POVERA CAULONIA

RICCHI INTRALLAZZISTI & MISERABILI MESTIERANTI

 

 

« INTERROGAZIONE SCRITTA P...POVERO COGLI LE PEZZE, Q... »

«IL POSTO E' MIO E LO DEVO VINCERE» SE QUESTI SONO LE NUOVE LEVE DEL PARTITO DEMOCRATICO. LA PUFFETTA E' ANCORA PEGGIO.

"DENUNCIARE CONVIENE: E' UN INVESTIMENTO DEDICATO ALLA PROPRIA DIGNITA' E LIBERTA' "

CAULONIA SI PREPARA  A VEDERE  DECINE E DECINE DI ETTARI DI TERRENI AGRICOLI  DIVENTARE, PER INCANTO, EDIFICABILI. LA 'NDRINA RINGRAZIA, I GRASSI RINGRAZIANO, I FOCAROTI PURE.

L'inchiesta
«Il posto è mio e lo devo vincere»
Le accuse a Naccari Carlizzi
Sono undici persone indagate per il concorso all’Ospedale di Reggio vinto dalla moglie dell'ex assessore al Bilancio della Regione targata Loiero. Ecco la ricostruzione effettuata dalla Procura. Corruzione per l’ex politico regionale Demetrio Naccari Carlizzi.

di MICHELE INSERRA

REGGIO CALABRIA -  «Il posto è mio e lo devo vincere». Valeria Falcomatà, la moglie dell’ex assessore regionale al bilancio del Pd della giunta Loiero, Demetrio Naccari Carlizzi, e sorella del capogruppo consiliare del Pd Giuseppe Falcomatà, con questa frase “richiama” Giancarlo Valenti, a mantenere l’impegno da lui assunto per farle vincere il concorso da dirigente di primo livello presso l’Unità operativa complessa di Dermatologia dell’ospedale di Reggio Calabria. Per quel posto il sostituto procuratore della Repubblica Mauro Leo Tenaglia ha iscritto nel registro degli indagati undici persone. Oltre a Naccari e la moglie, nei guai sono finiti Giancarlo Valenti, Vincenzo Schirripa, Giuseppe Foti, Mario Santagati, Domenico Mannino, Paolo Vazzana, Igino Aldo Postorino, Giuseppe Crisalli e Giuseppa Caserta. La vicenda è partita da una denuncia su presunti illeciti nella procedura del concorso di Maria Carmela Arcidiaco, direttore facente funzioni dell’unità di Dermatologia di Reggio. All’esposto in procura la professionista aveva allegato anche  registrazioni ambientali su Valeria Falcomatà.

Andiamo ai fatti contestati dai magistrati. Naccari Carlizzi è indagato per concussione, corruzione e falsità ideologica. Secondo la Procura «abusando della sua qualità e dei suoi poteri di assessore della giunta della Regione Calabria (e quindi di pubblico ufficiale), ed in particolare del potere politico derivante da tale incarico, induceva la dirigenza in servizio presso l’Azienda ospedaliera Bianchi-Melacrino-Morelli di Reggio, nelle persone di Santagati Mario (direttore generale), Mannino Domenico (direttore sanitario) e Vazzana Paolo (direttore sanitario del presidio) a promettergli e poi a dargli l’indebita utilità consistente nella vittoria della propria coniuge Valeria Falcomatà nel concorso da dirigente di primo livello presso l’Unità operativa complessa di Dermatologia (vittoria poi effettivamente realizzatasi)». Per tale tipologia di concorso la commissione doveva essere composta da tre membri, di cui uno di nomina regionale, uno di nomina interna all’Unità operativa interessata all’assunzione e uno estratto per sorteggio.

Per raggiungere l’obiettivo, Naccari, servendosi del suo ruolo politico, si era impegnato per la nomina nella commissione della prova concorsuale, di Giancarlo Valenti, ovvero del membro di designazione regionale. Ma non è tutto. Perchè anche gli altri due membri sono affare di Naccari. Secondo i magistrati Naccari «induceva la dirigenza predetta a sensibilizzare in favore della Falcomatà il membro di nomina interna all’Azienda ospedaliera (individuato nella persona di Foti Giuseppe); a falsare la procedura di sorteggio per la nomina del terzo membro (reato commesso in concorso con i commissari sorteggiatori e con la dirigenza dell’azienda ospedaliera) in modo che la scelta ricadesse sulla persona di Schirripa Vincenzo (con il quale Naccari aveva stipulato l’accordo corruttivo, ndr)». Fatti commessi a Reggio il 24 novembre del 2009. Naccari, inoltre, è indagato con Valenti, per corruzione, per un atto contrario ai doveri d'ufficio «perchè ciascuno nella duplice qualità di corrotto e corruttore, compiva e si impegnava a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio produttivi di utilità per l’altro (che li accettava in contropartita dei propri)». Ma quale era il tornaconto per entrambi? Il magistrato non utilizza mezze parole: Naccari vuole che la moglie vinca il concorso e Valenti si accontenta di essere nominato membro della commissione per il relativo compenso derivante da tale incarico. Quest’ultimo, a questo punto, prometteva a Naccari la vittoria del concorso della moglie Valeria Falcomatà. Anche quest’ultima è tra i destinatari dell’avviso di garanzia con l’accusa di corruzione «perchè in qualità di diretta beneficiaria degli atti contrari ai doveri d’ufficio che Valenti Giancarlo si era impegnato a compiere in suo, forniva contributo agevolatore alla realizzazione del reato, richiamando il Valenti agli impegni da lui assunti (rivolgendogli l’espressione «il posto è mio e lo devo vincere») ed inducendolo così a procurarle l’utilità promessa».

Sempre Naccari è indagato con Vincenzo Schirripa. Il primo, infatti, procurava la nomina di Schirripa a membro della commissione giudicatrice nel concorso «procurandogli così l’utilità consistente nel relativo compenso». Ma non è tutto. Naccari prometteva a Schirripa «la nomina a primario dell’unità operativa complessa di dermatologia (nella procedura para-concorsuale che aveva luogo contemporaneamente al concorso da dirigente di primo livello, dalla quale sarebbe derivata per Schirripa l’utilità consistente nel prestigio dell’incarico e nell’aumento retributivo derivante dalla percezione dell’indennità di capo struttura». Come contropartita Schirripa doveva contribuire alla vittoria di Falcomatà al concorso. Veniamo agli indagati Giuseppe Foti, Mario Santagati, Domenico Mannino e Paolo Vazzana, accusa di abuso d’ufficio. Foti, in qualità di presidente della commissione del concorso, violava i principi «di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione», inoltre in unione e in concorso con Santagati, Mannino e Vazzana «fornivano contributo causale alla condotta istigando il Foti a perpetrarla». Pertanto «intenzionalmente procurava a Valeria Falcomatà l’ingiusto vantaggio patrimoniale consistito nella vittoria del predetto concorso e nel connesso trattamento retributivo.

Sempre Naccari, assieme a Santagati, Mannino, Vazzana, Postorino, Crisalli e Caserta, è accusato di falsità ideologica in atti pubblici. Postorino, Crisalli e Caserta, in qualità di membri della commissione per il sorteggio di uno dei commissari del concorso «attestavano falsamente, nel relativo verbale, di aver estratto, mediante regolare procedura, il nominativo di Schirripa Vincenzo, mentre in realtà non effettuarono mai tale sorteggio». Per il magistrato la scelta di Schirripa è avvenuta “a tavolino”. Fatti commessi a Reggio il 5 marzo del 2009. Posizione pesante è anche quella di Schirripa che deve rispondere del reato di concussione perchè «avendo timore di non conseguire la controprestazione spettantegli in forza dell’accordo corruttivo (ovvero la nomina a primario dell’unità operativa complessa di dermatologia) abusando della qualità (e dei poteri connessi) di pubblico ufficiale, sostanziata nell’essere membro della commissione per il concorso da dirigente di primo livello dell’unità operativa complessa di dermatologia, cui partecipava (in qualità di candidata) Valeria Falcomatà, ed in particolare: inducendo a partecipare a tale concorso (in qualità di candidati) Borgia Francesco e Todaro Francesca (aventi curriculum di gran lunga superiori alla Falcomatà) così frapponendo alla vittoria della Falcomatà ostacoli che avrebbero potuto essere rimossi solo grazie al suo intervento, volto al ritiro della candidatura del Borgia e della Todaro (con i quali si era previamente accordato perchè fossero pronti a ritirarsi su sua richiesta, dal momento che gli stessi non nutrivano alcun interesse per l’esito favorevole della procedura concorsuale; arrestando indebitamente la procedura di espletamento di tale concorso dopo lo svolgimento delle prove scritte con l’implicito ricatto di non consentire il regolare svolgimento dell’iter concorsuale e di non permettere la vittoria della Falcomatà  se non avesse prima conseguito il primariato». E pertanto Schirripa, secondo la procura, «compiva atti idonei e diretti in modo in equivoco ad indurre il personale dirigenziale dell’azienda ospedaliera Bianchi-Melacrino-Morelli (nella persone di Santagati, Mannino e Vazzana) a conferirgli immediatamente l’incarico di primario di dermatologia (oggetto di parallela procedura amministrativa contemporaneamente pendente) e Naccari, (interessato, in qualità di coniuge alla vittoria della Falcomatà al concorso) ad esercitare pressioni (mediante il potere politico derivante dalla sua carica di assessore regionale) sulla predetta dirigenza al fine di garantirgli il primariato».

