Vendola, siamo al secondo step, primarie per i parlamentari mentre intorno c’è una grande agitazione.
«Viene sottolineato con molta avarizia questo fatto. È vero che tutto il sistema politico è dentro un vorticoso processo di transizione, che la seconda Repubblica si sta sfaldando sotto i nostri occhi, ma è pur vero che il Polo progressista sta giocando una straordinaria partita all’attacco rispondendo alla crisi della democrazia con quella straordinaria vicenda di partecipazione che sono le primarie».
Un evento che rischia di essere offuscato dall’esito del vertice di Monti con i centisti?
«Monti che svolge un vertice in un luogo segreto con Casini: se uno riesce a fotografare il senso di queste parole ha uno dei fotogrammi più antichi del mondo, ovvero la politica come codice di separazione, come vocazione al comando rivendicata dalle elité. Le primarie sono esattamente il contrario, sono una forma di riappropriazione della politica intesa come bene comune, come ricostruzione di un’idea di comunità. Certo, possono esserci delle polemiche ora, come ci sono state in occasione di quelle per la premiership, ma noi stiamo sperimentando una nuova formula e come ogni in esperimento possono esserci delle cose da migliorare. Quello che non può sfuggire a nessuno è che il centrosinistra sta ricostruendo una connessione con un popolo largo».
Vendola, lei è sempre stato critico con Monti, ma il Pd considera il professore un possibile alleato dopo le elezioni. Non rischiate il primo intoppo nella coalizione proprio su questo punto?
«Monti si dichiara avversario di Vendola, Fassina e la Cgil: fa l’identikit di un’area politico-cultura che potremmo chiamare “sinistra”. Non propone un’alleanza al Pd, propone un reclutamento, una sottomissione della cultura progressista ad una assai modesta agenda liberal-conservatrice. Tutti gli equilibrismi dei centristi e di Monti, democristianeria senza la Dc, però danzano attorno ad un fantasma: le primarie. L’oggetto vero della loro battaglia politica non è Vendola, di cui quasi tutti in privato, e qualcuno anche in pubblico, riconoscono doti di equilibrio e di buona amministrazione. L’oggetto vero è Bersani, è l’autonomia di un punto di vista che intende trasformarsi in programma politico per vincere le elezioni e governare il Paese. Ma Bersani non credo che abbia bisogno di una badante».
Non di una badante ma per governare, soprattutto al Senato, è probabile che abbiate bisogno dell’appoggio di Monti. Lei che dice?
«È un discorso inaccettabile, questo. Fare il dibattito politico simulando una eventualità che tra l’altro io considero non quella prevalente, è un modo di inquinare la discussione politica. Se accettassimo questo discorso di immaginare una maggioranza non compiuta, con i voti per governare alla Camera ma non al Senato, dovremmo presentarci alla Camera Alta con un discorso politico programmatico e chiedere in trasparenza quali sono le forze di un Parlamento che ad oggi per noi è un’incognita, che vogliono appoggiare il nostro governo. Ma crediamo davvero che Casini sia altrettanto rilevante nel Paese quanto nei media?».
In Europa c’è apprensione per il dopo Monti. Non saranno proprio le politiche europee a segnare anche la prossima legislatura?
«Noi dobbiamo lavorare alacramente perché l’Europa eviti di compiere un suicidio. Le politiche di un’austerità cieca e unidirezionale stanno producendo fratture multiple nella società europea. Tornano ovunque ad affacciarsi vecchi fantasmi, culture xenofobe, omofobe, populismi… è in discussione il fondamento stesso del modello europeo di società, il welfare. Penso che dobbiamo ingaggiare un corpo a corpo con tutte le derive populiste, nazionaliste e razziste, piantando una bandiera che è quella dell’Europa dei diritti sociali e i diritti di libertà. Dobbiamo rilanciare il sogno degli Stati uniti d’Europa».
Il primo corpo a corpo sarà qui, con Grillo e Berlusconi in Parlamento, contro l’Europa, l’euro e così via.
«Si deve contrapporre a questa non cultura una visione in economia di tipo keynesiano, capace di sostenere la domanda interna alleviando una pressione fiscale che in Italia su imprese e lavoro è diventata puro strozzinaggio, e rimettendo in piedi l’idea che la giustizia sociale è due volte indispensabile: perché fa vivere le persone in dignità e perché aiuta l’economia a crescere. Al Forum dei progressisti di tutto il mondo, insieme a Bersani, abbiamo sentito discorsi molto più radicali di quello che sto facendo oggi con lei».
A proposito, come legge l’endorsement dei vescovi a Monti?
«Fortunatamente l’elettorato cattolico da lungo tempo si è quasi completamente secolarizzato».
Stavolta l’associazionismo cattolico è schierato. Nessuna preoccupazione?
«Vedo con interesse questo innesto così curioso di storie così diverse in questo crogiuolo così confuso che è il nuovo centro. Mi chiedo cosa c’entra la Comunità di Sant’Egidio con Montezemolo, cosa c’entrano le Acli con la religione del Montismo. Quello che vedo con chiarezza è l’attesa spasmodica di tutti i poteri forti, dalla Chiesa a Confindustria, di conoscere il Verbo montiano e mi torna in mente il loro silenzio di anni davanti al burlesque berlusconiano».