Creato da NeverInMyName il 09/11/2005

NeverInMyName

Gli orrori della guerra, una macchia sull'umanità. Per non vanificare il sacrificio di tante vittime, per non assistere inermi a un altro Vietnam, per non giustificare un'altra invasione come quella in Iraq. Per dire mai più a un altro Darfur: stand up togheter!

 

Messaggi di Ottobre 2006

Maria affidata a una famiglia bielorussa: è davvero la scelta giusta?

Post n°314 pubblicato il 31 Ottobre 2006 da NeverInMyName
 

Aggiornamento del 1° novembre alle 14,00immagine

E' appena andata in onda un'intervista che una radio di Genova ha fatto alla piccola Maria (o Vikha, che è il suo vero nome). La bimba ha detto che vuole tornare in Italia. "E' una bugia che io voglio restare qui", ha risposto al giornalista che le chiedeva se era vero che aveva scelto di stare in Bielorussia.

Sinceramente io non so cosa credere. So solo che mi sembra tutto strano e temo che la piccola sia stata strumentalizzata.

Potete ascoltarla se volete, questo è il link: http://multimedia.repubblica.it/home/461471

Maria avrà finalmente una famiglia. ma non sarà quella italiana. Lo ha deciso, con una mossa a sorpresa, il governo bielorusso che così chiude definitivamente il caso. In qualche modo si fa pagare ai coniugi Giusto il rapimento della piccola affidandola a una coppia immaginedi Minsk che ha già avviato le pratiche per l'adozione di Sasha, il fratello tredicenne di Maria. Io ritengo che sia una giusta decisione, se è quello che la bambina vuole. La fine più adeguata per una storia tristissima, che vedeva da una parte una bimba bisognosa di amore e dall'altra una coppia disperata che non poteva avere figli e che in Maria aveva riposto le ultime speranze...  So bene che l'epilogo di questa vicenda lascerà l'amaro in bocca a tanti, soprattutto ai coniugi Giusto. Ma la cosa più importante - e credo che la pensino così tanti di noi -  è il bene della bambina che si è finalmente ricongiunta al fratello maggiore e insieme a lui vivrà in una famiglia vera nel suo paese.

Comunque se volete saperne di più e volete capire se la decisione sia davvero quella giusta potete leggere l'articolo uscito oggi su Repubblica.

http://www.repubblica.it/2006/09/sezioni/cronaca/bambina-bielorussia2/maria-affidata/maria-affidata.html

 
 
 

Scusate se insisto, ma milioni di persone continuano a morire

Post n°313 pubblicato il 30 Ottobre 2006 da NeverInMyName
 

La fame nel mondo aumenta sempre di più:

la Fao ammette il totale fallimento

La Fao ammette di avere fallito: nel mondo la gente continua a essere sottonutrita e sarà sempre peggio. La fame, nell'ultimo decennio, ha ucciso milioni di persone e, purtroppo, non si fermerà. Il  Rapporto annuale sullo Stato di Insicurezza  immagineAlimentare, (Sofi) pubblicato oggi ne prende drammaticamente atto. So di aver scritto decine e decine di volte su questo argomento. Ma credo non sia mai abbastanza evidente quanto tragica sia la situazione. Oggi i dati parlano chiaro...

Ci sono, secondo le ultime rilevazioni relative al periodo 2001-03, 854 milioni di persone  sottoalimentate nel mondo. Era lo stesso numero nel periodo  1990-1992. A dieci anni di distanza i maggiori progressi sono  stati registrati nell'America Latina che è passata da un tasso  di sottalimentazione del 13% al 10%, anche se per il Venezuela  si segnala una crescita dall'11% al 18%. Anche in Cina c'é  stato un calo dal 16% al 12%, mentre la situazione resta preoccupante per la fascia dell'Africa centrale dove c'é stato  un aumento preoccupante della percentuale di sottoalimentazione,  schizzata del 20%, dal 36% al 56%. In particolare, risultano in netto peggioramento le percentuali della Repubblica democratica del Congo (dal 31% al 72%), dell'Eritrea (dal 68% al 73%) e del  Burundi, (dal 48% al 67%).

Insomma l'impegno preso dai leader mondiali nel 1996 al Vertice Mondiale sull'Alimentazione, per dimezzare il numero di persone che soffrivano la fame, è stato totalmente disatteso. Il mondo non ha fatto progressi, anzi... 

I dati che avete appena letto sono inseriti nel rapporto reso pubblico questa mattina dalla Fao. Se volete approfondire l'argomento clickate sul link  che vi porta sul documento completo.

http://download.repubblica.it/pdf/FAOSOFI2006.pdf

 
 
 

Carenze alimentari in Africa australe: 4,3 milioni di persone a rischio

Post n°312 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da NeverInMyName
 

Mancano i fondi e le Nazioni Unite tagliano gli aiuti

Un nuovo allarme sulla grave mancanza di fondi è stato immaginelanciato nei giorni scorsi dall Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite. Il PAM ha già annunciato che sarà obbligato a tagliare gli aiuti alimentari ad almeno 4,3 milioni di persone in Africa australe. Questa gente, che fa parte di fasce di popolazione definite 'cronicamente vulnerabili', nonostante il buon raccolto di quest’anno rischia di patire la fame più degli altri anni.

