POVERA CAULONIA

RICCHI INTRALLAZZISTI & MISERABILI MESTIERANTI

 

 

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LA FINE DI UN'ERA FUNESTA.

Post n°340 pubblicato il 04 Marzo 2012 da policaretto

LA FINE DI UN'ERA.
CONSIDERATA L'ASSOLUTA INDIFFERENZA DEI POLITICANTI PAESANI PER UN PROBLEMA COSI' SERIO QUANTO DELICATO, TANTO IMPORTANTE PER LE CASSE COMUNALI QUANTO LA LEGITTIMA RICHIESTA DEI CAULONIATI, CI PREGIAMO DI PUBBLICARE SINE DIE LA:

VICENDA PUBBLICAZIONE WEB INCARICHI PROFESSIONALI

Al sig. sindaco di
Caulonia

Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Dipartimento della Funzione Pubblica.
Ispettorato per la Funzione Pubblica.
Piazza S. Apollonia ,14 ,00153, Roma.
Al Sig. Prefetto di Reggio di Calabria.

* (Nella giornata di mercoledì 07 pubblicheremo sul Blog le copie dei telegrammi trasmessi)

CONSIDERATO CHE
 
·La legge 244/2007(finanziaria 2008 ) all’ art. 3 comma 54 prevede che: le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell’incarico e dell’ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gl’incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto.
 
·Che il comma 18 della sopracitata legge afferma : i contratti relativi a rapporti di consulenza con le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, sono efficaci a decorrere dalla data di pubblicazione del nominativo del consulente, dell’oggetto dell’incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale dell’amministrazione stipulante.
 
·Che per amministrazioni   pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita' Montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.
 
·Che sul sito del nostro Comune non è stato pubblicato nessun incarico in riferimento alla legge 244/07.
 
 
INTERROGANO
 
La S.V per sapere :
1._quanti incarichi e/o consulenze sono stati/e assegnati/e dall’ entrata in vigore della legge;

2._è stata eseguita la procedura prevista dalla legge ?

3._quali provvedimenti intende adottare nei confronti dei responsabili che non hanno eventualmente seguito le indicazioni imposte dalla legge omettendo la  pubblicazione ?
 
I Cittadini onesti di Caulonia 


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Commenti al Post:
mazzettaciccio
mazzettaciccio il 04/03/12 alle 22:20 via WEB
L'EROE DEL BARO.. IN QUESTI GIORNI SI E' TRASFERITO IN VAL DI SUSA, CON I NO TAV E BLACK BLOC. TRA I TANTI PITALI IN CIRCOLAZIONE A CAULONIA UNO PER FORTUNA DEI CAULONIATI NON E' CAULONIESE. IL MAIALINO SI SPACCIA PER GIORNALISTA MA NON E' COSI'. QUESTO IGNORANTE PRENDE PEZZI DAL WEB E LI SPACCIA COME SE NE FOSSE L'AUTORE. SMASCHERATO!!! Yoani Sanchez contro l’embargo Usa di Giovanni il 25 febbraio, 2012 alle 7:54 am L’embargo dichiarato da Kennedy contro Cuba compie 50 anni. Si parla tanto di odioso embargo statunitense nei confronti di Cuba. Vediamo un po’ di dati, prima di fare demagogia. Gli Stati Uniti sono il quinto partner commerciale di Cuba e il secondo in tema di rifornimento alimentare. Lo scorso anno 300.000 cubani che [...] CONTINUA... ARTICOLO ORIGINALE: mercoledì 8 febbraio 2012 Ma dov'è questo embargo? L'embargo dichiarato da Kennedy contro Cuba compie 50 anni. Si parla tanto di odioso embargo statunitense nei confronti di Cuba. Vediamo un po' di dati, prima di fare demagogia. Gli Stati Uniti sono il quinto partner commerciale di Cuba e il secondo in tema di rifornimento alimentare. Lo scorso anno 300.000 cubani che vivono negli Stati Uniti sono stati autorizzati a recarsi nell'Isola. Il totale delle rimesse familiari dagli Stati Uniti verso Cuba si calcola in oltre mille milioni di dollari. Come dire che l'embargo viene aggirato e che è rimasta una vuota parola utile solo per sostenere la retorica castrista. CONTINUA... Pubblicato da Gordiano Lupi. OMETTIAMO DI RIPORTARE ALTRE DECINE E DECINE DI ARTICOLI COPIATI QUA E LA. UN PLAGIO CONTINUO. TUTTI GLI ARTICOLETTI DI QUESTO FALSO PERSONAGGIO CHE FA PASSARE PER SUOI SUL WEB, SONO LAVORO INTELLETTUALE DI ALTRI. NON HAI ALCUNA VERGOGNA, PASQUINO CRUPI CHE E' PERSONA PERBENE, FORSE ULTIMAMENTE SI E' RINCOGLIONITO, NON SI E' ANCORA ACCORTO CHE SEI UNA PERSONAGGIO FALSO E CON PROBLEMI PSICOLOGICI. TRA LE DECINE E DECINE DI ARTICOLI CHE SPACCIA PER FARINA DEL SUO SACCO NON C'E' NE UNO CHE SIA SUO. SEI UN POVERO VISIONARIO E PIU' PIRLA SONO QUELLI CHE CREDONO A UN CIUCHINO COME TE.
 
