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PoEsIa NeLL'AnImA

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NO ALLA FAME... IN TUTTO IL MONDO!

Post n°19 pubblicato il 10 Novembre 2008 da SONOMONELLA1
 
Foto di SONOMONELLA1

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                                              LA  FAME

                                            

                                                     

Svegliandosi all’alba , dopo avere passato la notte sotto un ponte , o su di una gelida panchina , intirizzito dal freddo e preso allo stomaco dei crampi della fame , lo straccione , il mendicante volontario , o qualsiasi altro essere umano che si crede  lo scarto della società civile , vaga nei sobborghi della città , o nelle campagne , in cerca e con la fervida speranza di trovare qualcosa da mettere sotto i denti .

E’ una triste constatazione , una realtà quotidiana , di migliaia e forse milioni di individui dell’intero globo .

“ Padre nostro , dacci oggi il nostro pane quotidiano “ .

Parole sagge , frase che qualcuno quotidianamente pronuncia e forse quotidianamente è esaudito .

Ma coloro , che sono matematicamente certi di sfamarsi quotidianamente , invocheranno lo stesso il “ Padre “ ?  O si limiteranno ad esaudire i voleri dello stomaco , senza pensare alle quotidiane preghiere ?  Sicuramente ve ne sono molti di questi esseri . Dico esseri , perché la fame è il flagello , non solo degli uomini , ma anche degli animali e dei vegetali . Pregherà lo straccione alzandosi all’alba col dolore della fame imposta ?   Pregherà il mendicante volontario , lo scarto della società civile ?  Tutti dobbiamo cibarci , tutti si cibano , chi più chi meno , ma non tutti pregano , non tutti invocavano il pane quotidiano . Se questo ragionamento , sia giusto o sbagliato , buono o cattivo , io povero mortale , non posso giudicarlo , ma penso che un poco di fede nel “ Padre “ ci voglia .

Avranno certamente perduta la fede , in tempo di guerra , la maggior parte degli internati politici , nei campi di concentramento , che avevano la fame e la denutrizione scolpita nelle loro ossa.

Ha perduto certamente la fede , la maggior parte degli uomini che si credono uno scarto della società civile , e che , nel trovare il pane quotidiano , trovano la ragione della loro vita . L’ha perduta certamente quel vegetale rinsecchito  e polverizzato dalla carestia d’acqua , ma non è ammesso , non è concepibile che un essere , che vive agiatamente e che consumi due , tre , quattro e perfino cinque pasti al giorno , non ringrazi quella Provvidenza ; quella fortuna che il “Padre” gli ha dato . Poveri straccioni-asceti , cioè poveri coloro , che si isolano dal mondo , dalla civile società e vivono una loro vita , una vita randagia , senza casa , senza letto , senza fede con attorno il nulla , la miseria , la fame . 

- Dico poveri , non perché essi non posseggono ricchezze , ma dico poveri , perché povero è il loro spirito , povere le loro facoltà , povero , pauroso è il loro corpo , che non sa reagire a tale situazione.

E voglio parlare appunto su questo argomento , perché penso che la fame sia il loro flagello .

- Ho seguito uno di questi individui , dall’alba al tramonto , dalle prime luci del mattino alle ultime della sera , l’ho seguito due giorni , ed alternativamente , tre , quattro , giorni e gli ho visto fare sempre , le stesse cose , quelle cose che un essere normale in tempi normali , non si sogna nemmeno. Però , la principale di quelle cose , era in quell’individuo ,  la ricerca del cibo , la fame spingeva l’essere a vagare , a cercare , a scovare roba mangiabile , senza badare alla pulizia ed all’igiene . Il suo corpo esile e rinsecchito , come un fiore senza acqua , sentiva gli spasmi della fame , il suo stomaco , forse ulceroso , gli dava il segnale mattutino , mentre la sua testa sporca con capogiri e ronzii gli dava l’allarme giornaliero . All’estate , periodo che feci l’indagine , il povero uomo dormiva in un fosso naturale , posto a ridosso di basse e folte piante .

