Moratti e il telefono dell'arbitro
25 settembre 2006 - Credo che sabato sera chiunque fosse collegato con il Tg5 sia rimasto scioccato per qualche minuto. Chi è quell'uomo dalla faccia nota, con tanta rabbia addosso, che lancia una feroce invettiva contro il calcio che lo ha condannato, contro l'Inter e Moratti? Non ha più il suo abituale sorriso irridente di chi dice una cosa e ne pensa un'altra. E’ serio, concentrato e conclude solennemente: "Questa storia mi ha schifato". Lo strano accusatore del sabato sera è l'arbitro Massimo De Santis. L’Inter - secondo lui - avrebbe ingaggiato "un tizio" (così lo ha definito Moratti in un'intervista a La Stampa) che le ha offerto i suoi servizi di controllo sulle abitudini e le frequentazioni dell'arbitro romano: semplici pedinamenti, ma secondo De Santis anche intercettazioni telefoniche e controlli vari, con un'ipotesi temeraria: ricatto.
A cancellare in partenza ogni equivoco dico subito che se la trama di questa storia, ancora nebulosa, fosse quella raccontata da De Santis, non disgusterebbe solo l'arbitro, diretto interessato, ma anche noi: come persone e pubblica opinione. Ma sembra proprio che la parola "intercettazioni" non esista e che tutto si limiti al grottesco pedinamento offerto da quel "tizio". Forse una leggerezza, certamente una bidonata, ma resta il sapore sgradevole di una mossa quanto meno inopportuna, ispirata magari a un eccesso di difesa, non certo in linea con quella politica di lealtà e trasparenza che l'Inter ha proclamato. In questi casi si dice: stiamo ai fatti. Senza condannare o assolvere nessuno, riproponiamo quei comandamenti che ci hanno accompagnati lungo tutto l’itinerario dello scandalo del calcio: chiarezza e severità. L'Inter - lo ha ribadito Moratti - non c'entra niente con lo scandalo Telecom, ma l'inchiesta sull'episodio-De Santis è inevitabile e il primo a contribuire alla chiarezza dovrebbe essere proprio Moratti.
Non basta replicare giustamente, come è stato fatto ieri, all'invettiva feroce dell’ex arbitro, ma stabilire l'onesta dimensione dei fatti.Che una società come l'Inter, che fa del comportamento la sua bandiera, possa accordarsi con "un tizio" che si offre di pedinare un arbitro discusso e discutibile è quanto meno stupefacente. Comunque si sviluppi questa vicenda, essa ci ricorda anche in quale clima si vivesse ai tempi di "Moggiopoli", avvelenati da quel potere occulto che ha schiacciato serenità, regolarità e credibilità del nostro calcio. Ci si difendeva con ogni mezzo. Ne sa qualcosa la Fiorentina, con le sue ferite addosso.
Candido Cannavò |
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