Creato da NeverInMyName il 09/11/2005

NeverInMyName

Gli orrori della guerra, una macchia sull'umanità. Per non vanificare il sacrificio di tante vittime, per non assistere inermi a un altro Vietnam, per non giustificare un'altra invasione come quella in Iraq. Per dire mai più a un altro Darfur: stand up togheter!

 

Messaggi di Luglio 2007

Gli interessi dietro la guerra...

Post n°476 pubblicato il 30 Luglio 2007 da NeverInMyName

Sotto al Darfur c'è un lago d'acqua dolce

La notizia è di quelle forti: sotto al Darfur c'è un enorme lago sotterraneo, una riserva d'acqua dolce che sarebbe risorsa fondamentale per la vita nella martoriata regione.
La scoperta è stata fatta da Farouk El Baz, direttore del Centro di teleanalisi dell'Università di Boston (Massachusetts), che ha ottenuto un'immagine tridimensionale delle profondità dell'area grazie ai dati provenienti da tre diversi satelliti. Il lago è 573 metri sotto il livello del mare ed ha l'incredibile superficie di 30.750 km2.
Si stanno mobilitando iniziative internazionali per trivellare e fare i pozzi. Il governo sudanese si è subito impegnato, così come l'Egitto, che dovrebbe realizzare i primi venti pozzi. Da alcune fonti si viene a sapere che anche la Cina starebbe proponendo il suo aiuto.
Un articolo pubblicato su RTLinfo.be è online
qui (in francese).

 
 
 