L'aspetto più grave di tutta questa faccenda è che la diminuzione di 60 milioni di dollari di finanziamenti coincide con l’arrivo del periodo annuale in cui non c'è raccolto e la gente deve attendere fino a marzo o aprile per quello successivo.

immagineIn un comunicato dell'agenzia delle Nazioni unite si legge che "a causa del mancato sostegno dei donatori, già da settembre i rappresentanti del PAM nella regione hanno cominciato a ridurre il livello dell’assistenza alimentare nei centri nutrizionali materno-infantili, ai progetti di alimentazione scolastica e ai pazienti in cura per l’HIV/AIDS o tubercolosi. Paesi come il Malawi, la Namibia e lo Swaziland stanno subendo drastici tagli che oscillano tra l’ottanta e il cento per cento".

Presto in questi paesi, che sembrava immaginepotessero farcela a garantire almeno un minimo di sussistenza, tanta gente - per lo più bambini - comincerà a morire. 

E le grandi potenze restano a guardare...

Se volete saperne di più cliccando questo link trovate maggiori informazioni e dati.

http://www.wfp.org/english/?ModuleID=137&Key=2273

 
 
 
 
 

Nuova strage di civili afgani e continuano a non chiamarla guerra

Post n°310 pubblicato il 27 Ottobre 2006 da NeverInMyName
 

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Quanti innocenti dovranno ancora morire

prima di dire basta all'occupazione dell'Afghanistan!

Cinquanta morti. Cinquanta vittime innocenti. Ancora. L'Afghanistan come l'Iraq, non smettere di piangere per le decine di civili trucidati dai militari. La notizia è di ieri: un attacco condotto dall'aviazione della Nato nella parte meridionale del paese ha fatto strage di afgani, soprattutto donne e bambini. Le bombe, secondo fonti locali, sarebbero immaginestate sganciate nella notte di martedì, durante il secondo dei tre giorni di Eid al Fitr, la festa che cade alla fine del digiuno del mese sacro del Ramadan. La notizia, come al solito ha trovato solo una parziale conferma dalle fonti militari, che hanno ammesso di "aver raccolto informazioni credibili sull'uccisione di diversi civili coinvolti nel raid". L'attacco, allo stesso tempo, avrebbe causato la morte di 48 guerriglieri talebani. Purtroppo sembra che i resistenti usino i civili come una sorta di scudi umani, ma le truppe Nato non sembra che si sforzino molto per ridurre al minimo le perdite tra i civili.

Troppe cose non sono chiare. Almeno questa volta sono state aperte due inchieste, una dalle autorità afghane, l'altra dalle Nazioni Unite che in un documento fanno sapere: "la missione delle Nazioni Unite di assistenza in Afghanistan è molto preoccupata dalle notizie che un gran numero di civili possa essere morto durante operazioni militari. La salvaguardia e il benessere dei civili devono sempre venire per primi e ogni vittima civile è inaccettabile, senza eccezioni".

Anche in Italia le reazioni non sono mancate. Fausto Bertinotti, presidente della Camera, ha detto che questa drammatica vicenda non deve passare inosservata. Anche il Ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero ha dichiarato che si deve fare piena luce su quanto accaduto negli ultimi giorni in Afghanistan, in particolare su quest'ultimo bombardamento delle forze della immagineNato. Ferrero ha anche sottolineato che questa terribile vicenda rimanda all'esigenxa di rivedere la presenza del contingente italiano in Afghanistan. La situazione afgana - è ormai sotto gli occhi di tutti - si è trasformata drammaticamente in un vero e proprio conflitto. E l'Italia ripudia la guerra... o mi sbaglio!?!  

Intanto, dopo gli appelli dei talebani e dell'Unione delle comunità islamiche, che  ha definito ''islamicamente inaccettabile'' il sequestro di  Gabriele Torsello, la stessa organizzazione ha annunciato che domani, insieme ai genitori del fotoreporter, diffondera un nuovo messaggio per chiedere la liberazione di  Kash tramite l'emittente araba  Al Jazira.

Ma la domanda che sorge spontanea è questa: potrebbero esserci conseguenze per Gabriele dopo il raid di ieri? Beh, al momento l'unica cosa certa è che l'intelligence italiana sta valutando con molta attenzione le ripercussioni che potrebbe avere sul sequestro il bombardamento della Nato, visto immagineche l'episodio è avvenuto praticamente nella stessa zona in cui è stato rapito Torsello e che, quindi, potrebbero inasprirsi ulteriormente gli animi nei confronti degli occidentali, di fede islamica o meno.Ovviamente tutti noi ci auguriamo che le trattative non subiscano rallentamenti o, peggio, uno stallo. Ma se la situazione dovesse precipitare, Gabrielle sarebbe l'ennesima vittima innocente di una guerra sbagliata!   

