Giuseppe Ligresti

Poesia

 

POESIA E MUSICA

Le lettere d'amore(Vecchioni canta Fernando Pessoa)

http://www.youtube.com/watch?v=xnslQaGKj44

Confessioni di un malandrino(Branduardi canta Esenin)

http://www.youtube.com/watch?v=E3GI_ysk4MA

Bene (F.De Gregori)

http://www.youtube.com/watch?v=bo3Kl3KBgrk

Incontro (F.Guccini)

http://www.youtube.com/watch?v=s31PuZ6TUQk

La canzone del padre (F.De Andrè) 

http://www.youtube.com/watch?v=w75KaCK9MQo

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

AREA PERSONALE

 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

IO SO...PIER PAOLO PASOLINI

 

PASOLINI-I MEDIUM DI MASSA

 

PASOLINI,SABAUDIA E LA "CIVILTA' DEI CONSUMI"

 

CARMELO BENE -SU CHIESA E CATTOLICESIMO

 

LETTERA DI LICIO GELLI

 

PASOLINI INTERVISTA UNGARETTI

 
 

PASOLINI SU MARILYN MONROE (DA LA RABBIA)

Del mondo antico e del mondo futuro
era rimasta solo la bellezza, e tu,
povera sorellina minore,
quella che corre dietro ai fratelli piu' grandi,
e ride e piange con loro, per imitarli,
e si mette addosso le loro sciarpette,
tocca non vista i loro libri,i loro coltellini,
tu sorellina piu' piccola,
quella bellezza l’avevi addosso umilmente,
e la tua anima di figlia di piccola gente,
non hai mai saputo di averla,
perche' altrimenti non sarebbe stata bellezza
Spari', come un pulviscolo d’oro.
Il mondo te l’ha insegnata.
Cosi' la tua bellezza divenne sua.
Dello stupido mondo antico
e del feroce mondo futuro
era rimasta una bellezza che non si vergognava
di alludere ai piccoli seni di sorellina,
al piccolo ventre cosi' facilmente nudo.
E per questo era bellezza, la stessa
che hanno le dolci mendicanti di colore,
le zingare, le figlie dei commercianti
vincitrici ai concorsi a Miami o a Roma
Spari', come una colombella d’oro.
Il mondo te l’ha insegnato,
e cosi' la tua bellezza non fu piu' bellezza.
Ma tu continuavi ad esser bambina,
sciocca come l’antichita', crudele come il futuro,
e fra te e la tua bellezza posseduta dal potere
si mise tutta la stupidita' e la crudelta' del presente
te la portavi sempre dietro come un sorriso tra le lacrime
impudica per passivita', indecente per obbedienza.
Spari' come una bianca ombra d’oro.
La tua bellezza sopravvissuta del mondo antico,
richiesta dal mondo futuro, posseduta
dal mondo presente, divenne cosi' un male.
Ora i fratelli maggiori finalmente si voltano,
smettono per un momento i loro maledetti giochi,
escono dalla loro inesorabile distrazione,
e si chiedono: “E' possibile che Marilyn,
la piccola Marilyn ci abbia indicato la strada?”
Ora sei tu, la prima, tu la sorella piu' piccola, quella
che non conta nulla, poverina, col suo sorriso,
sei tu la prima oltre le porte del mondo
abbandonato al suo destino di morte.

 

PASOLINI:HORROR DREAMS

 

 

da "Ritagli antelucani"

Post n°34 pubblicato il 19 Febbraio 2013 da pierpaolopasolini3

* * *


Quale primavera mi attende
in questa aiuola desertica, in questa desolata terra,
su questo trespolo ove piamente affondo la mia fetta di culo.
Vivo, in questo podere, per metà fantastico,
tra queste stradine per metà pisciate dai cani,
tra le quisquiglie fraterne
che ammazzano se non il tempo
quantomeno l’asfissiante retorica quotidiana.
Vorrei di certo ancora empirmi il gozzo
e infradiciarlo di borgogna,
ma un istinto primordiale mi illumina,
rischierei di soffocare
se mi giungesse per ricordo un groppo in gola.
Questa primavera stinta, con le sue stinte sere,
darà tregua a questo spampanato ardore giovanile,
a questo affresco che troppo abbaglia e troppo inquieta.
Ai venditori di sogni, raccolti nella loro Giudecca,
ahim
è, non chiederò più fortuna,
la cornucopia ha già troppo slabbrato,
sterco e mirtilli, sinuose Arpie.
Con questa rauca voce, la rauca voce dei defunti,
invoco il mio commiato,
per tutto il resto ho lasciato qualche verso,
tra gli orpelli in una notte d’opale.



