Creato da danieledebetto il 04/05/2007
Partito Comunista dei Lavoratori

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I QUATTRO PUNTI PER ADERIRE AL McPCL

 
I QUATTRO PUNTI PROGRAMMATICI DEL MOVIMENTO COSTITUTIVO DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

(23 giugno 2006)

Il Movimento costitutivo del Partito Comunista dei Lavoratori intende recuperare e attualizzare il patrimonio programmatico del marxismo rivoluzionario riscattandolo dalla lunga rimozione teorica e pratica di cui è stato oggetto da parte della socialdemocrazia e dello stalinismo.
Questo recupero e attualizzazione si concentra su quattro assi di fondo che indichiamo come base politica di principio del nuovo movimento.

1 – RIVENDICHIAMO L’ INDIPENDENZA POLITICA DEL MOVIMENTO OPERAIO E DEI MOVIMENTI DI LOTTA DALLE FORZE DELLA BORGHESIA: dai suoi interessi, dai suoi partiti, dai suoi governi.
I marxisti rivoluzionari hanno sempre contrastato le politiche di collaborazione con le classi dominanti collocandosi all’ opposizione dei loro governi. Questo principio di indipendenza della classe lavoratrice dalla borghesia è, se possibile, ancor più attuale nell’odierna situazione storica. La crisi del capitalismo e il crollo dell’URSS hanno chiuso lo spazio storico del riformismo. Ogni coalizione di governo delle sinistre e dei “comunisti” con le forze della borghesia significa la loro corresponsabilizzazione alle politiche controriformatrici della classe dominante. Tutta l’ esperienza internazionale degli ultimi quindici anni lo riprova in forma inequivocabile: i governi di centrosinistra in Italia, il governo Jospin in Francia, il governo Lula in Brasile, hanno tutti amministrato e amministrano , in forme diverse, gli interessi della borghesia contro gli interessi dei lavoratori e delle grandi masse. Il nuovo governo Prodi-Padoa Schioppa, i suoi programmi annunciati in politica estera e politica sociale, si pongono sullo stesso terreno. Ed anzi riflettono una diretta investitura nel centrosinistra dei settori più significativi del grande padronato.
Intendiamo combattere questa politica nel nome di una linea alternativa. Siamo certo favorevoli all’ unità di classe dei lavoratori e dei movimenti di lotta delle classi subalterne, ma per una loro piena autonomia dalle forze avversarie e in funzione di un’alternativa vera. Solo l’ opposizione ai governi della borghesia può preparare le condizioni di un’ alternativa anticapitalistica. Solo l’ opposizione radicale ai governi della borghesia può strappare risultati concreti e conquiste parziali com’ è dimostrato dalla recente vittoria della rivolta sociale dei giovani e lavoratori francesi contro le misure di precarizzazione del lavoro.
Vogliamo dunque batterci per l’ unità di lotta di tutte le espressioni del movimento operaio e dei movimenti di massa attorno ad un autonomo polo di classe anticapitalistico.


 

I QUATTRO PUNTI

 
2 – CI BATTIAMO PER LA CONQUISTA DEL POTERE POLITICO DA PARTE DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI, BASATO SULL’ AUTORGANIZZAZIONE DI MASSA, come leva della trasformazione socialista.
La prospettiva socialista è la ragione d’ essere del comunismo. I comunisti si battono contro un’ organizzazione capitalistica della società che concentra nelle mani di una piccola minoranza privilegiata tutte le leve decisive dell’ economia e il grosso della ricchezza sociale: un’ organizzazione capitalistica che si basa sullo sfruttamento del lavoro, sul saccheggio dell’ ambiente, sull’oppressione dei popoli; e che oggi conosce il prepotente ritorno delle politiche di potenza dell’ imperialismo e degli imperialismi per una nuova spartizione delle zone di influenza, per la conquista dei mercati, delle materie prime, della manodopera a basso costo. Solo il rovesciamento del capitalismo e dell’ imperialismo può liberare un futuro diverso per l’ umanità. Solo la proprietà sociale dei mezzi di produzione e delle leve della finanza può consentire la riorganizzazione radicale della società umana attorno al primato dei bisogni e delle esigenze collettive, e non del profitto di pochi.
La conquista del potere politico da parte delle classi lavoratrici è un passaggio decisivo di questa prospettiva di liberazione. Il potere dei lavoratori e delle lavoratrici non ha niente a che vedere né con la cosiddetta “democrazia partecipativa”, né con la dittatura burocratica di caste privilegiate. Esso si basa – come voleva Marx – sull’ autorganizzazione democratica dei lavoratori stessi, sulla revocabilità permanente degli eletti, sull’ assenza di ogni privilegio sociale degli eletti rispetto ai loro elettori come nei grandi esempi della Comune di Parigi e della rivoluzione russa delle origini. Contro l’ attuale dittatura degli industriali e dei banchieri – che si fa chiamare”democrazia” – si tratta di lottare per la democrazia autentica: il potere dei lavoratori e della maggioranza della società quale leva di riorganizzazione della società stessa.


