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La fluorosi, una patologia endemica dell’area vesuviana

Post n°228 pubblicato il 28 Novembre 2011 da NaturalistaAmico
 

La fluorosi è una malattia che affligge molti abitanti dell’area vesuviana. A causarla è un’intossicazione cronica da fluoro, elemento naturalmente presente nelle acque e nei suoli. La fluorosi colpisce le ossa e i denti, e ancora oggi interessa l’80% dei bambini in età scolare. Uno dei sintomi evidenti di questa patologia si manifesta con lo smalto dei denti macchiato, le chiazze possono essere semplici, di colore bianco traslucido o di colore marrone scuro, ed appaiono più nette se l’intossicazione ha luogo durante il periodo di calcificazione dei denti. In questa fase  caratteristica dei bambini di 6-8 anni, età in cui la dentizione decidua è sostituita da quella permanente, un’ingestione prolungata di fluoro può causare una cattiva mineralizzazione dello smalto che, di conseguenza, risulta difettoso.

Una recente ricerca scientifica, condotta dal Cnr e dall’Università Federico II di Napoli, ha evidenziato che gli abitanti di Ercolano già nell’antichità soffrivano di fluorosi scheletrica. La sorprendente scoperta è stata fatta grazie ad un’indagine multidisciplinare in cui sono stati esaminati numerosi resti scheletrici vecchi di 2000 anni. I ricercatori dell’Istituto per i materiali compositi e biomedici del Consiglio nazionale delle ricerche di Portici (Imcb-Cnr) e dell’Università Federico II di Napoli, esaminando le ossa di epoca romana hanno potuto dimostrato che questa patologia metabolica dell’osso e delle articolazioni è endemica dell’area vesuviana. Lo studio, pubblicato sulla rivista ‘PLoS ONE’  è coordinato da Pier Paolo Petrone del Museo di antropologia della Federico II, con Michele Giordano dell’Imcb-Cnr, Fabio Guarino e Stefano Giustino del Dipartimento di biologia strutturale e funzionale dell’Università.

All’origine della malattia invalidante, che colpisce decine di milioni di persone soprattutto in Africa, India e Cina – fanno sapere i ricercatori –  è l’alta concentrazione naturale di fluoro nelle acque e nel suolo, tipica delle aree vulcaniche. La ricerca ne rileva e descrive le caratteristiche nelle vittime dell’eruzione del 79 d.C., dopo aver passato in rassegna 76 scheletri appartenuti a una popolazione di età da 0 a 52 anni. “Dall’esame delle peculiarità morfologiche, radiologiche, istologiche, chimiche, scheletriche e dentarie si è constatato un aumento significativo della concentrazione di fluoro con l’età e un correlato grado di lesione della colonna vertebrale e di altri distretti articolari” spiega Michele Giordano dell’Imcb-Cnr. “Per la determinazione del fluoro negli scheletri è stata adottata l’analisi di attivazione neutronica strumentale (Inaa). Una tecnica complessa, utilizzata presso lo University of Missouri Research Reactor, che ha rivelato livelli di fluoro da 2.000 a 11.300 ppm (parte per milione), indicativi dell’avvelenamento intra-vitam. I valori di fluoro più alti, maggiori di 9.000 ppm, si osservano negli adulti sopra i 40 anni, che rivelano una fase patologica molto grave, paralizzante, come quella osservata tuttora nelle regioni endemiche”. Questi livelli sono a tutt’oggi presenti ed attivi, come risulta da test clinico-epidemiologici su un campione di bambini in età scolare dei comuni vesuviani, “che ha rivelato l’80% di fluorosi dentaria e caratteristiche cliniche di portata epidemica, quali dolori articolari, dermopatie, ipertiroidismo e contenuto di fluoro nel sangue superiore ai valori massimi raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità”, come conclude Pier Paolo Petrone della ‘Federico II’. “La comparazione dunque mostra per le popolazioni vesuviane un rischio permanente, non sempre valutato, anche perché le fasi iniziali della malattia sono mal diagnosticate”.

Ferdinando Fontanella

tratto da: www.ilgazzettinovesuviano.com

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