Creato da perla03_nera il 06/04/2014
 

No alla Violeza...

Contro il Femminicidio E' La Violenza Sui Bambini.

 

 

Scuola degli orrori, bimbo disabile picchiato e violentato: gli viene asportato un testicolo .

Post n°308 pubblicato il 07 Settembre 2014 da perla03_nera

Picchiato e violentato dai compagni nella scuola degli orrori: asportato testicolo a bimbo disabile di 8 anni
 Josefina Corona
                                           
Scuola degli orrori, bimbo disabile picchiato e violentato: gli viene asportato un testicolo .
 

Per un bimbodisabile di 8 anni andare alla Miramonte Elementary School a South Los Angelesera un inferno. E’ uscito dall'incubo solo quando, a causa dei maltrattamenti,è stato necessario un intervento di rimozione di un testicolo.
Secondo la mamma, Josefina Corona, il piccolo avrebbe subìto 14 mesi diaggressioni fisiche, da aprile 2012 a giugno 2013, da parte di altri studenti.
Nessuno a scuola si era accorto di nulla, né gli insegnanti né il personaledella struttura. Eppure il bambino, vittima del più crudo bullismo, eracostretto a nascondersi, a fuggire dai suoi aggressori per non farsi fare delmale.
Il più delle volte come nascondiglio sceglieva il bagno, ma anche quella tanache pensava sicura era stata scoperta. Secondo Josefina, in una di questeoccasioni un agente di sicurezza della scuola avrebbe molestato sessualmente ilfiglio mentre stava rannicchiato in un angolo.
Un giorno i bulli gli avevano fatto tirare giù i pantaloni e uno di loro, dopoaverlo preso a calci, gli ha schiacciato un testicolo. Anche in quel casonessuno ha sentito il grido di dolore del bambino. Una volta a casa la mamma siè accorta che qualcosa non andava e ha deciso di portarlo al Children Hospitaldi Los Angeles. Un urologo, dopo aver constatato le ferite, ha dovuto operareil bambino asportando uno dei testicololi che era gravemente danneggiato.
Mio figlio veniva schiaffeggiato e preso a calci quotidianamente – haraccontato la mamma - e nessuno ha mai fatto nulla».
Per le molestie e gli abusi subiti Josefina ha intentato una causa al distrettodi Los Angeles dopo che il bimbo ha iniziato a raccontare quello che succedevanella scuola degli orrori.
Due anni fa l'istituto finì nella bufera e tutto il personale scolastico vennelicenziato: Mark Berndt, un insegnante, aveva dato da mangiare il proprio spermaai bambini. Adesso l'uomo è in carcere e dovrà scontare una pena di 25 anni.
«Qualcosa è cambiato da allora – ha raccontato Josefina – ma i bambini làdentro continuano a farsi del male e il distretto continua a far finta di nonvedere».

 

Sabato 23 Agosto 2014,15:44 - Ultimo aggiornamento: 24 Agosto, 17:48

 

Scuola degli orrori, bimbo disabilepicchiato e violentato: gli viene asportato un...

 

http://www.ilmessaggero.it/MsgrNews/THUMB/20140820_gabriel1.jpgLos Angeles, bimbo torturato per mesi e poi ucciso dallamadre e dal compagno: era...

 

 
 
 

Il Messaggero > Primo Piano > Esteri

Post n°307 pubblicato il 07 Settembre 2014 da perla03_nera

Picchiata a 5 anni dai bulli davanti alle insegnanti.
La mamma: «Nessuno l'ha aiutata»

 

Picchiata a soli 5 anni, la mamma decide di denunciare l'accaduto postando le foto della piccola con il volto tumefatto su Facebook.

AvaLynn sarebbe stata presa a calci e fatta cadere dalla giostra sulla quale stava giocando. La scuola ha però smentito la mamma dicendo che la piccola sarebbe caduta da sola causandosi le lesioni.

La bambina, sarebbe stata picchiata da un altro bambino, probabilmente più grande di lei, ma quel che è grave è che le insegnanti avrebbero assistito alla scena senza prestare alcun soccorso alla piccola.

Ora la mamma, Lacey Harris, vuole portare avanti la sua battaglia insieme ad un avvocato. Procederà con visite mediche per capire la reale motivazione delle lesioni ed è pronta a denunciare la scuola e le insegnanti responsabili.
La polizia sostiene la mancata presenza di attività criminali e per questo ha dichiarato che non aprirà alcun fascicolo.

Lunedì 1 Settembre 2014, 10:52 - Ultimo aggiornamento: 2 Settembre, 16:15           

 


 
 
 

Il Messaggero > Roma > Cronaca

Post n°306 pubblicato il 07 Settembre 2014 da perla03_nera

Insulti al grido di "sporco negro", saluti romani e botte: bufera allo Chateaubriand

Botte dei ragazzi più grandi ai più piccoli, razzismo dei bianchi contro i neri - insultati al grido di "Sporco negro" -, rivalità esasperata tra italiani e francesi, saluti romani e slogan come "Viva il duce": è la prestigiosa scuola francese Chateaubriand di Roma nei racconti dei genitori di alcuni alunni.

Tra le vittime, il figlio 13/enne dell'ex (da un mese) console di Francia nella capitale che ha dovuto cambiare scuola per le vessazioni. E la madre
J. M., ha deciso di denunciare il caso che coinvolge una delle istituzioni francesi più note all'estero, frequentata da bambini e ragazzi di famiglie ricche e importanti. Diplomatici, professionisti, artisti, giornalisti, intellettuali e imprenditori, cognomi come Comencini, Vanzina ed Eco. Tra gli ex alunni anche il ministro Marianna Madia.

Il liceo francesce Chateaubriand (Foto Rizzo/ag. Toiati)

Si pagano 5mila euro l'anno per un'educazione di alto livello. A Roma ci sono mille e cinquecento studenti dalle elementari al diploma superiore, di 30 nazionalità diverse, divisi in tre sedi tra Villa Borghese e la zona di via Nomentana. Oltre il 60% sono italiani, appena il 15% francesi. E gli italiani esercitano un dominio di fatto.

Secondo la moglie dell'ex console, lo Chateaubriand non ha fatto nulla se non costringere i tre ragazzini a un compito sul bullismo. «Non è vero, abbiamo formato una commissione interna sul caso con una psicologa esterna - dice il preside Joel Lust, 25 anni di esperienza tra Canada e Madagascar, a Roma da due anni -. All'unanimità ha concluso che si è trattato di episodi di intimidazione fisica e non di 'harcelement' (persecuzione sistematica). I tre sono stati sospesi per mezza giornata e abbiamo fatto incontri formativi in tutte le classi».


Secondo la moglie dell'ex console, lo Chateaubriand non ha fatto nulla se non costringere i tre ragazzini a un compito sul bullismo. «Non è vero, abbiamo formato una commissione interna sul caso con una psicologa esterna - dice il preside Joel Lust, 25 anni di esperienza tra Canada e Madagascar, a Roma da due anni -. All'unanimità ha concluso che si è trattato di episodi di intimidazione fisica e non di 'harcelement' (persecuzione sistematica). I tre sono stati sospesi per mezza giornata e abbiamo fatto incontri formativi in tutLa psicologa Sara Di Michele, membro esterno della commissione, dice che sarebbe stato utile convocare i quattro ragazzi e farli dialogare, «ma la famiglia della vittima non ha voluto». Il preside ammette che ci sono casi di bullismo e di razzismo, ma limitati. «Come in tutte le scuole, non di più - dice Lust -. Lo scorso anno 3-4 come quello del figlio del console, uno di razzismo, uno di uso di slogan fascisti. Siamo sempre intervenuti con l'educazione».

