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TRAFFICO E SMOG FANNO MALE AL CUORE!


Chi è stato colpito da problemi cardiaci dovrebbe stare attento a non rimanere imbottigliato nel traffico, e non solo per evitare di innervosirsi troppo. Un recente studio dell’università di Boston conclude che respirare le polveri sottili contenute nei gas di scarico delle automobili può alterare l’attività elettrica del cuore. I ricercatori consigliano a chi ha subito un attacco di cuore di evitare il più possibile lo smog, e suggeriscono anche a chi è sano di fare lo stesso.Lo studio, condotto dalla dottoressa Diane R. Gold, professore associato di medicina e salute pubblica a Harvard, Boston, in Massachusetts, ha preso in esame 48 soggetti tra i 43 e i 75 anni, in gran parte uomini, tutti afflitti da cardiopatia coronarica. Tra di loro, il 40% era stato colpito da infarto del miocardio e il 25% era malato di diabete. A ciascuno di essi, per quattro volte nel corso di un anno, è stato assicurato al petto un elettrocardiografo portatile durante l’arco di ventiquattro ore, in cui hanno svolto le loro attività. L’elettrocardiografo registrava tutte le variazioni di potenziale elettrico, evidenziando i momenti di scarso afflusso di sangue al cuore.I ricercatori hanno osservato che a un innalzamento dei livelli di inquinamento atmosferico corrispondeva un’alterazione nel tracciato dell’elettrocardiogramma. In particolare alti livelli di polveri sottili e di nerofumo, prodotto dalla combustione dei carburanti fossili, influiscono sull’attività elettrica del cuore. Stesso risultato si ha con l’esposizione all’anidride solforosa: questa, seppur presente nei gas di scarico, è anche rinvenibile in vari altri composti. Non risulta che il tanto temuto monossido di carbonio abbia effetti significativi sull’attività cardiaca, ma i ricercatori ne hanno rilevata scarsa presenza nelle zone in cui l’esperimento si è svolto. Da notare, infine, che le correlazioni più forti tra inquinamento atmosferico da gas di scarico e variazione del potenziale elettrico del cuore si manifestano nei pazienti dimessi più di recente, in chi ha subito un attacco di cuore e nei pazienti diabetici. Di conseguenza i ricercatori suggeriscono di prestare maggiore attenzione a chi è stato dimesso da poco e vive in aree metropolitane molto trafficate.Molto importante tenere in considerazione che lo studio non è stato svolto in condizioni di inquinamento ambientale critico, ma all’interno delle soglie accettate dagli standard per la qualità dell’aria stabiliti da una apposita commissione del governo statunitense: per l’autorità, dunque, in uno stato di perfetta sicurezza per la salute. Viene da pensare non solo a tutti noi che viviamo nelle città, ma a tutti coloro che sono costretti dal proprio lavoro a passare tanto tempo in mezzo a incroci trafficati, vigili urbani o operai, per esempio, e alla necessità che la loro salute sia ulteriormente tutelata.