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Le dimissioni dell’Avvocato Rotale Dottor Maurizio Incerpi

Post n°6 pubblicato il 28 Marzo 2005 da STUDIOMAURINC

“… Nomine laicorum hic intelligitur omnes christifideles praeter membra ordinis sacri et status religiosi in Ecclesia sanciti, Cristifideles scilicet qui, utpote baptismate Christo concorparati, in Populum Dei constituti, et de munere Christi sacerdotali, profhetico et regali suo modo particepes facti, pro parte sua missionem totius christiani in Ecclesia et in mundo excercent.” (Lumen Gentium, 30-31)


Dimissioni dall’Albo degli Avvocati della Rota Romana
Non ho mai pensato, in 20 anni di vita vaticana, di dover essere né indispensabile né necessario alla vita della Chiesa.
Ho sempre inteso gli anni (ottobre 1984/ottobre 1988) della mia preparazione all’esercizio della libera professione forense rotale (13 dicembre 1988/11 dicembre 2004) come una mia vocazione al servizio delle Istituzioni e delle Persone nella Chiesa cattolica apostolica romana.
Ho parlato di “mia” vocazione, questo è vero! Ma è altrettanto vero e indubbio che questa “mia” vocazione ha però trovato riscontro favorevole e positivo e per molti anni (ottobre 1964 - ottobre 1984) in varie Autorità ecclesiastiche lucchesi prima di trovarlo anche in quelle fiorentine (1984-1987) e poi soprattutto in quelle della Curia Romana (1984-2004).
Alcune persone e anche alcune personalità del mondo della cultura, delle università, delle libere professioni non solo forensi civili e ecclesiastiche, non solo italiane, sono rimaste sconcertate da questa mia scelta di dimettermi da un Albo libero professionale così prestigioso e ambito, quale è quello degli Avvocati della Rota Romana, che in pratica costituisce quasi una “casta”: nel 1988 eravamo iscritti solo 69 a livello mondiale ecclesiastico, nel 2004 solo 182 in tale Albo.
Il Tribunale della Rota Romana, fino al 1983 denominato Tribunale della Sacra Romana Rota, è Tribunale di Superiore Istanza rispetto a qualsivoglia Tribunale ecclesiastico ordinario di prima o di seconda istanza a livello mondiale nella Chiesa, perché è l’Ordinario Tribunale d’Appello al Papa e proprio per questo nel contempo è Dicastero della Sede Apostolica o Curia Romana o Curia del Vescovo di Roma e cioè del Papa.

Maurizio Incerpi n° 67
dell’Albo - anno 2004 - degli Avvocati della Rota Romana

Per anni ho vissuto in funzione del Santo Padre e dei Cardinali di Curia Romana, da laico, da laico nella Chiesa, un laico con una formazione un po’ speciale.
Studiai nel Seminario Arcivescovile di Lucca (ottobre 1963 - giugno 1965), dimettendomi poi dalla vita seminariale di preparazione al clericato, perché in quel momento i Superiori del Seminario non mi sembrava riuscissero ad allinearsi a quelle, che erano le novità, di carattere teologico morale spirituale ed etico-sociale e giuridico, apportate nella vita della Chiesa, della Chiesa anche locale di Lucca, dalle disposizioni normative approvate dal Papa e dagli altri Padri della Chiesa durante il Concilio Ecumenico Vaticano II.
Mi sono ritrovato molti anni dopo (11. XII. 2004) a dimettermi dalla Rota Romana per identiche motivazioni.
Allora a mettere in crisi i Superiori del Seminario Arcivescovile di Lucca era il dover adeguare la formazione dei nuovi chierici al Sacerdozio come concepito e voluto dal Concilio Ecumenico Vaticano II, che con la LUMEN GENTIUM aveva esteso anche ai laici, uomini e donne, la partecipazione al sacerdozio. Ma ci furono oppositori al Papa, fra i quali il Vescovo Marcel Lefebvre.

