Creato da PapaveriSparsi il 26/04/2010

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Uno

Post n°15 pubblicato il 22 Febbraio 2012 da PapaveriSparsi



Aveva aperto la porta lentamente, come per non voler fare rumore.
Era entrata quasi in punta di piedi, inspirando profondamente gli oli essenziali agrumati che profumavano quell'ambiente.
L'aveva accolta un silenzio appena illuminato da una abat-jour poco distante e la danza delle tende al muoversi dell'aria.
Posò la borsa e il cappotto, tolse le scarpe e sciolse i capelli.
Accarezzò il viso con entrambe le mani, come per togliersi di dosso la stanchezza della giornata, della pioggia, della gente.
Tornare a casa era un po' come entrare in una chiesa, non era importante da quanto tempo mancasse, era comunque sempre un ricongiungimento con una parte di sè che l'attendeva.
Aprì la finestra per ascoltare il canto della pioggia sui tetti.
E lasciò volare via i suoi pensieri, quasi seguendoli nel tragitto verso l'alto, verso le nuvole scure che negavano le prime stelle alla poesia del crepuscolo.
Ogni sera esprimeva un desiderio verso il cielo, soffiava piano il seme di un sogno per poter sperare in un nuovo germoglio di vita per l'inevitabile domani.
Volse un attimo lo sguardo verso il lampeggio della segreteria, ma non ascoltò i messaggi. Aveva un vecchio apparecchio, di quelli con le cassettine piccole piccole ed un nastro quasi filiforme su cui restava incisa una delle musiche che più l'affascinavano, la voce.
Amava le cose che avessero una storia da raccontare, le antiche stampe sulle pareti, un vecchio tavolino in noce tarlato, la poltrona della nonna, i cuscini ricamati a piccolo punto.
Camminò a piedi nudi verso il bagno, aprì l'acqua della vasca e versò i sali alla rosa. Un abbraccio caldo e profumato era la sola cosa che volesse indossare in quel momento.
E l'attesa era già un preludio di quel piacere che avrebbe provato di lì a poco, abbandonadosi ai pensieri tiepidi di una sera d'inverno, mentre tutto il resto del mondo sembrava scorrere tanto lontano da non essere nemmeno percepibile.
L'acqua la circondò di pace, lei chiuse gli occhi e si abbandonò a quel rifugio, che come un mantello caldo le si appoggiava addosso.
Non esistevano più soffitti e pareti. Nè limiti nè confini.
Tutto si donava all'infinito.
C'erano lei ed il cielo, a cui i pensieri si rivolgevano timidi, come ad un immenso ombrello che la proteggeva da tutto.
I ricordi della giornata trascorsa diventavano sempre più confusi, restava in lei il sapore delle emozioni che aveva vissuto e che viveva mentre i profumi si mescolavano sulla sua pelle.
Un rumore improvviso le spalancò le palpebre.
Forse una finestra sbattuta dal vento leggero, forse la porta.
"Amore....sei tu...?"
Le sue parole si rincorsero per le stanze, portandosi intorno l'aroma di rosa e ritornarono indietro appena accennate, come se l'eco di una domanda si fosse perduto nel vuoto dell'assenza.
Non era lui.
Non poteva essere lui.



... continua...

 
 
 
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