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Integrazioni alla lettera aperta del 5 agosto 2003 al Cardinale Joseph Ratzinger (Prima Parte)

Post n°14 pubblicato il 28 Marzo 2005 da STUDIOMAURINC

MAURIZIO INCERPI
AVVOCATO ROTALE
n° 69 dell'Albo 2003 degli Avvocati Rotali e Procuratori Rotali
del Tribunale della Rota Romana, Dicastero della Sede Apostolica, Città' del Vaticano
LUCCA 55100 VIA T. BANDETTINI, TRAV. VI - N° 100 - Telf. e Fax. 0583-584931 Cell. 339 4358750
SAVONA 17100 VIA E. DE AMICIS Nà 3712 - Telf. e Fax. 019-801210 Cell. 339 4358750
avvrotale.incerpi@lunet.it www.lunet.it/avvrotale_incerpi
Lucca (Italia), 12 agosto 2003

Ogggetto: Integrazioni alla lettera aperta del 5 agosto 2003 di un Avvocato del Tribunale Apostolico della Rota Romana al Signor Cardinale Joseph Ratzinger - Signor Cardinale Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede - sul documento CITTA' DEL VATICANO, 31 LUG. 2003 (VIS).

ANCORA SULL'OMOSESSUALITA'

Quella trattata dal Signor Cardinal Ratzinger, personalità di grande fama non solo nell'orbe cattolico, è senz'altro materia da specialisti del sistema ecclesiastico, in particolar modo da specialisti della teologia cattolica e dagli storici della Chiesa cattolica.
Ma poiché il diritto della Chiesa si radica nella stessa teologia, nella stessa morale, nella stessa filosofia cattolica della Chiesa, e poiché il Signor Cardinale Ratzinger nel documento in oggetto si rapporta al diritto ed all'ordinamento giuridico degli Stati, nel senso della Loro legislazione, appare non inopportuno al sottoscritto dare ulteriori precisazioni di come, almeno per il sottoscritto, sia criticabile in negativo il documento in oggetto: e ciò per varie ragioni di ordine tutte interne al sistema ecclesiastico e delle quali qui di seguito.
La presente mia comunicazione, se di interesse, viene trasmessa ai giornalisti specialisti di articoli informativi sulla materia predetta, affinché, se lo desiderino, ne possano tener conto.
La stessa mia comunicazione viene altresì data, oltre che al Signor Cardinale Ratzinger ed agli organi informativi della Santa Sede (L'Osservatore Romano) e della Chiesa cattolica italiana (Avvenire) anche ad altre Chiese cattoliche nel mondo e ad altri organi informativi sia giornalistici che associativi.