06 giugno 2012 12:43

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rossella.amata
rossella.amata il 07/06/12 alle 15:58 via WEB
IL DELIRIO DI ONNIPOTENZA DELLA LEOPARDA PER IL SUO TROTA. A SPESE DEL COMUNE HA FATTO ALLARGARE IL MARCIAPIEDI DI CIRCA 30 MQ, BASE IN CEMENTO E MATTONELLE ORIGINALI. I CAULONIATI PAGANO TUTTO. INGOIANO TUTTO. LA LEOPARDA E' IL DIRIGENTE CHE CONSIGLIA LE AMICHE E GLI AMICI A NON PAGARE L'ACQUA, TANTO NON LA PAGA NESSUNO E I PRIMI A NON PAGARLA SONO GLI STESSI DELL'AMMINISTRAZIONE. UN APPELLO AI CONSIGLIERI D'OPPOSIZIONE, FATE FINIRE I TEMPI DEL VOLEMOSE BENE, FATE I DOVUTI CONTROLLI, PRETENDETE GLI ATTI E CONTROLLATE CHE NON SIANO ATTI TAROCCATI.CONTROLLATE I "DECRETINI", CONTROLLATE I FORAGGIATI ESTERNI, CONTROLLATE CHI PAGA I CANONI E CHI HA CONTROVERSIE CONTRO L'AMMINISTRAZIONE. DOVETE SPULCIARE TUTTO E SE RITENETE DI NON ESSERE PREPARATI DENUNCIATE E PORTATE I FINANZIERI A FARE LE DOVUTE INDAGINI. VORREI DARE UN CONSIGLIO AL DOTT. TUCCI, NON SI FACCIA INFLUENZARE DALLE PAROLE DEL MARITO DELLA LEOPARDA, ESCA DAL GIRO VIZIOSO DELLA PUFFETTA E DAL P.D.- LEI PER LA SUA ESPERIENZA E DIGNITA' ANCHE ORA DIMOSTRATA PUO' CHIEDERE DI ADERIRE A QUALSIASI PARTITO.TUTTI TRANNE IL P.D., LEI VIENE DALLA ESPERIENZA DEMOCRISTIANA, QUINDI NON AVRA' ALCUN IMBARAZZO A SCEGLIERE UN PARTITO DI CENTRO O CENTRO DESTRA. MI CONSENTA, I MANIGOLDI DEL P.D. CASALINGO E REGIONALE NON LA MERITANO.
 
difensoredelcomune
difensoredelcomune il 07/06/12 alle 16:24 via WEB
Logicamente stai parlano del chiosco di fronte al campetto da tennis. Attacco gratuito dell'acqua e della luce, vorremmo sapere gli scarichi dei vari macchinari e della fontana interna dove vanno a finire, tutto il detersivo che fine fa. La storia e lunga e triste per l'altro chiosco fronte chiesa, ormai quella piazzola di oltre 150 mq pare che sia passata di mano. Il comune ha venduto in sordina al figlio della leoparda. Una cosa è certa, chi l'ha riempita di incarichi di tutte le tipologie ha pensato che prima o poi si sarebbe esposta alla grande e sarebbe finita sotto inchiesta, così sarà. Oggi fa un mese esatto dall'insediamento della nueva giunta e ancora non hanno partorito neanche un pezzo di merda. Vuoi vedere che con l'interessamento del buon padre di famijja anche un trota del baro.. troverà una ricca sistemazione nel comune del paesello di linu da gurna nigra.
 
sessantottino1
sessantottino1 il 08/06/12 alle 09:02 via WEB
Di seguito nota Comune del paesello di linu da gurna nigra: Compagine amministrativa subito al lavoro il giorno dopo la comunicazione della nomina dei componenti, avvenuta nel Consiglio d’insediamento. E il primo atto della nuova Giunta municipale del paesello di linu da gurna nigra è stata la riduzione delle indennità degli amministratori. “Per effetto di questa riduzione – ha dichiarato il Sindaco, l’importo dell’indennità è stato concordamente determinato dalla Giunta nel seguente importo lordo: mille euro mensili per Sindaco e Vice Sindaco; ottocento euro mensili per gli Assessori che sono lavoratori autonomi e cinquecento euro mensili per gli Assessori che sono lavoratori dipendenti. Tale riduzione delle indennità degli amministratori, unitariamente a quella del numero degli Assessori ed alla natura del rapporto lavorativo degli stessi produrrà, rispetto all’anno precedente, un risparmio di circa settantamila euro annui. Un sogno...
 
i.camerieri
i.camerieri il 08/06/12 alle 09:03 via WEB
Dalla bancarotta fraudolenta alle truffe all'Aima, dai fasulli rimborsi iva ai finanziamenti bancari sospetti. Al centro dell'inchiesta due aziende di Caulonia e un istituto di credito, la Carical. In cella anche Michele Pronestì di Melicucco, padre di Ottavio, rapito e poi liberato in Calabria. Truffa da 100 miliardi ai danni della Cee, in carcere 34 persone di Repubblica (25/07/1989) i giornali - nazionali LOCRI - E' una truffa da 100 miliardi quella scoperta dalla guardia di finanza in Calabria e che ha portato all' arresto di 34 persone nelle tre province calabresi, in Basilicata, Puglia, Campania, Lombardia e Veneto. Trentotto i mandati di cattura firmati dal giudice istruttore di Locri Nicola Gratteri, quattro i latitanti. Per tutti decine di accuse: bancarotta fraudolenta, truffa all' Aima e alle banche, fasulli rimborsi iva, eccetera. L' inchiesta prese avvio due anni fa dopo la scoperta di un indebito finanziamento concesso dalla Cassa di risparmio di Calabria e di Lucania a due aziende di Caulonia, nella Locride: la Ionica agrumi e la Dimabox, di proprietà dell' imprenditore Ilario Di Masi. Due aziende che si interessavano di trasformazione di prodotti agricoli e di vendita di contenitori metallici per le conserve alimentari. Quell' inchiesta portò all' arresto dei vertici dell' Istituto di credito. Uno scandalo politico di enormi dimensioni che finì con l' annullamento degli ordini di cattura da parte della Cassazione. Ma le indagini sulle attività di Di Masi sono proseguite e la finanza ha accertato un vorticoso giro di documentazioni di merce venduta e mai acquistata, contributi Cee ottenuti senza diritto, finanziamenti dati dalle banche con garanzie patrimoniali personali inesistenti. Un giro che da Caulonia si estendeva alle altre due province calabresi ma anche ad operatori economici e titolari d' aziende di Palagiano, Rotondella, San Cipriano d' Aversa, Casal di Principe. In Calabria sono finiti in galera, fra gli altri, oltre a Di Masi e alla moglie, amministratori e componenti del comitato dei sindaci delle due società di Caulonia e anche un singolare personaggio che salì all' onore della cronaca alcuni mesi fa. Si tratta di Michele Pronestì, un imprenditore agricolo di Melicucco, nella piana di Gioia Tauro, padre di Ottavio che fu sequestrato nel novembre dell' anno scorso in un podere di sua proprietà vicino Vibo Valentia. Michele Pronestì si rese protagonista di un' iniziativa senza precedenti: chiese che lo Stato gli pagasse il riscatto per il figlio rapito e arrivò al punto di citare in giudizio il ministro dell' Interno. Quattro mesi fa il figlio è poi tornato in libertà senza che si pagasse riscatto (si era liberato dai suoi prigionieri) e Michele Pronestì ex sindaco democristiano di Melicucco (ora su quella poltrona siede un altro dei suoi figli) era tornato nell' ombra. Fino all' arresto dell' altra notte.
 
