KARBOGHA

Eutanasia, suicidio e libertà dell'individuo. Una striminzita analisi filosofica partendo da don Verzè


Don Luigi Verzé, fondatore dell'ospedale San Raffaele, ha rivelato di aver aiutato, a metà anni 70, un amico a morire. "Era attaccato a un respiratore e mi chiese di staccarlo: piangendo dal cuore accondiscesi. Così non è eutanasia ma un atto d'amore". Parto da questa confessione fresca fresca per discutere di un argomento che mi sta molto a cuore, anche se chiaramente non posso che lanciare un paio di semini senza approfondire. Ci vorrebbe un secolo per discutere di un argomento tanto attuale e importante. Dall'altra parte vorrei anche offrire un taglio nuovo e che sia meno banale possibile. Io sono profondamente anarchico quando si tratta delle libertà individuali dell'uomo (quelle, beninteso, che non coinvolgono la sfera d'azione di altri essere umani). Naturalmente secondo questa mia personalissima linea di principio l'eutanasia deve considerarsi una libera scelta di qualsiasi essere umano. E affondo ulteriormente e ferocemente il fioretto. Da sempre invoco ideologicamente la libertà perfino del suicidio. Eppure in Italia se si tenta di uccidersi gettandosi da un ponte o ingerendo medicinali e si ha la s(ventura) di salvarsi, si viene anche denunciati all'autorità giudiziaria (perché con quell'atto si è costati un mucchio di soldi allo Stato in cure mediche). Io abolirei persino la costrizione delle cinture di sicurezza in auto, considerato che la scelta di indossarle o meno può provcare danno o sollievo solo ed esclusivamente alla persona interessata. In caso di incidente la cintura che non indosso io non provoca danni agli altri e dunque dovrebbe essere lasciata piena libertà all'individuo di decidere se e come preservare la propria incolumità. Ma anche in questo caso il discorso è lo stesso: non usando le cinture rischio di procurarmi danni maggiori e di gravare in misura smisurata sulle casse della sanità pubblica. Naturalmente sto ragionando per paradossi (quasi filosoficamente direi), ma i principi guida del mio ragionamento credo siano chiari. Per quanto riguarda l'eutanasia invece c'è di mezzo la questione morale. La coscienza. Eppure sarebbe così semplice superare ogni logico tentennamento semplicemente immedesimandosi nelle persone che soffrono. Sarò leopardianamente pessimista (in realtà ideologicamente sono più vicino a Tonino Guerra), ma non riesco proprio a stimare il valore di una vita sdraiata su un letto d'ospedale a vegetare di fronte a visi tristi e angosciati. Tornerò sicuramente sull'argomento, ben sapendo che le critiche al mio pensiero saranno feroci. Tutte ben accette naturalmente.