Tanto per darvi un'idea di quanti orrori siano stati perpetrati in Afghanistan vi segnalo le principali stragi di civili causate per errore dalla Nato o dalle forze della coalizione guidata dagli Usa negli ultimi anni:

18 OTT 2006 - Almeno 20 civili rimangono uccisi dal fuoco delle forze Nato nelle province meridionali di Helmand e Kandahar.

21 LUG - 10 civili muoiono in un raid aereo della coalizione a guida Usa nella provincia di Uruzgan.

26 MAG - Nel corso di un'offensiva contro il villaggio di Azizi, nella provincia di Kandahar, 34 persone muoiono in seguito ad un attacco aereo notturno .

4 LUG 2005 - 17 civili, tra cui molte donne e bambini, rimangono uccisi in un bombardamento dell'aviazione americana su un campo taleban nell'est dell'Afghanistan.

9 APR 2003 - Durante un'operazione della coalizione guidata dagli Usa di appoggio aereo ravvicinato, una bomba di precisione colpisce per errore una casa nei pressi di Shkin, lungo il confine con il Pakistan, uccidendo 11 civili e ferendone uno.

4 LUG 2002 - Un attacco aereo americano a nord-est di Kandahar causa 44 morti (tra cui 25 membri di una sola famiglia)  e un centinaio di feriti.

E, purtroppo, temo che non sia finita...

 
 
 

Un esempio di coraggio e perseveranza per chi crede di essere finito

Post n°309 pubblicato il 26 Ottobre 2006 da NeverInMyName

Zanardi torna in Formula 1 a cinque anni dall'incidente

in cui perse entrambe le gambe: non è straordinario?   

Oggi ho pochissimo tempo a disposizione. La mia giornata immaginesarà particolarmente incasinata e stressante, ma prima di immergermi nel turbinio dei miei impegni volevo dedicare poche righe al ritorno di Alex Zanardi in formula uno. Qualcuno penserà che quella del pilota, checinque  anni fa ha perso le gambe in un incidente di gara, sia una scelta azzardata, magari dettata da interessi economici. E invece io sono certa di no. Zanardi rappresenta  un esempio di coraggio e consapevolezza: lui non si è mai sentito 'handicappato', ha reagito alla sua disgrazia con grande determinazione. E ce l'ha fatta. La cosa straordinaria è che in tutti questi anni, anche nelle fasi più difficili, Zanardi ha sempre mantenuto il suo sorriso, aperto e sincero, inalterato nonostante i sacrifici, gli sforzi, la voglia di mandare tutto al diavolo che sicuramente non saranno mancati. Eppure Alex è andato avanti, si è rialzato - in tutti i sensi - lasciando una testimonianza che potrà aiutare tanta gente nelle sue condizioni: nulla è perduto fino a quando ci resta almeno un alito di vita. Lui lo ha dimostrato nel migliore dei modi.

 
 
 

Secondo voi questi sono 'operatori si pace'?

Post n°308 pubblicato il 25 Ottobre 2006 da NeverInMyName
 

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E ci raccontano che quella in Afghanistan

 sia un'operazione di peace keeping...

Guardate la foto: vi sembra che l'atteggiamento di questo militare sia quello di un operatore impegnato in una missione di peace keeping? Io credo proprio di no. Le immagini pubblicate oggi da un giornale tedesco rappresentano 'chiaramente' il disprezzo che questi 'portatori di pace' riversano sulla popolazione afgana! Nelle fotografie di Bild un gruppo di cinque soldati giocherella con un teschio. In quella che ho pubblicato nel post si vede un militare in posa col teschio in alto nella mano come se fosse un trofeo. In altre due è posto su un panzer e su una jeep, su cui è possibile riconoscere la bandiera tedesca e la scritta Isaf sulla fiancata (dal nome della missione in Afghanistan). In un'altra è infilato in uno speciale dispositivo per tranciare funi di acciaio. E nell'ultima si vede un soldato mentre avvicina il teschio al proprio pene, fuori dalla tuta mimetica. Che dire di più! Oggi il governo tedesco discute proprio del prolungamento della partecipazione tedesca alla missione "Enduring Freedom" in Afghanistan. Mi auguro tanto che il buon senso prevalga e decidano di ritirare il contingente, cosa che spero faccia, al più presto possibile, anche l'Italia. 

Intanto c'è attesa per la sorte di Gabriele Torsello. Ieri i talebani ne avevano chiesto il rilascio da parte dei sequestratori, che sarebbero dei semplici criminali e non i resistenti afgani. Ma anche Janat Gul, padre di una ragazzina affetta da un tumore che Kash aveva assistito e stava cercando di far curare in Europa, ha lanciato un appello attraverso Al Jazeera affinché lo liberino il prima possibile. 

