Creato da NeverInMyName il 09/11/2005

NeverInMyName

Gli orrori della guerra, una macchia sull'umanità. Per non vanificare il sacrificio di tante vittime, per non assistere inermi a un altro Vietnam, per non giustificare un'altra invasione come quella in Iraq. Per dire mai più a un altro Darfur: stand up togheter!

 

Messaggi di Maggio 2007

Un inferno senza fine nel cuore del Sudan

Post n°469 pubblicato il 28 Maggio 2007 da NeverInMyName
 

Darfur, sette donne raccontano uno stupro di massa 

Un racconto terrificante. Un orrore  indicibile, immaginestorie angoscianti che non potrebbero lasciare indifferente neanche il più insensibile degli esseri umani.  Nel campo profughi di Kalma, in Darfur, sette donne sudanesi hanno raccontato all'Associated press lo stupro e le violenze subite da un gruppo di miliziani arabi, i purtroppo ben noti ‘janjaweed’, una volta lasciato il campo per andare a raccogliere la legna.
La loro terribile storia è stata confermata dagli operatori umanitari presenti nell’area e che denunciano l'inferno che è oggi il Darfur, dopo la decisione del governo di Khartoum di assoldare i miliziani arabi della regione per sedare la rivolta delle tre principali etnie africane locali contro il governo.

IL RACCONTO

Le sette donne protagoniste di questa tragica vicenda avevano raccolto il denaro sufficiente per noleggiare un carretto trainato da un asino, per poter uscire dal campo e raccogliere la legna da rivendere al mercato, ma a poche ore di cammino sono state violentate, picchiate e derubate.  Solo dopo molte ore, nude e traumatizzate, sono rientrate a Kalma.
"Per tutti il tempo che è andato avanti io continuavo a pensare: stanno uccidendo il mio bambino, stanno uccidendo il mio bambino", racconta Aisha, al settimo mese di gravidanza al momento dello stupro. Le donne non hanno dubbi sui responsabili delle violenze: i cammelli e le uniformi indicavano la loro appartenenza ai janjaweed.
Dieci arabi a dorso di un cammello le hanno circondate, urlando insulti e sparando in aria. Le donne hanno prima cercato di fuggire. "Io non ho neanche provato, perchè non ce l'avrei mai fatta", ha detto Aisha, la ragazza di 18 anni incinta al settimo mese. Quattro uomini le si sono messi alle spalle, colpendola con dei bastoni, mentre gli altri janjaweed inseguivano il resto del gruppo. "Non siamo andate molto lontano", ha detto Maryam, mostrando la ferita da arma da fuoco su un ginocchio. Una volta circondate, le donne sono state picchiate e il loro asino ucciso. Zahya, 30 anni, era accompagnata dalla figlia di 18 anni, Fatmya, e dal suo bambino. Il bimbo è stato gettato a terra e le due donne sono state stuprate. Il bambino è sopravvissuto. Zahya ha raccontato di aver visto quattro uomini stuprare a turno Aisha. Denudate e percosse le donne hanno ripreso la strada verso Kalma. Lungo il cammino hanno incontrato alcuni uomini del campo profughi, che hanno offerto loro i turbanti di cotone. Al loro arrivo sono state derise. Alle donne sono state date pillole contro la gravidanza e l'Hiv. Nel frattempo è nato anche il bambino che Aisha aspettava, chiamato Osman.

IL CAMPO

Kalma è un microcosmo di miseria alle porte di Nyala, capitale del Darfur del Sud: capanne di immaginefango e tende di plastica accolgono circa 100.000 rifugiati. La struttura è ormai al limite delle sue capacità di accoglienza, tanto che il governo ha cercato di limitare i nuovi arrivi, vietando la costruzione di nuove latrine. Chiunque si avventuri fuori dal campo sa di poter incontrare i janjaweed.  
Le sette donne hanno raccontato di aver lasciato il campo di Kalma un lunedì mattina del luglio dello scorso anno e di essere state aggredite poco dopo aver iniziato a raccogliere la legna. Il dramma della violenza che hanno subito non è legato solo al dolore fisico e morale, ma anche alle conseguenze nella comunità. In Sudan, come in molti paesi islamici, la società considera lo stupro come un disonore per tutta la famiglia della vittima.
"Le vittime si trovano a dover affrontare un terribile ostracismo", ha dichiarato la coordinatrice dell'Onu, Maha Muna. Alcuni operatori umanitari ritengono che i janjaweed ricorrano alla violenza sessuale per intimidire i ribelli, le loro famiglie e i loro sostenitori. "E' una strategia di guerra", ha sottolineato Muna.  