Motivazioni
Certo le motivazioni delle mie dimissioni dalla Rota Romana avvengono in un contesto diverso sia temporale che di vita.
Ma è singolare che tanto allora (e cioè nelle mie dimissioni dalla vita seminariale, avvenute nel giugno 1965 ma già anticipate ai Superiori fin dal dicembre 1964) quanto ora (e cioè in quelle dalla Rota Romana, presentate con lettera motiva di 5 cartelle dell’11 dicembre 2004 ai Superiori della Rota Romana) la motivazione di fondo sia in difesa dei laici nella Chiesa rispetto a certo strapotere clericale nella Chiesa, soprattutto rispetto a determinati atteggiamenti, non solo di corruzione clericale ma di concezione del clericato non come servizio istituzionale a favore anche dei laici nella Chiesa ma come dominio e affermazione di potere istituzionale nei confronti dei laici, uomini e donne, nella Chiesa.
So bene che in Italia si suole distinguere, soprattutto per ragioni politiche e di linguaggio tradizionale politico fra: laici, per indicare i non cattolici, e, appunto cattolici, per indicare coloro che si ispirano ai princìpi della Chiesa.
Ma in realtà nella Chiesa, a stretto rigore logico e giuridico e sociale, si chiamano laici, i fedeli laici che non sono chierici e cioè che non appartengono al mondo clericale. Ed io, nel riferirmi ai laici, intendo riferirmi a questo concetto giuridico ecclesiale, che distingue appunto i fedeli in due categorie fondamentali: quella dei chierici e quella dei laici; poi fra questi vengono scelti i religiosi e le religiose (can. 207, C.I.C. 1983)


La Chiesa conciliare del Concilio Ecumenico Vaticano II

E’ indubbio che durante il Concilio Ecumenico Vaticano II, convocato da Papa Roncalli, l’italiano Papa Giovanni XXIII, siano state esaminate e risolte da Lui e dagli altri Padri della Chiesa (Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Patriarchi, etc.) molte delle questioni fondamentali per la vita stessa della Chiesa cattolica apostolica romana: sia di quella latina che di quelle orientali.
Il vento di novità, che aleggiò sui Padri riuniti in tale Concilio, fu grande e scosse fin dalle Sue fondamenta la Chiesa; in particolare molte delle concezioni, che avevano incrostato di ipocrisia e di vacuità lo stesso vivifico concetto di Tradizione, della Tradizione della Chiesa.Papa Giovanni XXIII poi però morì; ma il nuovo Papa, l’italiano Montini eletto con il nome di Papa Paolo VI, riaprì il Concilio e lo concluse, approvando pubblicamente insieme ai Padri della Chiesa con Lui riuniti, le norme teologiche e giuridiche e morali e spirituali e sociali di tale Concilio.


Forza imperativa delle norme approvate, confermate e promulgate
dal Papa a chiusura delle Sessioni conciliari.
Così recita il can. 341 del vigente Codice di Diritto Canonico per la Chiesa cattolica latina:
“I decreti del Concilio ecumenico obbligano soltanto se, approvati dal Romano Pontefice insieme con i Padri conciliari, sono da Lui confermati e per Suo mandato promulgati.” (can. 341 §1).
“I decreti emanati dal Collegio dei Vescovi mediante un atto specificamente collegiale, ma difforme da quello voluto o liberamente accettato dal Romano Pontefice, affinché abbiano forza di legge devono egualmente essere da Lui confermati o promulgati.” (can. 341 § 2).
Ma altrettanto stabiliva il previgente Codice di Diritto Canonico per la Chiesa cattolica latina del 1917 al suo can. 227, confermandosi così in entrambi i Codici il potere supremo, che su tutta quanta la Chiesa cattolica universale ha il Concilio ecumenico (cfr. can 228 del Codice del 1917 con il can. 337 § 1 del vigente Codice del 1983), non dissimilmente da quanto stabilisce anche il vigente Codice per le Chiese cattoliche orientali.

La Tradizione
A nessuno nella Chiesa cattolica apostolica romana, sia quella latina, retta dalla codificazione in vigore dal 1983 (= C.J.C.) che da quella per le Chiese cattoliche orientali (= C.C.E.O.) in vigore dal 1990, che della Sede Apostolica, retta dalla costituzione apostolica “Pastor Bonus de Romana Curia” in vigore dal 1988, è lecito contravvenire ai decreti conciliari, nel caso, del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Solo un altro e successivo Concilio ecumenico può abrogare, modificare, innovare, tali decreti.
Ma la volontà dei due Papi successori del Papa Paolo VI, ovverosia il Papa Giovanni Paolo I e l’attuale Papa Giovanni Paolo II, hanno voluto confermare i disposti del Concilio Ecumenico Vaticano II, assumendo persino anche nel loro nome di nomina papale e nel contempo quello di Papa Giovanni (XXIII) e nel contempo quello di Papa Paolo (VI).
Ma subito si levarono ufficialmente alcune proteste di Padri conciliari, fra i quali quelle dell’Arcivescovo-Vescovo Marcel Lefebvre, il quale dichiarandosi assertore della vera Tradizione della Chiesa:
a) fondò a Ginevra in Svizzera nel 1970 la Fraternità Sacerdotale San Pio X, una confraternita clericale che poi fu abrogata nel 1976 dal successivo Vescovo di Ginevra;
b) ma Marcel Lefebvre non si diede per vinto e continuò; e venne così sospeso “a divinis”;
c) nemmeno questa sanzione lo placò e nel 1988 contro di lui e altri Vescovi e chierici con lui fu emanata la scomunica “per scisma” dal Dicastero dei Vescovi