Ma per alcuni genitori membri di associazioni - la storica Ape (Associazione genitori alunni) e la nuovissima Upel (Unione dei genitori) -, pur con accenti diversi «il fenomeno è molto più diffuso, molti non denunciano per paura e la scuola fa troppo poco».

Come hanno scritto in una lettera inviata mesi fa all'Agenzia per l'insegnamento francese all'estero (Aefe) a Parigi. La presenza di famiglie facoltose e importanti renderebbe più difficile intervenire. «È falso - secondo il preside -, i genitori e le associazioni sono in competizione tra loro per questioni di potere e di protagonismo». «Il razzismo e la violenza sono pratica quotidiana allo Chateaubriand - afferma invece la moglie dell'ex console francese -. 'Brutto negrò e "Viva il duce" sono espressioni comuni. E molti lasciano ogni anno la scuola perchè non vengono tutelati».

Sabato 6 Settembre 2014, 15:16 - Ultimo aggiornamento: 7 Settembre, 13:25 te le classi».

 



 
 
 

Il Messaggero > Primo Piano > Cronaca

Post n°305 pubblicato il 07 Settembre 2014 da perla03_nera

Garlasco, dagli esami su Chiara tracce di cromosoma maschile sotto le unghie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MILANO - Tracce di cromosoma Y, quello maschile, sono state individuate sotto piccoli pezzi di due unghie di Chiara Poggi, la giovane uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.
Sono gli esiti degli esami genetici disposti dalla Corte d'Assise d'Appello di Milano nel nuovo processo di II grado a carico di Alberto Stasi. Secondo l’Ansa, mentre è rimasto senza esito l'esame per ricavare il dna mitocondriale dal bulbo e dal fusto di un capello corto castano chiaro trovato nel palmo della mano sinistra della ragazza, le prime analisi dei margini ungueali hanno invece dato risultati ritenuti molto significativi. Ora, come prevede il protocollo, i periti dei giudici e i consulenti di parte dovranno valutare nel contraddittorio se quelle tracce sono leggibili distintamente. E se così fosse, dovranno procedere per il confronto con il cromosoma Y del Dna di Stasi.

«Ogni nuovo elemento che emerge riaccende in noi la speranza di arrivare alla verità. Chiara è nostra figlia e vogliamo, come abbiamo sempre detto, che si sappia la verità. Non è possibile morire a 26 anni in questo modo senza scoprire la verità». È il commento di Rita Poggi, la mamma di Chiara, in merito alle tracce di cromosoma Y maschile individuate con gli esami genetici sulle unghie della figlia. Esami disposti lo scorso 30 giugno dalla Corte d'Assise d'appello di Milano davanti alla quale si sta celebrando il nuovo processo di secondo grado a carico di Alberto Stasi. «Mi fa piacere - ha aggiunto mamma Rita - che la procura generale e tutti gli altri abbiano voluto continuare a fare le indagini per arrivare a scoprire la verità».

Sabato 6 Settembre 2014, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 23:42 

 

 

          


Garlasco, spunta la foto di Stasi
dopo il delitto: segni di colluttazione
su un braccio
Un paio di foto scattate dai Cc di Garlasco poche ore dopo il delitto di Chiara Poggi che raffigurano un braccio di Alberto Stasi con un paio di segni che fecero pensare a una colluttazione.

Garlasco, riaperto il processo. I giudici: «Nuove perizie sulla morte di Chiara»


 I giudici della prima Corte d'Assise d'Appello di Milano hanno deciso di 'riaprirè il dibattimento sul processo di Garlasco ammettendo nuovo consulenze, come chiesto dall'accusa e dalla parte civile dopo la decisione della Cassazione di rifare un nuovo processo 'bis'. I giudici hanno accolto tutte le richieste avanzate dall'avvocato della vittima, Gian Luigi Tizzoni, e del pm Laura Barbaini. A questo punto, dovranno essere fissati i termini delle nuove consulenze e stabilito a chi verranno affidate.

Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia di Chiara Poggi, uccisasa Garlasco il 13 agosto 2007, si dice «molto soddisfatto» delle nuove consulenze che i giudici d'Appello di Milano hanno chiesto per scoprire la verità sul delitto che vede come unico imputato Alberto Stasi. I giudici hanno deciso di riaprire il dibattimento e dunque concedere «tutte quelle richieste che abbiamo chiesto fin dal primo grado». Tra le consulenze ci saranno l'esame del capello trovato nella mano della vittima, il confronto della bici custodita nell'officina di papà Stasi con le dichiarazioni rese da alcuni testimoni, e la camminata sul pavimento sporco di sangue della villetta di via Pascoli. «L'esperimento della camminata non sarà limitata come in passato», sottolinea l'avvocato Tizzoni che ribadisce «la massima soddisfazione perchè anche questi elementi concorreranno ad ottenere la verità».
Mercoledì 30 Aprile 2014, 10:43 - Ultimo aggiornamento: 1 Maggio, 15:47           



 

 

 

 
 
 

Il Messaggero > Primo Piano > Cronaca

Post n°304 pubblicato il 07 Settembre 2014 da perla03_nera

 Dramma a Rimini, il neonato piange, il papà lo scuote troppo e gli provoca un'emorragia al cervello.

 

Il neonato piange troppo, il papà lo scuote con troppa violenza e gli provoca un'emorragia al cervello.
Accade a Rimini: ha provocato un'emorragia cerebrale al figlio di pochi mesi, un trauma da 'scuotimento' perché non riusciva a farlo smettere di piangere. Il giovane, residente a Rimini, è stato indagato assieme alla compagna, madre del piccolo, per maltrattamenti, anche se la donna sostiene di non essere stata presente al momento dei fatti.

Il bimbo, che ora ha quattro mesi (l'episodio risale a luglio), è fuori pericolo ma il Tribunale dei minori l'ha sottratto alla famiglia e affidato ai servizi sociali. Lo riferiscono i quotidiani locali. Il giovane il 10 luglio aveva chiamato il 118 dicendo che il piccino aveva gli occhi sbarrati e difficoltà a respirare. Aveva spiegato ai sanitari di averlo lasciato nel lettone per pochi attimi e di averlo trovato così al suo ritorno nella stanza.

Al pronto soccorso era stata diagnosticata un'emorragia cerebrale di origine traumatica e i medici avevano avvisato la Procura. La madre ha un altro figlio, avuto con un precedente compagno, che è affidato ai servizi sociali per il contesto di degrado in cui viveva; gli investigatori non escludono che l'uomo abbia voluto prendersi tutta la responsabilità dell'episodio per evitare ulteriori conseguenze alla compagna.

Domenica 7 Settembre 2014, 11:22 - Ultimo aggiornamento: 13:13           

 


 
 
 

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Post n°303 pubblicato il 07 Settembre 2014 da perla03_nera

Violentava le figlie e le nipotine: "orco" 69enne finisce in manette a Milano.