Lo scoprii un pomeriggio , passandogli accanto , mentre l’asceta povero , così lo avevo battezzato , stava cucendosi una specie di giacca di pelle .  - L’indomani , di buon mattino , ripassai sul luogo con la speranza di trovarlo e fortunatamente , era ancora là . Attesi vari minuti , dopo di che il mio uomo , messosi a tracolla una borsa di cuoio sdrucita e preso in mano un ridicolo ombrello , si avviò verso il centro cittadino .

La sua prima tappa , consiste nel rovistare in vecchie scatole di cartone colme di spazzatura lasciate là da qualcuno mano poco civile , e mentre cercava qualcosa di buono , in lui si ravvisarono i primi segni di nervosismo ; non trovò che un limone quasi marcio e lo mise accuratamente nella borsa .

Mi fece camminare più di un’ora e mentre lui si fermava a raccogliere i mozziconi delle sigarette , io prendevo fiato e qualche caffè . Avrei voluto con tutto il cuore , potere offrire al povero uomo , un qualsiasi genere di conforto , ma la mia indagine , mi imponeva il cuore duro . Fece un lungo giro per la città , senza avere mangiato nulla , anche se certamente i crampi della fame involontaria reclamavano qualche cosa : ma l’asceta non aveva trovato ancora niente .

All’improvviso capii dove mi conduceva ; dopo avere allungato il passo , si stava dirigendo verso un mercato . I bidoni dei rifiuti erano colmi di verdure marce , di frutta avariata ed anche di spazzatura . Incominciò la nauseante cernita e si mise subito in bocca una specie di pomodoro , dico specie , perché era un rifiuto del mercato , ed i mercanti non buttano via nulla di buono ; poi continuò imperterrito ad accumulare su di un pezzo di carta , pezzi di verdura , foglie di cavolo , frutta avariata e così via . Il tutto assomigliava ad una natura morta di un qualsiasi pittore . Finalmente si stava sfamando , però quando i netturbini , cominciarono a portare via i rifiuti , l’uomo abbandonò per un attimo la libagione e , con scatto felino agguantò al volo due o tre foglie di insalata che stava cadendo da un bidone in movimento .  La colazione era fatta , la prima fame era forse placata .

Ricominciò la ronda , ricominciarono i caffè , ricominciarono i mozziconi di sigarette .

Si erano fatte le undici , ed il povero essere , sempre solo e senza aver rivolto la parola ad alcuno , si avviò verso le alture della metropoli . Arrivammo presso un convento di frati Cappuccini , anche questa volta capii il fatto ed in più mi resi conto che cosa era la fame , dimenticata dopo la brutta ed avvilente guerra . Davanti ai miei occhi , stava una lunga fila di uomini e donne , giovani e vecchi ,e mentre un frate cappuccino , distribuiva un pane a quei poveri cristi , un altro con fare energico , versava ad ognuno , in una scodella un mestolo di minestra calda.

Non persi di vista il mio uomo , il quale si era già messo in fila per ricevere a sua volta il pane e la minestra , ed in quell’attimo , anch’io fui tentato di avvicinarmi , ma poi decisi di starmene in disparte a vedere la dolente scena . Vi era qualcuno di quegli esseri che mangiava educatamente , mentre altri , sembravano belve affamate , bocca sul piatto , adoperando il cucchiaio a mo di pala , si infilavano in bocca quella mistura di pane e minestra , simili a carbonai quando riempiono una caldaia a vapore . Quella era fame vera , fame arretrata , fame da calmare .

Intanto il nostro povero si era seduto su di un gradino della chiesa , e senza pensarci su ,vuotò la scodella della minestra in una vecchia lama di salsa e sbriciolato il pane in essa , né combinò una poltiglia , che trangugiò in un batter d’occhio .