Il più grande e singolare scisma clericale nella Chiesa dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II: lo scisma dei “lefebvriani” !
Quand’ero ancora studente allo Studio Rotale e alla Pontificia Università domenicana di San Tommaso d’Aquino in Roma, il mio Maestro mi aveva parlato del Vescovo Lefebvre e della Fraternità Sacerdotale San Pio X, ma mai avrei immaginato che molti anni dopo, e più precisamente con la fine di agosto del 2004, sarei stato chiamato ad occuparmene per la difesa tecnica di due chierici di Bordeaux (Francia) allontanati dal proprio posto dal Superiore di tale Fraternità avente Sede nel 2004, sempre in Svizzera, ma non più a Ginevra bensì a Wenzingen nello Stato di Zug.
E, in questa occasione, vi è stata anche varia corrispondenza, fra l’altro, fra lo stesso Superiore di tale Confraternita clericale e me.
Occupandomi di tale difesa sono stato necessitato a riesaminare 2000 anni di storia del diritto della Chiesa per comprendere questa singolare posizione lefebvriana della Fraternità Sacerdotale San Pio X.

La scomunica “per scisma” è ancora in corso
La scomunica “per scisma” inflitta nel 1988 dal Dicastero dei Vescovi della Sede Apostolica (presieduto all’epoca dal Cardinale Bernardin Gantin) al Vescovo Lefebvre e ad altri Vescovi e Chierici con lui nonché ad altri fedeli religiosi e laici condivisori di tale posizione ecclesiatica, è ancora in corso mentre scrivo, oggi il 19 marzo 2005.
Ma per lo studio della pratica professionale fatto in relazione a quei due Chierici di Bordeaux (Francia) posso concludere ad oggi, in scienza e coscienza, d’aver compreso che non si trattava solo di messa in latino ma di ben altro!
Guardate il sito di tale Fraternità su internet e scoprirete molte cose anche Voi, quali ad es.: che Lefebvre e la Fraternità Sacerdotale San Pio X parla di insulto a Gesù a causa della visita che a suo tempo il Santo Padre Giovanni Paolo II fece alla Sinagoga Ebraica di Roma e perché il Papa, riferendosi agli Ebrei, li appellò “nostri fratelli maggiori”!
Ma, purtroppo, non è ancora tutto! Eppure non è poco

La Pontificia Commissione Interdicasteriale ECCLESIA DEI

Anche ad una lettura delle varie vicende che avevano portato praticamente nello stesso tempo
a) il Dicastero dei Vescovi alla scomunica per scisma nei confronti del Vescovo Lefebvre e di altri Vescovi e Chierici e fedeli Laici con lui
b) e dall’altra alla Costituzione di una Commissione Pontificia Interdicasteriale, denominata “Ecclesia Dei”,
si poteva comprendere il dichiarato compito della Commissione di far rientrare dalla finestra, sia pure a determinate condizioni quali ad es. il riconoscimento del primato papale del Vescovo di Roma da parte dei membri di tale Fraternità, ciò che veniva espulso dalla porta principale della Sede Apostolica e di tutta quanta la Chiesa cattolica universale.
E di casi di reingresso ci sono stati, anche con abbastanza rumore all’interno della Chiesa.
Eppure questa Fraternità Sacerdotale San Pio X, nonostante che sia stata ufficialmente disciolta, ha potuto prosperare e incrementare la propria presenza all’interno della Chiesa.
Perché?
Perché molti dei Chierici, sia appartenenti all’alta che alla media che alla bassa gerarchia ecclesiastica, sono a parole contro la Fraternità Sacerdotale San Pio X ma nei fatti la condividono e ne simpatizzano.
Eppure questa Fraternità si è posta dichiaratamente contro la Chiesa, quella Chiesa che è uscita dal Concilio Ecumenico Vaticano II e di cui il Santo Padre Giovanni Paolo II, almeno finché è stato in condizioni di salute tali da poterGli consentire d’essere effettivamente alla guida della Chiesa, è stato uno strenuo sostenitore e continuatore.Forse non a caso tentarono di ucciderlo.
Ecco la mia posizione si è diversificata da quella ufficiale tenuta dalla Pontificia Commissione Interdicasteriale “Ecclesia Dei” ed io condividendo le norme della Costituzione Apostolica conciliare LUMEN GENITUM non condivido quella concezione anticonciliare del sacerdozio e della Chiesa affermata dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X.
Da qui le mie dimissioni!

 
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