* * *

Quando Vascelli prosaici
raggiungeranno le Memorie
- il corollario purpureo delle fasi mistiche -
l’Ombra si schianterà tra i Diaspri,
nell’enfasi sacerdotale di una predica serale,
là dove i crepuscoli ostentano
la meraviglia celeste.
È ora un mozzo di bordo,
Sovrano del mio Sogno apocalittico,
a regnare i flutti;
angarierà il Nocchiero,
l’anima sua si farà Antartico
per sfiorare i corpi cosmici.
Ma non sarà mai abbastanza la distanza
dal magma ai bordi stellari,
dalla barriera corallina, miopi,
decifreremo appena il Tetragramma. 

* * *


Ricordi, o mia cara, la putredine di quei giorni
che rassomigliava all’impasto della gloria,
di quella conchiglia nel Baltico 
che ci invitava sino in fondo a fornicare?
Chi è più ghiotto, o mia signora,
il demone che squassa oggi le labbra
o il verme che succhierà al tuo seno tra gli ossami?
A volte un aedo mi incanta e mi canta di Sogni,
ma può l’imperituro zufolo
penetrarmi al senno con tal ferocia,
può ancora impallidire il languido volto di un morituro?
A volte dio mi bacia le labbra,
ma può una sola rondine
scorticare l’annosa pelle strinata sul rogo dall’alta fiamma?
Altre volte mi addormento,
e tra i cieli fiorisce un’amante
che mi offre le sue carni lebbrose.

 

* * *

 
La notte d’inverno è segreta,
ghirigori di lacci emostatici,
un carme a Satana
e un ode a Eloah,
salmodiati dagli accovacciati
al cantuccio di un Delubro.
Non badate ai defunti,
in ghingheri passeggiano l’Ade,
pensate all’immane Martirio,
assoluti si assiste al linciaggio
di anime impure,
occhi sovrani redimono
quei corpi celesti coronati di alloro.
E quanta bellezza c’è
a non saperci di carne,
a non saperci eterni
se non nell’atto sacro
di vituperare la Vita.
Chissà quale Artaud mi trapassa
al tremore suadente dell’ultimo inganno,
quando sguinzaglio nell’antro
la Bestia che ride di me.



* * *

Quali ore rilucono
in queste frescure di primavera?
San Giovanni è sempre lì,
a corpo nudo,
e così io, denudato,
così i risolini delle vecchie
che con le calendule al braccio
vanno al passo del mio viso
quasi inumato.
E potrà mai l’ombra del ginepro
rinfrescare le arsure che ardono il mio Canto?

Saprà mai qualche ciuffo di strame
farsi amaca per il tuo torpore?
Ah, venisti anche tu quel 17,
anche tu con un mazzo in mano,
non ricordo se portasti
camelie o petunie
o se anche tu raccogliesti calendule,
ma di ridarella mi morivi
per i campi, e poi giù, tra i cespugli.

 

 
 
 

da "Attestati di Morte"

Post n°33 pubblicato il 07 Gennaio 2012 da pierpaolopasolini3

Sdraiati su una stella

fornicavamo,

sfidavamo il dileggio

farcendo le bocche d’una densa saliva,

e nulla era così chiaro

come il bagliore di quella luna.

 

Ah notte,

divoravi l’aria,

e tu, mia cara,

lo senti ancora l’ansante respiro

dimorare ai tuoi seni?

 

Nessun sangue poteva annerire il colore di un sogno,

l’etere ci sembrava d’improvviso così vicino,

ed estasiata affondavi i colpi,

ed io

ti incoronavo,

divenivi d’un tratto

grano per il mio campo,

orchidea

che ornava lo steccato;

 

ed io non ero più selvaggio

e bianco e dorato

ora apparivo,

splendevo quasi dello stesso bagliore

di quella luna.

 

Poi disumanamente si fece giorno.

Ed il grano mutò in falce.

 

----------------------------------------------------------------------

 

Miei baci,

scoloriti, invecchiati,

danzate ancora come diavoli volanti

sulle aureole delle peccatrici infanti?