Fatta l’operazione e restituito piatto e posata , si risedette sullo scalino e dopo qualche minuto di attesa , si sdraiò : certamente intendeva fare un bel sonnellino .

Passarono cinquanta minuti prima che l’energico frate passasse per la piazza a svegliare quelli che si erano assopiti per terra ; era l’ora di abbandonare quel posto .

Dopo la ripida discesa entrammo nel centro cittadino . Ovunque lui passasse le teste si voltavano a vedere , a rimirare quell’essere fenomenale . In testa aveva una specie di bustina militare , vecchia di non so quanto tempo e lercia di non so quale grado , sul dorso teneva una giacca di pelle rattoppata , da dove si vedeva spuntare una maglia verde scolorita , i calzoni sembravano una gloriosa bandiera militare , reduce da cento campi di battaglia , in fine terminava il magro guardaroba , un paio di vecchie scarpe tutte contorte e scoppiate , questi erano gli indumenti visibili di quell’essere apparentemente incivile . In quell’istante mi passò per la testa l’idea del perché quell’essere era sceso nelle vie cittadine . Elemosina non ne chiedeva , ma allora era sceso là solo per fare una passeggiata?  Ben presto però si rivelò il mio assillante pensiero , cioè , quando vidi con stupore e raccapriccio che l’uomo si chinava verso terra a raccogliere con ingordigia , gli avanzi  dei coni gelati , buttati via poco prima dai cittadini accaldati .

E io lo vidi chinarsi più volte e l’operazione era sempre la stessa , operazione disgustosa , incivile , inconcepibile , in una società civile . Il pover’uomo , ogni volta che raccoglieva le briciole di un cono gelato , se le portava alla bocca e le degustava come si degusta un fagiano arrosto ;

certamente per lui , quella era manna caduta dal cielo , era una prelibata merenda , erano i pasticcini del tè delle cinque ; un atto da non compiersi nel centro di una civilissima città .

La colpa non è sua , voi mi direte , la colpa e del suo stomaco , dello stimolo della fame che il suo stomaco trasmette al cervello e fa agire l’uomo in tal senso . La colpa è sua , io vi dico , perché lo stomaco fa parte del suo corpo , il cervello fa parte del suo corpo ; quel corpo che lui inconsciamente ha voluto abbandonare alla miseria ed alla fame .

< Reagisca l’uomo a tali situazioni , non si abbandoni allo sfacelo del suo corpo ; l’uomo deve lottare , conservare con tutte le sue forze l’integrità morale e materiale e soprattutto sociale , del proprio corpo , della propria anima >.

Quello fu l’ultimo pasto che vidi fare al povero-asceta , dopo di che , gli tornò a passo lento verso il suo fosso , verso quel rifugio , che per lui era la sua reggia .

Era il tramonto e le gigantesche ombre nere , calavano su quel pezzo di terra , ed era anche nero ciò che vide in sogno quell’essere affamato ; era un grande cavallo e colui che lo cavalcava aveva in mano una bilancia e mentre il cavaliere passava e le nubi sembrava toccassero terra , si sentiva una voce che diceva : - “ Pane , Acqua ; Acqua , Pane “ .

Per lui null’altro esisteva , non bistecche o tacchino , non caviale o roast-beaf , ma solo pane e acqua , minestra e rifiuti , molti rifiuti , avanzi di altri esseri , scarti di altra gente .

E la storia ricominciava all’indomani , quando all’alba era svegliato dai crampi della fame imposta .

Imposta da chi ?

Non si sa , forse da se stesso , forse dal suo destino segnato o forse imposta da un cavaliere su di un cavallo nero .

Bisogna essere di cuore e dare a chi non ha , sia al singolo individuo , che ad un intera nazione , bisogna combattere uniti questo terribile flagello , perché , e sembra impossibile , vi sono ancora dei popoli sottoposti ad una forza di sotto-alimentazione cronica , e scrive a questo proposito Gino De Sanctis .