 

MILANO - Un ex imprenditorie di Milano, di 69 anni, è stato arrestato dai carabinieri di Milano con l'accusa di violenza sessuale per aver commesso abusi, nel corso di decenni, su quasi tutte le bambine di famiglia, comprese figlia, nipotine e cugine di queste ultime. L'uomo, in pensione, vive a Opera (Milano) ed è stato posto stamani agli arresti domiciliari su ordinanza di custodia cautelare dopo le indagini nate dalle rivelazioni di una nipotina, che hanno fatto riemergere una catena di abusi famigliari.

Mercoledì 23 Aprile 2014, 13:58 - Ultimo aggiornamento: 23:24           

 

 
 
 

Il Messaggero > Primo Piano > Cronaca

Post n°302 pubblicato il 07 Settembre 2014 da perla03_nera

«Papà ci violenta», moglie denuncia il marito: abusava delle figlie minorenni.



Abusava sessualmente delle sue figlie, entrambe sotto i dieci anni.
Mesi di violenze e maltrattamenti, fino a quando la madre, insospettita dall'atteggiamento delle figlie, dopo essere riuscita a farsi confessare l'incubo vissuto, ha sporto denuncia alla polizia.

La Squadra mobile di Bolzano ha indagato anche con intercettazioni ambientali, fino a raccogliere elementi sufficienti all'arresto: il padre orco, è stato arrestato con l'accusa di violenza sessuale.
Domenica 7 Settembre 2014, 12:47 - Ultimo aggiornamento: 12:50

 
 
 

Il Messaggero › Primo Piano › Esteri › Uccide a pugni il figlioletto e...

Post n°301 pubblicato il 20 Agosto 2014 da perla03_nera

Uccide a pugni il figlioletto e nasconde il corpo nel bosco: poi inscena una sparizione

PER APPROFONDIRE taguccide, pugni, figlio, corpo, bosco
  

Ha scatenato tutte le forze di polizia alla ricerca del figlio scomparso, prima di confessare di averlo ucciso e poi nascosto in una valigia.
Edimburgo, 34enne uccide il figlio di 3 anni .


La 34enne Rosdeep Adekoya, ha letteralmente ammazzato di botte il piccoloMikaeel, di tre anni, durante un'attacco d'ira. La donna ha percosso il figlio in maniera molto violenta, tanto che sul corpo del bimbo sono state riscontrate 40 ferite, di cui alcune interne che hanno provocato il decesso. Due giorni dopo le botte, Mikaeel muore e la madre decide di mettere un atto un piano: mette il cadavere del figlioletto in una valigia e lo va a nascondere vicino casa della sorella, a 25 miglia di distanza.



Poi ha chiamato la polizia, che ha mobilitato tutte le forze a disposizione per le ricerche. Ma la versione della mamma vacilla, soprattutto quando gli investigatori scoprono su Facebook stati come: "Amo tutti i miei figli tranne uno", "perchè sono così aggressiva con mio figlio" e "come faccio ad amare mio figlio". Messa di fronte all'evidenza la donna crolla e confesa il delitto.
Venerdì 25 Luglio 2014 - 15:53
Ultimo aggiornamento: Sabato 26 Luglio - 16:10

Gran Bretagna, madre confessa di aver ucciso a botte figlio di 3 anni

  • Gran Bretagna, madre picchia a morte il figlio di tre anni           
    Alla fine è crollata. Una donna 34enne Rosdeep Adekoya ha confessato di aver ucciso il figlio Mikaeel Kular, 3 anni, lo scorso gennaio, dopo averlo picchiato a morte nella loro casa di Edimburgo. Aveva poi cercato di occultare il corpo del piccolo, mettendolo in una valigia e lasciandolo vicino alla casa della sorella, a 30 chilometri di distanza.
    La messa in scena Dopo l'omicidio aveva denunciato la scomparsa del figlio, raccontando alla polizia di aver messo il bambino a letto verso le 9 di sera, e che quella era stata l'ultima volta che l'aveva visto. Era poi iniziata una ricerca a cui hanno partecipato decine di volontari. La donna ora rischia una lunga pena detentiva.
    Venerdì 25 Luglio 2014 - 23:12
    Ultimo aggiornamento: 23:20










     
     
     

    Il Messaggero › Società › No Limits › Stupra e uccide bimba di 9 anni. Chiude...

    Post n°300 pubblicato il 20 Agosto 2014 da perla03_nera

    Stupra e uccide bambina di 9 anni. Rinchiude il cadavere in una valigia e lo butta in mare

    PER APPROFONDIRE tagstupra, uccide, bimba, valigia, cadavere, mare

                                               
    Stupra e uccide bimba di 9 anni. Chiude il cadavere in una valigia e lo butta in mare .

    Ci sono voluti tre mesi di indagini per mettere insieme tutti i pezzi della storia. Tre mesi per raccogliere ogni piccolo particolare, per trasformare il sospetto in certezza, per mettere in luce ogni singolo indizio che consentisse di formulare l'accusa più ignobile per l'uomo.

    I dettagli di ciò che ha dovuto subire la piccola sono venuti fuori nell'udienza di venerdì, davanti a parenti e familiari con gli occhi colmi di lacrime. Secondo la ricostruzione degli investigatori, la bambina è stata prelevata dalla sua casa dall'amica di famiglia Eboni Wiley ed è stata condotta in un appartamento di Temple Terrace. Poco prima delle 17, Wiley è andata via, lasciando sola Felecia con Ritchie. Al suo ritorno
    alle 18, l'uomo era a torso nudo, sudato, fortemente turbato e ha raccontato alla donna che la bambina era scappata. In quell'ora, invece, la piccola è stata violentata, picchiata alla testa e strangolata. Il cadavere, rinchiuso in una valigia nera, è stato abbandonato in mare, nella baia di Tampa: il corpo è stato ritrovato nudo nelle acque prossime al ponte Courtney Campbell Causeway.

    Alla polizia Granville ha raccontato di essere stato fuori città ma il suo telefonino è stato rintracciato dalla cella della zona in cui Felecia è stata abbandonata. Inoltre si è scoperto che la valigia era di proprietà dell'uomo. Infine, la sua versione e quella di Eboni non corrispondevano affatto. In carcere da maggio per possesso di droga, Granville dovrà rispondere di omicidio e di violenza sessuale su un minore. La donna è stata dichiarata non colpevole per falsa testimonianza ed è stata rilasciata dietro cauzione.

    Molte domande, tuttavia, sono ancora senza risposta, incluso se Eboni non sia coinvolta nel progetto di morte. «Questa è solo una prima fase di questo caso– ha detto Kenneth Albano che dirige le indagini – ma c'è ancora molto da fare».
    Sabato 16 Agosto 2014 - 12:54
    Ultimo aggiornamento: Lunedì 18 Agosto - 12:41

     
     
     

    Il Messaggero › Roma › Cronaca › Ponte Galeria, segni di percosse sulla...

    Post n°299 pubblicato il 20 Agosto 2014 da perla03_nera

    Giallo a Ponte Galeria, segni di percosse
    sulla donna trovata mummificata

    Nessun segno di arma da taglio, nè di arma da fuoco, ma un graffio sulla guancia destra e un grosso livido sulla gamba, compatibili, a prima vista, con i segni lasciati da una caduta o da un'azione violenta.

