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Che bella l’Estate ,il rincorrersi delle bianche creste dell’onda accompagnate dal vento a cospargere la pelle di nebulizzate gocce salmastre! Che magia il momento in cui il disco immenso del sole al tramonto, s’immergeva lentamente nel mare per illuminare sommerse Atlantidi , celate tra foreste di anemoni e coralli ! Che dolore quella sera sulla spiaggia , tra quelle struggenti note di Samba Pa Ti, notare nel comportamento di Mara uno stralunato distacco! Su quel palcoscenico naturale illuminato dal beffardo faro della luna , stava per avere il suo epilogo una breve ma intensa storia d’Amore , mentre quei due ragazzi, come inconsapevoli teatranti di un copione simile a quello di tante altre storie non a lieto fine, non si sarebbero dati nemmeno l’ultimo bacio. “Senti Ale “ dice Mara – “ Questa primavera ho conosciuto Bobo, un ragazzo di Novara “ Alessandro, come paralizzato da quelle parole, anticipate dal triste sguardo di Mara ,era immobile come una statua di sale ; lì sulla battigia resa ancora lucente dall’ultima carezza d’acqua, in quel suo riflettere ancora i luccichii d’una luna straniera e avversa. “Ma…”dice Alessandro. “Sì hai capito bene”- dice Mara - ”Mi dispiace dirtelo qui e adesso, ma ora il mio cuore è di un altro”. Una lacrima, iniziò a brillare poco oltre il bordo degli occhi di Alessandro, a confondergli vista e cuore, in quell’irreale momento nel quale Mara gli stava raccontando come aveva conosciuto Bobo. Ma Alessando non l’ascoltava…,la sua mente era altrove, persa nei baci che si erano dati, negli abbracci che si erano scambiati , nell’amarezza dell’amore carnale che non aveva avuto vita tra di loro , perché Mara era troppo giovane, perché Alessandro era troppo impacciato e ingenuo. Preso da una sensazione irrefrenabile,Alessandro scappò via ,correndo lungo la battigia a perdifiato, fino a dilaniarsi i polmoni in una folle corsa , per allontanarsi da quell’ulteriore momento d’abbandono che gli ricordava incredibilmente la morte di suo padre, quando di fronte a quel doloroso letto d’agonia, pochi minuti prima che morisse il suo papà, fuggì via per rifugiarsi nel buio magazzino, salendo di sacco in sacco di farina, per abbarbicarsi in alto sull’ultimo… , quasi contro il soffitto, il quel caldo e afoso pomeriggio d’estate . Improvvisamente fù proiettato in quel lontano 15 agosto 1960, mentre calde lacrime gli bagnavano il viso, mentre l’inarrestabile ruota del treno della morte, nel suo costante percorrere i binari della vita, stava per schiacciare suo padre bloccato in quel letto di dolore, divorato da un cancro che dal novembre dell’anno precedente, gli aveva drasticamente polverizzato ogni speranza di vita . “Povero papà”-pensava il giovane Alessandro in quel duro ricordare. –“ Nemmeno un istante di respiro nel lasciarti alle spalle le brutture di una guerra che aveva lasciato questo nostro Paese, alle prese con un difficile percorso di ricostruzione e con tanti problemi ed odi di classe da risolvere, che una nuova guerra , all’interno del tuo corpo ,si apprestava a toglierti l’ultimo respiro, in quell’inarrestabile proliferare di metastasi ,che nel diffondersi tra cuore e polmoni ,ti rubavano l’ultimo soffio d’aria.” Cosi come a questo Paese comportamenti criminali e oscuri giochi di potere , hanno piano piano intaccato i gangli di onestà e correttezza, per portarci quì, fino ai giorni nostri in una insulsa società in conclamata putrefazione morale. Che dignità e compostezza in quella silenziosa sofferenza di Peppino, mentre Eva bagnava con una pezzuola di cotone inumidita le sue labbra, mentre quegli occhi neri dilatati in una tacita preghiera , speravano ancora di superare quel grande macigno improvvisamente