 

I QUATTRO PUNTI

 
3 – RIVENDICHIAMO IL LEGAME NECESSARIO TRA GLI OBIETTIVI IMMEDIATI E GLI SCOPI FINALI.
Come scriveva Marx, i comunisti difendono nel presente il futuro del movimento operaio e della prospettiva socialista. La coesione coerente tra rivendicazioni immediate e conquista del potere politico è un carattere decisivo della politica rivoluzionaria: contro ogni separazione tra minimalismo dell’ azione quotidiana e propaganda astratta del socialismo. Questa connessione – che fu alla base dei partiti comunisti delle origini – è tanto più attuale nel contesto odierno della crisi del capitalismo e del riformismo, laddove ogni seria lotta di massa per le esigenze immediate dei lavoratori tende a cozzare con le compatibilità sempre più strette del regime capitalistico, e viceversa ogni rinuncia alla prospettiva anticapitalista conduce in un vicolo cieco le stesse lotte immediate.
La necessità di ricondurre gli obiettivi immediati ad una prospettiva anticapitalista non riguarda solamente le rivendicazioni sociali della classe lavoratrice ma tutte le domande di emancipazione e liberazione: le domande di tutela della natura e dell’ ambiente, le rivendicazioni “pacifiste”, le domande di liberazione della donna, le stesse rivendicazioni anticlericali e per i diritti civili. Ognuna di queste domande cozza, direttamente o indirettamente con un’organizzazione capitalistica della società che fa del profitto l’unica sua religione e che si basa sulla violenza quotidiana dell’oppressione, della segregazione, dell’ ipocrisia, verso la maggioranza dell’ umanità. Ognuna di queste domande esige una risposta anticapitalistica.
Per questi il Movimento del Partito Comunista dei Lavoratori si impegna nella classe operaia e in ogni movimento di lotta dei settori oppressi della società per sviluppare la coscienza delle masse in senso anticapitalistico, per ricondurre ogni loro obiettivo alla necessità di un’ alternativa di sistema.
 

I QUATTRO PUNTI

 
4 – RIVENDICHIAMO LA NECESSITA’ DI UN’ ORGANIZZAZIONE RIVOLUZIONARIA DEI COMUNISTI.
Il movimento comunista nacque come movimento internazionale. Perché la prospettiva socialista è realizzabile compiutamente solo su scala internazionale, solo rovesciando la realtà internazionale del capitalismo e dell’ imperialismo.
Tanto più oggi il recupero di un’ organizzazione rivoluzionaria dell’avanguardia di classe internazionale è condizione indispensabile di un’ autentico rilancio di una prospettiva comunista. Tanto più oggi dopo il crollo dell’ UIRSS il quadro capitalistico è profondamente integrato sul piano mondiale. La realtà della cosiddetta “globalizzazione” capitalistica acuisce la concorrenza e le divisioni nella classe lavoratrice internazionale, tra diversi paesi e continenti. Ogni seria lotta di classe sul piano nazionale, persino al livello di singole categorie o grandi aziende, pone l’ esigenza di un raccordo internazionale con i lavoratori e le lotte degli altri paesi. Così ogni movimento di liberazione nazionale dei popoli oppressi contro l’ imperialismo – a partire dal popolo palestinese e dal popolo arabo in generale – indica l’ obiettiva necessità di una convergenza di lotta con la classe operaia dei paesi imperialisti: così come quest’ultima può e deve porsi nel proprio stesso interesse, l’ esigenza di un pieno e incondizionato sostegno ai movimenti di liberazione dei popoli oppressi, al loro diritto di autodeterminazione, alla loro azione di resistenza.
I comunisti, tanto più oggi, devono sviluppare in ogni lotta nazionale la consapevolezza della necessità di una prospettiva internazionale di liberazione. E al tempo stesso devono lavorare ad unire, su scala mondiale, tutte le rivendicazioni e domande delle classi oppresse per ricondurle ad una prospettiva socialista. Ciò implica il raggruppamento organizzato su scala internazionale dei comunisti rivoluzionari e dei settori più avanzati dell’ avanguardia di classe, al di là delle diverse provenienze e collocazioni attuali, sulle basi programmatiche e sui principi del marxismo.
Il Movimento Costitutivo per il Partito Comunista dei Lavoratori si impegna in questa direzione con tutte le proprie forze.
 

