PRESENZA

IL CAMPO DI YARA


In un campo incolto, fra l'erba alta non c'è solo il corpo di Yara. In quel campo c'è la nostra povera umanità, c'è il nostro povero volto umano. In quel campo c'è  la maledizione di chi pone la sua fiducia nella lussuria, nel potere e nell'usura. Povera Yara,poveri noi dentro la trascuratezza dell'io, dentro la confusione e la violenza dei nostri tempi. Quel campo incolto ci rammenta la sperdutezza di memoria e la nostra infecondità. Le nostre persone abbandonate nell'arida terra, fra l'erba alta. Poveri noi, eretti a misura di tutte le cose e ridotti a violenza, a corpi mutilati nelle piazze e nei terreni incolti. Non sappiamo dire più "tu" a nessuno. In ciò sta la radice ultima e apparentemente nascosta della violenza e della riduzione dell'altro a possesso e uso. Un campo incolto e la nostra umanità dolente fra l'erba alta di un potere che ci nasconde la faccia e il cuore. Chi ha la regia maledetta di tutta questa riduzione dell'umano? Chi ha la regia di questa riduzione menzognera dell'umano. "Essi andarono dietro al Nulla, e diventarono essi stessi nullità" (Ger). Da questa corruzione nasce l'abuso e l'irrazionalità. In un campo incolto si deposita la nostra nullità e il nostro grido in una sera di gelo prima della Primavera. Apparteniamo a quel campo. Apparteniamo al dolore di Yara e della sua famiglia. Apparteniamo ad un popolo. Apparteniamo totalmente ad un Altro. Che in quel campo si depositi il nostro grido come seme.