Latuaossessione

Scrivo sommersa dagli oggetti che ingombrano la mia casa, invadono il pavimento del soggiorno, del bagno, della camera da letto.

Un borsone morbido occupa lo spazio tra il tappeto e il tavolo, davanti alla porta d’ingresso.

L’ho riempito solo a metà: ci sono accappatoio e camicia da notte, un giaccone impermeabile, un paio di jeans, scarpe col tacco e una borsetta da sera. Devo ancora metterci tutto il resto, che non è poco.

Tra meno di dieci ore devo partire.

Un aereo in volo verso Nord mi porterà via dallo spazio familiare del blog per due settimane abbondanti .

Non escludo di riuscire a fare una capatina ogni tanto ma, dato che lavorerò principalmente a contatto con il materiale umano e non con i supporti informatici, credo che il distacco sarà obbligato.

In questa occasione non posso fare a meno di pensare a come le cose prendano tanto facilmente il sopravvento su di me. La mia vita è costellata di feticci del tutto inutili.

Ammiro le persone che alla fine di una storia d’amore prendono tutto ciò che ricorda quella persona e lo depositano senza inutili ripensamenti nel sacco dell’immondizia.

Io no, io coltivo l’insidiosissima arte del ricordo-simulacro.

Ogni tanto, quando da una pacco di carte spunta un foglietto ingiallito con una calligrafia che conosco o la stampa di una mail che per mesi ho portato con me in borsa per rileggerla in segreto appena possibile, le sensazioni e le emozioni si accavallano ancora prepotenti, come se il tempo fosse soltanto una categoria convenzionale inventata per illuderci di poter guarire e non il guaritore vero di tutti i dolori del mondo.

Non so proprio come faranno più tardi abiti, trucchi, biancheria, lettore cd, cosmetici, libri, spazzola, adattatore, caricabatteria, agenda  e tutto il resto non so come faranno a finire più o meno ordinatamente in quel borsone.

So che alla fine sarò sfinita e che la casa resterà un campo di battaglia con ben visibili le tracce della lotta impari che ho combattuto inutilmente  per liberarmi degli oggetti e poter partire con un bagaglio ridotto all’essenziale.

E se potessi infilerei idealmente nel borsone verde anche l’ironia, l’affetto e la delicatezza di alcuni specialissimi contributors del blog che mi hanno spronato, provocato, confortato, sgridato, solleticato, intrigato, insomma tenuto compagnia in questi mesi dando vita ad un confronto diretto e molto stimolante.

Me li porterei via per tenermi compagnia in aeroporto, durante il volo e nelle lunghe serate di luce cui andrò incontro, magari passeggiando pensierosa tra file di case di mattoni rossi e campagne sconfinate di un verde smeraldo reso lucente da uno scroscio di pioggia.

Stasera mi sento di abolire i condizionali.

Me li porto via e basta.

Oltretutto saranno l’unica cosa senza peso quando solleverò a fatica il bagaglio al bancone del check-in e scruterò con ansia il responso della bilancia sotto gli occhi impietosi dell’impiegata della compagnia aerea.

Parto, ma come nei peggiori incubi tornerò.

Non so quanti di voi ritroverò, ma per una volta mi sento fiduciosa e spero di ritrovare tutti qui sopra.

Appuntamento per il 18 luglio, ok?

Faccio uscire per un attimo il viso da questo marasma di maglie, slip, creme e cremine e vi bacio con affetto smisurato.

Sì, proprio smisurato.

Smack