u.spiritatu
u.spiritatu il 08/06/12 alle 09:31 via WEB
ANTICIPIAMO A STAMANI GLI ALTRI ATTI DEL COMUNE DEL PAESELLO DI LINU DA GURNA NIGRA. 5 CORPOSE BUSTE CONTENENTI LE COPIE E UN CD DEGLI ATTI EMESSI ILLEGITTIMAMENTE SONO STATE SPEDITE CON RACCOMANDATA ALLA SEZIONE DELLA CORTE DEI CONTI DI CATANZARO E REGGIO CALABRIA, ALLA PROCURA DI LOCRI E DI REGGIO CALABRIA E AL SIG. MINISTRO DELLA FUNZIONE PUBBLICA. -DECRETO SINDACALE PROT. N. 99 DEL 4 GENNAIO 2011, CON QUESTO ATTO, IL BARO.., HA RITENUTO DI CONFERIRE ALLA LEOPARDA, LA DIRIGENZA, 9.296,22 € IN PIU' L'ANNO, L'INDENNITA' DI RISULTATO CHE VARIA DAL 10 AL 25% DELL'INDENNITA' SUDDETTA IN PIU'! -DECRETO SINDACALE PROT.N. 100 DEL 4 GENNAIO 2011 E PROT. N. 81 DEL 3 GENNAIO 2012 CON I QUALI IL BARO.. RITIENE DI CONFERIRE LA DIRIGENZA AL SUO COMPAGNO DI MERENDE, IL PREGIUDICATO DI FOCA', E UNA INDENNITA' DI 8.263,31 € PER IL 2011 E IL 2012 IN PIU' PER ANNO. INOLTRE COME LA LEOPARDA RICEVERA' DAL 10 AL 25% IN PIU' PER L'INDENNITA' DI RISULATO, I RISULTATI SONO SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI, TANT'E' CHE PER TALI RISULTATI E' STATO CONDANNATO AD ANNI 2 E MESI 8!!! -DECRETO SINDACALE PROT. N. 101 DEL 4 GENNAIO 2011 E PROT. N. 82 DEL 3 GENNAIO 2012 CON IL QUALE IL BARO.. CONFERISCE ALLA PASQUALINA MARAGIA' L'INDENNITA' DI DIRIGENZA PER 7.746,85 € ANNUI, COME I DUE COMPAGNUCCI PRECEDENTI RICEVERA' L'INDENNITA' DI RISULTATO DAL 10 AL 25% IN PIU' CALCOLATA DULLA BASE DELL'INDENNITA' DI DIRIGENZA!!! -DECRETO SINDACALE PROT. N. 4156 DEL 3 APRILE 2012, CON TALE ATTO IL BARO FA GRANDI LECCATE DI CULO ALLA LEOPARDA... CON QUESTI ATTI, COMPLETAMENTE ILLEGITTIMI, LA LEOPARDA ATTRIBUISCE FUNZIONI SPECIALI A PARECCHIE PERSONE. -DECRETO PROT. 4197 DEL 4 APRILE 2012, CONSIDERATE CHE AD APRILE LA LEOPARDA NON HA NESSUN INCARICO PER L'AREA DI VIGILANZA, CON QUESTO ATTO ATTRIBUISCE!!! CIOE' NOMINA, CONFERISCE ECC, LE FUNZIONI DI RUP A TALE DICHIARA FRANCESCO (E' SCRITTO COSI'). -DECRETO PROT. 2918 DEL 9 MARZO 2011 CONFERMA LA NOMINA DI VANDINA QUALE RESPONSABILE DEGLI UFFICI DI SATO CIVILE DELLA DELEGAZIONE DI MARINA, SAN NICOLA E URINI (COSI' E' SCRITTO) PER LA POVERA VANDINA L'ISTITUTO DELLE MANSIONI SUPERIORI NON ESISTE!!! -DECRETO PROT. 2951 DEL 9 MARZO 2011 CONFERMA LA NOMINA DELLA PIU' IGNORANTE DELLE DIPENDENTI A RESPONSABILE DELL'ANAGRAFE DI PIAZZA SEGGIO ED INOLTRE, COSE DA PAZZI, PER TALE MOTIVO MI SONO PERMESSO DI DEFINIRLA IGNORANTE..., LA MARIA PAESANA E' RESPONSABILE DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI LPU!!! L'UNICO RESPONSABILE, PER LEGGE E' IL DATORE DI LAVORO CIOE' IL SINDACO, IL QUALE NON PUO' DELEGARE NESSUNO! INOLTRE I LAVORATORI TUTTI, IN BASE ALLE VIGENTI LEGGI, HANNO L'OBBLIGO DI NOMINARSI UN RESPONSABILE CHE DOVRA' PREOCCUPARSI DI RICHIEDERE ALL'AMMINISTRAZIONE DI RISOLVERE IN TEMPI BREVISSIMI TUTTE LE PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA SICUREZZA E ALLA SALUTE DEI DIPENDENTI SUI POSTI DI LAVORO. SOLO PER AVER INDIVIDUATO IN INERMI IMPIEGATI I RESPONSABILI... VANNO ARRESTATI IMMEDIATAMENTE. HANNO MESSO NELLE STESSE CONDIZIONI ANCHE VANDINA! DA QUESTE COSE SI CAPISCE CHE IL SINDACATO FA TUTT'ALTRA COSA CHE GARANTIRE I LAVORATORI. BASTARDI SI FREGANO PURE LA TRATTENUTA. NON C'E' UN ATTO DI NOMINA CHE E' UGUALE ALL'ALTRO, EPPURE DOVREBBERO ESSERE TUTTI IDENTICI... TRANNE I NOMINATIVI!!! -DECRETO PROT. 2033 DEL 18 FEBBRAIO 2011 ALBO N. 109, CON QUESTO DECRETO SEMPRE DELLA LEOPARDA, SI INDIVIDUANO GLI LSU/LPU CHE SONO ASSEGNATI ALLA'AREA DI VIGILANZA; LA STEFY E' C 1!!! C 1 COME GIA' DETTO SI DIVENTA PER CONCORSO E CON LAUREA... AMMESSO CHE LA SIGNORA ABBIA LA LAUREA, IN TUTTA ITALIA NON C'E' UN SOLO LSU/LPU CHE E' C 1.- VI RICORDO CHE LA MOGLIE DEL CANTARINO, DA D3 E SALTATA A D6!!!!!!!!!!!!!!! -DECRETO PROT. N. 82 DEL 3 GENNAIO 2012 8.263,31 € ANNUI IN PIU' E IL 25% DI DETTA CIFRA = A € 2.O67,00. "DENUNCIARE CONVIENE: E' UN INVESTIMENTO DEDICATO ALLA PROPRIA DIGNITA' E LIBERTA'"
 
i.camerieri
i.camerieri il 08/06/12 alle 19:41 via WEB
Jonicagrumi, il sangue ancora scorre di Vincenzo Imperitura passata in sordina, sui quotidiani regionali, la notizia dell’arresto di Ilario Di Masi; qualche riga in cronaca per segnalare una condanna diventata definitiva a 4 anni e 4 mesi per truffa aggravata. Una notizia come tante altre in una terra come la nostra, ma che nasconde, appena grattata la superficie, una delle figure cardine di una delle pagine più nere della storia sociale, economica e politica di questo martoriato pezzetto di Calabria. Ilario Di Masi, l’uomo autoproclamatosi “commendatore”, è infatti l’artefice della nascita, e della rovinosa morte, del sogno industriale nella Locride. L’imprenditore rampante che all’epoca dello scandalo, al tramonto degli anni ottanta, veniva descritto dai media nazionali come “l’industriale di indole padana” era partito dal nulla, tirando su una realtà produttiva e commerciale in grado di competere con i colossi nazionali come Cirio e Star nel settore della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agro-alimentari. Quasi trecento dipendenti fissi – che raddoppiavano con gli operai stagionali assunti nei periodi di raccolta – e un giro di affari stimato (al momento della trasformazione da ditta individuale in società per azioni) di circa 25 miliardi di lire, la Jonicagrumi era, anche più della sanità impazzita della fine del XX secolo, il motore di una delle aree economicamente più depresse dell’intero sistema Paese; almeno fino allo scandalo che nel marzo del 1987 portò in galera lo stesso Di Masi e l’intero consiglio d’amministrazione della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania, segnando la fine amara del sogno industriale nella Locride. Un crack dai risvolti rovinosi per il territorio, che esplose quando il trio di supervisori inviati dall’allora governatore centrale di Bankitalia Carlo Azelio Ciampi, consegnò la propria relazione sui fidi folli che l’istituto bancario cosentino concedeva all’imprenditore di Caulonia. Fidi e finanziamenti senza alcuna regola, concessi a fronte di garanzie contraffatte o semplicemente inesistenti – con picchi di umorismo nero, come nel caso di un fido concesso «sull’emananda legge speciale per la Calabria» - che finirono col decapitare i vertici di Carical, segnando quello che sarebbe stato l’inizio della fine per la gloriosa e antica cassa di risparmio. Un “buco” (quello della Jonicagrumi) di oltre 47 miliardi di lire – una cifra enorme per l’epoca – che rappresentò una pietra tombale, l’ennesima, per il rilancio del comprensorio. Il primo scandalo Il 24 marzo del 1987, Ezio Arcadi sostituto Procuratore della Repubblica di Locri, firma 11 richieste di arresto, e scoppia il finimondo. Nella lista, oltre al commendatore, finiscono il direttore dello sportello Carical di Roccella, Paolino Surace (nel cui istituto erano movimentati i conti della Jonicagrumi) e tutti i vertici della banca, per uno scandalo dai risvolti nazionali che mette sotto accusa la gestione “dissennata” dell’istituto di credito nei confronti dell’impero industriale sorto all’ombra dell’antica Castelvetere. Finiscono così in prigione, con l’accusa di peculato aggravato, alcuni esponenti di primo piano della politica regionale tra cui l’allora giovane e rampante socialista – di area craxiana – Tonino Gentile, il tecnico Francesco Sapio (espressione del più volte ministro Riccardo Misasi) e Francesco Samengo (uomo molto vicino a Carmelo Pujia, autentico pezzo da novanta della Dc calabrese di quei tempi). La relazione commissionata da Arcadi all’ispettore di Bankitalia Arnoldo Ferri è impietosa e chiarisce come l’istituto di credito di Cosenza abbia agito in modo folle nei confronti di un’azienda enorme costruita però su fondamenta d’argilla e che finirà per implodere sotto il peso di una finanza creativa che non ha nulla da invidiare ai successivi scandali che porteranno ai fallimenti di altri colossi del settore agro-alimentare. Anticipazioni bancarie per approviggionamento di merci utilizzate per altri scopi, fidi miliardari accordati su garanzie di cessioni crediti per importi tre volte inferiori, sconfinamenti (nell’ordine di centinaia di milioni di lire) continui sui conti correnti dell’azienda, e rientro di debiti nei confronti dell’istituto bancario grazie a nuovi finanziamenti emessi dalla stessa Carical: nelle contestazioni della procura locrese c’è un autentico campionario degli orrori della finanza. Uno scandalo che portò al commissariamento della banca ma che, sotto il profilo processuale, finì con la richiesta di archiviazione presentata dallo stesso sostituto procuratore a causa di una sentenza della Corte di Cassazione che una manciata di mesi dopo gli arresti aveva depenalizzato (incredibile ma vero) il reato di peculato nei confronti dei banchieri pubblici. Il processo per bancarotta Ma qualcuno deve pur pagare per il collasso della Jonicagrumi, e così, vista l’impossibilità di mettere alla sbarra i vertici politici della Carical, nel 1991 inizia a Locri (nei confronti di 58 tra imprenditori, amministratori, revisori contabili e semplici lavoratori) il procedimento per il crack del colosso cauloniese, dichiarato fallito dallo stesso tribunale locrese il 18 febbraio del 1988. Un procedimento mastodontico su cui, tra rinvii, ricorsi in cassazione, tre nuovi dibattimenti davanti a tre differenti Corti d’Appello (quella di Reggio prima, quella di Messina poi e infine quella di Catania) verrà calato il sipario solo nel novembre del 2007. Un procedimento che ha visto la quasi totalità degli imputati – visto l’elefantiaco iter processuale – scagionati per avvenuta prescrizione e che si è concluso con la condanna finale di Di Masi a 5 anni di reclusione; un procedimento che, nonostante i quasi venti anni trascorsi, vede ancora il comune di Caulonia (dichiarato allora curatore fallimentare dell’azienda) impelagato in una causa amministrativa che appare interminabile legata alla svendita (nel 1993) degli impianti industriali e dei macchinari appartenuti alla Jonicagrumi. «È emerso – si legge nel dispositivo di sentenza – attraverso il materiale documentale e, in parte consistente, anche attraverso gli esami degli stessi imputati, la conferma in modo chiaro e inconfutabile dell’artificiosa predisposizione di documentazione diretta a dimostrare l’effettuazione di attività finalizzate alla percezione di indebiti aiuti comunitari previsti per la trasformazione di prodotti agricoli». In sostanza, quella che era iniziata come realtà industriale in grado di assicurare un futuro decente ad un territorio in ginocchio (siamo infatti nel periodo d’oro dei sequestri di persona, quando l’Italia intera guardava alla Calabria come a un covo di ‘ndraghetisti), si era trasformata quasi subito, in una scatola vuota tenuta insieme artificiosamente, solo per spillare finanziamenti comunitari e fidi bancari da istituti compiacenti. Con tanti saluti alle speranze dei lavoratori. Un’azienda molto famosa nel bel paese (indimenticati gli spot dei pelati cauloniesi che andavano in onda quasi tutte le sere subito prima del tg1) che si inventava commesse inesistenti per ottenere altri soldi, e che aveva escogitato una serie di machiavellici, per quanto “casarecci”, sistemi per “sistemare” la contabilità. «Nei silos – dice un teste durante il dibattimento – venivano riversate le arance che arrivavano da commercianti privati o da gente che non faceva parte di cooperative. La mattina presto, e in alcuni casi anche durante il giorno, veniva loro consegnata una bolla di accompagnamento per i beni viaggianti, e poi, gli stessi camion, con la stessa merce, venivano parcheggiati in attesa di essere scaricati nuovamente, sempre all’interno del recinto della Jonicagrumi». E ancora vendite al minuto – quelle cioè riferite ai turisti che acquistavano la merce prodotta dall’industria, direttamente ai banconi di Vasì – che raggiungevano cifre esorbitanti e irragionevoli (6,2 miliardi rendicontati solo nel 1984) che andavano addirittura oltre le disponibilità di magazzino dichiarate; pagamenti cartolari, anche tramite assegni bancari, che tornavano subito nella disponibilità di Di Masi; e poi la Dimabox (la società creata dal commendatore per la produzione delle confezioni metalliche in cui inscatolare il prodotto Jonicagrumi) che il 5 ottobre del 1984 comunica di non essere entrata in produzione ma certifica, miracoli dell’imprenditoria, di avere venduto barattoli per 8 miliardi tra l’agosto e l’ottobre dello stesso anno. Tutto questo sotto gli occhi di chi si sforzò in tutti i modi pur di non vedere: politici, revisori dei conti, sindacati, amministratori e gente comune. I risvolti sui lavoratori Ma il crack della Jonicagrumi, non ebbe solo risvolti penali sugli amministratori dell’azienda. Il crollo del colosso dell’agro-alimentare infatti rappresentò, per le centinaia di lavoratori che avevano sperato in un futuro migliore, la fine della tranquillità economica. Decine di operai persero il posto di lavoro, altri finirono in cassa integrazione (alcuni di essi sono ancora incatenati al precariato dopo il loro assorbimento tra le file dei precari comunali), tutti, o quasi, rimasero vittime del sogno truffaldino di un’azienda nata per morire, incapace cioè di reggere agli squilibri del mercato, ancor prima di diventare un pozzo senza fondo di finanziamenti pubblici. E così, l’economia parallela sorta all’ombra di Vasì, semplicemente si frantumò. Decine furono le auto comprate a rate e restituite ai concessionari per l’impossibilità di far fronte ai pagamenti, così come numerosi furono i casi di famiglie incapaci di tenere il passo con i ratei per i mutui sulla casa, per un sogno di stabilità economico-sociale, naufragato sul mare di Caulonia, reso allora rosso dagli scarichi industriali di una società fantasma che inscatolava prodotti che nessuno voleva. Vincenzo Imperitura
 