caduto addosso ai suoi trentasette anni. Che differenza tra quei tempi e quelli nostri, dove tutto è portato all’esasperazione, dove anche per minime futilità, si urla ,si impreca, si esterna senza alcun ritegno, si ruba, si violenta, si stupra ,si ammazza, si lascia nell’indifferenza più totale, chi non possiede nemmeno l’indispensabile per vivere! Anche Eva fù più che dignitosa, nel suo affrontare quel doloroso distacco dal suo compagno di vita , lei era abituata alle atrocità di una guerra da poco terminata , nei suoi limpidi occhi azzurri si erano susseguiti momenti che ai giorni nostri risulterebbero alquanto difficili da sopportare e comprendere. Ai suoi tempi la guerra, i bombardamenti, le sirene del coprifuoco, erano la quotidianità, sentita nelle orecchie, mostrata nei pori della pelle che si raggrinziva in brividi di paura , in quel catastrofico progredire degli eventi di un conflitto mondiale. La mano di Alessandro era in quella di Eva di fronte alla bara di suo padre, mentre l’ultimo pietoso bacio della sorella di Peppino, deposto sulle sue ormai esangui labbra, precedeva il momento della calata del coperchio di zinco , che veniva appoggiato sui bordi della cassa funebre. A seguire, nell’aria intrisa da un insostenibile profumo di pino, le volute di fumo della saldatrice che sigillava per sempre quel corpo allo sguardo dei presenti , ma non a quello del cuore. Due giorni più tardi il mesto corteo funebre diretto al cimitero, l’acre odore di gasolio proveniente da tubo di scarico dell’auto funebre , a far lacrimare ancora ,occhi smarriti nell’inseguire preghiere rivolte al cielo di cadenzati Pater , Ave e Gloria ed Eterno Riposo. Infine lo stridio del legno spinto all’interno del loculo, il tonfo della pietra tombale posta a chiusura di quello stretto cubicolo, lo sfrigolio della malta gettata dalla cazzuola a sigillo di quell’ultima dimora. Tutti questi pensieri, tutte queste immagini, assalirono in quel momento ad ondate, la mente di Alessandro, in quella sua inarrestabile fuga dalle parole di Mara , per frangersi con violenza negli anfratti dell’anima sua che ancora una volta era stata derubata dell’Amore. .....continua al prossimo post . Pier |
Ne sa qualcosa Alessandro che dovrà ancora affrontare durissime prove che lo aiuteranno a trasformare l'amarezza e l'acredine nei confronti del mondo e della vita, che lo stava portando alla asfissia, in una sostanza che cementata in piccoli mattoni gli è servita an costruire il resto della sua esistenza .
Pier
Un padre e un figlio con un solo abbraccio
squarciano il tempo, vanno oltre lo spazio
cani randagi nella notte scura
la vita no, non fa paura.
E per quanto riguarda gli occhi di peppino erano proprio neri neri.
Pier
Rammento la paura negli occhi di mio Padre, un sentimento che non gli avevo mai visto prima di allora, in quell'ultimo frammento di vita terrena... Era divenuto così fragile, piccolo... l'ho sentito mio figlio, in tutto e per tutto... e Lui si era arreso a ricoprire quella veste, malgrado l'orgoglio e la caparbietà, ormai piegate dalla malattia.
Mio Padre, Peppino... i "nostri eroi" trasformati in esseri vulnerabili, traditi dal loro stesso corpo: quante volte abbiamo ordito l'inganno per rassicurarli, quante volte abbiamo girato lo sguardo per celare la verità ai loro occhi che indagatori di risposte vestite di speranza?
Quante spine abbiamo strappato dal loro cuore per tranquillizzarli e allontanare i rimpianti?
L'abbandono è una porta che si chiude, che lascia dietro di sé il senso di vuoto, di passi precipitati nel buio, di occhi sbarrati, di voce strozzata, di un tempo senza ore... di una deflagrazione orgine di un vortice che risucchia l'anima...
Ti abbraccio Pier caro, in questo momento commossa... Bacio, M.