 
 
 

Sanità da 'terzo mondo': ma lo scopriamo con due anni di ritardo

Post n°307 pubblicato il 24 Ottobre 2006 da NeverInMyName

Gli errori dei medici in Italia
provocano 90 morti al giornoimmagine

ROMA - Provocano più vittime degli incidenti stradali, dell'infarto e di molti tumori. In Italia le cifre degli errori commessi dai medici o causati dalla cattiva organizzazione dei servizi sanitari sono da bollettino di guerra: tra 14 mila (secondo l'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri) e i 50 mila decessi all'anno, secondo Assinform. Il che signifuca circa 80-90 morti al giorno (il 50% dei quali evitabile), 320 mila le persone danneggiate. E con costi pari all'1% del pil: 10 miliardi di euro l'anno.

A fornire le cifre è L'Associazione italiana di Oncologia medica (Aiom), che in collaborazione con Dompé Biotec, ha organizzato un convegno nazionale proprio su questo tema. Che si tiene, oggi, all'Istituto dei Tumori di Milano. ''Il tema del rischio clinico - afferma il professor Emilio Bajetta, presidente nazionale dell'Aiom - si propone come un argomento di grande attualità, con un forte impatto socio-sanitario. Lo scopo è migliorare la prestazione sanitaria e garantire la sicurezza del paziente oncologico''.

Anche perché, nella speciale classifica delle specialità dove si commettono maggiori errori stilata dal Tribunale del Malato, l'oncologia con un 13% si colloca al secondo posto, preceduta solo dall'ortopedia e traumatologia con il 16,5%; seguono ostetricia (10,8%) e chirurgia (10,6%). A guidare invece la graduatoria dei reparti più a rischio c'è la sala operatoria (32%), seguita da dipartimento degenze (28%), dipartimento urgenza (22%) e ambulatorio (18%).

Riguardo specificamente al settore oncologico, prosegue Bajetta, "quelli relativi al farmaco e alla corretta esecuzione dei protocolli terapeutici sono fra gli errori più frequenti in oncologia. Dagli ultimi studi internazionali risulta però che, sempre in questo ambito, le controversie per errori medici sono in diminuzione. La cosa però non deve sollevare in alcun modo il clinico dai propri doveri e responsabilità: una maggiore chiarezza nel comunicare i limiti della medicina e gli eventuali errori non può che giovare al rapporto col paziente".

In ogni caso, c'è da registrare che il contenzioso in oncologia è in calo, con percentuali attualmente scese dal 13% al 10%. E il 90% dei medici o degli ospedali citati in giudizio viene assolta. Ma resta il problema dell'aumento esponenziale delle cause intentate ai medici e dei premi richiesti dalle assicurazioni agli ospedali (fino a due milioni di euro l'anno, per le strutture più grandi). Questo malgrado i progressi registrati in termini di sopravvivenza: più 7% negli ultimi dieci 10 anni.

I dati nazionali disponibili provengono da varie fonti (Anestesisti Ospedalieri, Assinform, Tribunale dei Diritti del Malato e altre): oppure sono proiezioni dalla letteratura internazionale (a partire dal rapporto Usa del 2000 "To err is human"); o ancora si riferiscono a studi e sperimentazioni condotti in grandi e piccoli centri di cura italiani.

(Repubblica, 23 ottobre 2006)
L'articolo che ho postato è stato scritto sulla base di alcune informazioni fornite dall'Associazione italiana di oncologia nel corso di un convegno nazionale sull'alta mortalità che si riscontra nella sanità italiana. A me sembra paradosale che la stampa ne parli solo oggi. Gli stessi dati erano stati già resi noti dagli organizzatori del 'Consensus Conference Risk Management in Sanità' che si è svolto a Ostia nel settembre 2004. Che la sanità in Italia, in particolare nelle regioni meridionali, fosse da 'terzo mondo', non era quindi una novità. Eppure i media se ne sono accorti solo ora. Non vi sembra strano? Leggete un po'  e ditemi che ne pensate.

 
 
 

L'Honduras non è il paradiso terrestre che ci mostrano in tv

Post n°306 pubblicato il 23 Ottobre 2006 da NeverInMyName
 

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Mentre gli sfigati dell'Isola dei famosi hanno fame per finta

milioni di persone la crisi alimentare la patiscono sul serio

Su segnalazione di un frequentatore di questo blog, a volte critico ma sempre efficace nei suoi commenti, ho deciso di tornare su un argomento affrontato tempo fa: le crisi immaginealimentari dimenticate. In particolare quella che vive l’Honduras che è al centro dell'attenzione di milioni di italiani perché ospita il programma della Ventura, l'Isola dei famosi. Questo paese, purtroppo, non è solo lo splendido mare che ci mostrano in tv . La realtà che vive la popolazione honduregna è, invece, simile - se non peggiore - a quella di altri paesi del “terzo mondo”. Eppure non dovrebbe essere così, visto che stiamo parlando di un territorio molto  ricco di risorse di ogni genere, oltre ad essere un luogo molto bello sotto l'aspetto naturalistico. Peccato che, nonostante le possibilità del paese, la popolazione sia ridotta nell’estrema povertà. Una recente indagine della Fao ha rilevato che l’80% della popolazione, circa cinque milioni di persone, vive in condizioni di povertà e quasi la metà sono bambini, estremamente malnutriti.