1. L' può essere maschile (= gay) e/o femminile (= lesbismo), essa cioè può riguardare sia una donna nei confronti di una donna che un uomo nei confronti di un altro uomo. E non va al certo confusa con la , anche se non è affatto esclusa che una siffatta situazione, cioè quella della "pedofilia", si manifesti in persone omosessuali o con tendenza omosessuale come altresì in persone non omosessuali e con tendenza non omosessuale ma eterosessuale. Certo è per davvero singolare che talora - ma solo per motivi di ignoranza - si introduca invece il concetto di o , allorquando si parli di . Per un esempio non certo edificante nella cultura italiana, vedasi il Vol. 9 dell'Enciclopedia De Agostini E 12 , Novara 1980, p. 146, dove viene scritto come segue: "A volte l'o. è associata alla tendeza a cercare rapporti sessuali con persone impuberi o appena puberi dello stesso sesso…". Ma non diversamente avveniva anche in alcune edizioni di altro tempo, sempre per quanto concerne la cultura scolastica italiana, come ad esempio può riscontrarsi nel Vocabolario della Lingua Italiana, compilato da Nicola Zingarelli, Novissima Edizione (VIII), aggiornata ed annotata a cura del Prof. Giovanni Balducci, Bologna 1960, dove in corrispondenza della voce omosessualità si riporta direttamente questa spiegazione: "omosessualità: f. Sodomia, ecc."!
2. In secondo luogo - e per quanto concerne l' - si può e pertanto si deve distinguere fra e (= e cioè ad avere o desiderare d'avere rapporti con lo stesso sesso). Ciò che il documento in oggetto invece non distingue, in contrasto non solo con la realtà della situazione dal medesimo documento configurata per le legislazioni statali ma altresì in contrasto con la dottrina e la giurisprduenza stessa del Dicastero giudiziario della Santa Sede, denominato Tribunale della Rota Romana, e con la dottrina pressoché generale canonistica e con la prassi giudiziaria, pressoché generale ed anch'essa consolidata, delle sentenze di tutti i Tribunali ecclesiastici esistenti nel mondo a livello del sistema giudiziario della Chiesa cattolica universale.
3. Per quanto concerne, infatti, il diritto matrimoniale canonico, in cui il matrimonio si configura come quel patto, con cui un uomo ed una donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita etc… (can. 1095, C.J.C. 1983 per la Chiesa cattolica latina; can. 776, C.C.E.O 1990 per le Chiese cattoliche orientali), l'omosessualità, sia essa maschile o femminile, a differenza di quanto sostiene il Signor Cardinale Ratzinger nel suo documento in oggetto, non è considerata un impedimento al matrimonio, né proibente né dirimente, tant'è che si hanno casi di processi matrimoniali con varie sentenze in materia, tanto del Tribunale della Rota Romana quanto degli innumerevoli Tribunali Ecclesiastici matrimoniali, presenti in tutto il mondo.
a. Ciò significa che si possono sposare, come nei fatti si sposano regolarmente in Chiesa, persone omosessuali (o di omosessualità maschile e/o di omosessualità femminile), sia pure se apparentemente non tali o comunque di diverso sesso ma con un orientamento sessuale non necessariamente escludente l'omosessualità di una e/o di entrambe le parti: si manifesti poi questa omosessualità o nell'uomo o nella donna. Non risulta al sottoscritto, invece, che ci siano sentenza dichiarative della nullità matrimoniale per la tendenza all'omosessualità tanto nell'uomo quanto nella donna, coniugi. D'altronde se la prova, nel processo matrimoniale canonico di nullità, ai fini del conseguimento di una sentenza dichiarativa della nullità del vincolo coniugale, non è del tutto agevole, a meno che non si tratti di manifesta omosessualità antecedente alla stessa avvenuta celebrazione del matrimonio religioso ed inoltre grave e perpetua, dell'asserita omosessualità, c'è seriamente da dubitare che possa essere più agevole la prova della tendenza all'omosessualità , che agli stessi fini processuali non può non essere anch'essa dimostrata come antecedente grave e perpetua (cioè non curabile):
b. L'accertamento dell'esistenza dell'omosessualità - che deve avere tutti e tre i più volte ricordati requisiti (appunto si sottolinea: antecedente alla celebrazione stessa del matrimonio, ed inoltre perpetua ed inoltre ancora grave), non essendo sufficiente la prova di uno o di due soltanto dei tre requisiti probatori processualmente richiesti - è senz'altro canonicamente un posterius e non certo un prius alla celebrazione stessa del matrimonio religioso cattolico.
c. Ciò significa, pertanto, in primo luogo che non è sufficiente un'omosessualità maschile o femminile, in sé e per sé, ed a maggior ragione una tendenza all'omosessualità tanto maschile quanto femminile a rendere nullo il matrimonio, ma che tale omosessualità per poter portare ad un giudizio di nullità matrimoniale deve avere quelle caratteristiche anzidette. Tale nullità viene dichiarata dunque per sentenza giudiziale.