 

“ La fame specifica è la più esenziale trincea del grande nemico la trincea inespugnabile perché ingannatrice e occulta “ .

Vi chiederete che cosa è la fame specifica ?

 La fame specifica , a mio modo di vedere , non è altro che il limite massimo , nel campo alimentare, del nutrimento , sia vegetale che animale , di un singolo popolo , dopo questo limite massimo subentra la fame specifica , cioè la mancanza di alimento nei vari strati della popolazione interessata . O per meglio definire , un preventivo che lo Stato o chi per esso , fa sull’importazione ed il commercio  dei generi alimentari . Io penso che con i preventivi si mangi un po’ poco , perciò cerchiamo di allevare più bestiame e di eliminare certe forme di astinenza nelle proteine animali , ecc.. ecc .  E scrive ancora  il De Sanctis : “ Noi occidentali non ci rendiamo conto che i nostri tre pasti regolari e variati , costituiscono una eccezione nel consorzio umano “ .

La maggior parte del mondo si nutre una volta al giorno e con un piatto unico od al massimo , due volte con una alimentazione fissa e monotona , con l’alimento principe , - farina , riso , magnoca ,

-che sta alla base delle diverse civiltà locali . La monotonia alimentare è causa di innumerevoli malattie . Molti popoli a ventre pieno soffrono la fame senza saperlo , sono cioè , decimati , deformati , debilitati da una fame cronica e occulta , che costituisce il canovaccio sul quale le malattie tessono la loro mortifera trama “ .

 

Quando , per uscir di metafora , viene a mancare all’uomo fin nei suoi primi anni o nel seno materno un alimento base , sia la fame occulta o specifica , un certo numero di queste carenze non implicano alterazioni visibili , ma oltre , si manifestano sotto la forma tipica di malattia : la pellagra,

lo scorbuto , il beri beri , il rachitismo ed anche la T.B.C. Queste carenze , trasmesse da generazione a generazione , portano alla decadenza od all’insufficienza delle razze .

L’umanità deve vincere questa battaglia , i popoli devono essere uniti per combattere questo flagello , uniamoci dunque attorno a quelle organizzazioni nazionali , ed internazionali ( come la C.R.I  , F.A.O , ecc.) , che con tutti i mezzi cercano di circoscrivere i patimenti derivanti dalla fame, dalla miseria , dell’ ignoranza .  Perciò valutiamo bene questo flagello , perché la fame uccide negli uomini , il seme della vita , perché la fame , è un preludio alla morte. Anatomicamente l’essere umano è uguale , su tutto il pianeta terra , però socialmente è disgustosamente disuguale , vi sono i ricchi , vi sono i poveri , quelli tra il povero ed il medio , e tra il medio ed il ricco , i poveri che diventano ricchi , i ricchi che diventano poveri ; ma io dico che la ricchezza stà nell’avere l’animo buono , la base essenziale è il reciproco rispetto e aiuto . Perché mettendoci davanti allo specchio , ci accorgemmo di essere tutti uguali , i maschi da una parte , le femmine dall’altra , i magri o i grassi , gli alti od i bassi , ma tutti uguali , di diverso abbiamo il ceto sociale , cioè quella fortuna o disgrazia , di avere o non avere denaro , di essere nato con la camicia o di non averne mai usate;

ma in certi casi , il denaro proprio non conta , e ve lo dimostrerò qui in appresso .

“ E quando ebbe aperto il quarto suggello , io udii la voce della quarta creatura vivente che diceva : - Vieni . Ed io vidi , ed ecco un cavallo giallastro ; e  Colui che lo cavalcava aveva nome la Morte ;

e gli teneva dietro l’ Ades .

E fu loro data la potestà sopra la quarta parte della terra di uccidere con la spada , con la fame , con la mortalità e con le fiere della terra “ .!!!

 
 
 
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