Come avviene in molte altre zone del mondo tali ricchezze sono in mano da un ristretto giro di individui senza scrupoli, per lo più stranieri, favoriti dagli esponenti del governo immaginecompiacenti interessati solo a fare cassa... per sé! E la gente comune continua a morire di fame!

Tempo fa ho letto un reportage di cui inserisco il testo. Spero possa aiutarvi a riflettere su ciò che avviene in questa area del mondo, troppo spesso condiderata un paradiso terrestre. Un paradiso, però, popolato da dannati...

L’Honduras, a differenza dei paesi del Centro America con cui confina (Guatemala, Nicaragua, El Salvador), non ha vissuto né lunghe guerre né rivoluzioni, ma é stato ugualmente governato da lunghe dittature e da regimi militari che non attuavano diversamente da quelle degli altri paesi. La repressione e la persecuzione sono state l’unica forma di comunicazione tra il governo e gli honduregni e, specialmente negli anni ’80, ogni rivendicazione fu bloccata da sequestri (con la conseguente scomparsa dei leaders dei movimenti popolari), dalla tortura, dagli assassinii di massa e dagli esili forzati.  

La fine degli anni '90 sono stati drammatici per l’Honduras: l’uragano Mitch ha causato migliaia di morti e distruzione, ma ha portato anche tanto denaro derivato dalla solidarietà di tutto il mondo. Al popolo bisognoso sono arrivate solo le briciole di una grande pagnotta che tuttora viene ripartita tra organizzazioni fantasma e governanti. Questa tragedia naturale ha anche aperto la porta alle agenzie internazionali della cooperazione, ma la maggior parte dei progetti finanziati sino ad oggi risultano un vero e proprio attentato alla sovranità nazionale.

Alcune cifre ci servono a delineare un quadro della situazione che si vive in questo paese.

Un quadro molto triste perché, leggendo la denuncia fatta dal rappresentante della FAO in Honduras nel corso del 2003, l’80% della popolazione (che é di circa 6.500.000 di abitanti) vive in condizioni di povertà e non ha accesso a servizi sociali di base. Il 40% dei bambini soffre di malnutrizione. Ogni giorno muoiono circa 100 persone per patologie legate alla carenza di cibo ed all’ingestione di acqua contaminata, in special modo bambini. Nelle zone rurali il tasso di mortalità infantile é di 7 bambini su 10. Per quanto riguarda l’istruzione risulta che 1.200.000 persone sono analfabete e che 1.500.000 degli honduregni tra i 5 ed i 24 anni sono esclusi dal sistema educativo. Negli ultimi anni il déficit commerciale é cresciuto del 400% rispetto alla produzione nazionale totale. Specialmente nella zona della Costa settentrionale, aumenta inverosimilmente il turismo sessuale.

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Da altre fonti risulta che, dal 1998, i casi di assassinio e di esecuzioni extragiudiziali di minorenni sono stati più di 2.300. Il governo stesso ha riconosciuto che agenti di polizia hanno partecipato in molti di questi assassinii. L’impunità é assoluta. Dal rapporto annuale di Amnesty Internacional risulta che Bambini e minorenni, compresi soggetti in stato di arresto, sono stati uccisi da agenti di polizia, da personale penitenziario o da individui non identificati (squadroni della morte). Solo nel 2004, in due diversi penitenziari, sono rimaste uccise prima 69 persone (in aprile) e poi più di 100 (in maggio) a seguito di “strani incidenti”. 

Aumenta il numero delle persone che spariscono perché finite nella rete di una sorta di “tratta di donne e bambini” a scopo di sfruttamento sessuale. Il numero di ammalati di AIDS é tuttora incalcolabile, anche se la malattia é oggi la terza causa di morte negli ospedali pubblici. Sono altrettanto incalcolabili, per la loro enormitá, le cifre che corrispondono al lavoro infantile. Potremmo andare avanti a scrivere cifre su cifre e tutte rispecchierebbero una situazione estremamente preoccupante e crescente di deterioramento delle condizioni sociali ed economiche. Il paese vive una profonda crisi derivata dall’ingiusto modello economico applicato da sempre e dalla degenerazione etica della classe politica dirigente.

Conoscendo questo paese e le sue immense risorse questa situazione pare quasi incredibile, ma proprio queste risorse sono la causa dell’impoverimento delle masse popolari e dell’arricchimento dei soliti pochi.

 
 
 

Lapidazione, macabra pratica di individui senza umanità

Post n°305 pubblicato il 22 Ottobre 2006 da NeverInMyName

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Adultera lapidata da seguaci di Al Qaeda

BAGDAD - Una donna irachena di 22 anni, accusata di adulterio, è stata condannata a morte dai seguaci di Al Qaeda e poi lapidata in pubblico ad Al-Qaim, una cittadina situata 320 chilometri a nord-ovest della capitale Bagdad.
Lo hanno riferito fonti giornalistiche nella capitale irachena, che hanno anche precisato che la donna è stata lapidata di fronte all'intera popolazione della cittadina a ridosso del confine con la Siria, chiamata ad assistere all'esecuzione, secondo una consuetudine dei Taleban già adottata in Afghanistan.