Darfur, andata e ritorno dall'inferno... con una speranza 

Post n°475 pubblicato il 14 Luglio 2007 da NeverInMyName
 

Volti, sguardi, preghiere inascoltate. La rabbia repressa e il dolore immane per una vita strappata, una dignità violata, una ferita aperta che il tempo non riesce a sanare. Tutto questo e molto di più è il Darfur, la regione del Sudan martoriata da oltre quattro anni da un conflitto che ha provocato oltre trecentomila morti e costretto due milioni di persone ad abbandonare i propri villaggi. A spingerle lontane dalle loro case è la  paura dei janjaweed, i cosiddetti ‘diavoli a cavallo’, predoni senza scrupoli manovrati, secondo fonti internazionali, dal regime di Khartoum.
Dalle notizie delle ultime settimane sembrerebbe che il governo sudanese sia pronto a dar seguito al proposito di accettare il dispiegamento della forza Onu – Ua, approvata con una risoluzione nel 2006, ma non ha fornito alcuna garanzia che ciò avvenga in tempi rapidi. E proprio questo è il cuore del problema. La crisi umanitaria, già gravissima, rischia di diventare incontrollabile: gli sfollati e i rifugiati sono ormai un terzo della popolazione. Solo  nell'ultimo anno ne sono stati censiti 400 mila in più.
Nonostante la complessità della situazione che si è delineata nel corso delle ultime visite degli
osservatori  delle Nazioni Unite, e le preoccupazioni esternate dagli operatori delle Ong coinvolte nella missione Amis, uno spiraglio di speranza sembra accendersi. L’elemento nuovo è la disponibilità espressa, per la prima volta, dal Jem - movimento di ribelli che non ha firmato gli accordi di Abuja del maggio 2006, sottoscritti solo da una delle fazioni che si contrappongono al governo di Khartoum - a discutere di una nuova soluzione politica. Anche sulla forza ibrida di interposizione, composta da Caschi blu e militari dell’Unione africana, i ribelli si sono detti favorevoli, ma hanno manifestato perplessità sulla convenienza del dispiegamento del contingente prima che l’area sia realmente pacificata.
Basta parlare con i cooperanti presenti nella provincia di Al Fasher, nord Darfur, e i rifugiati dei campi che accolgono gli sfollati sopravissuti alle violenze delle milizie arabe per comprendere i timori di chi ritiene che l’arrivo di un contingente, che si frapponga tra le parti belligeranti, non basti a risolvere il conflitto.
Girando tra le capanne di Al Salam, dove sono assiepati  50mila disperati, è facile rendersi conto dell’emergenza che si sta vivendo nella regione.
Dopo gli ultimi arrivi della primavera scorsa, non c'è più posto nel campo e il governo sudanese, che controlla quest’area, non intende ampliarlo. Non viene più accettato nessuno.
Il messaggio degli sfollati e di chi li assiste è forte e chiaro. ''Fate presto”. Il dramma che si vive qui è lo stesso di tanti altri centri di accoglienza: poca acqua, cibo appena sufficiente, rifugi di fortuna e tutt’intorno il nulla.
L’appello di aiuto viene  pronunciato da tutti gli interlocutori che si incontrano. Un'invocazione che si legge sul volto delle donne e degli uomini assiepati nell’accampamento che dovrebbe garantirgli la sicurezza. E invece non è così. Dopo le quattro, appena comincia a calare il sole, gli operatori umanitari e gli addetti ai controlli vanno via per passare la notte a Al Fasher. Ad Al Salam, un’enorme distesa di tende e di capanne che si estendono per chilometri nell’arido deserto sudanese,
interrotte solo dalle tre grandi cisterne dove si conserva l'acqua, cala il buio: non ci sono generatori. E nessuna difesa.
Una situazione disperata, che coinvolge sempre più persone inermi, per lo più bambini e donne. Proprio queste ultime sono le principali vittime delle milizie arabe che, a detta delle ong presenti sul territorio, sarebbero utilizzate dai vertici governativi di Khartoum nella guerra contro la ribellione darfuriana.
Nel campo le testimonianze delle violenze sono tante. Donne e adolescenti picchiate, torturate, stuprate. Vittime penalizzate due volte: quelle che sopravvivono allo stupro e lo denunciano, oppure non riescono a nasconderlo, vengono rifiutate dai mariti e allontanate dalle comunità.
Il racconto di Kalima, che parla solo arabo e riesce a comunicare con noi grazie a un’operatrice di Icr, la ong che gestisce il campo, e tra i più dolorosi.
“Mia cognata è stata presa da un gruppo di tre uomini – dice con lo sguardo basso e senza smettere di intrecciare il cesto a cui lavora insieme alle altre donne impegnate nei
laboratori organizzati dai cooperanti -  Si era allontanata dal villaggio, ma non tanto, per raccogliere legna. Era sola. E proprio per questo l’hanno punita. L’hanno violentata perché, le hanno detto, non muovendosi in gruppo se l’era cercata. Quando è tornata e ha raccontato quello che era successo mio fratello l’ha cacciata e nessuno della famiglia l’ha aiutata. Ora è morta…”.
Non aggiunge altro Kalima. Non può. La nostra interprete ci dice che spesso le donne che subiscono questa tragica sorte si suicidano. Chi viene emarginato dalla comunità non ha molte speranze. L’inferno del Darfur è anche questo.

 
 
 

Il viaggio della vita... destinazione Darfur!

Post n°474 pubblicato il 08 Luglio 2007 da NeverInMyName
 

Miei cari amici, sono di nuovo in partenza... e questa volta per uno dei viaggi più significativi della mia vita, forse quello più importante: vado in Darfur. Chi di voi mi conosce bene, oppure legge assiduamente i miei post, sa quanto impegno profondo da anni su questa crisi. Dopo essere riuscita a organizzare, insieme a tutti i compagni di Italian blogs for Darfur, da cui è nato il movimento Italians for Darfur, il Global Day a Roma e aver promosso l'audizione alla Camera dei Deputati, dove siamo stati ascoltati dal Comitato per i diritti umani insieme ad alcune Ong internazionali con le quali siamo costantemente in contatto, e una delegazione di rifugiati in Italia del Darfur, domani partirò insieme aun gruppo di parlamentari e giornalisti per il Sudan... Ovviamente al mio rientro vi racconterò tutto e cercherò di documentare il meglio possibile, sia con foto che von video, quella che è la reale situazione in questa martoriata regione sudanese trasformata in un infermo dalle milizie dei janjaweed coperte finora dal governo di Khartoum. Ora vi lascio e vi posto anche il comunicato che ho preparato per la stampa.
Vi abbraccio forte e spero di ritrovarvi tutti al mio rientro.