 

Ah, come mi ricordo

quando il murmure incessante delle foglie

intonava la melodia dell’amore,

e dopo ancora

il vento,

che mi alitava alle orecchie

parole mortuarie.

 

Un pino, un grosso pino,

svettava ai bordi dell’autostrada,

come un fulmine sul cielo di Bahia,

e io non lo vedevo nascere,

lo vedevo sul retrovisore, svanire,

poiché non ho mai visto nulla nascere

ma tutto morire!

 

Vento,

che mi aliti ancora all’orecchio parole mortuarie:

 

“Ho freddo questa notte

e i miei pensieri tremano di sangue”.

 

----------------------------------------------------------------------

 

Non credere a un amore fisico, carnale,

percepiscimi come amore etereo,

consumerò ameni pensieri

fra i sepolcreti delle mie visioni,

mi vedrò sdraiato accanto alla tua figura

ridotta a frantumi di specchio

conficcati alle pareti del cervello.

Crolla il tramonto per violentare notti,

e tenebre, figlie di questo quotidiano stupro,

verranno a sigillare il disamore.

E lussuria campeggerà nell’atrio

come le stridule voci dell’Inferno

che designeranno vergini sentieri

quando rinsecchite appariranno

a te le mie passioni.

 

“Cercami o Morte”,

e candido ti

sembrerà il mio volto.

 

----------------------------------------------------------------------

 

Quanta gente

si adagerà alla terra,

come uno scoppio d’allegra morte,

senza lasciare

traccia, Parola,

di quel feto seccato?

 

Sonnecchiando tra le polveri

rimarrà adesso immortale

a osservare il buio fitto

di un rimorso,

a veder fiorire

agli angoli della bara

le nere tele dei ragni

che di lì a poco

domineranno incontrastati

in un regno non più Regno,
ma visione
di un uomo senza Storia.
  

 
 
 

da "Attestati di Morte"

Post n°32 pubblicato il 07 Gennaio 2012 da pierpaolopasolini3

L’attimo carnale seguì le intenzioni,

quando accasciati tra l’erbetta ancora vergine

vagheggiammo la ricerca di un ideale.

E non bastò la Fantasia,

il corpo era già Mito,

un’atmosfera non più terrena

mi mise davanti agli occhi il Proibito,

ed io con le mani che pulsavano sangue

non mi trattenni

nell’afferrare la tua gola

e bere da un calice il tuo nettare ancora giovane,

nel proporti il cuore, come olocausto.

Le tue vesti divennero ad un tratto la mia coltre

e mi ritrovai a scavare il tuo vigore,

accarezzai l’Attimo,

accarezzai l’Infanzia,

e divenni parte del mio stesso Seme

quando ti raggiunsi nell’orgasmo.

 

Poi mi sembrò arrossita anche la luna,

mi sembrò caldo persino l’etere,

ed io offuscato dalla mia quiete

giunsi a patto con la Morte.

 

----------------------------------------------------------------------

 

Un po’ più in là della Fantasia

c’è il Tuono,

i ragazzi seduti al lumicino

che si vegliano inconsapevolmente

tracciando univoche forme d’Amore

per chi li disegna prossimi caduti.

 

“Detto tra noi”

c’è il concavo librarsi d’ali,

lo scuotere repentino della Paura,

che impigrita, dimora la Carne.

E poi un crogiolare ritmico di epiche visioni

ad impossessarsi del proverbiale ansimo

che percuote un Uomo.

 

“Sii per me

ancora la brezza mattutina,

finestra che s’apre all’aurora

e schiude all’annerirsi del cielo,

quando ancora di te voglio inebriarmi

e impastarmi

come la merda sotto gli zoccoli dei cavalli,

come l’angoscia

che mi nuoce

per la tua scellerata inconsistenza”.

 

----------------------------------------------------------------------

 

Sognavo ancora...

e una falce già squarciava il mio silenzio!

In cielo gemmavano ardenti stelle,

una fucina arroventata forgiava il ferro delle armi,

e ai piedi - un mantello intriso del sangue regale -

copriva il putridume.

 

Parigi era lontana,

il vento libico rabbrividiva in spari

che bagnavano i crani così dolcemente.