mazzettaciccio
mazzettaciccio il 06/03/12 alle 21:08 via WEB
Caro babyminkia pensi veramente che questo catojo di paese, sporco, brutto e pericoloso possa cambiare, possa avere un avvenire dopo oltre 30 anni di amministrazione del baro.. e del suo clan. Pensi che oggigiorno ci siano paesani all'altezza delle richieste che vengono dalla società cauloniata, che possano intercettare i bisogni di una società ormai allo stremo. Puoi mai pensare che delinquenti di medicuzzi, avvocaticchi, ragionieri, sindacalisti, maestri e professuri possano lasciare il potere che hanno conquistato con la disgregazione dei cittadini, con le truffe, con le mazzette, con il capo tecnico con i fratelli bocale, con le rose, con la mafia, con tutti i lecchini che lavorano in modo esclusivo per il baro.. e non per l'ente. Puoi pensare che tutti i sottopanza che da queste feccie hanno avuto libertà di fare quello che hanno voluto e di quello che vogliono fare, daranno un solo voto a una persona che non è del loro clan. Puoi pensare mai che tutte le persone che con la scusa degli extra-comunitari lavorano o fanno finta di lavorare e firmano buste paga fasulle daranno il voto a qualcuno che non sia del clan. Puoi pensare che tutte le persone che mangiano a spese della comunità non faranno carte false per continuare ad essere foraggiati dal baro.. Mancano due mesi e non si sa chi sarà l'antagonista del baro.., non si parla di programmi e in giro non si dice nulla di nulla. Il sindacalista cerca di fare voti promettendo posti di lavoro a destra e manca. Gli amichetti del p.i. organizzano sedute spiritiche col ragioniere e cercano di raccattare altri detriti umani. La storia di questo paese va assolutamente riscritta e sbaglierebbero quelle persone che per motivi soprannaturali dovessero vincere la guerra del comune a proseguire e perseguire le malefatte del baro.. e compari. Il paese ha bisogno di un nuovo vestito, di un nuovo modo di porgersi agli altri. Lasciare da parte la tarantella per un paio di anni, la cosa si è inflazionata, ha portato benefici solo ai ricci, ai bannati e per qualche giorno migliaia e migliaia di euro alle attività commerciali dei soliti noti. Il "popolo" per il leader populista è quello che dice sì alle sue idee. Gli altri sono i nemici del popolo.
 
 
scaricabarile11
scaricabarile11 il 08/03/12 alle 17:15 via WEB
I HAVE A DREAM Caro Ciccio, quello che dici e' vero, ma se ti ricordi, i Cauloniati ne hanno avuto di peggio del Baro..! Lui, e solo un POLITICO. I Politici sono sempre cosi', ma non e' possibile che nessuno lo puo' battere alle urne. I principotti ci sono sempre stati, pure i ruffiani e criminali con prepotenza, e il resto della melma che invade tutte le buone societa'. Noi come gli altri siamo esseri umani, con i diritti che vengono non solo dal Padre Eterno, ma che sono stati aquisiti dopo tante battaglie e resistenze e revoluzioni. Certe volte lentamente, e altre come un fulmine. Ricordati di GANDHI, di M.L.KING, che e' andato anche in prigione per la sua resistenza e i suoi diritti civili. E di Gesu' che ha dichiarato la nostra uguaglianza e similarita' a DIO. Non ci arrenderemo mai! ABBIAMO VISTO LA LUCE, E NON SAREMO MAI PIU' NEL BUIO.
 
mazzettaciccio
mazzettaciccio il 06/03/12 alle 21:10 via WEB
Nuova inchiesta sui veleni dei clan. Spunta una fonte segreta: «Ho visto uomini interrare fustoni verdi» 22/02/2012 Ilario Filippone, Calabria Ora LOCRI – C’è un’informativa sul tavolo della Procura della Repubblica di Locri. Il documento, presto, potrebbe essere depositato negli uffici giudiziari della Direzione distrettuale antimafia. È il cuore di un’inchiesta aperta per far luce sui veleni interrati dalla ’ndrangheta. Una fonte segreta ha rivelato agli investigatori la scena vissuta una notte di 15 anni fa, nei paraggi di un cimitero sperduto, in contrada Titi, tra Placanica e i monti delle Serre. Era buio fitto: «Persone di cui non so la vera identità, nel ’97, hanno scavato una buca immensa per nascondere fusti verdi», ha svelato agli inquirenti. L’uomo è un testimone oculare, così ora la magistratura vuole vederci chiaro. Le indagini sono condotte dai militari del Corpo forestale di Reggio Calabria. Gli agenti del colonnello Giorgio Borrelli, tempo addietro, sono andati sul posto per monitorare il terreno. Con loro, ingegneri e geologi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. I dati catturati dal magnetometro, un marchingegno in grado di intercettare materiale sospetto nascosto nelle viscere del sottosuolo, sono stati elaborati e inseriti in un documento: «Il sito – scrivono gli esperti nella relazione consegnata ai magistrati – presenta anomalie e tracce metalliche». Gli investigatori ci vanno con i piedi di piombo. Nei prossimi giorni, secondo indiscrezioni trapelate, inizieranno gli scavi. I vertici del Corpo forestale hanno già chiesto il lasciapassare alla Procura della Repubblica di Locri: la relazione sottoscritta dagli esperti di Roma rappresenta un importante riscontro al racconto offerto dalla fonte segreta. Qualora venissero rinvenuti i fusti, l’indagine verrebbe trasferita alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. È un mistero senza fine, un giallo che s’infittisce, questa storia sui veleni interrati dalla ’ndrangheta e mai trovati. Il collaboratore di giustizia Francesco Fonte, un ex uomo d’onore dei clan, parla di mercantili inabissati. E non per sentito dire: «Io ne ho affondati tre», ha dichiarato ai magistrati. Trasportavano scorie radioattive. Il pentito ha anche rivelato che nei fondali della Calabria giacciono circa trenta navi tossiche. Ha riferito di conoscere ogni particolare sulla Cunsky, annegata, afferma, nel mare di Cetraro. Confidenze molto dettagliate, ma mai riscontrate. I giornalisti Manuela Iatì e Giuseppe Baldessaro hanno scritto un libro sulle carrette inabissate. S’intitola “Avvelenati”. Il quotidiano d’informazione La Stampa, tempo addietro, ha pubblicato un articolo di Niccolò Zancan. Un geometra avrebbe consegnato agli inquirenti un dossier su una galleria costruita sulla Jonio- Tirreno, la superstrada dei due mari. L’ultimo tratto è stato ultimato nel 1992. Lì, secondo la versione del geometra, sarebbero stati tumulati rifiuti radioattivi. Impastati nel cemento e poi inaugurati in pompa magna. Gli agenti del Corpo forestale, adesso, sono i custodi di un racconto fornito da un testimone oculare. Non è dato sapere, al momento, le sue generalità. Il nome del tipo è top secret. L’uomo svela che una notte, mentre percorreva in auto la strada di montagna che conduce a Serra San Bruno, ha intravisto delle luci. Correva l’anno 1997, e la scena che si aprì a lui fu questa: «Quando scesi dall’auto, vidi degli uomini, un escavatore e una buca immensa. I fusti verdi – affermaerano ancora ai bordi della buca». Si rivolse a un tipo:«Mi disse che erano lì per portare a termine un’opera pubblica». Gli inquirenti ci vanno cauti. Sono molti i punti oscuri. Perché ripercorrere un ricordo lontano solo adesso? «Il dettaglio – sostiene una fonte investigativa – non è di poco conto». Anche se il Corpo forestale resta asserragliato nel massimo riserbo, il sito indicato agli investigatori è stato più volte ispezionato dagli esperti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che hanno redatto una relazione. Una copia di quel documento ora è in mano ai magistrati della Procura della Repubblica di Locri. A CAULONIA C'E' DI PEGGIO.
 