d. Ma se questo è vero, ciò vuol dire che è necessario instaurare uno specifico processo matrimoniale e che tale processo si concluda con sentenze conformi - e cioè affermanti l'esistenza di questa omosessualità in una parte o nell'altra od in entrambe.
e. E, se è necessario instaurare un processo matrimoniale, ciò vuol dire che prima di tutto questo matrimonio ci debba pur essere stato, e cioè debba pur esserre stato celebrato.
f. Ma se ciò è vero, ciò significa - come più correttamente deve sostenersi anche e proprio dal punto di vista canonico, sia giuridico che teologico che filosofico cattolico- che l'omosessualità non costituisce impedimento (né impediente né dirimente, secondo l'accezione canonica) al matrimonio cattolico ma semmai, e solo ove e qualora venga sottoposto a giudizio un tale vincolo, un'incapacità.
g. Deve ritenersi come innovativa ed in manifesto aperto contrasto con la teologia cattolica quanto invece affermato nel documento in oggetto, reso pubblico dal Signor Cardinale Ratzinger quale Prefetto della Congregazione (o Dicastero della Santa Sede) della Dottrina della Fede, ex Sant'Uffizio!
h. Rientra, infatti, nell'ordinarie esperienza che non tutti i vincoli matrimoniali vengano ad essere sottoposti a giudizio di validità, senza qui ora voler prendere in considerazione il processo di matrimonio rato e non consumato: un processo che non rientra nella formula processuale contenziosa bensì in quella amministrativa e che si riferisce - questo sì - ad un impedimento al matrimonio.
i. Pertanto - e con stretto riferimento al processo matrimoniale contensioso - non è escluso che molti dei matrimoni celebrati nella Chiesa cattolica e ritenuti secondo l'ordinamento giuridico canonico pienamente leciti e legittimi, e cioè validi, in realtà potrebbero anche non esserlo e proprio per questa ragione, se venissero ad essere sottoposti a giudizio canonico di nullità del vincolo matrimoniale (da una delle parti coniugate oppure da entrambe) e se il processo (attraverso le specifiche prove processuali, tutt'altro che agevoli ed ancora più complicate ove e qualora ci si rapporti ad una semplice tendenza) avesse poi esito positivo e cioè di riconoscimento della nullità, per questa ragione, del vincolo matrimoniale contratto.
4. In terzo luogo si deve guardare se l' omosessualità sia di ordine genetico oppure frutto di circostanze educative od ambientali o sociali e quindi meramente psichiche e nient'affatto di carattere genetico, oppure se essa sia il frutto possibile di traumi agli organi genitali (ad es.: per incidente o per altra causa ragione motivo, che non sia né meramente di ordine genetico né meramente di ordine psichico).
a. L'omosessualità può essere dunque anche di orgine genetica e sul punto mi piace ricordare quello, che Jan Klein , Naoyuki Takahata e Francisco J. Ayala scrivevano in un loro articolo (pubblicato su n° 36 del febbraio 1994 - al tempo di tale articolo, pubblicato in Italia su LE SCIENZE quaderni n° 89, a cura di Arturo Falacshi - già Direttore dell'Istituto di Genetica Biofisica ed Evoluzionisstica del CNR di Pavia e dal 1989 Direttore Generale dell'International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste -, Milano, aprile 1996, pp. 75 e ss.): "…La specie umana, si è originata da un ristretto gruppo di individui, forse da un'unica donna, oppure ha avuto origine da un ampio gruppo composto anche da 10 000 individui? … Nel 1987 Rebecca L. Cann, che allora lavorava all'Università della California a Berkeley, e collaboratori riferirono risultati ottenuti analizzando il DNA mitocondriale di parecchie popolazioni umane. Quest'analisi non la prima e non sarà l'ultima del genere, ma ebbe una vasta risonanza principalmente a causa dell'espressione usata dagli autori (), ampiamente intesa, soprattutto da parte della stampa popolare, nel senso che gli esseri umani moderni abbiano avuto origine da un singolo individuo. In realtà lo studio della Cann e collaboratori non dimostrava questo. Ciò che gli autori sostenevano di essere riusciti a stabilire (benché anche questo sia contestato da parecchi ricercatori) è che tutte le varianti di DNA mitocondriale oggi presenti nella popolazione umana sono derivate da una femmina vissuta all'incirca 200 000 anni fa. Una simile conclusione, anche se vera, non significherebbe affatto che l'albero genealogico della specie umana ebbe inizio 200 000 anni fa con una singola madre: vorrebbe soltanto dire che gli ancora esistenti del DNA mitocondriale si sono fusi in un'unica molecale ancestrale presente a quell'epoca. Ma poiché il DNA mitocondriale viene ereditato come unità, lo si può considerare alla pari di tutti gli altri 40 000 geni umani, ciascuno dei quali può essere fatto risalire, teoricamente, a un proprio gene ancestrale. Questi geni esistettero in tempi diversi del passato; i geni per l'MHC, come abbia visto, possono derivare da antenati vissuti più di 65 milioni di anni fa. L'espressione ha indotto molti a pensare in termini di alberi genealogici degli individui, anziché di alberi genealogici dei geni. I dati della Cann e collaboratori non sono realmente in contraddizione con i dati relativi all'MHC né dimostrano una fase a collo di bottiglia nell'evoluzione della specie umana. I dati sull'MHC sottintendono che la primitiva linea di discendenza degli ominidi si sia scissa, a un certo punto, in almeno due popolazioni, una delle quali ha condotto all'attuale HOMO sapiens…"