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Post N° 47

Post n°47 pubblicato il 12 Maggio 2008 da danieledebetto
Foto di danieledebetto

SU OLIVIERO DILIBERTO E LA "COSTITUENTE DEI COMUNISTI"

Oliviero Diliberto e il gruppo dirigente del PDCI hanno ispirato il recente appello per la "Costituente Unitaria dei Comunisti": un appello che rivendica la ricomposizione di PRC e PDCI e, attorno ad essa, di "tutti i comunisti", come risposta al tracollo dell'Arcobaleno.

E' del tutto comprensibile, oltre che legittimo, il tentativo del PDCI e del suo segretario di capitalizzare a proprio vantaggio la crisi verticale del PRC offrendosi come sponda a sue minoranze interne. E trasparente oltretutto è il tentativo di fuggire, con questa mossa, dalle proprie responsabilità (disinnescando contenziosi interni al suo partito). Ma la domanda è: come si può fuggire dal tracollo ricomponendo l'unità di quei gruppi dirigenti che ne sono responsabili e che l'hanno prodotto? Davvero basta la riesumazione simbolica della falce e martello per offrire una prospettiva politica a decine di migliaia di comunisti e al mondo del lavoro? Davvero si può rimuovere la lezione e il bilancio dell'esperienza Rifondazione, come se nulla fosse accaduto, semplicemente riportando le lancette al PRC del '96?

Questa proposta, in realtà, è l'ennesimo inganno senza futuro da parte di un gruppo dirigente pienamente corresponsabile della disfatta e che cerca semplicemente di salvare se stesso.

Partiamo dai fatti.

Il PRC del '96 cui Diliberto vorrebbe tornare è il PRC che per oltre due anni, sotto la guida congiunta di Bertinotti, Cossutta, Diliberto, Ferrero, Grassi, sostenne il primo governo Prodi: votando l'introduzione del lavoro interinale (pacchetto Treu), il record delle privatizzazioni in Europa, una pesantissima legge finanziaria di 80mila miliardi di lire, la detassazione di rendite e profitti, l'introduzione dei CPT contro gli immigrati. In altri termini, le più pesanti politiche antioperaie e antipopolari degli anni novanta.

L'unica differenza tra Bertinotti-Ferrero-Grassi da un lato e Cossutta-Diliberto dall'altro, fu che mentre i primi scelsero strumentalmente nel '98 di ritirare il sostegno a Prodi con l'intento iniziale di ricomporre un' "alleanza più avanzata" con D'Alema (salvo fallire e finire per una fase all'opposizione), i secondi scelsero di proseguire in modo lineare il proprio sostegno al Centrosinistra, entrando organicamente nel governo D'Alema-Cossiga (con Diliberto ministro di Giustizia) e partecipando al criminale bombardamento di Belgrado (oltre che alla continuità delle politiche confindustriali).

Di più: quando il Centrosinistra crollò, spianando la strada al ritorno di Berlusconi, Bertinotti e Diliberto ricominciarono a collaborare (a partire dal 2004) nella prospettiva di governo dell'Unione, a braccetto con tutto il personale politico antioperaio e anticomunista dei DS e della Margherita: con lo scopo di portare in dote all'Unione la subordinazione della grande stagione dei movimenti di lotta antiberlusconiani del 2001-2003. E quando l'Unione di Prodi, col sostegno dei poteri forti, "vinse" (seppur di poco) le elezioni del 2006, Bertinotti e Diliberto ripresero a votare insieme quelle stesse politiche confindustriali che insieme avevano votato nel '96-'98. Non è forse questo che milioni di lavoratori hanno osservato esterrefatti in questi anni? I cosiddetti partiti "comunisti" hanno votato le missioni di guerra, l'aumento del 17% delle spese militari, 10 miliardi di regalie a grandi imprese e banche, la truffa sul TFR, l'aumento dell'età pensionabile a 62 anni a regime, e per finire in bellezza la continuità della legge 30 di Berlusconi. Sino alla nuova sconfitta del Centrosinistra, il secondo tragico ritorno di Berlusconi, e il tracollo elettorale e politico delle sinistre di governo (Arcobaleno), con l'estromissione dal Parlamento. Insomma, un totale disastro.