mazzettaciccio
mazzettaciccio il 06/03/12 alle 21:10 via WEB
Fusti tossici interrati dai clan? I magistrati hanno dato l’ok: stamani i lavori di scavo sui monti di Placanica 02/03/2012 Ilario Filippone, Calabria Ora LOCRI – Via libera ai lavori di scavo in contrada Titi, tra i monti alle spalle di Placanica, nella Locride, dove sarebbero stati interrati fusti tossici. Dopo aver letto attentamente la relazione partorita dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, i magistrati della Procura della Repubblica di Locri a capo dell’inchiesta, Giuseppe Carbone e Salvatore Cosentino, hanno dato l’ok, così stamani i militari del Corpo forestale di Reggio Calabria e i vigili del fuoco si recheranno sul posto per iniziare a scavare. Solo poi si potrà conoscere cosa è stato sepolto nelle viscere del sottosuolo di contrada Titi. Era stato un uomo, un tipo di cui non sono state rese note le generalità per motivi di sicurezza, il primo a rivelare il segreto: «Persone di cui non so la vera identità, nel ’97, hanno scavato una buca immensa per nascondere fusti verdi», ha svelato agli inquirenti. Lui si dice un testimone oculare. Ha indicato agli investigatori il sito sospetto: si trova accanto a un cimitero di periferia ed è stato già monitorato dagli agenti del Corpo forestale. Con loro, quel giorno, c’erano ingegneri e geologi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. I dati catturati dal magnetometro, un marchingegno in grado di intercettare materiale sospetto nascosto sottoterra, sono stati elaborati e inseriti in un documento: «Il sito – scrivono gli esperti giunti da Roma nella relazione consegnata ai magistrati della Procura di Locri – presenta anomalie e tracce metalliche ». Il documento ora costituisce un importante riscontro:«A seguito del rilievo magnetometrico – annota il firmatario del rapporto, Marco Marchetti – è stata individuata nell’area in esame un’anomalia magnetica piuttosto intensa e ben localizzata, di forma particolare, sulla cui natura è difficile formulare delle ipotesi». Non è dato sapere, al momento, l’identità della fonte segreta. Il suo nome è top secret. Ha riferito agli inquirenti che una notte, mentre percorreva in auto la strada di montagna che conduce a Serra San Bruno, ha intravisto delle luci. Correva l’anno 1997, e la scena che si aprì a lui fu questa: «Quando scesi dall’auto, vidi degli uomini, un escavatore e una buca immensa. I fusti verdi – afferma – erano ancora ai bordi della buca». Si rivolse a un tipo:«Mi disse che erano lì per portare a termine un’opera pubblica». Il luogo è stato più volte ispezionato, ma i militari del colonnello Giorgio Borrelli ci vanno cauti. Le indagini avviate per far luce sui veleni interrati dai clan non hanno mai avuto esito positivo. Il collaboratore di giustizia Francesco Fonte, un ex mafioso, ha più volte parlato di mercantili inabissati. E non per sentito dire:«Io ne ho affondati tre», ha dichiarato ai magistrati. Trasportavano, a suo dire, scorie radioattive. Il pentito ha anche rivelato che nei fondali della Calabria giacciono circa trenta navi tossiche. Ha riferito di conoscere ogni particolare sulla Cunsky, annegata, afferma, nel mare di Cetraro. Confidenze molto dettagliate, ma mai riscontrate.
 
mazzettaciccio
mazzettaciccio il 06/03/12 alle 21:13 via WEB
Lunedì 05/03/2012 - Cronaca Mistero dei fusti verdi i cittadini s'interrogano E c'è chi ricorda un viavai di camion... VOGLIAMO RICORDARE A CHI DI DOVERE CHE CAULONIA E' PIU' INFESTATA DI TITI, BASTA FARE I RILIEVI DIETRO LA FASMICO A MARINA DI CAULONIA. PLACANICA Dai primi rilievi, al momento al vaglio dell'Istituto di Geofisica e Vulcanologia di Roma, pare non sia emersa la presenza di radioattività nel luogo indicato da un testimone oculare (la cui identità, naturalmente, rimane "top secret"), che avrebbe visto, nel 1997, nelle vicinanze del cimitero della frazione Titi, degli individui scavare una enorme buca per interrare dei fusti verdi. Eppure, dopo gli scavi effettuati venerdì scorso, su incarico della Procura della Repubblica di Locri, nel luogo indicato agli agenti esperti del Corpo Forestale dello Stato, qualcuno comincia a ricordare: «Sì, mi pare di averne sentito parlare, ma è passato tanto tempo...». Parole sussurrate, dalle quali si evince che la notizia non ha colto di sorpresa quasi nessuno perché il sospetto che anche il territorio placanichese, proprio per la sua conformazione orografica e per la presenza di diverse cave dismesse (come quella, nei pressi del cimitero di Titi, ora oggetto di indagine) potesse attirare i trafficanti di rifiuti tossici, da tempo, serpeggiava tra la gente. Un sospetto forte, avvalorato dal tentativo, nello stesso periodo del presunto interramento dei bidoni tossici, di una ditta di Milano di creare alle porte del paese un impianto per la lavorazione di rifiuti speciali. Un tentativo rigettato dal "muro" che l'amministrazione comunale, guidata all'epoca dal sindaco Antonio Condemi, oppose al progetto, con l'avallo del Consiglio comunale che compatto bocciò il piano, nonostante il parere favorevole della Regione Calabria. Altro elemento evidenziato da qualche cittadino, il via vai continuo, a notte fonda, di camion, segnalato negli anni scorsi alle forze dell'ordine, ma probabilmente sottovalutato, come potrebbe essere successo anche nel caso del testimone oculare, che vide degli sconosciuti interrare nella buca i bidoni verdi. «Chi ci assicura – si domanda un uomo – che la sua segnalazione, considerata oggi tardiva e, quindi, inattendibile, semplicemente non sia stata presa allora nella giusta considerazione?». In attesa che i programmi di indagine siano completati attraverso anche l'elaborazione dei dati al vaglio degli esperti, il timore più diffuso, dopo anni di polvere spazzata sotto i tappeti, è che tutto venga insabbiato e depistato, alla faccia del diritto alla salute e alla dignità dell'esistenza contro chi avvelena il territorio. La speranza, per la gente del luogo (che anche nei mesi scorsi è scesa in piazza, per protestare contro il progetto di una discarica di rifiuti solidi urbani alle porte del paese) è che non venga frettolosamente messo il solito coperchio sulla pentola. Senza creare falsi allarmismi, anche se, dai primi rilievi sembra escludersi la presenza di materiale radioattivo, occorre fare chiarezza, prima di tutto sulla presenza di un "tappeto" di massi trovati durante gli scavi nella buca (profonda circa tre metri) monitorata dagli agenti del Cfs, una presenza anomala se si considera che il terreno, dopo essere stato a lungo sfruttato (ospitava una cava da cui si prelevava materiale di riempimento), è molto friabile. E poi, se anche si trattasse di scarti ospedalieri o di rifiuti speciali, visto che l'area, considerata di grande valore ambientale, è anche ricca di falde acquifere, non andrebbe bonificata, comunque?
 