Repubblica, 22 ottobre 2006

Cosa penso della pena di morte l'ho scritto più volte. L'atrocità di questo metodo punitivo, ancora attuato in tanti paesi del mondo, mi desta una profonda rabbia e un'angoscia senza fine. E se è possibile la lapidazione amplifica ulteriormente tali sentimenti. 

Lapidare qualcuno a morte non è solo un’orrenda violazione dei diritti dell’uomo, è una pratica abominevole, crudele oltre ogni umana comprensione. Ho letto un articolo di un giornalista testimone di una lapidazione: racconta di gente eccitata, priva di ogni segno di terrore e pietà sul volto, anzi. Sembrava che nel compiere un atto barbaro come quello provasse soddisfazione.

E tutto ciò è terribile quanto la condanna stessa.

Vi segnalo i paesi dove i governi permettono di utilizzare questo metodo per punire una donna riconosciuta adultera. Alcuni non la praticano da anni e la usano solo come minaccia. (Il testo è lungo e capisco quanti non se la sentano di leggerlo tutto...)

Dall'Afghanistan allo Yemen, la minaccia della lapidazione serve in genere a intimidire le donne che cercano di affermare se stesse. E' stato comunque l'Iran il primo paese in cui la lapidazione è tornata in auge con gli integralisti.
In Afghanistan durante il regime dei Talebani vi sono state molte lapidazioni in pubblico. Prima della guerra in Afghanistan i governi si erano opposti a pratiche quali la lapidazione, il taglio della mano e la flagellazione pubblica, e si riteneva ormai che fossero eventi che accadevano raramente in qualche zona rurale. Durante l’occupazione sovietica alcuni gruppi armati di Mujahedin incoraggiarono l’applicazione sommaria di queste forme di punizione ritenute “islamiche”. Nel 1993, ad esempio, a Sarobi, vicino a Jalalabad, dopo 8 anni di assenza un comandante militare rientrò nel suo paese alla testa della milizia Hezb-e Islami e trovò che la moglie si era risposata credendolo morto; ordinò quindi ai suoi uomini di lapidare la donna in pubblico. Sotto i Talebani vi fu un ulteriore aumento dell’uso di queste pene. Ad esempio nel marzo del 1997 la radio talebana Voce della Shari’ia informò che nella provincia di Laghman era stata lapidata un’adultera. Si ha anche notizia di una variante della lapidazione per gli uomini ritenuti colpevoli di 'sodomia': venivano sepolti sotto un muro fatto crollare sopra di loro. Ad esempio nel 1998 a Kotal Morcha, a nord di Kandahar un carro armato fu usato di fronte a migliaia di persone per far cadere un muro su tre uomini accusati di sodomia.
(sull'omosessualità e la shari'a si vedano i documenti della International Lesbian And Gay Association).

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In Arabia Saudita non c’è un vero e proprio codice penale, né un sistema giudiziario regolamentato. Gli imputati non hanno diritto ad un avvocato e i processi sono segreti e si basano esclusivamente sulla confessione, spesso estorta sotto tortura. Gli imputati non vengono informati della condanna e non vi è possibilità di appello: nei casi capitali il loro dossier viene soltanto “riesaminato” dal Consiglio Giudiziario Supremo, i cui membri, nominati dal Re, sono ritenuti responsabili dell’applicazione della shari’a. La pena consuetudinaria per l’adulterio è la morte tramite lapidazione.

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In Bangladesh, i tribunali del clero del villaggio, chiamati salish, emettono una fatwa contro quelle persone - in genere donne - ritenute colpevoli di aver violato il codice morale islamico. Tali condanne vanno dalla rasatura della testa alla lapidazione, passando per la fustigazione. Ogni anno si hanno notizie riguardo a decine di casi del genere. Va notato che ci sono anche ragioni economiche dietro questi editti religiosi; infatti i membri del salish ricevono una donazione, chiamata fatwabaz, ogni volta che emettono una fatwa. Inoltre, come evidenziato dal Relatore speciale delle Nazioni Unite sull’intolleranza religiosa, le fatwa costituiscono un chiaro tentativo di “rintuzzare ogni tentativo di emancipazione delle donne”. In Bangladesh infatti sono stati i movimenti femministi i primi a schierarsi contro questo sistema giudiziario parallelo, senza regole, né leggi.
Nel 1993 Nurjahan Begum, di 21 anni, dopo essere stata abbandonata dal marito aveva ottenuto il permesso di risposarsi dall'autorità religiosa del suo villaggio. Nel gennaio del 1993 però, il salish la condannò alla lapidazione insieme al nuovo marito, Motaleb, per aver consumato un matrimonio “non islamico” e i genitori di lei alla pena di cinquanta frustate per aver accettato il secondo matrimonio della figlia: l'annullamento del precedente matrimonio non veniva considerato valido e Nurjahan veniva considerata un'adultera. Venne sepolta fino al petto e lapidata a morte dagli abitanti del villaggio, mentre il marito riuscì a sopravvivere alla lapidazione. Anche grazie all’intervento di Amnesty International, un tribunale del Bangladesh condannò 9 uomini a sette anni per aver partecipato alla lapidazione di Nurjahan Begum. Nonostante questa importante sentenza, i salish hanno continuato a emettere condanne ed a farle eseguire. Nel gennaio del 2001, dopo che due nuovi giudici erano stati nominati alla Corte Suprema del Bangladesh - Mohammad Gholam Rabbani e Nazmun Ara Sultana, la prima donna a ricoprire un simile incarico -, la Corte Suprema ha stabilito che gli editti emessi dal clero musulmano sono illegali ed ha chiesto che il parlamento legiferi in modo da rendere l’emissione di una fatwa un reato punibile dalla legge. Dopo un anno però non vi erano ancora stati progressi riguardo a questa proposta.
Anche negli Emirati Arabi Uniti esiste la pena della lapidazione. Nel febbraio del 2000 Kartini bint Karim, cittadina indonesiana, fu condannata alla lapidazione per adulterio da una corte islamica nell'Emirato di Fujairah. In appello la condanna venne commutata in un anno di carcere e nella deportazione in Indonesia.