 

E tu, folle Amante,

palpiterai per bocca altrui,

i tuoi seni risiederanno in altre mani

per riposare in due coppe d’oro

e capezzoli d’oro allatteranno un’intera nazione

che diventerà Rivolta.

Un Popolo dalle moschee

guiderà l’Oriente

e vessilli si pianteranno a Corte.

 

----------------------------------------------------------------------

 

Perdermi nel silenzio straziante

per non chiedere carità,

né ai venti, né agli infiniti,

per raccogliermi

tra i tuoi capelli a tinte d’oro,

d’oro, come graffi di Van Gogh.

E dirmi cosa c’è al di là del grano,

dell’infinito grano,

cosa c’è al di là degli occhi,

al di là della mia sempiterna solitudine,

se non la visione al crepuscolo

della vita mia, degli anni miei,

dissolti al lume della tua presenza.

 
 
 

... da "Attestati di Morte"

Post n°31 pubblicato il 07 Gennaio 2012 da pierpaolopasolini3

Credevi a un malato tisico?

Invece no, vivo ancora!

Con la mia toga,

con la stessa voglia

di difendere il mio Delirio,

con le mie muse

che a volte arrivano,

violentano le mie sillabe

e inaspriscono le mie vocali

fino a stuprare l’Istante.

E vanno via

leggere

come l'Incanto,

-distrattamente distratte-

distruggendosi in un Tempo

per giocarne il Tormento,

pregando a Dio un giorno ancora

per provare a squartarmi,

per giungere al mio Urlo.

E così mi concederò

nel mio Maggio

bruciando nel rosso, nel terrore 

d’essere apparso una canaglia.

 

 

----------------------------------------------------------------------

 

Quegli occhi così azzurri

splendevano

di una Bellezza cadaverica.

 

Fiammeggiante, atavica,

girava, rigirava

tra le colonne sacre,

poggiava gli zigomi ad un capitello.

E io immaginavo di mostrarla nuda nelle trincee

o di vederla nuda

nella nostra alcova muta.

In mezzo al Tempo

giacevo con la lussuria intellettuale

predicando le distanze che

mi allontanavano da Dio,

mostravo solidarietà

per quella Dinamo disarmante

che convertiva ora il mio allarmismo, il mio Golgota,

in emozioni sub-umane,

che sfiorava appena il mio orecchio

-il silenzio ubriaco

degli estratti d’oppio-

con l’idea di estasiarmi

nel focolaio del Linguaggio nuovo.

 

Wall Street faceva ora

il bello e il cattivo tempo

e i ragazzi danzanti

si scambiavano nell’arena

baci languidi

e masturbazioni cerebrali.

 

Quegli occhi così azzurri

splenderono d’un tratto

di un’Assenza cadaverica.

 

----------------------------------------------------------------------

 

Insoliti decadenti bisogni

vennero a colpirmi 

in quel cielo di pura estate.

Venne il momento di esorcizzare i miei istinti

e non importava se il vino rosso ardeva il ventre

o se era solo un vizio quello di credermi morto;

esigenze, dolori e ancora illusioni

colpirono i miei orizzonti.

 

Genuflesso a un altare,

al Ricordo,

sprigionai la mia voce:

“Cala su di me

Tenebra ottemperata dal dolore,

raggiungimi in questa spiaggia deserta

e toccami con la Luce,

e io, naufrago di un mare in solitudine,

avvisterò immaginifici vascelli

che solcano le onde

e i rimpianti,

per inabissarsi nell’indaco

e fra le alghe della memoria”.

 

Accadde per la prima volta

che Qualcuno mi stesse a sentire

e un rantolio infinito inquinò quei dolci istanti:

Dissestare le radici

e dissacrare il Tempo

per scrutare la Potenza di Dio.

 

----------------------------------------------------------------------

 

Fu in quel giorno d’inverno,

mentre i fumi s’alzavano lesti verso cielo,

verso quel cielo che rendeva promesse,

che la vidi ai miei occhi come una reliquia,

e lei 

saltellava fra la onde e il mio giudizio.

Poi, capitò di perderla nel caldo dell’estate,

il vento che batteva ad occidente,

verso Sud,

cambiò d’un tratto direzione,

fino a spargerla come petali caduti

su un campo bellico, gelido più del marmo.