policaretto
policaretto il 07/03/12 alle 16:36 via WEB
Ufficio Postale di marina di Gioiosa Ionica telegramma n. 00219701 del 07.02.2012 ore 11.23 Presidente Consiglio dei Ministri Palazzo Chigi ROMA telegramma n. 00219703 del 07.02.2012 ore 11.29 Dipartimento della Funzione Pubblica Ispettorato per la Funzione Pubblica. ROMA telegramma n. 00219704 del 07.02.2012 ore 11.40 Al Sig. Prefetto di Reggio di Calabria Testo: Legge 244/2007(finanziaria 2008) all’ art. 3 comma 54 et comma 18. Legge 165/2001 mancata applicazione e assenza di trasparenza da parte amministrazione comune Caulonia. stop associazione culturale Caulonia Propone. Caulonia c.da Candidati (R.C.)
 
nella.merda
nella.merda il 08/03/12 alle 01:36 via WEB
L'impossibile repubblica di Caulonia. Ottusità e malafede. Delinquenza comune spacciata per rivolta popolare. Il 23 giugno 1947, presso il tribunale di Locri, in provincia di Reggio Calabria, si aprì il più grande processo politico del dopoguerra. Per contenere tutti i 365 imputati il magistrato fu costretto a spostare le udienze in un ex pastificio appositamente trasformato in corte di giustizia. Ma presto venne stabilito che il reato di cui i 365 erano accusati, la sollevazione armata del piccolo centro di Caulonia (all'epoca 15mila abitanti), ricadeva nei crimini prescritti dall'amnistia di Togliatti dell'anno precedente. Solo tre persone vennero condannate: Ilario Bava e Giuseppe Menno, responsabili dell'uccisione di un prete, e Pasquale Cavallaro, sindaco comunista del paese e - secondo la magistratura - mandante diretto dell'omicidio. Si concludeva così una piccola vicenda locale che per qualche giorno, appena due anni prima, aveva attirato l'attenzione di tutta Europa, quando si raccontava che persino Stalin avesse dichiarato: «Ci vorrebbe un Cavallaro in ogni città». Ma chi era questo eroe di un giorno, destinato a pagare la propria bravata con otto anni di carcere? La storia della Repubblica di Caulonia ha i tratti, eccezionali e tipici al tempo stesso, del suo ispiratore. Compagno di scuola di Corrado Alvaro, maestro elementare di origine contadina, volontario decorato alla Prima guerra mondiale e poi, dopo una lite con un ufficiale, disertore, infine organizzatore di un'associazione a difesa dei braccianti in cui aveva cercato di coinvolgere anche alcuni membri della 'ndrangheta locale, Pasquale Cavallaro aveva 31 anni e una grande esperienza al momento della marcia su Roma. Prevedibilmente, l'ascesa del fascismo lo aveva subito visto tra i più fieri oppositori: picchiato dagli squadristi, privato del lavoro e inviato al confino dal 1933 al 1937, quando nel 1942 ricominciò l'attività segreta di proselitismo per il Partito comunista, Cavallaro era già un leader riconosciuto. La vita politica ufficiale di Cavallaro inizia al principio del '44, allorché il prefetto di Reggio Calabria lo nomina quasi a furor di popolo sindaco del comune di Caulonia. In un clima di esasperata contrapposizione con i notabili locali, U professuri, come lo chiamavano i contadini, si lancia subito in un'ambiziosa politica di riforme: dalle perquisizioni per sottrarre le armi e il grano incettato dagli agrari alla richiesta rivolta al perito istruttore del comune di condurre una ricerca sulle usurpazioni delle terre demaniali. Allo stesso tempo, Cavallaro organizza di nascosto per il Pci il traffico delle armi alleate verso i partigiani del Nord, intercettando una parte delle spedizioni in vista di un'insurrezione filosovietica che in quel momento nessuno si sentiva di escludere del tutto. All'inchiesta del comune, il 75% dei terreni demaniali risulta usurpato dalle grandi famiglie del luogo, e la tensione cresce giorno dopo giorno tra le provocazioni degli ex fascisti (spalleggiati apertamente dai carabinieri) e le ansie di riscossa dei contadini. Ma Togliatti, nell'unico incontro con Cavallaro, è stato irremovibile: «Per ora niente». La via italiana al socialismo non deve passare per le armi. Almeno per il momento. E Cavallaro aspetta. La bomba esplode un mese prima della Liberazione. Per il 6 marzo è prevista a Caulonia la ridistribuzione ai contadini delle terre occupate, ma la sera del giorno prima, con un tempismo un po' sospetto, i carabinieri arrestano con un pretesto il figlio di Cavallaro, Ercole. Di fronte alla provocazione, Cavallaro si decide a rompere gli indugi. La mattina del 6 si raccolgono a Caulonia tra i 5 e i 10mila volontari, in gran parte armati con i moschetti, le pistole e i mitra sottratti ai partigiani del Nord; sono presenti anche diversi 'ndranghetisti, che nella zona di Caulonia, a differenza delle altre parti della Calabria, sono schierati con i contadini. L'Italia è ancora una monarchia, ma sul modello delle esperienze partigiane del Nord (come la Repubblica della Val d'Ossola o di Alba, raccontate rispettivamente da Franco Fortini e da Beppe Fenoglio in pagine indimenticabili) Cavallaro decide che è il momento di proclamare la repubblica: la Repubblica di Caulonia. Da questo momento sembra di leggere una versione aggiornata di Libertà: la novella che Giovanni Verga volle dedicare all'insurrezione scatenata a Bronte dalla notizia che in Sicilia era sbarcato Garibaldi e repressa nel sangue dal suo emissario Nino Bixio. Tempestivamente viene aperto un campo di concentramento per i nemici di classe, mentre si forma un Tribunale del popolo, che comincia subito a lavorare a pieno ritmo. Gli ex fascisti, che qui s'identificano quasi tutti con i latifondisti, vengono chiamati a uno a uno e sottoposti al giudizio popolare e poi a una serie di punizioni esemplari: baciare la scarpa di un contadino, camminare a piedi nudi, restare nudi nel freddo, intonare a comando l'allora celebre canzone Mamma son tanto felice, in qualche caso estremo bastonate e scudisciate. La sera i carabinieri liberano Ercole, accolto tra i festeggiamenti generali. L'insurrezione rimane ancora nei limiti tollerabili, finché la mattina dopo avviene l'imprevisto: nel clima di generale resa dei conti, mentre sta compiendo una perquisizione, Ilario Bava s'imbatte nel parroco Gennaro Amato, che da tempo ha una relazione clandestina con sua moglie, e nel corso di un alterco lo uccide con una fucilata