 
patrimonilleciti
patrimonilleciti il 09/06/12 alle 08:58 via WEB
RITORNA L'INCUBO DELLA JONICA AGRUMI. Indimenticabile l'assaggio che i Kauloniati hanno avuto dell'Industrializazione selvaggia e della FINANZA CORROTTA alla fine anni 80. Ogni 5 0 6 anni ritorna questo ESEMPLARE di illegalita' e abusivismo che ha' fatto da lezione a i PRESENTI lestofanti al COMUNE e dintorni, che oggi gironzolano in giro con macchinoni e sigarette in bocca. Il DIMASI col la sua famiglietta di POVERI ARRICCHITI erano diventati un esemplare di quello che CAULONIA poteva diventare. STRARICCHI, che viaggiano il MONDO con SOLDI da bruciare. Alla fine, ma NON E' ANCORA, il DIMASI con i suoi colleghi BANCHIERI e POLITICI, si sono trovati dove si meritano di essere. Nel LISTRICO. Oggi grazie alla grande GIUSTIZIA LUMACA e CORROTTA, ancora questo fatto NON si e' chiuso. Questa NON CHIUSURA continuera' ad essere un difetto e una BRUTTA memoria per molti KAULONIATI. Questi soldi NON HA' PORTATO FORTUNA A NUESSUNO!
 
mareaperto2011
mareaperto2011 il 09/06/12 alle 09:14 via WEB
DOPO UN MESE D'INSERIMENTO AL COMUNE, tutto SILENZIO e NASCONDIGLIO come PRIMA. Niente di nuovo con la TRASPARENZA tanta richiesta dai POLICARETTI di POVERA CAULONIA. Non solo questo, ma anche la MINORANZA non si concentra sui veri bisogni di un paese in crescita ma senza META. Ancora e' un mistero questo PROGETTO PAESE e l'unica evidenza e' la presenza di MOLTI NUOVI "CERCA ESILIO POLITICO". La QUESTIONE del REGOLAMENTO SPIAGGIA, Il prezzo KARISSIMO pagato dai Cauloniesi per ACQUA, la GIGLIOTTINA che ancora DOMINA PIAZZA BOTTARI in memoria del BARO..che l'ha' spansorizzata, la DIFFERENZIATA che NON E', e dei veri progetti per incrementare LAVORO, migliorare la SANITA' e i SERVIZI COMUNALI. I CAULONIATI "PAZIENTAMENTE ATTENDONO FINCHE SI ROMPONO I ?"
 
ciclistasenzapista
ciclistasenzapista il 09/06/12 alle 13:55 via WEB
Grande incontro dai sindaci della Locride per selezionare il PResidente. Non ho' mai visto tante Teste Bianche. Donne invisibili. Ma come puo' andare avanti una Locride guidata da rimbombiti. Cominciate cari vecchiotti con una pista ciclabile che lega tutta la costa ionica e fat pres. Qualcuno sotto i 50 anni se ce' nel gruppo. P e n s i o n a t e v i rimbombiti!
 
sessantottino1
sessantottino1 il 10/06/12 alle 08:20 via WEB
Caulonia un paese abbandonato, conquistato con l'inganno. Un paese in mano a un manipolo di lestofanti imbroglioni che pensano solo ad ai loro tornaconti. Mentre i paesi vicini, Placanica, Stignano e Riace stanno per essere metanizzati, Caulonia è sempre di più abbandonato. Ad oltre un mese dalla proclamazione del nuovo sindaco, l'unico loro pensiero è come spartirsi il potere. C'è chi, saranno in due, programma l'annuale torta della tarantella gia sapendo come spenderà il fiume di euro che spariranno dalle casse del comune e chi lavorando sotto sotto si prepara a farsi passare i terreni agricoli in terreni edificabili. Alcuni amministratori che negli anni passati hanno fatto incetta di terreni acquistati per un tozzo di pane, si sfregano le mani sicuri dell'illecito arricchimento. Il paese è piemo di stabili con coperture di eternit e nessun piano do smaltimento è stato pensato. La questione dell'acqua all'arsenico e stata rimandata ai posteri, una sola voce no si è alzata contro la precedente e l'attuale amministrazione, ciò vuol dire che il paesano di caulonia non ha interesse neanche per la propria salute. Nella prima seduta del consesso civico, il primo cittadino per tutto il tempo si sfregava le mani, le mosche si sfregano le zampette prima di mangiare perchè sono contente!!! Il designato a vice del primo cittadino, oggi più che mai, gira e rigira con a bordo personaggi di dubbia moralità, il richiedente due assessorati ha comprato al ciabattino l'auto nuovae questi insieme alla consorte, come bambini biricchini, vanno in giro rallentanto ad ogni locale pubblico per farsi ammirare. Il pregiudicato è tornato al suo posto e la leoparda sempre più invischiata negli interessi del figlio ordina nuovi larghi marciapiedi occupando e cementificando suolo pubblico. Non contenta dell'attività commerciale già da anni fonte di ingenti guadagni gli fa aprire il super chiosco al mare. Il degrado ambientale di un intero paese non li fa minimamente arrossire, sicuri che con tale situazione saranno più corposi i guadagni propri e degli amici.
 