    Per capire quali siano le cause della morte della donna trovata in stato di mummificazione, abbandonata in un terreno incolto in via Malnome, a Ponte Galeria, sarà necessario attendere i risultati dell'autopsia, che verrà effettuata questa mattina. Ma per il momento il pm Nadia Plastina indaga per omicidio e i pochi dettagli che man mano si apprendono, se confermati dagli accertamenti medico legali, potrebbero confermare questa ipotesi. E anche se emergesse che la donna fosse morta a causa di un malore, sarebbero comunque tante le domande per cui cercare risposta: era sola? Com'è arrivata in un campo abbandonato? Nessuno l'ha vista? E, soprattutto: chi era?

    IL GIALLO
    A distanza di giorni, infatti, l'identità della vittima rimane ancora un'incognita. Nessuno ha denunciato la sua scomparsa. Nessuno la cerca, nessuno chiede di lei. Resta solo un corpo senza vita e senza nome, abbandonato, in evidente stato di decomposizione. Una donna bionda, sulla quarantina. Occhi azzurri, la pagina di una rivista in lingua tedesca stropicciata in tasca insieme a poche banconote e ad un coltellino multiuso. Qualche bottone slacciato nei pantaloni, sterpaglie infilate tra i sandali e le piante dei piedi, come se avesse camminato scalza e fosse poi stata rivestita. Nulla di più. L'assenza di documenti, del cellulare e, almeno per il momento, la mancanza di legami familiari, amicizie e affetti, spingono gli investigatori a sospettare che la quarantenne fosse una clochard.

    UNA DELUSIONE
    Alcuni dettagli macroscopici cozzano però con quest'ipotesi: l'aspetto del viso sembra curato, le unghie delle mani sono tagliate e limate, i denti puliti. Forse, spiegano gli inquirenti, aveva scelto da poco di vivere per strada. Forse, una delusione sentimentale o problemi economici l'avevano spinta a cambiare vita. Oppure: era uno spirito libero avvezzo ad affrontare le giornate all'avventura. Anche perché i senzatetto, solitamente, vivono di abitudini: costruiscono rifugi di fortuna in luoghi fissi e sono ben noti agli abitanti dei quartieri che li ospitano. In questo caso, invece, a Ponte Galeria nessuno avrebbe riconosciuto la donna. Solo le telecamere di un esercizio commerciale in via della Muratella potrebbero avere ripreso una clochard che le somiglierebbe, almeno per quanto riguarda l'abbigliamento: pantaloni, giubbotto di jeans e sandali bassi. Ed è proprio all'identificazione che ora punta chi indaga: in questi giorni i carabinieri stanno ascoltando a ritmo serrato chiunque abiti nell'area del ritrovamento del cadavere. E questa mattina, insieme all'autopsia, il dottor Nicola Silvestri, medico legale del Policlinico Gemelli, procederà anche e al rilevamento delle impronte digitali e all'estrazione del dna. Per iniziare gli accertamenti da un nome. Per ricostruire una storia.
    Mercoledì 20 Agosto 2014 - 08:14

    Corpo di donna mummificato trovato a Ponte Galeria. Si indaga su possibile omicidio



    di Adelaide Pierucci


    Era abbandonata tra sterpaglie e rovi nella zona di Ponte Galeria, la stessa dove generalmente si prostituiscono giovani nigeriane: una donna sui quarant’anni, bionda e con gli occhi azzurri. Era come mummificata, lasciata lì al caldo da poco meno di una settimana. Un vero e proprio giallo di Ferragosto, che ha già impegnato i carabinieri di zona e il pm di turno, Nadia Plastina. Le indagini sono appena cominciate ma già qualcuno degli investigatori lascia intravedere che possa trattarsi di un omicidio. Uno strano omicidio, perché la donna non aveva segni evidenti di violenza, tantomeno ferite da arma da taglio o da pistola. Eppure, sono diversi gli elementi che sembrano escludere un malore o un suicidio. «È come se la vittima fosse stata rivestita - dice a mezza bocca chi indaga - Soprattutto le scarpe, sembrano messe dopo la morte».

    L’ALLARME
    Ad accorgersi del cadavere è stato un abitante della zona. Ha telefonato al 112 e ha urlato: «Venite, è una cosa terribile». I militari sono arrivati sul posto e hanno potuto solo constatare il decesso. Il corpo era in avanzato stato di decomposizione, in posizione prona, come se qualcuno avesse voluto liberarsene, abbandonandola in tutta fretta. Era bionda, però, questo si vedeva. E aveva gli occhi azzurri, una corporatura snella, vestita come potrebbe essere qualsiasi turista straniera di passaggio a Roma. Chi l’ha lasciata lì non voleva far capire di chi si trattava: nessuna borsa, né documenti, e neanche un telefono cellulare, o delle chiavi, che potessero fornire qualche indizio utile. Le uniche cose che le sono state ritrovate addosso sono una settantina di euro e un coltellino. E anche un pezzo di carta con su scritto qualcosa in tedesco. Forse un elemento dal quale risalire per poter trovare una traccia.
    Già in passato Ponte Galeria era stata scenario di un dramma. Era il 2008 quando una coppia di turisti olandesi è finita nelle grinfie di due pastori romeni, poi individuati e arrestati. I turisti si trovavano a sostare nella zona quando la donna è stata bloccata e stuprata e il marito picchiato selvaggiamente. Per quell’orribile vicenda che ha fatto il giro del mondo, sono stati arrestati Paul Petre, 32 anni, e Andrei Vasile Bohus, 20 anni. Per colpire le vittime avevano usato le mazze con le quali governavano il gregge.

    L’AUTOPSIA
    Ora questo nuovo giallo. Mentre i carabinieri stanno continuando a cercare in zona indicazioni utili, la prima vera risposta arriverà soltanto con l’autopsia, che verrà effettuata domani dopo il conferimento dell’incarico da parte del pm al medico legale Nicola Silvestri del Policlinico Gemelli. Solo allora si potrà sapere cosa ha realmente ucciso la misteriosa donna bionda. E se qualcuno l’ha trascinata su quelle sterpaglie e l’ha abbandonata come un fagotto.
    A una prima analisi gli investigatori sembrano anche escludere che possa essersi trattato di overdose. Non ci sono tracce di siringhe o evidenti segni sul corpo. A meno che abbia consumato la droga in compagnia, in qualche altro luogo, e a quel punto chi era con lei abbia avuto paura di essere coinvolto e l’abbia abbandonata tra le sterpaglie. I militari stanno anche verificando le ultime segnalazioni di donne scomparse, ma nessuna, al momento, coinciderebbe con quella della vittima.
    Domenica 17 Agosto 2014 - 09:24
    Ultimo aggiornamento: Lunedì 18 Agosto - 15:44

     
     
     

    Il Messaggero › Roma › Cronaca › Degrado nel pozzo che inghiottì...