all'inguine carica di allusioni. Il confine che doveva rimanere invalicabile è stato superato. Cavallaro intuisce subito la gravità dell'accaduto e persuade i due uomini a costituirsi la mattina del giorno dopo alla polizia, ma non basta. A sua volta, Cavallaro viene convinto a mettere fine all'insurrezione dal segretario del Pci della provincia di Reggio, Musolino, e dal prefetto di Reggio, Priolo, che è socialista e che, in cambio della consegna delle armi, promette clemenza per i rivoltosi. Ma la notizia dell'uccisione del prete percorre in poche ore tutta l'Italia. Sono ancora troppo freschi i ricordi della guerra civile spagnola, con le esecuzioni sommarie di parroci, perché tutti, a destra come a sinistra, non vedano il pericolo di un'insurrezione generalizzata. Per qualche giorno la stessa alleanza delle forze antifasciste è in pericolo, con i liberali che si dicono pronti a lasciare la maggioranza se Togliatti non condannerà i fatti di Caulonia: cosa che in effetti avviene prontamente. L'unico colpevole è Cavallaro. Il trionfalistico telegramma da lui inviato a Togliatti la mattina del 9 è la prova migliore che il sindaco di Caulonia non ha ancora capito cosa sta succedendo attorno a lui: «Insurrezione, come non mai in Calabria, con centro Caulonia, dopo superba soddisfazione ottenuta, est fermata. Solo un morto. Fascisti et reazionari, tutti intendano il basta». Per prudenza il Pci lo convince a lasciare il posto di sindaco e a nascondersi per qualche tempo a Napoli ma di fatto lo consegna ai carabinieri. E poche ore dopo l'arresto di Cavallaro, il 13 aprile, scatta un capillare rastrellamento pianificato da giorni con l'impiego di oltre 600 carabinieri: un'operazione che si conclude con 387 fermi, numerosi feriti tra i contadini e il sequestro di una parte dell'arsenale clandestino. Alla fine Cavallaro avrebbe pagato per tutti: con una sentenza contraddittoria, che riformulava l'accusa da insurrezione armata ad associazione per delinquere così da poterlo punire come mandante (politico) di un delitto comune, non protetto dunque dall'amnistia. In aggiunta agli otto anni di prigione, da quel momento Cavallaro avrebbe incarnato nel suo partito il tipo del cattivo rivoluzionario: l'uomo che con la sua insurrezione velleitaria aveva dato un nuovo significato alla condanna di Trotsky contro chi s'illude di poter fare la rivoluzione "in un solo paese"... E uscito di prigione, Cavallaro dovette sperimentare l'ostracismo dei vecchi compagni, quando lui immaginava che sarebbe stato accolto a braccia aperte per non aver tradito il segreto della rete paramilitare clandestina. Dopo la scelta irreversibile della legalità, quelle erano storie che i comunisti preferivano dimenticare, e Umberto Terracini si adoperò a lungo affinché il deriso Cavallaro non aprisse bocca sulla scia del risentimento. Gli storici non sarebbero stati da meno nella loro condanna. Se le repubbliche partigiane del Nord - comprese quelle fondate in Piemonte nell'estate del 1946 contro l'amnistia di Togliatti - andavano spiegate con categorie politiche, perché evidenziavano la presenza di due linee opposte nella Resistenza (riformista o rivoluzionaria), per Caulonia gli strumenti adatti erano quelli delle ricerche folkloriche. Che cos'era stata infatti l'insurrezione di marzo se non una riedizione della "festa popolare"? Né, da allora, è mancato chi ha evocato la memoria ancestrale dei moti antiborbonici di Caulonia del 1848 (su «Il Ponte» di Calamandrei, nel 1950) o chi, sulla base di una facile parentela geografica, non ha resistito alla tentazione di attribuire agli insorti il progetto di applicare a Caulonia la lezione della Città del Sole di Campanella. Lo stesso eterno irrazionalismo politico del comportamento delle masse meridionali che nel 1970 sarebbe evocato per spiegare l'insurrezione neofascista di Reggio Calabria, provocata dalla scelta di Catanzaro come capoluogo della regione. Grazie allo sguardo di Medusa dell'antropologia, Cavallaro sarebbe diventato così sempre più spesso il simbolo delle eterne, ingenue aspirazioni di giustizia del mondo contadino, ovvero l'immagine di una cultura popolare antica quanto immobile. E poco importava che nel leader della Repubblica di Caulonia quelle suggestioni ancestrali convivessero tranquillamente con lo zelo organizzativo di un apprezzato funzionario di partito. Attribuirgli propositi secessionistici e vocazioni da profeta sarebbe stato da quel momento un modo per esorcizzare a posteriori - assieme all'imbarazzante vicinanza con la figura di Cavallaro - un evento ormai scomodo. Dalla nostra distanza storica possiamo vedere finalmente le cose in maniera diversa. Per comprendere quel misto di universalismo e localismo che ha caratterizzato i fatti di Caulonia non è escluso che convenga rileggere un bell'intervento alla Costituente del comunista calabrese Fausto Gullo, ministro dell'Agricoltura dall'aprile del 1944 e responsabile di alcune delle leggi più avanzate contro il latifondo: una difesa appassionata dello stato unitario contro le ricorrenti tentazioni separatiste (ma anche regionaliste) che ci aiuta, forse, a orientarci meglio tra le contraddizioni e le identità multiple di Cavallaro (il rivoluzionario, il profeta, la testa calda, lo 'ndrangetista, il patriota decorato, il disertore, il dirigente di partito...), proprio perché cerca d'interpretare la lunga storia delle insurrezioni meridionali con categorie finalmente politiche. «È contro la Storia, contro la verità colui che osa affermare che il Mezzogiorno d'Italia, entrando a far parte della famiglia unitaria, ha perduto tutto e nulla guadagnato. Nelle rivolte contadinesche che seguirono all'unificazione d'Italia qual è sempre stato il segno verso cui si appuntarono tutte le ire, verso cui si volsero tutti gli odi delle masse? I poteri locali: quei poteri che, essi soli, mozzavano il respito alle popolazioni. [...] Uno solo è il pericolo: che le classi possidenti meridionali possano tornare, attraverso una larga autonomia regionale, a dominare la nostra vita». Oltretutto, parole sul valore dell'unità nazionale che oggi, a più di cinquant'anni di distanza, non hanno perso nulla della loro attualità.
 
