La depressione è un brutto male. Purtroppo sottovalutato. Molti, mi par di capire da quel che sento, considerano la depressione una sorta di capriccio risolvibile con uno sforzo di volontà. Ma non è così.
La depressione è invalidante. A qualunque grado si manifesti. Purtroppo è molto sottovalutata, poco studiata, poco seguita. Forse per paura. Si ha sempre paura di qualcosa che non si conosce e che sembra ingovernabile. E la depressione, in qualche modo, è ingovernabile. Quando arriva non suona trombe e non avverte in anticipo. Precipita addosso, a volte senza nemmeno crearsi degli alibi. Alcune persone entrano in depressione dopo la morte di congiunti assai vicini ed amati. Altre, invece, dopo eventi spiacevoli nella vita privata o lavorativa. Ma ci sono anche quelli che entrano in depressione senza un apparente motivo.
Un motivo c'è sempre, nascosto tra le pieghe di una vita, di un vissuto fatto, spesso, di pensieri non espressi. Perduto nella storia personale di ciascuno, a volte talmente lontana nel tempo che persino il diretto interessato ne ha perso memoria. Ed in questo modo la depressione è ancora più incomprensibile, più oscura. Più temibile.
A volte la depressione è figlia di amori sbagliati. Di affetti sbagliati. Ed è, se possibile, ancora più ingiusta. L'amore, gli affetti, dovrebbero guarire, lenire le ferite, dare speranza e forza, non distruggere, tarpare le ali, tagliare i tendini.
Spesso non si ha pazienza, non si ha comprensione per la depressione. Si pensa sia un modo per attrarre l'attenzione. Un modo fastidioso, scomodo, del quale vergognarsi, persino. Non una malattia. Alla malattia pochi ci pensano, ci credono. Non c'è una cultura in tal senso e quella poca che c'è viene tratta alla stregua di qualcosa di "stregonesco". Come se fosse una maledizione, un demone che si impossessa di qualcuno che ha commesso chissà quali nefandezze.
La depressione è una malattia, tra le più crudeli. Priva un individuo di volontà propria, lo atterra, gli spezza non solo la volontà, ma anche la voglia di vivere, di sperare. Lo riduce ad una sorta di zombie, di morto vivente, di vegetale incapace di vedere i colori e la bellezza della vita.
Questa società, questa civiltà, manca di carità, di pietà, di capacità di ascolto. Non c'è più tempo per fermarsi ed aiutare, per tendere una mano, per comprendere, per accogliere. Abbiamo perso molto di più di quel che abbiamo guadagnato. Ed in fondo, cosa abbiamo guadagnato?