Creato da emancampo il 24/11/2010
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Anima, sei già stanca
Anima, sei già stanca
di far questa mia poesia?
o la forza ti manca
per vincere la nostalgia?
Certo mi fai sogghignare
se credi che la tua cantata
non faccia proprio pensare
a nessuna canzone passata...
Pensa nello spasimo orgiastico
al Nil sub sole novi
e credi a me: il rimastico
lento degli umili bovi
è giusto che più giovi
del tuo ruminare fantastico.
Anima - piccolo specchio -
io sono già stanco di tutto;
mi sembra che tutto che tutto
sia vecchio sia vecchio sia vecchio.
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Campane a sera
O arcana
campana
lontana,
che in questo silenzio dei campi t'effondi
con dondi gementi, soavi, profondi,
e i sensi d'ignara mestizia confondi;
o arcana
campana
lontana,
qual onda di sogni, d'amari rimpianti,
tu al cuore mi mandi, ma incerti, ma erranti,
ma solo all'umana tua voce balzanti!
O arcana
campana
lontana,
è l'ora che l'ombre si fanno maggiori
e affiocano i trilli dei grilli sonori;
è l'ora che han tregua nel sonno i dolori.
O arcana
campana
lontana,
divina è la pace che piove da' cieli:
s'inclinano i fiori sugli umili steli,
e orano in coro le rame fedeli.
O arcana
campana
lontana,
ma erede d'oscuri misfatti che sento
nel petto echeggiarmi con lungo lamento,
io solo, se t'odo, più cupo divento,
o vana campana che muori nel vento.
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[Senza titolo]
Quando ti chiedi cos'è l'amore,
immagina due mani ardenti
che si incontrano,
due sguardi perduti l'uno nell'altro,
due cuori che tremano
di fronte all'immensità di un sentimento,
e poche parole
per rendere eterno un istante.
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L'accenno di un canto primaverile
Il vento portò da lontano
l'accenno di un canto primaverile,
chissà dove, lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato,
fra barlumi della vicina primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide, cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano
le sue squillanti canzoni.
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Il Ruscello
C'era una volta un giovane ruscello
color di perla, che alla vecchia valle
tra molli giunchi e pratoline gialle,
correva snello;
e c'era un bimbo che gli tendea le mani
dicendo: "A che tutto cotesto foco?
Posa un po' qui: si gioca un caro gioco
se tu rimani.
Se tu rimani, o movi adagio i passi,
un lago nasce e nell'argento fresco
della bell'acqua io, con le mani, pesco
gemme di sassi.
Fermati dunque, non fuggir così!
L'uccello che cinguetta ora sul ramo
ancor cinguetterà, se noi giochiamo
taciti qui".
Rise il ruscello e tremolò commosso
al cenno delle amiche mani tese;
e con un tono di voce cortese
disse: "Non posso!
Vorrei: non posso! il cuor mi vola: ho fretta.
A mezzo il piano, a leghe di cammino,
la sollecita ruota del mulino
c'è che mi aspetta;
e c'è la vispa e provvida massaia
che risciacquar la nuova tela deve
e sciorinarla sì che al sole neve
candida paia;
e v'è il gregge, che a sera porge il muso
avido a bere di quest'onda chiara,
e gode s'io lo sazio, poi ripara
contento al chiuso.
Lasciami dunque" terminò il ruscello
"correre dove il mio dover mi vuole".
E giù pel piano, luccicando al sole,
disparve snello.
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Inviato da: emancampo
il 09/06/2011 alle 01:09
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il 08/06/2011 alle 21:32
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