LA POSIZIONE DEL GOVERNO

Il governo sudanese nega che gli abusi sessuali siano così diffusi come denunciato dalle agenzie umanitarie, per timore di forti rimostranze da parte dell'opinione pubblica, che considera lo stupro molto più grave di qualsiasi altro crimine commesso nella regione. Un alto funzionario del governo ha ammesso, sotto anonimato, che i janjaweed sono stati armati da Khartoum all'inizio del conflitto, ma ha poi precisato che al momento non è più in grado di controllare i miliziani. Dichiarazioni in parte

confermate da un attivista per i diritti umani, Nasser Kambal, co-fondatore del centro Amel, impegnato nel sostegno alle vittime di stupro e di altri abusi. "Non credo che lo stupro sia stato pianificato dal governo - ha detto Kambal - omicidi, saccheggi e torture sì, ma non lo stupro".

LA SITUAZIONE

Il campo di Kalma non è l'unico luogo testimone di molteplici casi di stupro. A 190 chilometri di distanza, nella città di Mukjar, due uomini hanno raccontato di aver visto alcune donne portate di forza nella prigione dove erano detenuti e stuprate per ore dai janjaweed. I due testimoni hanno riferito che i miliziani urlavano che stavano "piantando pomodori", riferendosi al colore della pelle. In Darfur gli arabi si definiscono "rossi" perchè sono leggermente meno scuri degli africani.  Nel 2006, gli operatori dell'Onu hanno denunciato 2.500 casi di stupro nella regione, ma ritengono che si tratti di un dato molto lontano dalla realtà. La cifra reale si aggirerebbe su migliaia di casi al mese, secondo un funzionario dell'Onu. Le donna a capo delle tribù presenti a Kalma riferiscono di oltre una decina di stupri a settimana. Gli operatori umanitari attivi nel Darfur del Sud stimano in oltre 100 le donne stuprate ogni mese soltanto nell'area di Kalma. Le vittime immaginesolitamente non sono in grado di identificare i loro aggressori. Soltanto otto persone sono state processate e condannate per crimini sessuali in Darfur nel 2006, stando a quanto precisato da Mustapha. "Sono stati condannati dai tre ai cinque anni di carcere e a 100 frustate", secondo quanto previsto dalla legge islamica.
Le sette donne oggi lavorano in un piccolo laboratorio dove vengono fabbricati boccali per l'acqua. Un lavoro che non riesce a lenire la loro povertà, "ma almeno non dobbiamo più allontanarci", dice Aisha. Nessuna delle sette donne ritiene che la corte panale internazionale o una corte sudanese renderà mai loro giustizia. Tutto quello che Zahya chiede è di poter tornare nel suo villaggio. "Se almeno la gente ci aiutasse a far cessare i combattimenti, ci basterebbe".

 
 
 

Maddie, l'angoscia e il terrore non possono spegnere la speranza

Post n°468 pubblicato il 20 Maggio 2007 da NeverInMyName
 

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Da giorni, ogni volta che sfogliando un giornale o guardando un tg incrocio questo sguardo. mi si gela il sangue...  E' la stessa sensazione che provavo quando fu rapito il piccolo Tommy, di cui tutti conosciamo l'angosciante vicenda e la crudele fine che gli riservarono i suoi carnefici. Oggi la storia è un po' diversa. Maddy è stata rapita in Portogallo, forse da una banda di pedofili. Ha solo 3 anni... Il trambusto mediatico quotidianamente fa emergere particolari sul rapimento, ma della bambina non si ha alcuna notizia. L'angoscia è la stessa, il dolore è lo stesso, l'impotenza è la stessa...ma la speranza non può essere annichilita dal terrore di ciò che può accaderle. Voglio credere che un briciolo di umanità possa ancora albergare nell'anima nera di chi ha strappato ai genitori questo cucciolo tanto debole e impaurito...

 
 
 

Secondo voi c'è differenza? Per la maggioranza degli italiani sì!

Post n°467 pubblicato il 14 Maggio 2007 da NeverInMyName
 

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Famiglia regolare...

immagineFamiglia di fatto...

Assurdità...

 
 
 

Problema immigrazione: paura o intolleranza?

Post n°466 pubblicato il 07 Maggio 2007 da NeverInMyName
 

Di destra o di sinistra, la questione non lascia nrssuno indifferente

Oggi su Repubblica ho letto la lettera di un signore, che dice di essere di sinistra, e che analizzando le sue paure e le sue intolleranze nei immagineconfronti degli extracomunitari sente di essere diventato razzista... Vi consiglio di leggerla come d'altronde suggerisco di fare con la risposta di Augias, il quale in poche righe sintetizza perché "non è di destra reclamare una cultura della legalità che valga per tutti o chiedere agli immigrati di farsi carico di una serie di responsabilità civili".

Io mi ritrovo totalmente nel pensiero di Augias e comprendo le frustrazioni e i timori del signore che ha scritto la lettera. Ma vado oltre...  L'emergenza immigrazione in Italia è sotto gli occhi di tutti, ma non si tratta di un'esclusiva del nostro Paese. Infatti, una delle più importanti tendenze planetarie, collegata agli andamenti in materia di popolazione, risorse, ambiente, malattie e guerre nel Sud del mondo, è proprio l’aumento dei flussi migratori internazionali; in particolare, di quelli diretti dai paesi più poveri o in via di sviluppo immagineverso i paesi del Nord ricco e industrializzato, come gli Stati Uniti e l’Europa occidentale.
Una situazione, questa, che pone all’Occidente una sfida difficile, da cui dipende molto del proprio futuro. Molti paesi affrontano la questione con grande equilibrio e con un confronto fra le parti scevro da condizionamenti politici, cosa che dovrebbe esserci di insegnamento. E il punto è proprio questo: bisogna spogliarsi dei retaggi culturali, sia quelli della sinistra massimalista che della destra xenofoba, e avere il coraggio di cambiare. Di imporre un cambiamento, più che normativo di approccio e forma d'accoglienza, prima che sia troppo tardi e la paura si trasformi nella più violenta e incontrollabile intolleranza.