    Post n°298 pubblicato il 20 Agosto 2014 da perla03_nera

    Roma, degrado e rifiuti nel pozzo che inghiottì Alfredino






    Accade che il dolore scavalchi il Tempo, ma venga sentito a fatica, vissuto come un flagello astruso davanti al quale c’è chi non riesce a nutrire neanche pietà.
    Vermicino, il pozzo dove mor Alfredino Rampi (Foto Luciano Sciurba)
    Pietà per quel visino coperto dal fango che gridava «papà tirami fuori», pietà per una mamma inginocchiata sul precipizio della follia che inghiotte un corpicino fragile maciullato dalla pressione della terra. Succede di notte, nell’inganno banale che al buio la coscienza prenda sonno: arrivano macchine veloci, inchiodano e scaricano sacchi di immondizia. Macerano al sole, chissà da quanto tempo. Succede di notte, quando coppiette accecate si fermano sulla stradina abbandonata e si appartano.
    Di giorno, il mondo senza pietà che si è dato appuntamento a Vermicino, mostra l’orrore di quando si dà un calcio alla Memoria: rovi, erbacce, una discarica quasi in segno di sdegno, e un cumulo di terra a nascondere il ricordo di Alfredo Rampi, strappato alla vita a soli sei anni. Tre giorni di agonia in quel giugno del 1981 quando l’Italia si diede appuntamento in un maledetto pozzo.

    OSTAGGIO
    Una rete imbevuta nella ruggine tiene ostaggio quell’angolo di terreno dove 33 anni fa Alfredino cadde nel maledetto pozzo artesiano. «Il terreno è proprietà privata, non sappiamo chi sia» la triste cantilena di chi si incontra in via Sant’Ireneo, una stradina di campagna schiacciata tra gli uliveti poco lontano da Frascati. C’è un cancello a proteggere lo scempio: erbacce alte, detriti, pezzi di legno. L’area davanti al cancello, su una rientranza della strada, è stata scelta chissà da quanti come luogo per una discarica: bustoni neri strappati dai cani randagi, pezzi di cibo andato a male, decine di bottiglie di plastica abbandonate. Qualche busta è stata sollevata dal vento fin dentro la proprietà dove non c’è più quel piccolo vaso di fiori e quella la croce che ogni tanto qualcuno accarezzava. Non si vede più neanche il tubo rosso che segnalava il pozzo che si prese Alfredino. C’è un cumulo di terra e sopra un ulivo che ha sfidato il degrado e continua a ergersi, quasi in segno di riscatto. Di Alfredino non c’è più traccia.

    DOLORE
    «È una proprietà privata, abbiamo le mani legate - dice Alessandro Spalletta, sindaco di Frascati - Sarà mia cura accertarmi delle condizioni del luogo e, d'accordo con la famiglia, valuterò la possibilità di erigere una statua in memoria di Alfredino». Si scatena la politica: «Questa storia mostra quanto è fragile e casuale la tutela della memoria degli eventi che hanno segnato la storia del nostro Paese» dice Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma. L’invito a erigere una statua è stato rivolto anche da Davide Bordoni, coordinatore romano di FI, e Fabrizio Panecaldo, coordinatore della maggioranza in Campidoglio. «Amarezza», ma nessuna parola gridata, da parte di chi da anni è vicina a Franca, la mamma di Alfredino. «Il degrado è il simbolo di come il nostro Paese tratta la sicurezza dei suoi cittadini» dice Daniele Biondo, presidente del Centro Alfredo Rampi Onlus che in oltre 30 anni ha insegnato a 180 mila bimbi l’educazione al rischio e all’emergenza. «Quell'area - aggiunge Biondo - è un pezzo di storia italiana che dovrebbe essere ben tenuto, la famiglia, comunque, ha scelto come luogo simbolo del ricordo di Alfredo la onlus, l'impegno nel volontariato affinché certe tragedia non accadano più». Una scelta dettata dall’amarezza, quasi imposta dal disperato tentativo di non aggiungere dolore allo strazio dell’anima per la perdita di un figlio. «Ma la statua c’è» borbotta qualcuno tentando di soffocare i sensi di colpa. Una statua nella chiesa Sacri Cuori di Gesù e Maria di Vermicino on il marmo consumato dal tempo. «È davvero deprimente, non c’era neanche un fiore» dice Carmelo Ramundo che insieme a Fabio Marra, regista, tempo fa ha accompagnato nel luogo della vergogna Angelo Licheri, l’uomo che sfiorò le dita di Alfredino calandosi a testa in giù nel pozzo. Ramundo ha girato il documentario L’angelo di Alfredino «per non dimenticare» dice. Ma la Memoria di quel bimbo e dei suoi soccorritori sembra ormai essere stata scalciata via. Senza pietà.
    Mercoledì 20 Agosto 2014 - 08:24
    Ultimo aggiornamento: 11:14

     
     
     

    La mamma dell'uomo che ha ucciso la figlioletta: "Era disperato"

    Post n°297 pubblicato il 20 Agosto 2014 da perla03_nera

    La mamma dell'uomo che ha ucciso la figlioletta: "Era disperato"Ancora chiuso nel silenzio l'uomo che ad Ancona ha ucciso a coltellate la figlia di 18 mesi

    Pubblicato il 19/08/14 da Affaritaliani.it in Videonews|TAGS: ancona, infanticidio, video



    "Luca piangeva e abbiamo pregato"

    Ancora chiuso nel silenzio l'uomo che ad ancona ha ucciso la figlia di 18 mesi.

     Non dorme da tre notti Brunella Michelini, la mamma di Luca Giustini, l'uomo di Ancona che domenica ha ucciso la figlioletta di 18 mesi con cinque coltellate. "E' venuto domenica - racconta ai microfoni di Tgcom24 - piangeva disperato. Ci ha chiesto di pregare per lui".

    Poi la donna racconta del difficile rapporto che suo figlio aveva con sua moglie: "E' venuto un suo amico, mi ha detto che era infelice, lei lo trattava come uno zerbino, Luca piangeva sempre. Quest'amico gli consigliato di separarsi ma lui ha detto che non poteva per dovere". Un matrimonio che, a sentire la signora Brunella, lo soffocava: "Lei - ci dice ancora - gli aveva tolto i suoi spazi, lo aveva allontanato da tutti gli amici. Aveva un carattere molto forte, Luca invece era debole".

     (Affaritaliani.it )

     




     
     
     

    Il Messaggero › Primo Piano › Esteri › Coppia di fidanzati rapisce e stupra...

    Post n°296 pubblicato il 18 Agosto 2014 da perla03_nera

    Il MessaggeroPrimo PianoEsteriCoppia di fidanzati rapisce e stupra...

    Coppia di fidanzati rapisce e stupra due sorelline. Nel mirino altri bambini. Lei: «Sono la sua schiava»
    PER APPROFONDIRE tagrapimento, stupro, sorelline, amish, usa
    di Federica Macagnone
    Rapite, violentate e riconsegnate alla famiglia. Tutto in 24 ore. Due sorelline della comunità religiosa amish, di 7 e 12 anni, sono state prelevate da una coppia mentre passeggiavano in una strada isolata a Oswegatchie, nello stato di New York, al confine con il Canada.

    Mercoledì scorso le bambine stavano camminando in strada, vicino alla fattoria di famiglia, quando sono state avvicinate da Stephen M. Howells, 39 anni, e dalla fidanzata Nicole F. Vaisey, di 25. I due, colpiti dal fatto che fossero sole, le hanno rapite e, secondo le prime ricostruzioni della polizia, le hanno portate nella loro casa a Hermon per abusare di loro.