La portò a danzare altrove,

a Salonicco, a Lisbona,

scommisero di averla vista passeggiare

per le vie di Pigalle

e muovere i passi fino all’Irriconoscibile

gusto della vittoria.

Ed io stetti ancora lì

come quel giorno d’inverno,

ad assaporare l’ebbrezza di un ritorno

divenuto oramai stridente

come il suono degli addii.

 
 
 

da: "Dall'invettiva all'io"

Post n°26 pubblicato il 02 Giugno 2010 da pierpaolopasolini3

Io diverso

Sono carne da macello, io!

Non sono mai angelico,

ma pedante di cadaverici ideali,

bivacco nell’esistenziale mia voglia di sapere

e vita e morte mi distinguono da Dio.

Il ricordo trapassa la carne,

raggelato dagli odori sempre uguali

che fanno i morti

mi rendo estraneo al mio tempo,

e occhi attenti non possono che prestarsi

a versi bellici e testi di preghiera.

Ad infingarda donna restano gli avanzi

e mi regala pugnali ad occasione. 

 

 

Indizi                      

Fra il temporale e le nubi

scorsi il senso,

ma non il vostro.

Non trovai stelle o indulgenze

né il vizio d’atterrire;

delirante, attraverso gli spazi,

incarnai la mia voluttà,

riscoprii il genio e il mendicante che è in me.

Indizi che riflessero la mia sacralità. 

 

 

 

L’uomo affranto 

Quale musicalità accoglie le nostre orecchie

quando siamo avvinghiati alla solitudine,

quando i nostri non-sensi

ostacolano le lucide metamorfosi della quotidianità?

 

Oh nuova condizione,

mi spingi ad affondare nell’antico

per sentirmi meno forte di un tempo

o più giovane del tempo.

 

Ove declinano le acque

si posa il mio focolare,

nelle prime serate di maggio

quando l’aria è ancora fresca

ed entra gelidamente al senno,

laddove ancora le zanzare

non si posano alla pelle

e non si mischiano al mio corrotto sangue,

dove tutto manifesta desolazione o quiete.

 

È oggi solo un uomo affranto

che scrive alla storia

passioni reali o vite.

 

 

Complicità 

La complicità dei corpi

ristagna nell’abisso del pensiero,

domani ingenui e passati scialbi

guardano il colosso oramai medievale

del credo mio fanciullesco.

Vecchio, come un bastione innalzo

la mia trincea alla sprovvedutezza

di colei che scava e dissesta le mie radici. 

 

Tregua

 

Nessuna cosa può mutare

il male che porto in groppa,

nembi aleggiano vorticosi

sul mio futuro

e la brughiera è già invasa

dai soliti massacri.

Non riponete in me speranza,

tra i corbezzoli riposerò,

e il nettare fruttuoso

di scarlatto sangue

colerà di maggio

sul restio carcame.

 

 
 
 

Corpus Domini

Post n°25 pubblicato il 02 Giugno 2010 da pierpaolopasolini3

 

Oh, quant’è borioso il fanciulletto

quando il sole d’estate strappa alla pelle

fantasia e gemme di malinconia

nelle ore fugate all’aurora.

Nessuno pensa, nessuno ride

di questi capelli cerchiati d’avorio,

nessuno elude lo sguardo dagli occhi

che brillano d’incustodita scaltrezza,

tutti si soffermano, danzano ai saluti,

e io denudo il mio intento d’essere

così estraniato dall’apparire.

Non ho mai ignorato il corpo né la morte,

e il fresco pessimismo dell’età giovanile

appare ora come nolontà.

Riverbera lo specchiarsi del sangue annacquato

nella pienezza mia divenuta grazia

corrotto nei rivoli rossi

più rossi del vespro che insegue la notte.

Oh lucente brezza,

ti annodi alla gola

se luce viene meno al primo mattino,

se i temporali annidano stanchezza alle piogge

e quando bestemmia é osannare

la roccia, San Pietro.

Quando il corpo abbandona la gogna

il mio sesso diviene morte;

ma quando il mio volto si fa scandalo

e tuona alle primule come aria leggera?

Bella e funesta èra, garzoncella sedicente,

ti posi ancora al pilastro di quella Chiesa?