nella.merda
nella.merda il 08/03/12 alle 01:37 via WEB
2 marzo, 2012‘Ndrangheta in Piemonte, confische per dieci milioni. “Riciclaggio in Olimpiadi e Tav” – La Dia mette i sigilli a una serie di immobili, anche in Lombardia e in Calabria, per riciclaggio dei profitti del narcotraffico – Il gruppo riconducibile a Ilario D’Agostino e Francesco Cardillo ha ottenuto commesse nelle grandi opere, dall’Alta velocità in Val Susa ai Giochi invernali del 2006, al porto di Imperia Sorveglianza speciale e confisca milionaria per la ‘ndrangheta imprenditrice in Piemonte, Lombardia e Calabria. La Direzione investigativa antimafia di Torino ha posto questa mattina i sigilli su terreni, ville, abitazioni, locali adibiti ad esercizi commerciali, fabbricati in provincia di Torino, Cuneo, Asti, Milano (Legnano) e in Calabria (Caulonia e Riace) e contanti (un tesoretto di 150 mila euro) per un valore superiore ai 10 milioni di euro. I beni confiscati sono riconducibili a Ilario D’Agostino e Francesco Cardillo, secondo gli inquirenti esponenti della ‘ndrangheta incaricati di riciclare negli appalti e nel settore immobiliare i soldi sporchi del narcotrafficante calabrese Antonio Spagnolo, boss di Ciminà. Nell’ottobre 2009, alla data del loro arresto nell’ambito dell’operazione Pioneer, in cui è stata sequestrata la società Ediltava, “cassaforte” del gruppo, il Procuratore della Repubblica di Torino Gian Carlo Caselli ha parlato della “più importante operazione antiriciclaggio mai realizzata in Piemonte”. Secondo le ricostruzioni della Dia, il gruppo è riuscito a riciclare milioni di euro anche in importanti commesse pubbliche inserite tra le opere realizzate per le Olimpiadi invernali di Torino 2006, la Tav e il porto di Imperia. La “lavatrice” era azionata attraverso il lavoro nero e un sistema di false fatturazioni: gli operai, per la stragrande maggioranza calabresi legati alle famiglie della ‘ndrangheta, venivano prima assunti regolarmente e poi licenziati perché continuassero a lavorare in nero, mentre le fatture “gonfiate” venivano emesse all’interno di un reticolo che metteva in relazione le società paravento del gruppo con altre società satellite. Un modello complesso che richiedeva la consulenza di un colletto bianco, il commercialista Giuseppe Pontoriero, che imputato con Cardillo e D’Agostino nel processo Pioneer, per i fatti relativi alla confisca odierna, ha scelto la via del patteggiamento. I beni confiscati sono riconducibili alle società Ediltava srl, Italia costruzioni srl e Domus Immobiliare srl, tutte facenti capo a Ilario D’agostino e al nipote, Cardillo, considerato una “consapevole” spalla degli affari imprenditoriali e immobiliari dello zio. Ma chi è l’imprenditore D’agostino, capace in Piemonte di penetrare gli appalti “blindati” delle Olimpiadi invernali? Ilario D’agostino, attualmente in carcere con l’accusa di associazione mafiosa in seguito a Minotauro, la maxi operazione contro la ‘ndrangheta del giugno scorso, già arrestato (e assolto) nel 1988 in Calabria per sequestro di persona, violenza privata, lesioni personali e detenzione illegale di armi, indagato dalla Procura di Torino per narcotraffico nel 1994 (poi archiviato), ha intrattenuto comprovati rapporti con il boss calabrese Rocco Lopresti, deus ex machina dell’edilizia in Val di Susa e all’origine dello scioglimento del Comune di Bardonecchia nel 1995 per condizionamento mafioso. Condannato nel 2002 dalla Corte d’Appello di Torino alla pena di tre anni e 4 mesi di reclusione per l’importazione di 250 chilogrammi di hashish dalla Spagna, è stato rinviato a giudizio per riciclaggio, aggravato dal favoreggiamento alla ‘ndrangheta, insieme al nipote Francesco Cardillo e al commercialista Pontoriero. Secondo gli inquirenti D’Agostino coltiva numerosi legami con esponenti dalla ‘ndrangheta, a partire da Antonio Spagnolo, boss di Ciminà, di cui secondo le ricostruzioni degli inquirenti è incaricato di riciclare il denaro. Ma anche con Bruno Polito, Pietro Guarnieri, Nicola Polito, Pasqualino Marando, Cosimo Salerno, Peppe Aquino e soprattutto Cosimo Barranca, uno dei capi riconosciuti della ‘ndrangheta milanese. Secondo il pentito Rocco Varacalli «è il contabile di Antonio Spagnolo, è affiliato alla ’ndrangheta di Ciminà ed è un imprenditore edile». Le sue imprese servirebbero «per far girare e riciclare i soldi di Spagnolo e coprirne il lavoro sporco». “Questa confisca arriva dopo un lungo dibattimento – spiega il procuratore aggiunto Alberto Perduca – dimostrazione che le misure di prevenzione hanno oggi valore ed efficacia come strumento per colpire i patrimoni di origine sospetta, posseduti da persone socialmente pericolose e fortemente sospettate di appartenere a sodalizi criminali. La Procura di Torino si è attrezzata con un pool apposito. Nel 2011?, continua Perduca, “sono state presentate 25 proposte di prevenzione, di cui la metà per misure patrimoniali, con un sostanziale incremento rispetto al passato. Destinato ad aumentare ulteriormente”. di Elena Ciccarello
 