     
    Coppia di fidanzati rapisce e stupra due sorelline

     Ventiquattro ore di paura per le due sorelline che sono state poi abbandonate, nel tardo pomeriggio di giovedì, a una trentina di chilometri da casa. Le bimbe hanno vagato fino ad arrivare a una casa isolata nella cittadina di Richville. Ad accoglierle hanno trovato la famiglia Stinson, che ha riconosciuto le bambine come le possibili vittime di cui avevano dato notizia in tv, le ha sfamate e le ha riportate a casa.

    Un volta che le piccole hanno fatto ritorno si è aperta una caccia alla coppia che, con il determinante aiuto delle bimbe, ha portato all'arresto di Stephen e Nicole nella giornata di venerdì. Dal profilo Facebook emerge che l'uomo è padre di tre bambini ma non è chiaro se la donna sia la madre. Stephen ha un lavoro da infermiere, mentre Nicole si occupa di toelettatura per cani. La donna, una volta nelle mani della polizia, ha dichiarato di essere stata più volte abusata dal compagno e di vivere un rapporto di sottomissione con l'uomo. «Lei sembra essere la schiava e lui il maestro» hanno dichiarato gli investigatori.

    I due non hanno precedenti penali ma rimangono in carcere senza cauzione. Secondo lo sceriffo Kevin Wells «la coppia stava cercando altri bambini da rapire». Se condannati potrebbero rimanere dietro le sbarre per 25 anni.

    Il sequestro ha lasciato sconvolta la piccola comunità di circa 4mila persone: storicamente avversi alla modernità e alla tecnologia, gli amish vivono di artigianato e di agricoltura. Parlano un dialetto tedesco e le ricerche delle bambine sono state ostacolate dalla mancanze di foto delle piccole: per avere un'idea di come fossero fatte le due sorelline è stato chiamato un artista che parlasse la loro lingua e facesse due ritratti. L'episodio ha lasciato un senso di vulnerabilità nei residenti che spesso lasciano i loro bambini girovagare incustoditi.
    Domenica 17 Agosto 2014 - 14:58


     
     
     

    Ancona, uccide la figlia di 18 mesi a coltellate: piangeva troppo

    Post n°295 pubblicato il 18 Agosto 2014 da perla03_nera

    Ancona, uccide la figlia di 18 mesi a coltellate: piangeva troppo

     

     

    L'ha uccisa con almeno tre coltellate al petto, una delle quali avrebbe raggiunto il cuore

    Pubblicato il 18/08/14 da Affaritaliani.it in Videonews|TAGS: ancona, infanticidio, video

     

     

    Ha ucciso Alessia, la figlioletta di 18 mesi, con almeno tre coltellate al petto, una delle quali avrebbe raggiunto il cuore. E' accusato di infanticidio Luca Giustini, 34 anni, macchinista di Trenitalia. L'uomo e' tuttora nella caserma dei carabinieri di Collemarino (Ancona), dove ha subito un primo interrogatorio in attesa dell'arrivo di un magistrato. I militari continuano a mantenere il piu' stretto riserbo sulla vicenda e, al momento, l'infanticidio puo' essere ricostruito solo attraverso le testimonianze, in parte discordanti, di alcuni vicini, tutti sotto shock perche' conoscono molto bene i Giustini.

    Intorno alle 14.30, nell'appartamento al terzo piano di uno stabile di via Patrizi, nella zona nord di Ancona, si ipotizza che la piccola Alessia fosse nella culla: fa i capricci e non vuole smettere di piangere. A quell'ora, mamma Sara e' fuori casa e non ci sono nemmeno i genitori della donna, che abitano poco distante. Il padre, forse incapace di gestire quei capricci, ha un improvviso raptus, prende un coltello da cucina e colpisce la figlia minore, ferendola mortalmente.

    Poi avrebbe telefonato alla moglie: "Corri, a casa e' successa una tragedia". Le urla improvvise provenienti dal terzo piano hanno allertato i carabinieri, la cui sede e' nello stesso stabile, dua piani piu' giu'. I militari sono intervenuti in pochi minuti e hanno chiamato il 118. Quando i sanitari sono giunti sul posto, la piccola Alessia era ancora viva, hanno provato a rianimarla, ma il suo cuore ha smesso di battere durante il trasferimento in ospedale. Non e' confermato che in casa, al momento dell'omicidio, fosse presente anche la sorellina maggiore di Alessia, di quattro anni. Forse era fuori, in compagnia del nonno materno, che e' stato comunque il primo familiare a raggiungere il luogo della tragedia, dopo aver ricevuto a sua volta la chiamata allarmata della figlia. "Era tutta insanguinata", avrebbe detto il nonno dopo essere entrato nell'appartamento. Disperata la nonna: "Alessia l'avevo cresciuta io", ripete. "Ho udito un pianto inconsolabile della figlia maggiore", ha riferito un'anziana vicina di casa, senza pero' poter dire se fosse arrivata successivamente sulla scena del crimine.

    Luca Gustini e' stato accompagnato subito in caserma, al piano inferiore, in stato di fermo. Di lui, i vicini dicono che era una persona non violenta, dalla vita normale e molto attaccato alla famiglia. Non risultano neanche problemi economici. Il suo profilo su facebook e' ricco di fotografie, in cui compare sorridente insieme alle due figlie e alla moglie, Sara, di 32 anni, infermiera all'ospedale regionale di Torrette. Luca Giustini, l'uomo accusato di aver ucciso a coltellate la figlioletta Alessia, di appena 18 mesi, e' stato trasferito nel carcere di Montacuto. Davanti al piemme Andrea Laurino, che lo ha accusato di omicidio aggravato, avrebbe pianto ma, per ora, non avrebbe dato alcuna spiegazione del folle gesto di poche ore prima. Il magistrato ha gia' disposto il sequestro dell'abitazione della famiglia Giustini, al terzo piano di uno stabile in via Patrizi, nel quartiere di Collemarino (Ancona). Il presunto omicida era stato subito fermato dai carabinieri e per farlo uscire dalla caserma, nel tardo pomeriggio, l'hanno fatto scendere in garage e caricato su una gazzella, evitando cosi' un contatto diretto con parenti e conoscenti, che si erano accalcati per sfogare la propria rabbia.

    A Collemarino, i carabinieri avrebbero ascoltato anche Sara, moglie di Luca Giustini, e alcuni vicini di casa. Al momento dell'infanticidio la donna era al mare: avrebbe ricevuto la chiamata del marito, che le chiedeva di rientrare, e si e' precipitata verso casa dopo aver telefonato, a sua volta, ai genitori, che abitano poco lontano. Gli inquirenti non escludono alcun movente, anche se quella di un raptus improvviso e', al momento, l'ipotesi piu' credibile. Tra le testimonianze raccolte finora, oltre alla figura di 'uomo normale', qualcuno avrebbe riferito di qualche lite familiare (i due sono sposati da 5 anni, ndr.) e di aver visto Luca piuttosto stressato e preoccupato. Il corpicino di Alessia e', invece, nella sala mortuaria dell'ospedale regionale di Torrette: sara' sottoposto ad autopsia, probabilmente gia' domani mattina.