Com’è  chiara la logica del trapasso

dal mio “io” al mio tempo,

invettiva urge per calunniare i vinti,

“Cristo mio”, sei venuto e non ti abbiamo udito

se non nel Tuo flebile spirare;

io bestemmio e la croce si dissesta

e seminudo Tu implori il mio dolore,

ormai hai capito il pudore

e compassione chiedo al Tuo respiro.

Solitudine, mia greve solitudine,

barbaro è strascinare il passo,

nomade la passione,

ma tu non arrossisci nello starmi al petto

e stretta alla vita mi stringi, mi incanti

e mi cingo allor della fida tua allegria.

 

 
 
 

Fratelli

Post n°23 pubblicato il 02 Giugno 2010 da pierpaolopasolini3

 

Fratelli

 

Tu fratello, che t’annerisci al picchio del sole africano,

e tu che ti strascini fra i monti d’Alsazia,

di nostalgia muore nei campi e tra le mani dell’aratro

la vostra sfiancata stanchezza

proletaria, sottoproletaria, schiava.

Alle narici la polvere, la terra dei padri

come l’asfalto indurito delle vie enormi

della Capitale, di Milano, di Genova,

così l’immagine stridente dell’uomo medio

che macina il proprio tempo a rincorrere

la rabbia e poi ancora l’odore dei porci,

l’appartamento e il verso della civetta.

Le rogge versano sangue alle sorgenti

in ogni crepuscolo del giorno,

salubri alle vene elitarie del padrone,

e come la sacerdotessa di Ecate

il primitivo borghese realizza riti di fertilità,

e riemerge dal seme il seme,

dal denaro il denaro.

Le frescure delle dodici, degli olmi,

ricuciono la morte alla vita,

mani unte di salumi, oli e spezie,

imbrattano le labbra, gli zigomi, gli aliti

delle schiene spezzate;

sogna le cosce dell’amante,

con occhio semichiuso, disteso nei suoi stracci,

lo sporco contadino,

sogna anarchia, evasione, il vino,

o forse solo ripresentarsi al grembo

l’illuso contadino,

e s’assopisce a vana attesa.

Poi ancora ritorna l’ora di lavoro,

morte e ancora morte,

sorte selvaggia e bastarda,

la storia non muta

e la terra dà ancora frutti,

ma ancora morti

che addolciscono il mare

e rendono deserti i camposanti;

è pietra scolpita, la vita,

nei campi s’arrossisce di vergogna,

ed al cuore resta un grido represso.

E nelle case si attende il pane.

 

 
 
 

da "Un cielo rivestito d'altre stelle"

Post n°19 pubblicato il 02 Giugno 2010 da pierpaolopasolini3

***

Avvolto in veli rugosi
scavo ogni giorno il domani,
peccato che la mia vanga
sia troppo corta per scorger lontano.
Poco aggraziato strascino i miei passi,
la ricerca di Dio
mi getta tra rive nascoste,
fra plumbei scogli che ho sempre vissuto;
troppe navi ho visto
attraccare a quei moli
troppo sangue è passato
tra queste mie mani.
Sono io
il vecchio che vedi alla sera
bighellonare tra le vie del centro,
cianciare di cose mai viste,
e m’accompagno di solitudine
giù per contrade
fino a scoprire l’arrugginita inferriata
e osservare le memorie di vecchi “Tre Sette”,
alla vista celata di vecchi cipressi.
Sono oramai le due,
non c’è più luce
per un vecchio contrabbandiere,
che la notte non mi abbandoni,
ho ora paura di addormentarmi,
rimango tra i beceri scarti
ancorati alla vita.  

***  

Quando Roma investe la notte
nei suoi segreti sguardi
il confine più oscuro ha faccia d’assassino,
e nel volto magro del cristo risorto
inveisce con l’ardore amato
la vita moribonda che cede il passo.
Nelle pagine ignare dell’avvenire
tracciasti un filo di vergogna
e se l’uomo è talmente solo
non è stato mai così in pericolo.
La realtà ti sputa in faccia
il bordello delle tue passioni
e nella ricerca della verginità
scopri l’allettante voglia di rivalsa;
ecco l’erboso suolo tingersi di rosso,
ecco l’omertà venire avanti per mano degli ignoti
ecco l’illusorio amare di una bestia
soprassedere sugli avanzi del cuore.
In grembo portasti voci che deliberavano sentenze,
che parlavano come il pazzo sul ponte di Trastevere,
ma perché mai non sapesti di quell’aperto spiazzo
e di quell’inumano grido che già portavi in tasca?

