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La sposa infedele

Post n°140 pubblicato il 18 Aprile 2011 da emancampo
 

 

La sposa infedele

E io che me la portai al fiume 
credendo che fosse ragazza, 
invece aveva marito. 
Fu la notte di S. Giacomo 
e quasi per obbligo, 
si spensero i fanali
e si accesero i grilli. 
Alle ultime svolte 
toccai i suoi seni addormentati, 
e di colpo mi s'aprirono 
come rami di giacinti. 
L'amido della sua gollennina 
suonava alle mie orecchie, 
come un pezzo di seta
lacerato da dieci coltelli. 
Senza luce d'argento sulle cime 
sono cresciuti gli alberi, 
e un orizzonte di cani 
abbaia lontano dal fiume. 
Passati i rovi, 
i giunchi e gli spini, 
sotto il cespuglio dei suoi capelli 
feci una buca nella fanghiglia. 
Io mi levai la cravatta. 
Lei si tolse il vestito. 
Io la cintura e la rivoltella. 
Lei i suoi quattro corpetti. 
Non hanno una pelle così fine 
le tuberose e le conchiglie, 
né i cristalli alla luna 
risplendono di tanta luce. 
Le sue cosce mi sfuggivano 
come pesci sorpresi, 
metà piene di brace, 
metà piene di freddo. 
Corsi quella notte 
il migliore dei cammini, 
sopra una puledra di madreperla
senza briglie e senza staffe. 
Non voglio dire, da uomo, 
le cose che ella mi disse. 
La luce dell'intendimento 
mi fa essere molto discreto. 
Sporca di baci e di sabbia, 
la portai via dal fiume. 
Con la brezza si battevano 
le spade dei gigli. 
Agii da quello che sono, 
da vero gitano. 
Le regalai un grande cestino 
di raso paglierino, 
e non volli innamorarmi 
perché avendo marito 
mi disse che era ragazza 
mentre la portavo al fiume.

 

 

 

 
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