    (Affaritaliani.it )


     

     

     

     
     
     

    Bimbo di 8 anni abbandonato dalla famiglia, mangia insetti per sopravvivere Featured

    Post n°294 pubblicato il 09 Agosto 2014 da perla03_nera

    Bimbo di 8 anni abbandonato dalla famiglia, mangia insetti per sopravvivere Featured

    Written by  Gianluca


     

    Per tutti, vicini di casa compresi, la famiglia Rader aveva due sorelline e un maschio. Nessuno era a conoscenza che all’interno di quella casa c’era anche un quarto fratello, malnutrito, costretto a mangiare insetti per sopravvivere. Il bambino sembrava  un fantasma uscito da un campo di concentramento. Si perché A. R di 8 anni quando è stato ritrovato pesava appena 11 chilogrammi. A giugno un vicino di casa ha visto uno ‘’scheletro vivente che camminava’’ , l’uomo ha chiamato la polizia che dopo aver bussato laporta dei Rader a Greenville, in Pennsylvania, si sono visti di fronte quel bambino denutrito che immediatamente è stato portato d’urgenza in ospedale. I dottori hanno ritenuto che ancora un mese in quelle  condizioni sarebbe morto.

    Gli aguzzini erano la mamma di 28 anni, la nonna Deana Beighley di 48 anni, e il  nonno Dennis Beighley di 59. Al piccolo venivano somministrate piccole porzioni ( neanche tutti i giorni) e gli era stato negato ogni contatto - segregato in casa, solo negli ultimi tempi poteva uscire sul cortile delle casa. A digiuno forzato aveva iniziato a mangiare tutti gli insetti che gli capitavano in giardino. Proprio in una di quelle circostanze, un  vicino di casa si è accorto di quello spettro- bambino. I parenti ora sono accusati e dovranno  rispondere di tentato omicidio e di altri reati minori. Il giudice ha fissato la cauzione a 100 mila dollari a testa. Gli avvocati invece degli imputati hanno dichiarato che il bimbo era affetto da un  problema legato all'ormone della crescita e di conseguenza  non riusciva a mettere su peso. Il difensore della nonna ha detto che al bambino venivano somministrati tre pasti regolari, ma era lui stesso a stimolare il vomito. Pronta la risposta dei medici che hanno confermato che da quando A. R è in ospedale, il suo peso è aumentato di 9 chilogrammi. Prima la pelle in certi punti si era strappata perché le sue ossa sporgevano di fuori.

    Last modified on Venerdì 08 Agosto 2014 15:56

     

     
     
     

    Potenza, stermina la famiglia. Uccide moglie, figli e poi si suicida.

    Post n°293 pubblicato il 09 Agosto 2014 da perla03_nera

    Potenza, stermina la famiglia. Uccide moglie, figli e poi si suicidaL'uomo, 65 anni, ha ucciso la moglie, 57 anni, e i figli di 32 e 27 anni, di cui uno disabile, con una pistola.Triplice omicidio a Motta Visconti: madre e figli sgozzati. Foto

     

    Triplice omicidio a Motta Visconti: madre e figli sgozzati. Foto.

     

    Un uomo ha ucciso moglie e due figli e poi si è tolto la vita. Il dramma a San Fele (Potenza), un paese nella zona montana del Vulture. La tragedia

     

     

     

    è avvenuta nell'abitazione di famiglia, in località Difesa, alla periferia del paese.

    L'uomo, 65 anni, ha ucciso la moglie, 57 anni, e i figli di 32 e 27 anni, di cui uno disabile, con una

    Potenza, stermina la famiglia. Uccide moglie, figli e poi si suicidaL'uomo, 65 anni, ha ucciso la moglie, 57 anni, e i figli di 32 e 27 anni, di cui uno disabile, con una pistola

    Pubblicato il 09/08/14 da Affaritaliani.it in Cronaca|TAGS: potenza, stermina, famiglia, suicida, video

     

    Stermina la famiglia e si spara, la strage per il figlio disabile

     

    Stermina la famiglia e si spara, la strage per il figlio disabile   

     

     

     

     

     

     

    Un uomo ha ucciso moglie e due figli e poi si è tolto la vita. Il dramma a San Fele (Potenza), un paese nella zona montana del Vulture. La tragedia è avvenuta nell'abitazione di famiglia, in località Difesa, alla periferia del paese. Vito Tronnolone, pensionato di 65 anni, ha ucciso la moglie Maria Stella Puntillo, 57 anni, e i figli Luca di 32 e Chiara 27 anni, con una pistola che è stata trovata dai carabinieri. Uno dei ragazzi, Luca, era disabile.

    La sofferenza legata alle condizioni del giovane potrebbe essere all'origine del tragico epilogo della vicenda familiare, ma dalle idagini si fa strada anche l'ipotesi che Tronnolone temesse per la sua salute: ieri sera, infatti, l'uomo si è fatto visitare nell'ospedale ''San Giovanni di Dio'' di Melfi (Potenza). Pare che l'uomo lamentasse di avere problemi di pressione: gli investigatori pensano che il 65enne - preoccupato per la sua salute - temesse di non poter più occuparsi della famiglia.

    Il padre viveva in Toscana da circa un anno e da qualche giorno era tornato in Basilicata. Dalle prime indagini è emerso che Vito Tronnolone ha telefonato alle sorelle, che vivono in Toscana, poco prima di spararsi, dicendo: "Ho ammazzato tutti e ora mi ammazzo io". pistola che è stata trovata dai carabinieri.

     

     

     

     


     
     
     

    > Cronache dalla Sardegna > Il dolore del padre del piccolo Leonardo Mio figlio deve vivere, spero nel miracolo

    Post n°292 pubblicato il 03 Agosto 2014 da perla03_nera

    Il dolore del padre del piccolo Leonardo
    Mio figlio deve vivere, spero nel miracolo.

     

     

    Sardara prega per il piccolo Leonardo

    La vita del bimbo appesa a un filo.

     

    Lotta tra la vita e la morte il bimbo di 10 mesi che è rimasto gravemente ferito nell'incidente in cui ha perso la vita la sua mamma. Il padre, Roberto Uccheddu, non smette un attimo di credere e sperare in un miracolo.

    Un dramma assoluto. Un dolore impossibile da decodificare. E una speranza: "Leonardo deve vivere, ci vuole un miracolo...". Roberto Uccheddu, il padre del piccolo Leonardo, 10 mesi appena che lotta tra la vita e la morte si rintana dentro quella speranza di poter abbracciare il suo bambino. Leonardo si trova ricoverato all'ospedale Brotzu da mercoledì scorso giorno dell'incidente. Leonardo è stato sottosposto a coma farmacologico.

    Maggiori dettagli nell'articolo a firma Andrea Piras, nell'Unione Sarda in edicola

    LA TRAGEDIA - L'incidente stradale si è verificato mercoledì mattina a Macchiareddu, tra Uta e Assemini. Manuela Tuveri, 32 anni, era alla guida di una Renault Megane Scenic. Sul sedile posteriore c'era il suo bambino di 10 mesi, le cui condizioni ancora oggi appaiono disperate.

    Intorno alle 10 e 30 lo schianto fatale contro un tir. "Non ho potuto fare nulla per evitare lo scontro", ha detto il conducente del camion, un rumeno di 28 anni. I due mezzi sono poi finiti in cunetta. I vigili del fuoco hanno dovuto lavorare per ore prima di riuscire a estrarre dalle lamiere accartocciate il corpo della giovane mamma, morta sul colpo.

    Il piccolo è stato immediatamente soccorso dagli automobilisti di passaggio e quindi trasportato da un'ambulanza del 118 all'ospedale Brotzu.