u.spiritatu
u.spiritatu il 08/03/12 alle 12:03 via WEB
Cerca impedire furto dell'auto, ferito da colpo pistola Nel reggino banditi sparano. Vittima in prognosi riservata 08 marzo, 09:50 (ANSA) - CAULONIA (REGGIO CALABRIA), 8 MAR - Ha tentato di bloccare due malviventi che gli stavano rubando l'automobile, ma e' stato ferito in modo grave da un colpo di pistola al fianco. Francesco Bava, di 48 anni, meccanico, e' adesso ricoverato in prognosi riservata nell'ospedale di Locri. Il fatto e' successo la notte scorsa a Caulonia Marina. L'uomo si e' accorto che i banditi gli stavano rubando l'auto dopo essere entrati in un magazzino di un'impresa edile. Indagano i carabinieri. (ANSA). Una notizia che ha dell'incredibile, c.da Ziia non fa più parte del comune di Caulonia è aggraffata al comune di Pazzano!!!
 
nella.merda
nella.merda il 09/03/12 alle 11:27 via WEB
UNA VOLTA SCOPERCHIATO IL VERMINAIO DELLA SUAP, VERRA TUTTO A GALLA? "noi siamo tranquilli gli appalti passano per la suap..." IL BAGNO DI CASA BARO.. SEMBRA SI SIA INTASATO! RICORDIAMO MALE... A CAPO DEL SUAP NON C'ERA UN FAMOSO GIUDICE? OGGI PRONTO PER IL COMUNE DI PALMI! REGGIO - OPERAZIONE 'CERALACCA', APPALTI PUBBLICI GRAZIE A FUNZIONARI CORROTTI, 9 FERMI: 4 IMPRENDITORI, TRE FUNZIONARI DELLA SORICAL E DUE DIPENDENTI DELLA PROVINCIA, DI CUI UNO DELLA SUAP SECONDO LA GDF, GLI IMPRENDITORI AVEVANO ACCESSO, CON IL PLACET DEI FUNZIONARI, ALLA CASSAFORTE IN CUI ERANO CONTENUTE LE OFFERTE DI APPALTO. DOPO AVER RIMOSSO LA CERALACCA DALLE BUSTE, CONTROLLAVANO I CONTENUTI E 'INDIRIZZAVANO' LA GARA Tre funzionari della Sorical, la società a capitale misto che gestisce le risorse idriche in Calabria, ed uno della Provincia di Reggio sono tra le persone arrestate dalla guardia di finanza nell'ambito dell'operazione condotta stamani contro un'organizzazione dedita alla manipolazione degli appalti pubblici. Tra gli arrestati figurano anche un altro dipendente della Provincia, assegnato alla Stazione unica appaltante provinciale come usciere, e quattro imprenditori.Secondo quanto accertato dalla guardia di finanza nell'inchiesta denominata ''Ceralacca'', i funzionari pubblici consentivano agli imprenditori di accedere alla cassaforte dove erano conservate le offerte delle varie ditte che partecipavano alle gare di appalto. Gli imprenditori prendevano tutto l'incartamento e lo portavano nei loro uffici dove, dopo avere rimosso la ceralacca sulla busta (da qui il nome dell'operazione), controllavano le offerte degli altri e inserivano la propria che risultava quindi la migliore. Quindi richiudevano la busta e la sistemavano al suo posto in cassaforte. Cosi' facendo, i quattro imprenditori riuscivano ad aggiudicarsi le gare di appalto. (ANSA). Appalti manipolati in Calabria,9 arresti Coinvolti tre funzionari Sorical e uno della Provincia di Reggio 09 marzo, 10:11 (ANSA) - REGGIO CALABRIA, 9 MAR - Tre funzionari della Sorical e uno della Provincia di Reggio sono tra le nove persone arrestate dalla guardia di finanza nell'ambito di un'operazione condotta tra Calabria e Lombardia contro un'organizzazione dedita alla manipolazione degli appalti pubblici. Tra gli arrestati anche un altro dipendente della Provincia, assegnato alla Stazione unica appaltante provinciale come usciere, e 4 imprenditori. Sequestrati beni per 8 milioni di euro tra cui societa' ed auto di lusso. S.U.A.P, il fantasma di Reggio Calabria La Stazione Unica Appaltante Provinciale (Suap) “fu”, faremmo bene a dire, figlia della SUA (Stazione Unica Appaltante Regionale) di Boemi. Tale madre, tale figlia? Era nata, con buoni propositi in eccesso, nel marzo del 2009, come una centrale delle procedure per quanto attiene gli appalti pubblici, non solo per i lavori pubblici, ma anche per i servizi. Era nata come una forzatura che si proponeva di esorcizzare le infiltrazioni mafiose anche nella costruzione di una rotonda di periferia. Era nata più per ambizione del torero che per l’annientamento del toro. “Nacque” da un’idea dell’allora prefetto di Reggio Musolino. Francesco Musolino di Capocasale, (Aspromonte impenetrabile) l’aveva sperimentata a Crotone. «Un test quello di Crotone - affermò allora, nella gremita sala A della provincia di Reggio Calabria- che induce ottimismo. Crotone è una base importante, un modello sufficientemente efficace» Oggi Francesco Musolino lavora a Genova. Negli ultimi mesi ha avuto un ruolo così fondamentale nell’inchiesta che legava, nel capoluogo ligure, gli ‘ndraghetisti ad appalti truccati e costruttori accomodanti, che da prefetto é diventato un superprefetto. Voce unanime da Levante a Ponente. Bene, ma soprattutto trasparente. Trasparenza a colazione, pranzo e cena. Trasparenza che da premessa è divenuta slogan. Ritornello: “Trasparenza è ricchezza, trasparenza è sviluppo, è occupazione. Trasparenza è padre, figlio, ma è stata finora -aggiungo io- soprattutto spirito santo, svanito come un tormentone in poche note stagionali. Un tormentone, giusto, che però ha esibito, ed è sotto gli occhi di tutti, solo camerieri in frac e posate d’argento, ma mai pietanze decenti. La SUA di Boemi è così nitida da essere divenuta, in quel di Catanzaro, un fantasma. Sembra un vecchio casello dismesso delle ferrovie dello Stato, dove il capo casellante vive di ricordi e solitari. La Suap di Musolino invece è affondata nella terra di nessuno. In una sabbia mobile, proprio al centro tra le gare d’appalti indette e lavori mai partiti. Tra contrattualizzazioni e cantieri chiusi si è intasata nei ricorsi delle ditte e non ne viene più fuori. Vittime sacrificali i comuni. Tranne quello di Reggio naturalmente (più di 1/3 della popolazione provinciale) che non ha mai aderito alla Stazione Unica Appaltante voluta dalla prefettura e dalla provincia di Reggio. Forse perché Palazzo San Giorgio, sede municipale del capoluogo, è stato così ectoplasma che oggi è amministrato sotto il controllo vigile dell’acchiappafantasmi per eccellenza: la commissione d’accesso. I comuni della provincia no, quelli hanno assistito inermi alle non realizzazione delle opere previste nella spesa, a volte per incapacità, altre volte per sua maestà “la trasparenza”. Ed oggi sfatti attendono l’ennesimo coup de grâce. C’è una pressione, eterea ma efficace, che li spinge ad aderire per la gestione delle proprie acque, alla società Acquereggine. Dopo Sorical, un nuovo carrozzone avanza, blindato da raccomandazione, su sindaci e consigli comunali. Come un caterpillar da Monasterace a Punta Pellaro. Da Levante a Ponente. Fino a quando? Ercole Macri'
 
