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Pet Sounds: l'autunno dei Beach Boys

Post n°7 pubblicato il 07 Maggio 2008 da ftrema
 

Dopo qualche mese di silenzio forzato, per il quale mi scuso con tutti voi, cari amici dei Sixties, rieccomi a voi per commentare uno dei più grandi album degli anni 60: Pet Sounds dei Beach Boys, che la rivista Rolling Stones colloca (e non a torto) al secondo posto nella classifica dei 500 album migliori di sempre.
Occorre, però, prima di tutto fare una piccola digressione sul clima nel quale esso fu concepito e vide la luce.
Alla metà degli anni 60, sulle opposte sponde dell'Oceano Atlantico si era creata una sorta di rivalità fra i Beach Boys e i Beatles, coi primi a cercare d'eguagliare la bravura dei secondi. Fu proprio in questo clima di sana competizione che nacque Pet Sounds. Si dice in giro, infatti, che all'uscita di Rubber Soul, alla fine del 1965, il leader carismatico dei Beach Boys, Brian Wilson, decise che il loro album successivo avrebbe dovuto superare quello che era stato universalmente riconosciuto come un capolavoro, testimone di una crescita esponenziale stilistica, compositiva ed esecutiva dei Fab Four.
Fu così che nel maggio dell'anno successivo uscì Pet Sounds, un album che segnava il "salto del fosso" della band californiana: abbandonata la facile musica surf, con le sue atmosfere solari, estive, si può ascoltare una musica molto più riflessiva, ricercata negli arrangiamenti (con forte impiego d'organo, fiati ed orchestra a far da sfondo alle armonie vocali, già marchio di fabbrica della band) ed innovativa, che non avrebbe mancato d'influenzare il lavoro altrui.
Nel titolo ho riportato una definizione davvero azzeccata, che ho letto da qualche parte, in una delle mie infinite letture sulla storia musicale degli anni 60: Pet Sounds segna l'autunno dei Beach Boys. Le sonorità, i ritmi, l'atmosfera generale, infatti, ricordano proprio le giornate d'inizio settembre, quando le spiagge si spopolano, gli ombrelloni vengono tolti e resta solo il mare, desolato e grigio, sotto i nuvoloni che preannunciano la stagione autunnale. E ciò è tanto più vero se si pensa che di lì a poco, il genio compositivo e produttivo di Brian Wilson si sarebbe andato esaurendo, insieme alla sua salute mentale, fino alla sua uscita dalla band.
Come dicevo, l'album non mancò d'influenzare il lavoro dei contemporanei: lo stesso Paul McCartney, il quale ha il dono della comprensione profonda della musica, pare che abbia letteralmente consumato Pet Sounds, avendo la sensazione che, per la prima volta, sarebbero stati i Beatles a dover inseguire qualcuno per eguagliarlo. L'intento di Brian Wilson era riuscito e dobbiamo ringraziarlo: fu proprio Pet Sounds ad indurre McCartney e i Beatles a mettersi sotto e lavorare a quello che sarebbe diventato il capolavoro incontrastato della musica moderna: Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, fortemente influenzato dalle atmosfere di Pet Sounds (basti pensare ai versi d'animali nel finale di Caroline No e Hang On To Your Ego, che troveranno un corrispettivo nel finale di Good Morning Good Morning su Sgt. Pepper).

Per me Pet Sounds è stata una vera e propria scoperta tardiva, giacché ne avevo sentito tanto parlare, ma non è stato facile reperirlo. L'ho trovato, però, un album di grande fascino, dalle atmosfere rilassanti, trasognate, gradevolissimo da ascoltare, che non stanca, ma, al contrario, si lascia godere a ripetizione. E rende ancora più forte il rammarico per la triste fine del suo mentore.

A presto. F.T.

 
 
 
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Un blog di: ftrema
Data di creazione: 03/08/2007
 

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