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In Nigeria, con l’introduzione del diritto islamico negli stati del nord, è stata introdotta la pena della lapidazione, oltre che altre pene crudeli e disumane come il taglio degli arti e la fustigazione. Safya Husseini, nello stato di Sokoto, è stata la prima ad essere condannata alla lapidazione per adulterio. Dopo la mobilitazione internazionale, la condanna è stata ritirata in appello nel marzo scorso, e il governo federale ha dichiarato incostituzionale la Shari’ia. Le condanne alla lapidazione per adulterio però continuano. Amina Lawal Kurami, nello stato di Katsina, è stata condannata nel marzo 2002 e la sentenza è stata ribadita nell'agosto dello stesso anno. La Comunità di Sant’Egidio ha lanciato una petizione per salvare Amina, che può essere sottoscritta sul loro sito. Anche un uomo, Yunusa Rafin Chiyawa, è stato condannato per aver confessato di aver avuto rapporti sessuali con la moglie di un amico, Aisha Haruna. La donna ha detto di essere stata ipnotizzata e per questo è stata scagionata, l’uomo invece ha confessato in tribunale, dove la seduta è stata aggiornata per permettergli di pensare alle conseguenze della sua ammissione di colpa, ma l’uomo ha ribadito la sua confessione ed è stato condannato alla lapidazione alla fine di giugno del 2002. In Somalia, a causa della guerra civile, le strutture giudiziarie sono collassate. I tribunali islamici nati a livello locale sembra abbiano spesso condannato a pene quali il taglio delle mani o dei piedi e anche alla lapidazione. Ad esempio nell’aprile del 2000 un tribunale islamico vicino a Merca nella regione Shebelle inferiore sembra abbia giudicato colpevole una donna per poligamia e l'abbia condannata a morte per lapidazione. L’esecuzione sarebbe stata sospesa perché la donna era incinta. In Sudan il 17 gennaio del 2002 è giunta notizia di Abok Alfa Akok, una ragazza di 18 anni cristiana della tribù Dinka, condannata alla lapidazione per adulterio dalla da un tribunale islamico a Nyala, Darfur meridionale. La rete dei tribunali islamici locali era stata creata dal fondamentalista sudanese Hassan el Turabi; il loro controllo da parte del governo centrale è difficile. La sentenza è stata revocata dalla Corte suprema non appena la notizia era divenuta un fatto di pubblico dominio.

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Nello Yemen, si ha notizia di un uomo "giustiziato" tramite lapidazione nel gennaio del 2000. L'esecuzione sarebbe durata oltre quattro ore prima che l'uomo morisse. Era stato ritenuto colpevole di aver violentato e ucciso la figlia. In Pakistan, invece, la Legge sulla fornicazione (zina) rende punibile questo “reato” con flagellazione pubblica o lapidazione. Vengono ritenute colpevoli di zina anche le donne violentate che non riescono a provare di non essere state consenzienti, e per farlo è necessaria la confessione dello stupratore o la testimonianza di 4 musulmani di buona reputazione che siano stati testimoni oculari del fatto. La testimonianza delle donne non è considerata valida. Nel 1987 Shahida Parvin fu condannata alla lapidazione dopo che un tribunale aveva deciso che la relazione con il suo secondo marito non era valida perché il primo marito aveva negato di aver divorziato da lei. In appello però fu prosciolta. Di recente (maggio 2002) Zafran Bibi è stata condannata a morte tramite lapidazione per adulterio. Era rimasta incinta mentre il marito era in prigione. L'avvocato ha fatto ricorso e il caso sarà esaminato dalla Corte di Appello. Il marito infatti la difende e sostiene essere riuscito ad avere un incontro clandestino con la donna mentre era in carcere. Se non verrà assolta, Zafran Bibi sarà la prima donna ad essere lapidata legalmente in Pakistan.
Ci sono stati infatti alcuni casi di linciaggi tramite lapidazione da parte di folle esaltate. Nel 1994 a Gujranwala un musulmano fu lapidato e bruciato da una folla inferocita dopo che si era sparsa la voce che avesse bruciato alcune pagine del Corano. Nel 1995 a Shab Qadar due appartenenti alla “setta” musulmana degli Ahmadi sono stati attaccati da una folla inferocita e uno dei due è stato lapidato. Decine di Ahmadi sono stati uccisi in modo simile. In ogni caso il Pakistan, come anche la Libia, pur avendo adottato la shari’ia con le sue pene più estreme, come la lapidazione e l’amputazione degli arti, in realtà non le applica mai.