b. L'articolo si riferisce al polimorfismo MHC ed all'origine dell'uomo e non tanto all'omosessualità genetica, ma l'ho voluto egualmente citare, perché per ricordare che tutto ciò che è naturalmente umano è snz'altro rispondente ad un ordine morale naturale o di diritto naturale e non necessariamente sottoponibile a giudizi di ordine morale, che neghino l'ordine morale naturale, ciò che evidentemente è invece surrettiziamente fatto dal documento del Signor Cardinale Ratzinger sul punto di omosessualità di ordine genetico, da Lui non presa affatto in considerazione.
5. Questa materia, come per altro verso la stessa materia teologica e del diritto della Chiesa cattolica, è da specialisti. Spero di averne però dato il cenno, per indicare come appaia ancora più assurda dal punto di vista strettamente giuridico la posizione, che il Signor Cardinale Ratzinger ha fatto assumere alla Santa Sede nel Dicastero della Dottrina della Fede, di cui Egli è il Signor Cardinale Prefetto, atteso come non sia sempre e del tutto agevole distinguere i caratteri distintivi fra l'uomo e la donna, nel senso più popolare e tradizionale del termine, etc… etc….. Anche la stessa Enciclopedia, precitata, nel passo citato, infatto, così continua: "… In alcuni omosessuali è possibile rilevare caratteristiche fisiologiche proprie dell'altro sesso, in particolare squilibri ormonali, che possono portare all'acquisizione di caratteristiche sessuali secondarie dell'altro sesso."
6. Ma ancora più gravi sono le affermazioni, contenute in tale documento, se ci si rapporti alla stessa teologia e filosofia o teosofia, che di sé permea non solo il diritto della Chiesa ma l'entità ed essenza stessa pneumatologica della Chiesa, allorquando, proprio tenendo conto della stessa realtà pneumatologica della persona umana oltreché della teologia e della filosofia ecclesiale cattolica, dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere l'omosessualità, intesa come causa di nullità di matrimonio, quale incapacità e non quale impedimento al matrimonio: come incapacità ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio (can. 1095 n° 3, C.J.C.1983), non come, e si sottolinea, come impedimento al matrimonio.
7. In questo senso - e cioè in relazione al matrimonio - alcuni Commentatori del diritto canonico - ad es. Luigi Chiappetta - pongono l'omosessualità fra le anomalie psichiche, definendola come "… anomalia sessuale, che ricerca il piacere erotico con persona del proprio sesso" e distinguendo fra omosessualità e lesbismo, poiché ritengono che "… L'omosessualità è propria dell'uomo; riferita alla donna, prende il nome di lesbismo.." ma distinguono fra omosessualità ed omosessualità - ciò che non fa il documento quivi criticato -, individuandone sostanzialmente due specie, definite da tale autore rispettivamente come:
a. sindrome omosessuale genuina e quella mista.
b. La prima sarebbe caratterizzata "… da una tenace ripulsione verso il sesso opposto:".
c. La seconda, sarebbe quella "… in cui i rapporti sessuali si hanno tanto con persone dello stesso sesso, quanto di sesso diverso. I soggetti di tali rapporti misti sono denominati "bisessuali" o "intersessuali.".
d. Cconcludendo poi - sempre tale autore canonista - col distinguere l'omosessualità in gradi e forme: "L'omosessualità ha vari gradi e forme: può essere, infatti, controllabile e incontrollabile, curabile e incurabile, occasionale e abituale, congenita e acquisita, attiva e passiva, ecc." (L. Chiappetta, Il Matrimonio nella nuova legislazione canonica e concordataria, Roma 1990, p. 209).
8. Le tematiche qui accennate si riferiscono a casistiche di nullità matrimoniale canonica pertinenti due persone, i coniugi, almeno apparentemente e , e che in realtà, celebrato il matrimonio ed anche a convivenza instaurata, entrino in crisi di rapporto e, od entrambe od una delle due, sottopongano nelle forme debite a giudizio dei Tribunali della Chiesa cattolica la validità od invalidità del loro vincolo matrimoniale per ragione dell'omosessualità dell'una o dell'altra parte o - e ciò non può affatto essere escluso! - , di entrambe.

 
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