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Pseudo-intervista
Post n°164 pubblicato il 12 Gennaio 2007 da nebbiazzurra
La prima volta che riuscii ad andare in America, nel 1956, Edgard Lee, Masters era morto da sei anni. A quei tempi non usavano ancora le interviste, né le registrazioni su nastro. Pivano. Come ti è venuto in mente di scrivere l'antologia di Spoon River? Masters. Mentre facevo l'avvocato a Chicago e mi aggiravo nei tribunali e frequentavo la cosiddetta società... giunsi alla conclusione che il banchiere, l'avvocato, il predicatore, le antitesi del bene e del male non erano diverse nella città e nel villaggio... Cominciai a sognare di scrivere un libro su una città di campagna che avesse tanti fili e tanti tessuti connettivi da diventare la storia del mondo intero. P. Qual è il villaggio che hai ritratto, Lewistown o Petersburg? M. Ho trascorso più o meno lo stesso numero di anni nei due villaggi. Ma a Lewistown ho visto la gente con occhi maturi e in circostanze che avevano acuito la mia osservazione. Petersburg era soltanto una fiera di campagna con molta gente; Lewistown era un microcosmo organizzato... E stato il fiume Sangamon, non lo Spoon a fornirmi lo spunto per l'Antologia. Però 53 poesie sono ispirate a nomi delle regioni di Petersburg, 66 a nomi della regione del fiume Spoon... Le tombe che ho descritto sono di Petersburg, ma la collina è di Lewistown. P. Quanti personaggi hai descritto nel libro? M. 244. Ci sono 19 storie sviluppate in ritratti intrecciati. Ho trattato tutte le occupazioni umane consuete, tranne quelle del barbiere, del mugnaio, dello stradino, dei sarto e del garagista (che sarebbe stato un anacronismo). P. Quando hai cominciato a scriverlo, questo Spoon River? M. Il 10 maggio 1914 mia madre venne a trovarmi a Chicago... Chiacchierando riandammo al pssato di Lewistown e di Petersburg, rievocando personaggi e avvenimenti che mi erano sfuggiti di mente... Una domenica, dopo averla accompagnata al treno, mentre suonava la canipana della chiesa e la primavera era nell'aria, scrissi La Collina e i ritratti di Fletcher MeGee e Hod Putt... Mi venne quasi subito l'idea: perché non fare così il libro che avevo immaginato nel 1906, in cui volevo rappresentare il macrocosmo descrivendo il microcosmo? P. Quando e dove uscirono queste prime poesie? M. Sulla rivista di William Marion Reedy, il " Mirror " di St. Louis. Uscirono il 29 maggio 1914, sotto lo pseudonimo di Webster Ford
M. Dal 20 maggio 1914 al 5 gennaio 1915 inondai dì epitafi il " Mirror "... nell'estate erano già citati e parodiati in tutta l'America ed erano già arrivati in Inghilterra... Scrivevo quando potevo, il sabato pomeriggio e la domenica. Gli argomenti, i personaggì, i drammi mi venivano in mente più in fretta di quanto li potessi scrivere. Così presi l'abitudine di annotarmi le idee, o magari scrivere le poesie, sui rovesci delle buste, sui margini dei giornali. quando ero in tram o in tribunale o al ristorante. P. Fino a quando hai conservato l'incognito? M. Reedy pubblicò il mio vero nome nel numero del "Mirror" del 20 novembre. P. E quando è uscito il volume? M. Nell'aprile 1915. P. Come l'hanno preso quelli che hanno ispirato le poesie? M. Come un rozzo attacco di un figlio sleale della comunità e cominciarono subito a identificare nei vari epitafi persone viventi o che avevano vissuti lì attorno... A mia madre non piacque, a mio padre piacque moltissimo... John Cowper Powys fece una conferenza a Chicago e ciò che disse mi atterrì e mi attribuì una responsabilità che non potevo sopportare. P. In realtà qual'era la sua intenzione? M. Di ridestare quella visione americana, quell'amore della libertà che gli uomini migliori della Repubblica si sono sforzati di conquistare per noi e di tramandare nel tempo. Fernanda Pivano |