E ora Diliberto, senza alcun bilancio di tutto questo, e come se nulla fosse accaduto, chiede..."l'unità dei comunisti"? Ma "comunisti" quali? Usando lo stesso codice terminologico di Diliberto, potremmo dire che "l'unità dei comunisti" l'abbiamo già vissuta, di fatto, per 15 anni: quando ciclicamente gli stati maggiori di PRC e PDCI, al gran completo, hanno votato "unitariamente" tutte le peggiori politiche della borghesia contro il mondo del lavoro. E ora Diliberto vorrebbe formalizzare e sigillare questa unità recuperando il simbolo di falce e martello? Ma proprio quel simbolo - simbolo del lavoro e del socialismo - è stato prostituito e piegato per tanti anni a ragioni opposte a quelle per cui nacque. Dovremmo quindi restaurare una finzione e celebrare una doppiezza?

La lezione di fondo di questi 15 anni è la bancarotta, senza ritorno, dei gruppi dirigenti della sinistra italiana. Senza prendere atto di questa realtà, senza andare alla radice del problema, non si ricostruisce alcun futuro e si preparano nuove sconfitte.

Dire questo non significa affatto, per parte nostra, ignorare la naturale aspirazione all'unità che tanti comunisti onesti oggi esprimono da collocazioni politiche e organizzative diverse. Al contrario: la consideriamo non solo comprensibile e naturale, ma anche l'espressione di una positiva volontà di reagire al disastro, di non rassegnarsi, di non darla vinta all'odiosa campagna anticomunista delle classi dominanti e alla deriva culturale parallela di tanta parte della sinistra.

Ma proprio perchè rispettiamo profondamente questo sentimento; proprio perchè vogliamo raccoglierlo e dialogare con esso nel modo più serio e più aperto, vogliamo evitare che venga usato e tradotto dal gruppo dirigente del PDCI nell'ennesimo equivoco, con l'ennesima dispersione di tante attese, energie, generosità.

La vera unità dei comunisti, capace di durare e di reggere alle dure prove della lotta politica di classe, è quella che si fonda sui principi. E innanzitutto sul recupero di quel principio di fondo che la lunga storia della socialdemocrazia e dello stalinismo ha rimosso, e che i gruppi dirigenti della Rifondazione hanno tradito: il principio dell'autonomia e dell'alternatività dei comunisti alle forze della borghesia; il principio dell'opposizione dei comunisti, sul piano nazionale e locale, ai governi della borghesia e ai loro comitati d'affari, di Centrodestra come di Centrosinistra. Perchè solo così è possibile sviluppare nelle lotte quella politica di indipendenza di classe che è condizione stessa di un'alternativa anticapitalistica. E perché in caso contrario i partiti "comunisti" finiscono non solo col tradire il socialismo, ma col subordinare i lavoratori alle politiche dell'avversario in cambio di ruoli politici e istituzionali.

Il Partito Comunista dei Lavoratori è nato nel nome innanzitutto di questo principio di autonomia e del programma che lo fonda: quello di un'alternativa di società e di potere, di un governo dei lavoratori per i lavoratori. Non a caso siamo l'unico partito della sinistra italiana che non si è compromesso col governo Prodi, né in tutto (PRC e PDCI), né in parte (Sinistra Critica). Nel nostro piccolo, siamo l'unico partito che - controcorrente - ha retto alla prova di questi anni.

Per questo tanto più oggi, di fronte al disastro prodotto e al dramma di migliaia di comunisti, riproponiamo ostinatamente il cammino che abbiamo scelto: unire tutti gli onesti e sinceri comunisti, indipendentemente dalle diverse storie e provenienze, attorno a un quadro certo e chiaro di principi di classe e anticapitalisti. Perché questa è l'unica vera via di uscita. E non solo per i comunisti. Ma per un mondo del lavoro che più che mai ha bisogno di ritrovare un proprio partito indipendente, contrapposto all'ordine dominante.

Per questo, con molta semplicità, diciamo a tutti i sinceri comunisti che ancora si collocano nel PRC, nel PDCI, in altre formazioni, o che sono fuori da ogni partito: sviluppiamo insieme il Partito Comunista dei Lavoratori, che già si va espandendo in tutta Italia. Questo è il progetto che non verrà mai tradito e disperso.

 

 
 
 
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