avalon1_1980
avalon1_1980 il 10/03/12 alle 16:55 via WEB
SADOME E GAMORRA-NON DOBBIAMO ABBANDONARE LA BATTAGLIA PER LA TRASPARENZA. Se Caulonia, il paesetto ha' fatto schifo cominciando dal Comune, e la sua amministrazione negligente/criminale, e da certi individui che pensano e CREDONO veramente che l'umanita' deve essere strafottuta dalla loro criminalita/politica, e' proprio questo il momento che la gente e gli individui devono ALZARSI e fare quello che' e' necessario per cambiarlo. Fin ora, la candidatura del FRAIA e' una manifestazione di questa filosofia. Il candidato FRAIA deve avere una opportunita' al comune. Non mi importa se sara' un fallimento(e questo non lo credo), ma almeno dobbiamo CAMBIARE IL PRESENTE. SMETTERE QUESTO VIZIO COMINCIANDO DAL SINDACO. TRASPARENZA!
 
nella.merda
nella.merda il 10/03/12 alle 21:54 via WEB
Ettaro demanio occupato abusivamente, sequestrato campeggio(e i terreni che ha fregato il p.i. quando saranno sequestrati ?) Gip convalida provvedimento, proprietario struttura denunciato 10 marzo, 16:34 ()(ANSA) - BADOLATO (CATANZARO), 10 MAR - Un ettaro di terreno demaniale occupato abusivamente: e' il motivo per il quale i carabinieri hanno sequestrato a Badolato il campeggio ''Bocca di Gallipari''. I militari hanno anche sequestrato tutte le costruzioni realizzate nell'area occupata dal campeggio ed anche queste risultate abusive. Il proprietario del campeggio, M.A., 66 anni, e' stato denunciato in stato di liberta'. Il provvedimento di sequestro e' stato convalidato dal gip del Tribunale di Catanzaro. (ANSA). © Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati
 
michmacrmaio
michmacrmaio il 12/03/12 alle 00:50 via WEB
E' un continuo stillicidio, furti con scasso in proprietà private, incendi e furti nelle scuole di Caulonia e di Roccella Ionica, rubano di tutto, in particolare armi e p.c.. A Caulonia sanno tutti chi sono, nomi e cognomi, figli di puttana che si riuniscono provenienti da Locri, Gioiosa, Bivongi e Caulonia, chi li dirige insieme a una troia è uno di Gioiosa. Tutto tace, le Istutuzioni locali dormono! Furto in punto scomesse Snai a Caulonia, migliaia di euro il bottino. 11 marzo 2012, 20:31 Reggio Calabria Cronaca Ladri in azione nel punto di scommesse sportive Snai a Caulonia Marina. Ignoti, dopo avere forzato le finestre del locale, sono entrati nella sede ed hanno svuotato tutte le macchinette per il gioco del denaro che vi era contenuto. L'importo della somma rubata -scrive l'Ansa - è ancora da quantificare, ma si tratterebbe comunque di alcune migliaia di euro. Le indagini sul furto sono condotte dai carabinieri di Caulonia Marina.
 
klassedirigente
klassedirigente il 12/03/12 alle 20:35 via WEB
Col LUPO dietro la porta, il CAULONIATO si prepara rassegnato nuovamente al giuoco del BARO.. All'orizonte le nuvole si avvicinano, per un altra battaglia, DAVIDE e GOLIA. Chi vincera? Lo sconosciuto principiante, o il vecchio VOLPONE? Sate attenti a prossime notizie del LUPO e L'AGNELLINO.
 
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MANIFESTO DEI GIORNALISTI CALABRESI.

                          

Non è facile vivere in Calabria, non è facile scrivere di ‘ndrangheta, denunciare. Ma bisogna sacrificarsi per la libertà di informare. Ci hanno detto ‘siediti’ e ci siamo alzati, ci hanno detto ‘non fare questo, non fare quello’ e noi l’abbiamo fatto… Ci hanno detto ‘non scrivere’ e noi abbiamo scritto e continueremo a farlo. Non saranno proiettili, buste gialle, lettere minatorie a fermarci. Non sarà una macchina bruciata a fermare il nostro ardore, a frenare la nostra rabbia.

 

 

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