La scelta del partner è il primo momento di formazione dell’identità di
coppia. È legato alla storia individuale e familiare di ognuno poiché
la scelta può essere effettuata o per somiglianza o per differenza con
il genitore di sesso opposto.
Nel primo caso si parla di scelta complementare, in cui c’è uno spostamento sul coniuge del primo oggetto d’amore, e l’uomo quindi sceglie una donna che somiglia alla propria madre, e la donna sceglie un uomo che somiglia al proprio
padre. Nel secondo caso invece si parla di scelta per contrasto, in cui
il partner viene investito di aspettative in apparente contrasto con i
modelli genitoriali.
Il rapporto coniugale può quindi rappresentare il campo di manifestazione di
irrisolti rapporti oggettuali del passato e può basarsi su un vincolo
chiamato collusione, in base al quale il partner rappresenta la
possibilità di riscoprire aspetti della propria personalità, fino a
quel momento negati, secondo una reciprocità di bisogni e un rapporto
complementare, definito da Dicks (1967) complementarietà inconscia.
La scelta del partner quindi coinvolge aspetti degli oggetti
interiorizzati del passato: un coniuge agisce da contenitore di un
oggetto interno dell’altro, al quale a sua volta vengono affidati
aspetti del Sé. La collusione è quindi una caratteristica della
relazione, basata sull’intreccio di legami inconsci che creano nella
coppia un’unità delimitata da un confine congiunto. “Questo attribuirsi
a vicenda sentimenti condivisi inconsciamente costituisce l’essenza del
processo «simbiotico» o collusivo”.
Questo vincolo è mantenuto dall’uso di meccanismi di difesa quali l’idealizzazione e
l’identificazione proiettiva.
La collusione è alla base del matrimonio che per l’Autore (ibidem) costituisce una sorta di “relazione terapeutica naturale”, perché permette la manifestazione
delle prime relazioni oggettuali irrisolte.
Questo è un processo normale, secondo cui ognuno dei partner può imporre,
consciamente o inconsciamente, una relazione di ruolo intrapsichica
all’altro, e può assegnare un ruolo a se stesso e uno complementare
all’altro. La coppia può quindi diventare il luogo in cui risolvere
certe tematiche interne individuali. Ciò può avvenire in un senso
evolutivo, come momento legato al processo di
separazione/individuazione e di uscita dalla famiglia d’origine, oppure
può essere la patologica messa in atto di un copione, seppur doloroso,
che permette di avere una certa prevedibilità nelle relazioni in modo
da mantenere un senso di controllo e coesione del Sé.
Così l’individuo è portato a percepire nell’altro solo gli aspetti che teme
di incontrare, facendo sì che compaiano solo certe dimensioni piuttosto
che altre. In questo caso nel rapporto di coppia vengono manifestate
dimensioni regressive, frustranti e persecutorie .
In un interessante studio di Brunori e De Nunzio (1999), si considera
l’ipotesi che la relazione fraterna interiorizzata, riferendosi in
particolare all’ordine di genitura, contribuisca a costruire il modello
che consentirà la scelta e il rapportarsi al proprio partner secondo
modalità apprese proprio dal rapporto fraterno. Infatti secondo gli
autori le relazioni extrafamiliari hanno più elevata stabilità e
successo se somigliano alle relazioni sociali sperimentate all’interno
della famiglia. Essi ipotizzano che se il gioco dei ruoli nella coppia
è complementare, cioè se ognuno ha un ruolo fraterno diverso e che
completa quello dell’altro, ci sarà unione e coesione di coppia. Se
invece il gioco di ruoli è simmetrico, cioè entrambi hanno lo stesso
ruolo fraterno, i partner non si riconosceranno nello schema
relazionale e saranno in competizione e conflitto tra loro.