PRESENZA

L'AQUILA E L'INFINITO


Ieri sono stato all'Aquila. Sono andato in punta di piedi e con il cuore straziato. Il terremoto ha toccato case e cuori. Il terremoto ha toccato l'anima del nostro popolo. C'è bisogno di una condivisione.  C'è bisogno di una educazione che tocchi la carne. C'è bisogno di non censurare il bisogno che ci costituisce, di quello che nella nostra vita non è a posto ancora, di quel bisogno di senso, di significato, di pienezza, di compagnia. C'è bisogno di non censurare il dolore di  chi sta cercando di andare a fondo di quello che è successo. Domande che ieri pomeriggio sono venute fuori durante un dialogo sotto una tenda di Paganica con un gruppo di liceali. Il percorso di studio ci ha messo nelle condizioni di affrontare Leopardi. Per me è stata una sfida importantissima. Non potevo permettermi di toccare queto autore senza paragonarlo con la loro esperienza. Sono stato costretto a leggere il cuore di Leopardi. Il grido di Leopardi è lo stesso  grido di questi ragazzi. Non potevamo fare lezione come avevano fatto le altre volte. Siamo stati costretti a cogliere il grido dell'esigenza che costituisce  il cuore dell'uomo. Un grido forte e potente troppo spesso censurato nella vita normale. Il terremoto ci ha messi nella condizione di non censurare il grido dell'io. Il grido dell'io che chiede il senso delle circostanze drammatiche. Il grido dell'io che è attesa di un compimento in una circostanza drammatica. Questa attesa non può essere sepolta. Ci siamo accorti che l'uomo non può essere definito dal proprio limite. Ci siamo accorti che nessun terremoto ci definisce. Siamo sete. La nostra carne chiede di essere abbracciata da una Presenza in qualunque circostanza. Questa è la sfida del presente.