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In Iran, l’articolo 83 del Codice Penale, chiamato legge dello Hodoud, prevede la pena di 100 frustrate per coloro che, non essendo sposati, commettono sesso fuori dal matrimonio; gli adulteri invece vengono puniti con la lapidazione. Dalla rivoluzione islamica di Khomeini si ha notizia di almeno una sessantina di casi di lapidazione, nella stragrande maggioranza dei casi di donne. Tali notizie, raccolte da agenzie stampa e organizzazioni femministe, riguardano prevalentemente casi accaduti in grandi città, mentre resta difficile avere notizie dei casi di lapidazione accaduti in zone più remote. Tali cifra quindi va presa come un flebile indizio di quanti casi possono essere realmente accaduti.
Nonostante la legge islamica preveda che chi riesce a fuggire dalla lapidazione debba essere graziato, sembra che questo non sempre accada, soprattutto se è la donna a riuscire a fuggire. Il 10 agosto del 1994 nella città di Arak, in Iran, una donna venne condannata alla lapidazione per adulterio. Il giudice religioso aveva imposto che i figli e il marito fossero costretti ad assistere alla lapidazione. Dalla fossa in cui era stata intrappolata, la donna chiese al marito di portare via i figli, ma gli fu impedito. Mentre veniva lapidata, nonostante le fossero stati cavati gli occhi, la donna riuscì a tirarsi fuori dalla fossa e a scappare. Le guardie però la ricatturarono e le spararono. Qualche anno prima a Qom, sempre in Iran, una donna era fuggita dalla fossa, ma era stata catturata, risepolta e la lapidazione era quindi stata portata a termine. Il giudice religioso responsabile di Qom, Mullah Karimi, disse al giornale “Ressalat”, il 30 ottobre del 1989: “I decreti religiosi prevedono che la donna sia lapidata sulla base di testimonianze. Anche se era scappata nel bel mezzo dell’esecuzione, doveva quindi essere ricatturata e lapidata a morte”. Nel 1997 fece notizia in tutto il mondo il caso di Zoleykhah Kadkhoda: lapidata e dichiarata morta, si risvegliò all’obitorio, fu portata all’ospedale e le sue condizioni migliorarono. Grazie alla mobilitazione internazionale, fu graziata.
Secondo il Consiglio Nazionale della Resistenza, un’organizzazione che raduna tutti gli oppositori al regime fondamentalista iraniano, la lapidazione è indispensabile al clero islamico per terrorizzare la popolazione persiana. Durante la preghiera del Venerdì, nel maggio del 1998 a Kermanshah, il Mullah Zarandi ha detto a proposito della lapidazione: “Le forze di sicurezza devono mostrarsi più presenti nella società. Per dare un esempio agli altri, il sistema giudiziario dovrebbe prendere qualcuno che lo meriti, portarlo in una pubblica piazza e tagliargli la mano Devono anche lapidare un po’ di persone. In questo modo prometto che la società sarà raddrizzata”. Eppure in Iran sembra che la gente non sopporti più la brutalità dei tribunali e della polizia religiosa. Nell’agosto del 2001, mentre era in corso una campagna di esecuzioni pubbliche tramite impiccagione, la polizia nel Sud-ovest di Teheran ha dovuto lanciare gas lacrimogeni e caricare una folla che aveva cercato di salvare un condannato e impedirne l’impiccagione, lanciando sassi e bastoni alle forze dell’ordine e chiedendone la grazia.
Fra le vittime più recenti della lapidazione, ricordiamo Maryam Ayoubi, 30 anni, lapidata a morte, la mattina dell’11 luglio del 2001 perché ritenuta colpevole di tradimento e assassinio del marito. Il mese prima, il 24 giugno, Robabeh era stata frustata 50 volte e quindi lapidata per adulterio. Il suo amante era stato condannato a 100 colpi di frusta e all’impiccagione.
Questi casi di lapidazione, come almeno altri sette di cui si ha notizia, sono avvenuti sotto la presidenza del “riformista” Khatami, a dimostrazione di quanto l’applicazione della legge sia ancora prerogativa del clero islamico fondamentalista. Khatami ha nominato sua vicepresidente una donna, Massoumeh Ebtekar. Quando le è stato chiesto cosa ne pensava della lapidazione, ha cercato di non rispondere e ha poi detto che in linea generale è necessaria, ma che avviene soltanto in zone remote del paese.
Durante il regime del "riformista" Khatami si ha notizia di circa 18 lapidazioni. L'ultima condanna sarebbe stata emessa a a febbraio del 2002.

 
 
 

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