scaricabarile11
scaricabarile11 il 10/06/12 alle 16:43 via WEB
I SINDACI DELLA LOCRIDE DANNO LA COLPA ALLA SORICAL per il problema IDRICO.(p. 20 LaRiviera di oggi). Bravi, un altro "SCARICABARILE"? Ci sono indicazioni CHIARE ke ci sono cittadini di seria A ke NON pagano l'acqua, e seria B ke la pagano A PESO D'ORO qui a KAULONIA. La LANZETTA ha' ragione, ma saremo SEMPRE NOI cittadini a PAGARE i SBAGLI, NEGLIGENZE, e CORRUZZIONE dei nostri POLITICI! Dopo ci sono quelli che sono allacciati alla rete idrica, ma NESSUNO sa' chi sono. Dopo ci sono i nostri LIDI, dapertutto sulle nostre spiaggie. Ci fottono non solo le spiaggie grazie alle loro PARENTELE e CONOSCENZE, ma anche l'acqua, parcheggi del Comune, e altri servizi come per la SPAZZATURA che non separano, ma buttano fuori dei loro locali e BAR in tanti casi, senza nessuna DIFFERENZIATA. Roba puzzolente, con bottiglie rotte in prossimita' di sabbie e spiaggie dove piccoli si possono tagliare a piedi scalzi. I SINDACI devono muoversi e correggere questi ABUSI, invece di scrivere articoli su cose che TUTTI sappiamo e ke LORO sono quelli ke si devono muovere il KUDO. Dopo tutto ke li paghiamo a fare?
 
comuneufficiocoltura
comuneufficiocoltura il 11/06/12 alle 15:36 via WEB
LINU DA GURNA NIGRA, L'IGNORANTE PER ANTONOMASIA GIA' AFFILIATO ALLE COSCHE DELLA 'NDRINA DELLA FRAZIONE DEL ROMITORIO. SI ATTEGGIA DA AMMINISTRATORE E DA ALTO MANAGER. DICHIARA PUBBLICAMENTE, SULLE PAGINE DI CALABRIA ORA, CHE LE ACQUE MARINE DEL PAESELLO DI LINU DA GURNA NIGRA ANTISTANTI LE ZONE CHE VANNO DA UN DECADUTO CAMPEGGIO, FOCE FIUMARA PRECARITI, PASSANDO DALLA FOCE DELL'ALLARO, AD ARRIVARE OLTRE UN KM DALLA FOCE DELLA FIUMARA AMUSA, ALTEZZA DEPURATORE CONSORTILE, SONO ACQUE SALUBRI ADDIRITTURA ECCEZIONALI. QUESTO SPERGIURO DELINQUENTE DI GIORNO E 'NDRANGATISTA DI NOTTE, CERCA DI DARLA A BERE AI SUOI PAESANELLI, CHE CONSIDERA GENTE CON L'ANELLO AL NASO, E A IMPROBABILI TURISTI. COME TUTTI GLI ALTRI AMMINISTRATORI DEL PAESELLO DI LINU DA GURNA NIGRA NON HA VERGOGNA, ANZI DALL'ALTO DELLA SUA GRANDEZZA SFIDA CHIUNQUE AFFERMI IL CONTRARIO. NELL'ARTICOLO, SENZA PUDORE, AFFERMA CHE LE ACQUE ALLE FOCI DELLE TRE FIUMARE SONO DI CLASSE (E) ECCELLENTI. IN TUTTO IL MONDO I BAGNI SONO VIETATI PER CIRCA 150/200 MT A DX E SX DELLE FOCI DI QUALSIASI FIUME. SICCOME SAPPIAMO CHE ALL'ESSERE INVERTEBRATO CHE VIVE NELLA GURNA NIGRA PIACE IL ROSSO DOC, CERTAMENTE FATTO E ADDORMENTATO AVRA' SOGNATO I NUMERI.
 
 
ministrodifessi
ministrodifessi il 11/06/12 alle 19:28 via WEB
MENO MALE KE LINU DA GURNA ha' una fogna che "DIVACA" propio davanti casa SUA. Basta andare a fianco del BLUE TANGO, e' li visibile, la FOGNA ad aria aperta. Ad Amusa, o messo un piede dentro l'acqua ieri sera e il piede era pieno di qualcosa oliosa con delle bollicine. Offriamo a tutta l'amministrazione l'opportunita' di dimostrare quello che dicono bevendo un bicchiere di acqua delle fiumare.
 
klassedirigente
klassedirigente il 11/06/12 alle 23:10 via WEB
E'UNA QUESTIONE DI CREDIBILITA'? Quando e' l'uomo che voleva vendere i boschi dei Cauloniati per 1 piatto di lenticchie, della zona di Brescia? la KLASSE DIRIGENTE ERA ORGOGLIOSA e anche lui di se stesso. Brillante idea vendere per 2 soldi quello che la natura ha' voluto 200 anni a crescere. Ora si presenta nuovamente il 'NUOVO DELLA KLASSE DIRIGENTE" che non ha' ne classe e ne sa dirigere. Insiste ke l'acqua venduta a peso d'ORO dal Comune. Con l'ARPICAL ke lo sostiene. Il rifugio dei POLITICI falliti, ARPICAL! Ora l'acqua e buona? Ti aspettiamo a un MARE PULITO ogni giorno questa estate, quando le "CHIAZZE " di kakka che viene da sopra, sbocca in qualche FOGNA ALL'APERTo e va al mare. BUON BAGNO!
 
nella.merda
nella.merda il 12/06/12 alle 04:21 via WEB
E' QUESTIONE DI POCHE ORE E IL NIKPARDO AVRA' A DISPOSIZIONE DEL SUO CHIOSCO MARINO CIRCA 200 MQ DI PIAZZOLA FRESCA FRESCA DI COSTRUZIONE E DI MARCIAPIEDE. IL TROTA DELLA LEOPARDA CON L'AIUTINO DELLA DIRIGENTE MADRE SE NE APPROFITTA PER REPLICARE NELLA VIA MARINA L'OCCUPAZIONE ABUSIVA DI SUOLO PUBBLICO COME GIA' AVVENUTO NELLA PIAZZA DELLA CHIESA. I VV.UU. ALLE DIRETTE DIPENDENZE DELLA LEOPARDA SI GUARDANO BENE DAL DENUNCIARE TALI ABUSI, L'OCCUPAZIONE ABUSIVA DI SUOLO PUBBLICO NON E' DI LORO COMPETENZA NEL PAESELLO DI LINU DA GURNA NIGRA. IL FIGLIOL PRODIGO DI LINU DA GURNA NIGRA CONTINUA A SCORAZZARE INDISTURBATO CON IL FUORISTRADA DEL POTENTE BABBO.
 
spiaggiaperduta1977
spiaggiaperduta1977 il 13/06/12 alle 08:19 via WEB
PER 3 MISERE SETTIMANE DI ESTATE, LA SPIAGGIA VIENE TRAVOLTA, ABUSATO, CAMBIATA, CEMENTIFICATA, SPORCATA, MURATA, E ALLA FINE, il BRIATORE, LA LEOPARDA, e gli altri inutili LIDI hanno il loro °PUGNO DI EURO°. A i Poveri Kauloniati rimane un LUNGOMARE CHE non c'e', la spiaggia travolta di cessi e mozzoni di sigarette, acque di mare sporche, IMU, PROIBITIVI COSTI PER L'ACQUA che tutti i LIDI RUBANO, spazzatura senza posti di riciclaggio, e con una manata di BRIATORI con le macchinine nuove e il resto di NOI, "ku na manu davanti e una darretu". GRAZIE NUOVA AMMINISTRAZIONE COMUNALE ADDORMENTATA.
 
asinellinews
asinellinews il 13/06/12 alle 08:42 via WEB
L'IGNORANZA COSTA!!! HO..QUANTO MANCANO ALLA MARINA I CIUCCI DI GRENCI! 'NOOO PROBLEMA", si dice in giro che si sono tutti incasati al COMUNE? Ma perche' dare questo titolo ai nuovi amministratori? Perche' NUOVAMENTE hanno perso il treno dei contributi. Infatti soldi della PROVINCIA per le pulizie delle fiumare e per il loro ripristino, si sono FERMATI A ROCCELLA. Dopo hanno fatto un salto dritti per la LANZETTA a Riace. E CAULONIA? Grazie ai nostri svegli amminiostratori, i soldini non si sono fermati a Caulonia. IL CAMPOSITO che doveva essere presente quando si e' divisa la TORTA a REGGIO, DOVE ERANO? Grazie al nuovo KAPO RICCIU, anche lui addormentato al COMANDO, era assente. Speriamo che la prossima volta che i soldi passano per Caulonia, il RICCIU e il PROVINCIALE CAMPOSITO, mettono una guardia al portone dei loro castelli(di sabbia), politici. E I KAULONIATI PAGANO!!!!L'
 
rossella.amata
rossella.amata il 13/06/12 alle 15:01 via WEB
Nel paesello di linu da gurna nigra muoiono le persone normali per vecchiaia o malattia, dei politici dell'amministrazione non muore mai nessuno. A memoria, non ricordo la morte di nessuno che era impegnato al comune e neanche di qualcuno che si sia ritirato. Una bella scomparsa di un ex sindaco o di un consigliere o assesore, niente. Se dovesse morire, non sia mai, il baro.., solo per il gusto di vedere quanti paesanelli seguono il suo feretro, e se il p.i. perirebbe in un incidente col vespone, chi pensate andrebbe al suo funerale. Linu da gurna nigra non farebbe alcun danno ai suoi, con tutto il patrimonio acquisito la consorte e il masculo di casa farebbero i mantenuti a vita. Uno solo di quelli che hanno cementificato il paesello, uno solo, a scelta della mala suerte, niente, neanche la morte li vuole. Un solo abbocato giovane, niente, eppure ci sono diversi che mangiano come porcie hanno le mogli che fanno venire il vommico, che schifo.
 