Anto

Delegazione italiana in missione in Darfur

Una delegazione della Commissione esteri della Camera parte per una missione  in Sudan con l’intento di constatare la gravità della situazione di crisi nella regione del Darfur. Questa iniziativa segue l’audizione di alcune settimane fa a Montecitorio di Ong internazionali, tra cui Oxfam, International Crisis Group e la Caritas, che hanno lanciato l’allarme dell’aggravamento delle condizioni dei campi profughi e della sicurezza nella regione.

La delegazione parlamentare, guidata dal presidente della commissione Umberto Ranieri, è composta dai deputati Tana De Zulueta, Ramon Mantovani e Marco Zacchera.

La missione si svolge alla vigilia della conferenza internazionale sul Darfur che le Nazioni Unite e l’Unione africana hanno convocato congiuntamente in Libia per il 15 e il 16 luglio, a cui è stata invitata anche l’Unione europea.

Nella sua prima giornata, lunedì 9 luglio, a Khartoum, la delegazione avrà incontri con il presidente dell’Assemblea nazionale sudanese e il ministro degli esteri, nonché con i vertici dell’Unione africana e con il Sudan People’s Liberation Mouvement (ora membro del governo di unità nazionale).

Nella seconda giornata, la delegazione si trasferirà nel capoluogo del Darfur, El-Fasher. Sono previsti incontri con la missione AMIS, con i rappresentanti dei gruppi locali e una visita ad un campo profughi ed una riunione con il governatore del Nord Darfour.

L’intenso programma consentirà alla delegazione di formarsi un ampio quadro delle posizioni relative alla situazione, in vista della predisposizione di una risoluzione che la Commissione esteri della Camera potrebbe approvare al ritorno dal Sudan.

La Commissione stessa, al momento, ha ritenuto di non procedere all’autorizzazione alla ratifica di un accordo italo-sudanese per la reciproca promozione degli investimenti, in attesa di accertare l’atteggiamento di Karthoum nei confronti del Darfour.

In particolare, si intende verificare i termini della disponibilità di recente manifestata dalla parte sudanese circa l’accettazione della forza ONU di peace-keeping, purché a prevalente composizione africana. La visita è altresì collegata al fatto che, in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU, l’Italia presiede pro-tempore il Comitato per l’applicazione delle sanzioni.

“L’emergenza umanitaria in Darfur è più grande che mai – sottolinea in una nota Italians for Darfur, movimento ispiratore delle iniziative parlamentari intraprese finora - E’ noto che oltre 2 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case e che 4 milioni dipendono dall’assistenza umanitaria. Ma si aggiunge che il conflitto va assumendo una dimensione sempre più regionale e che la frammentazione delle parti sta rendendo la regione sempre più instabile e senza legge. La comunità internazionale deve perciò mobilitarsi. La giornata mondiale per il Darfur ha confermato la sensibilità dell’opinione pubblica. La Francia ha ripreso l’iniziativa con il neo-ministro degli esteri, Kouchner, convocando il 25 giugno a Parigi il gruppo di contatto allargato. Peccato che il governo sudanese non vi abbia partecipato. Il gruppo tornerà a riunirsi a settembre a New York.

Si impone oggi la necessità di dare piena attuazione alle risoluzioni dell’ONU, avviando il negoziato tra governo e fazioni ribelli sulla base dell’iniziativa congiunta delle Nazioni Unite e dell’Unione africana. In effetti, è da valorizzare il contributo che sta venendo dall’UA che vive una fase di potenziamento della sua struttura politico-istituzionale tale da configurare finalmente una diretta assunzione di responsabilità continentale.

Positivo, ma non ancora sufficiente, appare l’impegno finanziario per ulteriori 71 milioni di euro preannunciato dall’Unione europea, che dovrebbe invece assumere soprattutto un’iniziativa politica più accentuata".

