6 Aprile 2009 - 6 Aprile 2014
Sono importanti le date ce ne accorgiamo sempre tardi. Quando arrivano. Solo allora, in quel giorno preciso, ricordiamo tutto, nei minimi dettagli. Diamo un vero valore a ciò che la data rinnova alla memoria. Serve a questo una ricorrenza no? A ricordare. Svolge bene il suo compito. Suo malgrado, complice il tempo che scorre. Per questo ricorre. E ieri la terra ha tremato come a voler avvisare del giorno che stava per arrivare, come a voler sottolineare che il tempo passa, ma i ricordi e le paure restano. Ho tremato anch’io con lei. Paralizzata. Ho pensato a te. Ho pensato a tutte quelle domande che da anni non hanno mai trovato nessuna risposta. Chissà come sarebbe stata la tua vita. Chissà come sarebbe stata la nostra vita. Sorelle da sempre e per sempre anche se quel per sempre ci è stato strappato via.
Mi sono svegliata con questo pensiero questa mattina. Che non ha radici nella notte. L'ho avvertito con un soffio sul cuore tra il caffè e il latte. Mi ha pervaso lentamente come l'onda che pur senza direzione sa dove arrivare. Ed è arrivato dove doveva. Lì si è fermato. Era il posto giusto il mio cuore. Così vedo, in processione, scorrere al di là delle nuvole tutto il tempo appena trascorso, senza la forza di alzare la mano per trattenere un solo minuto, un semplice istante, un respiro del tempo. Di afferrare l’odore rimasto di certo impigliato in quei giorni che potrei scegliere a caso, nel mucchio, sicura di trovarvi qualcosa che scalda. Ma sono sola, e non riesco a darmi un dolore più grande di quello che ho. Non riesco ancora a pensare che tutto è perduto, che in questa favola triste nessuno riesce a ridarmi il sorriso di prima. Eppure non mi hanno insegnato così, non mi hanno mai detto che esistono storie dal fine non lieto, perché nel cuore di ogni bambino c’è sempre l’attesa di una maga arruffona, di una fata dal sorriso clemente, di una pozione incantata che guarisce o riporta tutto ciò che ci manca. Che l’avverbio “per sempre” che mi agita il cuore non è pensato per noi, che altre sono le frasi da dire ai piccini, altri i termini con cui accarezzare e accompagnare una giovane vita che cresce. Altri i modi e gli eventi attraverso cui iniziare, pian piano, a capire che esiste il dolore. Ma non questo gigante che stritola il cuore. Uno appropriato. Non questo enorme macigno che toglie il respiro, che non diventa lezione di vita, che non insegna a soffrire per gradi, che impone con forza violenta che io apprenda veloce ciò che nessuno ha spiegato. Perché il dolore che mamma e zia mi hanno sempre detto non faceva poi così male. Ma il tempo ha un suo modo preciso di presentare le cose, rallenta ostinato gli eventi più belli prolungando l’attesa ma ci immette in modo feroce, senza rompere il fiato, nelle situazioni infelici. Per questo sento di non poter riparare il mio cuore neppure per pochi minuti, che non c’è concessione di tempo quando arriva un pensiero insistente, neppure la tristezza ottiene clemenza dal tempo. E c’è uno strano silenzio in casa. Un silenzio assordante che circonda il mio corpo, che non si muove, perso in un torpore che però non mi risucchia. E’ un limbo che culla e mi culla, che lecca e tormenta la ferita che mi si è aperta nel cuore.
Tu non ci sei più.
Inviato da: stelladelsud_1976
il 02/11/2017 alle 18:58
Inviato da: comelunadinonsolopol
il 26/05/2017 alle 22:08
Inviato da: Lindir.Meldon
il 26/11/2016 alle 19:07
Inviato da: onlymirage
il 15/11/2016 alle 17:30
Inviato da: DoNnA.S
il 15/11/2016 alle 13:18