Nettuno seconda parte
Secondo una leggenda era figlio di Poseidone -
e non di
Oceano, come tutti i fiumi - anche
Acheloo, dio
del fiume omonimo, oggi Aspropotamo. Come dio-fiume aveva il potere di assumere
qualunque forma e quindi si trasformò in serpente e poi in toro per combattere
Eracle quando questi chiese in moglie Deianira, già sposata con Acheloo. Nella
lotta che ne seguì, Eracle gli strappò un corno e Acheloo si dichiarò vinto;
rinunciò a Deianira e donò al rivale il proprio corno - o forse quello della capra
Amaltea, già
nutrice di Zeus - che, consacrato a Copia, dea dell'abbondanza
(cornu copiae), acquistò
il potere di elargire fiori e frutti in quantità. Mutilato e sconfitto, Acheloo
si gettò nel fiume, che prese il suo nome.Figli di Poseidone sono anche Alebione e Dercino, che vivevano in
Liguria: quando Eracle attraversò la loro terra con i buoi di Gerione, i due
cercarono di sottrarglieli ma egli li uccise.Anche il cavallo alato Arione sarebbe suo figlio, sebbene i mitografi
discordino sulle sue origini: chi lo dice nato da una delle Erinni, che
abitavano nell'
Ade - il regno dei Morti
- insieme con le Moire, la Notte, Cerbero e la Morte stessa, personificata da
Tanatos, fratello di Ipno il Sonno, entrambi figli della Notte. Chi lo dice nato
invece da Demetra, chi da
Zefiro e
da un'Arpia, chi racconta che Poseidone lo fece emergere dai visceri della
terra, percossa dal suo tridente.Lo stesso è per le Arpie, che in alcuni autori sono mostri nati da
Poseidone e da Gea, mentre in altri sono figlie di Taumante ed Elettra.
Ugualmente incerto è il loro numero: per alcuni erano tre, Aello, Celeno e
Ocipete; per altri erano molto più numerose, di cui le più note si chiamavano
Acheloe, Alope, Ocitoe, Podarge e Tiella. Virgilio le descrive come mostri dal
viso di fanciulle e dal corpo di uccello. Incitate da Era le Arpie
perseguitavano l'indovino Fineo, insudiciandogli la mensa, per punirlo
di aver dato ospitalità al fuggiasco Enea. Furono relegate nelle isole Strofadi dai
figli di
Borea.Da Eurite Poseidone ebbe il figlio Alirrozio, protagonista di due
diverse versioni del mito: secondo la prima, tentò di usare violenza ad Alcippe
figlia del dio Ares, che quindi lo uccise; secondo l'altra, Alirrozio si adirò
perché l'Attica era stata destinata ad Atena anziché al padre Poseidone e, per
rappresaglia, cercò di recidere l'ulivo che la dea aveva donato a quella
regione; ma l'ascia gli cadde dalle mani e gli tagliò la testa.Da Ifimedia, figlia di Triope, ebbe i giganti Oto ed Efialte, detti
Aloadi, che crescevano in modo smisurato: quando raggiunsero l'altezza di quasi
venti metri decisero di assaltare l'Olimpo e dare battaglia agli dei,
manifestando l'intenzione di prosciugare il mare, riempiendolo di massi, e di
allagare la terra. Suscitarono quindi le ire divine e, secondo una versione,
furono fulminati da Zeus; secondo un'altra, furono uccisi con l'inganno da
Artemide, che assunse le forme di una cerbiatta e si slanciò tra i due, che si
trafissero a vicenda nella fretta di colpirla.Amò anche Alope figlia di Cercione, contro il volere del padre di
lei, ed ebbe un figlio che fu abbandonato dalla nutrice nella foresta. Poseidone
mandò una giumenta, animale a lui sacro, per allattare il bambino che, dopo
diverse disavventure, fu allevato da un pastore e chiamato Ippotoo, poi
capostipite della tribù degli Ippotoontidi. Alope fu invece messa a morte da
Cercione e fu trasformata in fonte da Poseidone.Secondo una diversa versione del mito di Poseidone, questi era
padre dello stesso Cercione, di cui altri mitografi attribuiscono
invece la paternità a
Efesto.
Cercione era il re di Eleusi e possedeva forza e crudeltà smisurate:
costringeva alla lotta i viandanti e poi squartava i vinti, legandoli
alle cime ravvicinate di alberi opposti, che poi rilasciava, provocando così lo smembramento delle sue vittime. Fu ucciso da
Teseo.Cicno, di Poseidone e di Calice, era il re di Colone nella Troade. Si
oppose allo sbarco dei Greci e da solo ne uccise oltre mille, combattendo contro
lo stesso Achille, da cui fu più volte colpito senza riportare alcun danno,
perché era invulnerabile.
Il ratto di Europa.
Cratere,
part., V se. a. C. Tarquinia,
Museo Nazionale continua: parte terza