.
“Ecco: gli uomini già sono fuggiti nel deserto, poiché i loro cuori tremavano al pensiero del meritato castigo”, disse la Maestà di Ra.
“Ebbene, manda il tuo Occhio a snidare e afferrare per te quanti progettano qualcosa di male. Ma fa' che scenda sulla terra come Hathor, per essere in grado di uccidere!”, esortarono gli Déi.
Andò quella Dea, e decimò i rivoltosi nel deserto.
“Benvenuta in pace, Hathor, che hai compiuto per me ciò per cui ti ho inviato”, disse allora la Maestà di Ra.
“Ho avuto vittoria sugli uomini, e se ne è rallegrato il mio cuore. Domani terminerò il massacro, come leonessa assetata di sangue”, ribatté la Dea.
Così nacque Sekmet, la Potente, e si abbandonò al sonno, spossata dalla fatica, per ultimare l'indomani la strage.
Ma il Dio si sentì invadere il cuore da una grande pena, e consultò gli altri Déi per salvare i superstiti, poiché il tempo incalzava.
“Fate venire rapidi messaggeri, che corrano come l'ombra di un corpo, e portino da Elefantina rossa ocra”, dispose.
Le schiave schiacciarono l'orzo e ne fecero birra, in cui disciolsero la terra macinata, per renderla simile a sangue. Quando ne furono pronte settemila giare, Ra disse: “Ecco, così proteggeremo gli uomini. Portate la birra al luogo dove deve avvenire la strage, e versatela sul sentiero di Sekmet”.
Prima che finisse la notte, l'ordine era stato eseguito.
Destandosi, la Dea trovò il terreno allagato sino a tre palmi d'altezza. Ingannata dal colore, si gettò nella birra credendola sangue, e ci sguazzò dentro fino a cadere tramortita dall'ebbrezza.
Gli uomini sfuggirono in tal modo allo sterminio.
Dispose allora la Maestà di Ra: “Nella celebrazione della festa annuale, si preparino per questa Dea bevande soporifere e le si distribuisca tra le schiave”. Questa è l'origine dei rituali per la festa di Hathor fin dal primo giorno.
Ma aggiunse la Maestà di Ra: “La malvagità degli umani mi ha deluso. Sono stanco di vivere con loro”.
Lasciò l'Egitto, desideroso solamente di salire al cielo e ritirarsi sul dorso della Vacca Celeste.
A Geb consegnò le insegne della regalità.
A Thot affidò l'incarico di insegnare agli uomini la scienza racchiusa nei segni sacri dei geroglifici che aveva inventato.

 
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