"Si ricorda, infine - conclude il portavoce di Italians for Darfur - che  secondo il segretario generale dell’ONU, la crisi nasce dalla catastrofe ecologica della desertificazione per cui si lega alla questione globale dei cambiamenti climatici”.

 
 
 

Siria, criptica e sorprendente 'porta' del Medio Oriente

Post n°473 pubblicato il 02 Luglio 2007 da NeverInMyName
 
Foto di NeverInMyName

Carissimi è tanto che non scrivo solo per il piacere di comunicare con voi. Sono stata spesso all'estero per lavoro e il tempo a mia disposizione è sempre più razionato. Sono da poco tornata dalla Siria, un paese criptito ma che mi ha riservato non poche sorprese, in particolare la 'scoperta' di un luogo dove è conservato quasi integro uno splendido anfiteatro. Per quanto riguarda il clima politico, beh... un po' di tensione verso l'occidente si avverte, anche se nei confronti degli italiani i siriani hanno un atteggiamento molto amichevole e ospitale.
Ma veniamo alle mie senzazioni e alle cose che ho visto. Mi ha colpito particolarmente la visita al Suq (termine arabo che indica il mercato), Una guida mi ha mostrato la bellezza è l'organizzazione dei mercati siriani, realizzati in vie strette, completamente coperti per proteggere le persone dal caldo e dalla pioggia. Vie che in entrambi i lati affacciano negozi con tutte le mercanzie caratteristiche di un mercato (alimentari, tessuti, biancheria, suppellettili, ferramenta, gioielli, dolci ....) e, come tutti i mercati, sono il cuore pulsante della vita cittadina. Proprio a poca distanza dal suq si erge la splendida moschea degli Ommayaddi, nome della casta regnante che l'ha edificata. E' la più importante moschea del Medio Oriente, costruita nel 700 su un tempio di Giove preesistente. L'ingresso è consentito agli uomini ed alle donne rigorosamente scalzi, e le ultime solo indossando lo chador (nella foto potete vedere come era conciata la sottoscritta).
Dal suo cortile interno si possono ammirare gli imponenti colonnati che delimitano la parte coperta ed i grandiosi mosaici bizantini che ricoprono intere pareti della moschea.
All'interno della moschea, si trova una chiesa dedicata a San Giovanni Battista (profeta venerato anche dai mussulmani, che analogamente a Gesù, precedettero Maometto).
Molto bella e siggestiva anche il Palazzo del Governatore, una signorile dimora del 1750, divenuta sede del Museo e delle arti tradizionali.
La struttura ottomana è divisa in una parte pubblica (salamlik) e in una privata (haramlik), inaccessibile agli ospiti e protetta da ben tre porte.
La parte pubblica si articola intorno ad un ampio cortile lastricato, con portici e fontane. Le sale interne hanno magnifici soffitti lignei intarsiati. Divisa in vari ambienti, viene ricostruita la vita tradizionale siriana.
Una parte del palazzo è dedicata alle arti e mestieri, con sale monotematiche contenenti le diversi arti tra cui, la lavorazione del legno, del rame, del vetro, dei tessuti, del cuoio, delle armi e la pelletteria.
Ma a lasciarmi davvero senza fiato è stata la visione dell'anfiteatro di Bosra, città menzionata in documenti egizi e citata nella Bibbia, capitale settentrionale nel regno nabateo, della provincia romana d'Arabia, in seguito, importante centro del cristianesimo primitivo e prima città mussulmana della Siria, crocevia di grandi vie carovaniere e tappa fondamentale sulla strada per la Mecca. La maggiore attrazione della città è costituita dall’antica Cittadella fortificata al cui interno si trova lo stupendo anfiteatro romano, in perfetto stato di conservazione, che può ospitare fino a 15.000 spettatori e che nel periodo estivo ospita tutt'oggi delle rappresentazioni.
Purtroppo, pur passando in Siria una settimana, ho dovuto concentrare queste visite in due giorni. In ogni caso sono riuscita a toccare i punti di maggiore interesse, compresa la 'via Retta, sulla quale San Paolo fu folgorato a Damasco.
Un abbraccio e a presto.
Anto

 
 
 

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