caminatipacasa
caminatipacasa il 13/06/12 alle 15:12 via WEB
CMQ SIETE BUONI SOLO A CRITICARE ED INVEIRE CON IL P.I. O LINU DA GURNA, MA TI SEI VISTO IN FACCIA, TU IL CAFFE' CON CHI LO PRENDI OGNI MATTINA? CON IL P.I. O CON LINU? VEDI SE DEVI PROPORRE QUALCOSA DI NUOVO PER CAULONIA CAZZUNIIIIII!!!!!!!!! PER QUANTO RIGUARDA IL CAMPOSITO NON POTEVA SAPERE DELLA TORTA CHE DICI TU, PERCHE' PER LUI GLI UFFICI DELLA PROVINCIA DEVONO SPOSTARE GLI ORARI DI APERTURA DA BUON INTENDITORE POCHE PAROLE............
 
costumiusanze
costumiusanze il 14/06/12 alle 08:33 via WEB
BUON GIORNO CAULONIA PAESE DELL'ACCOGNIENZA. Il recente terremoto della Romagna dimostra quanto il progetto fa' per la NOSTRA gente. Con tutto rispetto agli aiuti per i molti stranieri in cerca di PACE, la nostra amministrazione NON HA' FATTO NIENTE a riguardo dei terremotati. Con tutte queste case abbandonate e vuote, si faccia qualcosa pure piccola per aiutare i nostri cittadini vittime del terremoto. Questo dara' un segno della SINCERITA' di una amministrazione che si e' dichiarata "PAESE DELL'ACCOGNIENZA", e un VERO AIUTO alla nostra gente che in questo momento si trovano SENZA TETTO.
 
parasitipolitic
parasitipolitic il 14/06/12 alle 08:49 via WEB
I LIDI PRONTI AD APRIRE, MA NESSUNO HA' VISTO I PUNTATORI PER MISURARE L'USO DELL'ACQUA. Se ci voglione 3-4 anni di ritardo per mandare le bollette ai cittadini, e probabile che i LIDI NON avranno MAI questi puntatori, e i KAULONIATI PAGANO per questi disservizi. Ma perche' questi amministratori se ne strafottono dei problemi dei KAULONIATI. Hanno qualcosa da guadagnare loro e i loro AMICI. Incoraggiamo questa amministrazione e sindaco di fare quel che e' necessario per far pagare a TUTTI quelli che usano l'acqua, e di dimostrare che l'acqua viene pagata. Alla fine sono sempre i stessi che pagano e sempre i stessi che NON PAGANO. Indovinate chi e uno e chi e l'altro.
 