    Venerdì 12 aprile 2013 07:55



    L'incidente sulla Pedemontana (foto Ungari)   - nel riquadro Manuela Tuveri


     


     

     
     
     

    Si chiama “59″, il neonato vivo per miracolo! INCREDIBILE!

    Post n°291 pubblicato il 03 Agosto 2014 da perla03_nera

    29/05/2013 - Mamma & Co.

     

     

     

    Si chiama “59″, il neonato vivo per miracolo! INCREDIBILE!

     

    La storia di un neonato miracolosamente sopravvissuto!

     

    L’abbandono dei neonati è un fenomeno che ogni volta che accade ci spezza il cuore…

    In Europa, complice anche la crisi, si verificano sempre più abbandoni, tant’è che in diversi ospedali sono state istituite le “baby box“. Ma evidentemente, il fenomeno non riguarda solo l’Europa…

    Di questi giorni è la notizia del salvataggio di un neonato, di appena 2,5 kg, ad opera dei vigili del fuoco della provincia di Zhejiang, nella Cina orientale, “partorito” in un bagno pubblico, alla turca, da una ragazza madre di appena 22 anni, non sposata.

    Quello che non è ancora chiaro è se la madre lo abbia gettato nel water dopo averlo partorito, o se il parto sia stato “inatteso” e quindi per sbaglio il bambino sia finito nel water (anche se in tale ipotesi è lecito domandarsi che cosa sia avvenuto al cordone ombelicale e alla placenta…).

    Sicuro invece è che il neonato sia finito nello scarico, e poi rimasto incastrato nel tubo, avente un diametro di 10 cm. I lamenti del piccolo sembra abbiano allertato gli abitanti del condominio in cui è avvenuto, anche se altre fonti riportano che sia stata la madre stessa a dare l’allarme.


    In ogni caso, i vigili, accorsi tempestivamente, sono riusciti a individuare il punto preciso in cui si trovava il bambino , a tagliare la sezione del tubo e a portarla immediatamente in ospedale, dove i medici sono potuti intervenire, riuscendo a l

    Le condizioni del neonato sono, a detta dei medici, stabili, nonostante qualche contusione. Il bambino è ora tenuto in incubatrice, la n. 59, da cui il nome del neonato “miracolato“, e dalle foto che circolano, sembra stare bene.


    Molte le persone che sono accorse in ospedale per portare pannolini, vestiti, latte artificiale e diverse anche le richieste di adozione pervenute. Circa la madre, le autorità stanno ancora indagando per capire le sue reali responsabilità.


    Ciò che però colpisce di questa storia è l’attaccamento alla vita di questo bambino, la sua voglia di sopravvivere! Davvero incredibile!


    Inutile infine ricordare come questo episodio abbia riacceso la polemica sulla politica delle nascite cinese, ma di questo parlaremo un’altra volta…

    iberare il piccolo.



     

     
     
     

    Pedofilia, abusi e torture sui bambini in video

    Post n°290 pubblicato il 03 Agosto 2014 da perla03_nera

    Operazione internazionale

    Pedofilia, abusi e torture sui bambini in video
    Maxi blitz in tutta Italia: 34 indagati, 2 arrestati

    di Redazione. Categoria: Cronaca

    L’orrore della violenza sui bambini, ripresa e diffusa via web: la polizia di Stato italiana e quella tedesca stanno eseguendo un’operazione internazionale contro la pornografia minorile su internet.

    La Procura distrettuale di Catania ha disposto numerose perquisizioni domiciliari in diverse città d’Italia, eseguite dalla Polizia Postale. Decine gli indagati italiani per avere scaricato e diffuso sulla rete video di pornografia minorile, con abusi sessuali e anche torture su bambini di pochi anni.

    Sono 34 le persone italiane indagate per detenzione e divulgazione di video pedo-pornografici mediante la rete internet. Due persone di Milano e Bologna, di 63 e 43 anni, sono state arrestate in flagranza di reato in quanto in possesso di cospicuo materiale pedopornografico.

    La Polizia Postale di Catania da tempo indaga sul programma peer-to-peer “eDoneky2000″: tramite esso , gli indagati scaricavano e scambiavano i video incriminati.  La polizia tedesca, con cui opera da anni una forte collaborazione, ha condiviso e scambiato con le Autorità italiane i dati utili all’identificazione dei soggetti.

    Uno dei due uomini arrestati è un paramedico di 43 anni, che vive nel Bolognese e lavora in una struttura sanitaria. L’uomo – incensurato, sposato e con un figlio – come gli altri indagati è stato individuato perché aveva scaricato, tramite il software di file sharing, foto e filmati a contenuto pedopornografico. La perquisizione eseguita nella sua abitazione di Imola ha confermato che era in possesso di una enorme quantità di materiale video, con protagonisti bimbi anche piccolissimi in situazioni sessuali definite ‘raccapriccianti’ dagli investigatori della Postale.

    Le perquisizioni hanno interessato le città di Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Como, Cuneo, Firenze, Ferrara, Livorno, Milano, Messina, Napoli, Novara, Pesaro, Pisa, Ragusa, Roma, Savona,

    1 agosto 2014


     
     
     

    Poliziotto eroe salva bimbo sfuggito

    Post n°289 pubblicato il 03 Agosto 2014 da perla03_nera

    Poliziotto eroe salva bimbo sfuggito
    al nonno e caduto nel canale

    Il fiume era carico d'acqua per le piogge cadute in questi giorni
    Il piccolo di 18 mesi trascinato dalla corrente per 100 metri

    PER APPROFONDIRE: Pordenone, Dignano, Spilimbergo, Vidulis, poliziotto, bimbo, roggia, tuffo, nonno


     

    Udine: agente salva un bimbo di 18 mesi

    Sfuggito al controllo del nonno è scivolato in una roggia dove, a soli 18 mesi, poteva morire annegato se non fosse intervenuto un poliziotto che, libero dal servizio, non ha esitato a buttarsi in acqua.

    E' accaduto lunedì in Friuli, a Vidulis di Dignano, dove una passeggiata lungo la Roggia dei mulini stava per trasformandosi in tragedia quando il bimbo è scivolato, sparendo in un tratto largo tre metri e, per via di un piccolo salto, caratterizzato da molta corrente.

    Proprio in quel momento si è trovato a passare in auto un poliziotto libero dal servizio, Giovanni Cancian, assistente capo della Polizia Stradale di Spilimbergo, che ha notato il nonno - in preda al panico e in stato confusionale - urlare "E' caduto, è caduto". Cancian ha iniziato a correre lungo l'argine cercando di individuare il piccolo, temendo fosse rimasto impigliato in qualche radice. L'acqua, inoltre, a causa delle forti piogge, era particolarmente torbida e il fondo melmoso.

    Dopo un centinaio di metri, il poliziotto ha visto qualcosa galleggiare. Si è così buttato in acqua, afferrando il bimbo e portandolo a riva. Il piccolo però non reagiva. Così Cancian, in attesa che sul posto giungesse il 118, lo ha afferrato per le gambe, mettendolo a testa in giù e attuando le norme di primo soccorso che hanno permesso al bimbo di liberarsi dell'acqua che aveva ingoiato. Solo a quel punto, ha iniziato a piangere. Ricoverato in osservazione all'ospedale di San Daniele, il bimbo ora è ritornato a casa e sta bene.

    01/08/2014


     

     

     
     
     
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