Un gatto tra l'erba
Tranquillo come un gatto che sonnecchia ad un passo dalla sua natura selvaggia« SLEGO che passione.... | 60 giorni di caffèlatte » |
….sembrava un richiamo del tempo che mi stava aspettando, come se non esistesse il tempo senza essere visto...
Adoro dormire la mattina e mi scopro a mezzogiorno ancora indolente come un gatto, appoggio le mani sul lavandino umido e, nel buio delle palpebre, ascolto l’inesorabile goccia ticchettare e scandire qualcosa che ancora per me non ha forma. Plic Ploc – Tic Tac Apro l’acqua e scorre veloce - il tempo - adesso, la fermo, chiudo la porta e torno a dormire. Ho avuto l’accortezza di abbassare la tapparella ieri sera dopo essermi tolto le lenti, e non sembra che sia giorno, solo una fievole luce che può ricordare a chi vuol vedere, il primo albore del sole. Ancora sonno, ancora coperte, ancora notte. La camera è spesso in disordine, la sistemo ogni weekend mettendo a posto carte e oggetti che mi ricordano la settimana trascorsa, piccole orme di cose avvenute. Quelle ancora da fare le lascio li dove sono a proseguire un disordine a me caro. Il caos non può essere tale quando lo si definisce ma la combinazione delle cose può rendere stravagante e inaspettato anche un oggetto di poco conto come lo specchietto che uso per togliere le lenti. È un normalissimo specchio rotondo di quelli reclinabili da toilette con un piccolo piedistallo un poco arrugginito. Azzurro, come molti bagni, il bordo intendo, e con due facce riflettenti, una rispecchia la normalità delle cose, l’altra le ingigantisce e se questo sia un bene o un male dipende solo da cosa ci si vede dentro. Forse qualcosa di brutto ci si è trovata davanti perché c’è una vistosa spaccatura sfaccettata proprio nel mezzo, come se non si fosse voluto ampliarla del tutto. La parte sana mi è molto utile, tolgo e metto i miei occhi –vedo e non vedo il mondo- al mattino e alla sera, quindi, come capita, lo appoggio sulla mensola sopra il letto. Crogiolato nel dormiveglia di un sonno non più necessario assaporo l’odore della mattina, colgo le voci di fuori come fossero in fondo ad una valle e io in cima sulla neve che me le riporta ovattate e morbide, mi preparo ancora a dormire. Voci e valle si allontanano, improvviso un colpo secco - ma non si ode - veloce morso di serpente - ma non brucia - un destro al volto e questo si lo sento, rimbomba e brucia. Brucia sulle palpebre, rimbomba nel cranio, fitta elettrica epicentro lo specchio. Appoggiato come capita sulla mensola sopra il letto, la parte rotta reclinata verso il basso, non accettò l’inutile buio del tempo fermo e, afferrato un raggio di sole strisciante dalla tapparella ne fece luce energia. Dalla ragnatela delle sfaccettature quel raggio si sparpagliò in tutta la stanza, riempì i miei occhi e udii ancora il lavandino gocciolare Plic Ploc - Tic Tac. Era come se mi cercasse, sembrava un richiamo del tempo che mi stava aspettando, come se non esistesse il tempo senza essere visto, come se mi chiedesse:”Non lo trovo più, il mondo che ci gira intorno, sai dirmi dove è finito?”
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