sessantottino1
sessantottino1 il 14/06/12 alle 18:29 via WEB
METTIAMO IL CASO CHE UNO DEI TRE CONSIGLIERI DELLA OPPOSIZIONE SI DIMETTESSE, ENTREREBBE L'ABOMINEVOLE OMUNCOLO DR. PHIBES, IL PRIMO DEI NON ELETTI, IL VERO COLPEVOLE DELLA DISFATTA DELLA LISTA NUMERO UNO. IL NANETTO FRUSTRATO CHE SI DEDICA ALLA PRATICA DELL'ESORETISMO INSIEME AD ALTRI OMUNCOLI DI DUBBIA MORALITA' E COMUNQUE PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE. IL PLACIDO DEI SCIANCATI, IL LOMBARDO DEI POVERETTI. OSSU MASTROSSU E CARCAGNOSSU. Sia seguendo la costa, sia guadagnando le alture, raggiunsi il fiume Allaro che sfocia nel mare profumato dagli aranci delle sue rive. L’Allaro è l’antico Sagra, un fiume dell’epoca classica, nel quale diecimila locresi sconfissero centotrentamila crotoniati, ma con il soccorso dei Dioscuri cui era dedicato un tempio famoso su questa spiaggia, e con l’obbligo di portare ai giochi olimpici il giorno stesso la notizia di questa grande vittoria. Il campo di battaglia è trasformato oggi in un campo di cotone; e senza pensare di compiere un sacrilegio, gli onesti abitanti delle coste usano la terra degli antichi, impregnata di sangue, per farne terraglie e pipe. Due colonne di granito, probabili resti del tempio dei Dioscuri, giacciono sulla riva. È qui che fioriva un tempo la repubblica di Caulonia. Questa lunga marina, come del resto tutte le marine orientali della Calabria, è colpita dalla malaria e manca di acque correnti. I torrenti che si riversano dall’Appennino scaricano pietre e fango durante le piene invernali; essi imputridiscono d’estate e questa circostanza, unita allo spopolamento, non fa che raddoppiare l’intensità del flagello, anche se non ne è la causa. Non esiste un villaggio su tutta la spiaggia, ma le colline a cinque o sei miglia dal mare ne sono tutte popolate. Il terrore dei barbareschi, da cui queste coste furono a lungo infestate, ha costretto gli abitanti a rifugiarsi sulle alture; le inutili fortezze di Carlo v sono in rovina come a Locri e servono solo a rendere pittoresco il paesaggio. La costa è arida, deserta, senza una conchiglia; qua e là all’inizio verdeggiano alcune oasi; qui ulivi, là fichi, altrove gelsi; ma gli alberi ben presto scompaiono; vaste piantagioni di frusciante granturco, interrotte da qualche campo di cotone, li rimpiazzano per far posto a loro volta a dune di sabbia arida, disseminate di radi ciuffi di lentischi; le montagne sullo sfondo sono arditamente frastagliate e abbondantemente coperte di boschi. La Mongiana, la più celebre di tutte, racchiude delle miniere di ferro in piena attività; non lontano dal villaggio di Santo Stefano c’è la famosa Certosa del Bosco dove morì san Bruno.Molti giovani cauloniesi, novelli don Abbondio, si chiederanno: Cola i Tocca, chi era costui? Diciamo che Nicola Cicca­rello detto Tocca, appartiene ad una vicenda vecchia quanto il cucco che noi vo­gliamo rinvagare perché interessa da vici­no la storia di Castelvetere, nel periodo ri­sorgimentale. Spesso ci capita, infatti, di sentir parlare dei cinque martiri di Gerace che erano legati al nostro ambiente, ma molti, probabilmente non ne sanno di più. Siamo nel 1847 quando Caulonia è ancora Castelvetere, e tre dei cinque martiri di Gerace, assieme ad altri due rivolto­si, guidati da Nicola Ciccarello, trovano rifugio nella grotta detta del Ioco, sotto Strano. «Lo scellerato li nascose ma poi li denunciò e li fece arrestare». Con questa frase interpreta il fatto l'esi­mio arciprete Davide Prota nella sua pub­blicazione del 1913 in «Ricerche storiche su Caulonia». Con tutta la stima che coltiviamo nei ri­guardi dell'arciprete Prota dissentiamo dalla sua aggettivazione verso il Tocca, certamente conseguenza dei sentimenti che animano un recente evento al quale, poi, il tempo potrà dare altra configurazione. Ma ancora ai tempi del Prota, il Cicca­rello appariva uno scellerato. Noi, pur es­sendo posteri, non azzardiamo una sen­tenzia, ma ci limitiamo a riferire circo­stanze, mentalità, fattori ambientali e mo­mento storico nel quale l'evento si è con­sumato, lasciando al casuale lettore la pos­sibilità di un suo giudizio L'Europa era in fermento da oltre un secolo Già da oltre un secolo l'Europa è in fer­mento. I popoli hanno maturato il periodo rinascimentale e chiedono garanzia al­l'ombra della carta costituzionale. I più animosi si riuniscono in sette segrete. Da noi la situazione è quanto mai complessa perché le sette carbonare sono disparate non trovando un indirizzo e un fine unico. La massoneria, costituitasi ufficialmente a Napoli nel dicembre del 1820, siamo sot­to il regno di Ferdinando I, opera con dif­ficoltà, non riuscendo a ridurre alla sua obbedienza, le varie sette carbonare anche se, apparentemente, la situazione è calma rispetto a quella di dieci anni prima. E opportuno evidenziare che già un secolo pri­ma, nel 1750, gli statuti napoletani defini­vano la massoneria «un composto di citta­dini tra i più benemeriti della religione e dello Stato, uniti in benefizio dell'umanità col più stretto legame di virtuosa amicizia in una sola e ben regolata famiglia». Si può, quindi, dare ragione a quegli storici che danno la massoneria presente da noi fin dal 1743, esattamente dieci anni dopo la fondazione della prima loggia massonica italiana costituitasi a Firenze nel 1733. Dicevamo che, al tempo in esame, la confusione tra le file carbonare era grande e lo stesso Mazzini, entrato a far parte della massoneria, nel 1829 con l'intento di infonderle uno spirito più moderno, due anni dopo fonda la «Giovane Italia» e scompagina ulteriormente le file carbona­re. Nel napoletano sono scomparsi i mu­rattiani che, catechizzati dai filadelfi, avevano creato una considerevole corrente filofrancese mentre, innestandosi su preesi­stenti logge massoniche del rito scozzese, la carboneria recluta i suoi adepti soprat­tutto nelle file dell'esercito e tra la borghe­sia, facendosi espressione delle aspirazio­ni patriottiche e costituzionali. Ma le varie correnti carbonare che si presentano più come un partito di azione che di pensiero, mancano. come si è detto, di un program­ma efficiente ed unico che le armonizzi e quindi bussano al tempio massonico alla ricerca di un governo centrale. Ne consegue l'istituzione di numerose logge nei principali centri del regno bor­bonico tra le quali, non ultima, è la loggia di Castelvetere la cui influenza si estende da Bianco a S. Caterina. Le persone non più in grado, fisicamen­te, di azioni di disturbo, partecipano alle riunioni massoniche mentre i giovani, più attivi, restano carbonari e soltanto alcuni di essi, con almeno il terzo grado, quello di maestro, hanno acceso alla loggia. Dopo la fucilazione di Gioacchino Murat Scomparsa, come abbiamo detto, la corrente filofrancese, dopo la fucilazione di Murat al quale, evidentemente, lo sve­vo Corradino non aveva insegnato nulla, operano, da noi, la corrente repubblicana conseguente alla infiltrazioni mazziniane; quella che programma un'unità nazionale sotto il governo di Ferdinando lI al quale, già all'età di dieci anni, 1820 e poi re dall'8-11-1830, si era pensato di conferire prima la corona di Lombardia e poi quella di re d'Italia, alla quale egli, ufficialmen­te, rinunziò; la corrente che vedeva in Pio IX il toccasana dei problemi nazionali ed era quella predominante nelle diramazioni all'obbedienza della Loggia di Castelvete­re. Infine non va tralasciato il fatto che nel 1847 il Piemonte dà asilo ai patrioti del Lombardo-Veneto. Carlo Alberto non na­sconde le sue aspirazioni e, probabilmen­te, se non avesse tentennato troppo, sareb­be assurto a posizioni ben diverse da quel­le che lo hanno mandato ad Oporto. Tanto più che in suo aiuto accorre Fer­dinando lI con due divisioni agli ordini del gen. Guglielmo Pepe e accorrono anche i pontifici agli ordini del gen. Durando. Questo spiega la presenza, nel regno delle Due Sicilie di una corrente carbonara filo­piemontese. E’ facile immaginare l'agitazione con la quale si svolgono le sedute presso la log­gia d'oriente di Castelvetere, tanto più che la carboneria si è andata incrementan­do con l'apporto di masse operaie e conta­dine assoggettando il sentimento religioso con la promulgazione del culto a S. Teo­baldo (simbolo della lotta dell'uomo con­tro i tiranni) e la devozione al suo protetto­re S. Giovanni Evangelista. Scrive ancora il Prota: oltre al guaio del brigantaggio, c'è quello dei carbonari. Questi settari chiamano vendite le loro adunanze, pecore se stessi, lupi i francesi ed il popolo agnello; le vendite si faceva­no alla prenseza di un cadavere sanguino­so che si chiamava il figliuolo unigenito di Dio ucciso dai lupi. Costoro, oltre alla di­struzione dei francesi aspiravano ad una Repubblica. In questa setta vi appartennero vari dei più cospicui cittadini di Caseltevere, perché era vezzo di quei tempi, che vari dei più cospicui cittadini di Castelvetere tutte le persone colte fossero carbonari». Evidentemente il Prota fa confusione tra massoneria e carboneria ed a quest'ul­tima gli unici repubblicani che vi apparte­nessero, erano quelli provenienti dalle file della Giovane Italia. Per quanto concerne le vendite alla presenza di un cadavere sanguinoso, giustifichiamo il Prota ricor­dando che egli, arciprete, apparteneva a quella Chiesa che non accetta altre dottri­ne oltre le proprie. Maestro Venerabile della nostra loggia è Angelo Raffaele Campisi (che poi sarà deputato al primo parlamento italiano con capitale a Firenze: 1865-1870). Non esiste un tempio così come voluto dallo statuto massonico e le adunanze hanno luogo nel palazzo oggi del dott. Angelo Riccio. lI palazzo comprende numerosissimi locali con più uscite tra le quali, alle spal­le, quella che immette in un vicolo secon­dario che dà accesso alla scuderia. È, in­somma, un facile asilo per chi abbia moti­vo di nascondersi. A questa possibilità si deve aggiungere l'omertà conseguente al sentimento di riverenza e devozione che porta i cauloniesi alla deferenza leale ver­so quelli in possesso di una superiorità morale o sociale. Nicola Ciccarello, da Strano, appartie­ne ad una famiglia contadina. Il padre, Giuseppe, è un «letterato» perché ha fre­quentato la seconda classe ed i figli, orgo­gliosi di tanto padre, non vogliono essere di meno. Nicola, il maggiore, è un uomo di fidu­cia della famiglia Campisi la quale non ha segreti per lui. È il Ciccarello che, in occa­sione delle sedute massoniche, introduce gli ospiti in casa facendone gli onori ed of­frendo il rosolio o il vino, ma ne ascolta anche i preliminari. Il Primo settembre Messina si solleva Entriamo nel vivo dei fatti: il primo set­tembre 1847 la città di Messina si solleva e in poche ore è sotto il controllo dei car­bonari. Le guarnigioni borboniche si chiu­dono nei loro quartieri pronti a difendersi da eventuali attacchi che, però, i rivoltosi non effettuano. lI due settembre Domeni­co Romeo da S. Stefano e Rocco Verduci da Sant'Agata di Bianco, chiamano a rac­colta i carbonari della zona ai quali si uni­scono quelli di Salvadori da Bianco e di Gaetano Ruffo da Bovalino. La fascia jo­nica è in fermento ma Castelvetere non si muove. I carbonari locali guardano il pa­lazzo Campisi in attesa di disposizioni e la sera del tre settembre, mentre la piazza (piazza Seggio) e piazzetta Mortella pullu­lano di giovani in attesa, nel palazzo la di­scussione è alta. Roccella si muove con pochi elementi capeggiati da Pietro Mazzoni, da Stefano Gemelli e da Giovanni Rossetti i quali mandano ambascerie a Castevetere da dove attendono disposizioni e, soprattut­to, la forza numerica di uomini armati. Ma nel palazzo, i massoni in seduta, non con­cordano in alcuna decisione, e soltanto verso le due del mattino del 4 settembre arriva l'invito alla calma in attesa di eventi. Le guardie civiche non vedono e non sentono nulla mentre gli animosi, animatamente, battono il selciato con le scarpe chiodate e gli inviati roccellesi trovano ospitalità presso parenti e amici. Nella seduta not­turna, in seno alla loggia, prevale la linea di fare «rumore» al fine di ottenere dal re, la costituzione, senza spargimento di san­gue, ma la stanchezza fisica e la prudenza consigliano un rinvio. E la decisione è quanto