 
 
 

Darfur, Khartoum messo alle strette dall'Aja 

Post n°465 pubblicato il 02 Maggio 2007 da NeverInMyName

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Emessi i mandati d'arresto per due esponenti del governo

Ma i sudanesi consegnranno davvero al Tribunale internazionale i respondabili del genocidio?

Il Governo sudanese èn sempre più sotto pressione. Dopo il grande successo del Global Day Darfur arriva oggi l'annuncio del Procuratore generale della Corte penale internazionale dell'Aia, Luis Moreno-Ocampo, il quale ha oggi comunicato che "i giudici hanno emesso i mandati di cattura nei confronti di Ahmad Harun e Ali Kushayb e che ora "il governo del Sudan ha il dovere morale di arrestarli". 
Si tratta rispettivamente
dell'attuale ministro per gli Affari umanitari e di un leader dei miliziani arabi attivi nella regione occidentale del Dardur, noti come janjaweed (diavoli a cavallo, ndr), incriminati entrambi per51 capi di accusa, tra cui omicidio, immaginestupro, tortura, persecuzione di civili e detenzione illegale.
"Questa decisione della Corte penale internazionale non è discutibile e il governo deve rispettarla", ha affermato con fermezza Ocampo.
Nel marzo 2005
il Consiglio di sicurezza dell`Onu ha approvato la risoluzione
1593, con cui ha rinviato alla Corte penale internazionale
dell`Aia il giudizio sui crimini commessi in Darfur, che obbliga il governo sudanese e le parti coinvolte a cooperare. Tuttavia, Khartoum ha più volte dichiarato che non intende consegnare i propri cittadini a un tribunale internazionale. 
"Abbiamo concluso un'indagine condotta in circostanze molto difficili e senza esporre alcun testinone - ha aggiunto il procuratore - abbiamo trasformato i loro racconti in prove e ora i giudici hanno confermato la validità di tali prove". Il ministro Harun si trova attualmente a Khartoum. Il governo sudanese ha respinto le accuse mosse al ministro, sostenendo di aver condotto delle indagini e di non aver trovato "uno straccio di prova" contro di lui. Khartoum ha invece fatto sapere di aver arrestato il leader delle milizie Kushayb, su cui ha avviato un'indagine, ma diversi testimoni hanno dichiarato all'Ap di averlo visto spostarsi liberamente in Darfur, sotto la protezione della polizia.
I capi di imputazioni mossi contro i due uomini si riferiscono alle violenze commesse tra l'agosto 2003 e il marzo 2004 nelle città e nei villaggi del Darfur Occidentale. I due uomini sono accusati di aver aderito al piano per "perseguitare i civili che sostenevano i ribelli", secondo Ocampo. I loro metodi consistevano in "attacchi indiscriminati contro la popolazione civile, omicidi, stupri, atti disumani, trattamento crudele e distruzione, detenzione illecita, saccheggi, trasferimento coatto e distruzione di proprietà", stando a quanto si legge neldocumento di 94 pagine presentato dagli investigatori alla corte.
La guerra civile in Darfur è scoppiata nel febbraio 2003 e ha immaginecausato finora, secondo stime, almeno 200.000 morti e oltre 2,5 milioni di sfollati. Il governo di Khartoum è accusato di aver sostenuto le milizie arabe dei janjaweed per sedare la rivolta mossa da tre grandi etnie africane, che chiedevano più equità nella distribuzione della ricchezza nazionale, concentrata nella capitale. Il governo ha sempre respinto tale accusa. Nella prima fase del conflitto, Harun era responsabile della sicurezza per il Darfur nel ministero dell'Interno. In quel periodo, secondo gli investigatori, avrebbe arruolato e armato i miliziani. Kushayb è noto come "il colonnello dei colonnelli" e sarebbe a capo di migliaia di combattenti nel Darfur Occidentale.

 
 
 

Poca sicurezza sul lavoro: I maggio sporcato di sangue

Post n°464 pubblicato il 01 Maggio 2007 da NeverInMyName
 

Giusto festeggiare mentre i lavoratori continuano a morire nei cantieri?

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Cade a Sorrento il braccio di un elevatore e uccide due donne. Feriti i tre operai che si trovavano sulla pedana per inastallare le luminarie davanti alla chiesa del paese e un carabiniere poco distante dalle vittime. Aperta un'inchiesta.
Fonte Ansa

 
 
 

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