mai saggia perché verso mezzogiorno dello stesso giorno quattro, arriva la notizia che il capitano Alessandro Nun­ziante è già partito da Napoli con un gros­so contingente, allo scopo di domare la ri­volta e sta per sbarcare a Pizzo. Nelle file massoniche Nunziante è ben conosciuto perché ne fa parte e poi è messinese, la cit­tà da dove è partita la rivolta. Sì spera, ad­dirittura, che Nunziante abbia accettato l'incarico non per combattere i carbonari ma per unirsi a loro. La realtà tradisce tale aspettativa perché egli consegna alla giustizia i responsabili della rivolta salvo a battersi, non sempre positivamente, per salvar loro la vita. lI sette settembre ogni segnale di rivolta è spento ma il clima resta rovente perché, dal nord, arriva la notizia che Carlo Alber­to sta mobilitando l'esercito. E’, quindi, prudente nascondere i capi dei rivoltosi ed attendere gli eventi. I fratelli Raffaele e Nicola Campisi si assumono tale impegno e rimandano alle loro case i roccellesi con l'incarico di avvertire i capi dei rivoltosi di ritrovarsi in una località da dove essi, i Campisi, avrebbero provveduto a farli condurre al palazzo. Esiste, sulla strada verso il Bosco Cata­lano di Roccella, poco dopo il bivio per il Salice, sulla destra, una cappella dedicata a S. Sostene con attorno i ruderi di quello che è stato un piccolo convento di frati. lI mattino dell'otto settembre, già prima dell'alba, Salvadori, Verduci, Bello e Ge­melli sono nascosti tra questi ruderi e qui arriva Nicola Ciccarello, mandato dai Campisi. lI tempo si va gustando e Cicca­rello consiglia un avvicinamento che li porta a riparare nella grotta del loco, sotto Strano, località a lui ben nota. Nella pe­nombra crepuscolare i cinque consumano le cibarie dei quali il Ciccarello era stato prudentemente fornito dai Campisi, e scelgono un angolo dove riposare. Più che il lauto pasto, il buon vino ha sollevato il morale di tutti, e al dialogo dei quattro si unisce la voce del Ciccarello. Costui, uomo furbo e guardingo, pronto a cogliere un'occasione utile da ogni circostanza senza mai esposrsi a rimetterci qualcosa, non condivide la presa di posizione dei quattro giovanissimi ai quali la vita sem­bra aver dato più del necessario. Fare la rivoluzione e perché?... contro il nostro re che è un galantuomo. Le tre effe: festa, farina e forca D'accordo per l'unità degli italiani, ma sotto la repubblica non sotto il Savoia o Pio IX. Figuriamoci, quello ci manderà i carabinieri e gli agenti delle tasse e Pio IX, poi, il dominio dei preti, figuriamoci. Certo, se non ci fossero stati a romper­ci... i fratelli Bandiera e i moti di tre anni fa, il re la costituzione ce l'avrebbe già concessa. Le tre effe: festa, farina e forca? Godiamoci la festa e la farina ed alla forca ci vada chi la va cercando. La festa di Crochi L'alba dell'indomani, nove settembre, annunzia la quiete dopo la tempesta ed è domenica. Il cielo è azzurro e alla Contrada Crochi si svolge la tradizionale festa della Madonna. Moltissimi sono i partecipanti specie dai molti villaggi perché, religiosità a parte, la festa del greto del torrente Amusa, è occasione d'incontro annuale di parenti ed amici residenti anche a distanza notevoli. E’occasione d'incontro dei numerosi preti del Centro, di Campoli di Ursini e di S. Nicola, per concordare il costo una messa o di un funerale: l’ unione fa la forza, è detto. La festa è anche occasione combinazioni matrimoniali. Rosa di S. Nicola dice al marito: “Bruno, ti ricordi quando è nata Mariannina nostra, quando son venuti a trovarci i compari Nuciforo di Candidati, quando hanno bevuto il nostro vino della vigna di Calatria? Quando compare Ilario ha esclamato che per una vigna capace di produrre quel vino darebbe l'anima al diavolo? Ti ricordi che hanno portato il loro bambino Ciccillo che aveva sei anni?” Mastro Bruno, il marito, alle prese con una «cannata» di vino che si esaurisce troppo in fretta, annuisce. Una lunga esperienza gli ha insegnato la saggia consuetudine di non dialogare mai con la moglie ma di limitarsi semplicemente a dire di si con un cenno del capo. «Il piccolo Ciccillo - riprende Rosa - dovrebbe avere adesso venti anni e non è sposato se no i compari ce l'avrebbero comunicato. Mariannina nostra ha già sedici anni e comincia a preoccuparmi. Il corredo è pronto e la vigna di Calatria hai detto sempre di volerla dare a lei. A Concettina daremo poi gli ulivi del pezzolo ma adesso dobbiamo pensare a Mariannina che ha già sedici anni, capisci? Perché non andiamo alla festa di Crochi dove incontreremo i compari di Candidati?» E i compari Nuciforo di Candidati più o meno alla stessa ora dello stesso giorno concludono la cena: «Andiamo alla festa Crochi, perché è ora che Ciccillo si sistemi e li troveremo certamente una ragazza che faccia per lui, magari una nostra parente o una nostra comare». Alla vigilia della festa di Crochi, dialoghi impostati su tale serio argomento si svolgo­no a Campoli come a Focà, a Pezzolo ed a Popelli, ad Obile ed a Finocchio: ovunque c'è un giovane per cui trovare una moglie ma soprattutto dove c'è una ragazza anziana di sedici anni alla quale trovare un marito. Fin dal primo pomeriggio del sabato oltre i «feràri» con la cassetta di caglia, mustac­cioli, caciocavallo e bescia­melle vi sono i macellai pro­fessionisti e quelli improvvisati. La vittima predestinata è la capra ed il pasto tipico tradi­zionale per la sera del sabato è il «cotto», un insieme di inte­riora, budella comprese, lava­te frettolosamente nelle acque del torrente e fatte cucinare a tocchetti nel pomodoro con ab­bondante peperoncino. Abbof­farsi di «cotto» con soppressate e pecorino è una tradizione che si perde nei tempi. I giova­ni spensierati, colmi di vino, sentono l'odore delle vergini proveniente da sotto le coperte, distese al riparo degli ulivi, ove bivaccano, tendendo lo sguardo avido d'amore verso gli uomini che danzano frene­ticamente sul greto al suono delle armoniche, cantando: duvi t'ha muzzicatu lu tarantulu mbielenatu? Si t'ha muzzi­catu alla panza, panza cu pan­za non c'è crianza...» Gli anziani continuano a consumare il «cotto» più sapo­rito perché sempre meno pulito e le donne, nella chiesa, bia­scicano, sonnecchiando, le loro litanie. La Vergine, dal­l'alto del suo simulacro sorride su tutto e benedice tutti, anche coloro che, ubriachi, la be­stemmiano. L'arrivo di Ciccarello Per il Tocca la festa di Cro­chi è una forte tentazione e non vi è mai mancato da quando aveva dieci anni. Lascia gli insorti nella grotta del loco di­cendo di volersi recare a Ca­stelvetere per sentirsi con i fra­telli Campisi ma in realtà dalla grotta scende nell' alveo del torrente e lo risale raggiungen­do Crochi. Quivi giunto è faci­le immaginare il trascorrere delle sue ore. Gli abbracci e i saluti non finiscono mai come pure i bicchieri di vino fino a quando l'incontro con il suo vecchio amico Domenico Cer­chiara, non si conclude sotto un tendone, di fronte a due piatti di spezzatino di capra. Domenico Cerchiara è un fa­natico borbonico, furbo fino al midollo, tanto che pur essendo semianalfabeta ed abitando a Campoli, viene nominato sot­tocapo urbano. Egli sa dei sen­timenti anti borbonici dei Cam­pisi che egli ritiene bene infor­mati sugli avvenimenti degli ultimi giorni e, probabilmente, del rifugio dei ricercati, ma sa anche della fiducia della quale gode il Ciccarello presso di loro e sa che lo stesso, pur es­sendo un fedele servitore, non condivide le idee cospiratrici dei padroni. Tutti i Ciccarello sono notoriamente fedeli alla monarchia e vedremo in segui­to come, tredici anni più tardi pagheranno con la vita questa fedeltà alla causa borbonica che, un'ironia storica, l’ha tacciata di tradimento. Dunque l'astuto Domenico Cerchiara sa tutto di tutti e sa fare pure la faccia del fesso quando deve carpire la buona fede degli altri. Le idee patriottiche del Cic­carello e del Cerchiara si iden­tificano e i due sono intelligen­temente furbi con la differenza che distingue il disinteresse e quindi la non malizia del Cic­carello dalla mestierante abili­tà del Cerchiara. Così i due sono lieti di trovarsi insieme seduti di fronte a due piatti di spezzatino di capra vicino ad una botte che mandava un aspro odor di vino a rallegrare l'animo. Un bicchiere tira l'al­tro ed una confidenza tira l'al­tra... L'arresto Quando a mezzogiorno, dopo i fuochi di artificio, il si­mulacro della Madonna viene riportato in chiesa, indice che la festa è finita, i due amici si accomiatano per seguire due itinerari diversi. Nicola Cicca­rello, accompagnandosi ed al­tre comitive, sale verso il Sor­gente per raggiungere Castel­vetere e recarsi al palazzo Campisi. Il vice capo urbano Cerchiara rintraccia le altre tre guardie civiche dislocate a Crochi per sedare eventuali nsse che sistematicamente tut­ti gli anni si verificano a causa delle abbondanti libagioni, percorre all'inverso lo stesso cammino fatto la mattina dal Ciccarello ed alle ore 14 arre­sta i quattro sventurati i quali non oppongono alcuna resi­stenza. Incatenati entrano in Castei­vetere da Porta Amusa che pullula di gente, salgono lungo il vallone e, raggiunto il conven­to dietro la chiesa del Rosario, vengono rinchiusi in carcere. lI convento, già dei frati dome­nicani, era malridotto quando il terremoto della sera del 5 febbraio 1783, che si è manife­stato fino al 30 giugno, ha fatto crollare le mura che cingevano il nostro paese, riducendo l'e­dificio, che sorgeva a piombo su parte di esse, a soli pochi vani utili del piano terreno. Durante la seconda occupazio­ne francese del 1806 il conven­to era rifugio di ribelli che mal sopportavano gli invasori per cui, nel 1811, Gioacchino Murat decretò la sua chiusura e fece trasformare le restanti cel­le dei domenicani, in celle car­cerarie Quando i quattro sventurati attraversano le vie del Paese un grido si leva dalla bocca di tut­ti: hanno arrestato i carbonari! La piazzetta antistante il pa­lazzo Campi è affollatissima: la gente guarda in alto verso i balconi commentando l'acca­duto. Nell'interno del palazzo Nicola Ciccarello è di fronte a don Raffaele al quale aveva fi­nito di assicurare che, entro la mezzanotte, i quattro amici sa­rebbero al sicuro nella scude­ria. «Lasciate la porta aperta -stava concludendo - e poi vi avvertirò io dalla porta di die­tro». Al grido proveniente dal­le strade, il Ciccarello, dalla mente del quale i fumi del vino erano svaniti, ha il quadro esatto della sua involontaria responsabilità nell'accaduto e di come il Cerchiara sia riusci­to ad intrappolarlo. Ha uno scatto d'ira ma abbassa lo sguardo e mormora: vado ad informarmi. Raggiunta a sten­to la Piazza, trattenuto dalla gente che vuole sapere e avuta certezza dell'arresto dei quat­tro, imbocca la discesa di porta Amusa dove sa che a sinistra c'è la peggiore gargotta paesa­na e conclude la serata con una storica sbornia. In Paese c'è fermento. In più si grida che i prigionieri, in nottata, saranno liberati, ma ormai la posizione dei massoni e dei carbonari locali è precaria. A Gerace Mari­na (Locri) è già arrivato verso mezzogiorno il capitano Ales­sandro Nunziante che fa il suo dovere di ufficiale borbonico, lontano mille miglia dalle aspettative e speranze dei car­bonari della nostra zona. Il sottocapo urbano Cerchia­ra, nel suo rapporto, un pò per averne tutto il merito e un pò per gratitudine verso il Cicca­rello che, sia pure involonta­riamente lo aveva messo sulle tracce dei rivoltosi, non fa menzione di quest'ultimo né dei fratelli Campisi, rivelando una furbizia prudenziale degna di ogni lode. Cerchiara verrà poi premiato con la croce di ca­valiere all'ordine di Francesco I e 2.000 ducato (circa dieci milioni di oggi) saranno divisi tra tutti coloro che hanno par­tecipato all'arresto dei cospira­tori. Dopo l'unità d'Italia lo stesso Cerchiara, in forti ri­strettezze economiche venderà la croce di cavaliere ad un bab­beo di Campoli per 60 piastre pari a circa un milione e due­centomila lire di oggi.
 
 
babyminkia
babyminkia il 14/06/12 alle 21:14 via WEB
sessantino, mi hai rotto la M.....Non mi dire quello che ha' fatto Caulonia 200 anni fa. Dimmi quello che Caulonia puo' fare OGGI.
 
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