***

Io cerco la guerra
ma trovo solo l’Oriente,
tra i visi nascosti di piccole bestie,
il volo c’è stato ma è stato ignorato,
il primo ministro ha la pancia profonda.
C’è chi lancia la palla oltre il confine
tra le pozze di piscio straniero
e nell’attesa del lesto ritorno
rimbomba un fragore annunciato.
Letti ora caldi di sangue versato,
per delle assenze frugate nel vuoto
l’orrore non canta le gesta
ma i resti raccolti, dal padre in pensione.
L’urlo è assordante,vedove e madri,
l’odio stretto tra i denti, come macerie.

Basteranno mai i tuoi semi di ginestra
sparsi tra gli obbrobri di Baghdad?  

 

*** 

Tra la fitta nebbia odor di rugiada
ecco l’usignolo a cantarmi la notte,
il sacrificio perenne di me crocifisso
è quando finisce e ritorna
al delirio quotidiano.
L’oscuro mio sentimento
battezza le passioni delle mie sere
e lungo il passeggiare indomito
sugli avanzi del tempo,
il cuor mio gramo
per cose mai vedute
estende il passo ad occidente;
e quando dalle finestre adornate
si sente il caldo appiglio d’odor natalizio
tutto ciò è un oltraggio alla mia intelligenza,
perché se il morir è ormai maturo
nei campi, come nei campi di calcio,
l’uomo medio assume contorni di sottoproletario.
Così riprendo i miei borghi,
le feritoie della mia generazione
e come l’homo ricerca
la brutalità nell’uomo vile,
io ricerco in lui la dolcezza
per l’uomo amato.

 
 
 

da:" Un cielo rivestito d'altre stelle "

Post n°1 pubblicato il 08 Ottobre 2009 da pierpaolopasolini3

***

Non ho invocato il paradiso
per sfociare nell’ultimo assillo,
ho ricercato vesti danzanti
nel cuore di Gerusalemme,
ma il tempo che stride alla suola
fa il rumore del sogno disperso
e nello sguardo ombrato dal vuoto
ho generato ali di poeta.

*** 

Nel “dialettale” posseggo la forza del divino,
ma fuori le mura riscopro la mia gracilità;
perché mai la terra mia
è così distante dall’universo
e il cuore un passo ombroso che recita messe?
Io guadagno le mie ore nel frugar la mia mente,
e nel colonnato rinvenire del tempo amato
siedo con la daga puntata al mio costato
e mi penetra come un fallo d’acqua santa. 



***

Satana è gentile
mi ha offerto un biglietto per l’inferno,
scredita i miei mali
e mi offre del vino invecchiato.
Io devo solo donargli il culo
sbattermi troie di regime
ed emanciparmi nel sodalizio della morte,
e ancora professare il mio stato di poeta
scrivendo per lui lettere d’amore,
chissà quante cose belle avrà da dire,
chissà quanto lunghe sembreranno le sue corna.
Carver mi ha scritto:
“Gesù è bellissimo,
ha detto che mi strappava gli occhi
se venivo quassù a scopare”
e io gli credo,
anche a me ha suggerito
di continuare a rimanere casto...

le chiavi della galera
sono già smarrite.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: pierpaolopasolini3
Data di creazione: 08/10/2009
 

ATTESTATI DI MORTE

 

Leggere Attestati di Morte di Giuseppe Ligresti è un’esperienza odeporica, in cui il viaggio del Poeta assume tinte immaginifiche ed una consapevolezza che ci rimanda a Borges, quando scriveva che "la morte è un’usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare". Ligresti possiede il dono di consegnarci dei versi che contengono solidi impasti, e chi è in grado di assaggiarli, saprà assaporare perfino i più dolci elementi – amalgamati con cura – nel suo panem amarum che costituisce Attestati di Morte.


Tratto dalla postfazione  "Fino a farsi Luce" di Eugenio Patanè

 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

ilcamminatore6117la.vegetarianacassetta2gabriele_78blackdream2pierpaolopasolini3farfallanarranteIncosciente2.0yes69francabarone1960Quin5stonehenge_2012laudanikmaury_60
 
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

LA TERRA DI LAVORO-PIER PAOLO PASOLINI

 

LE CENERI DI GRAMSCI-PIER PAOLO PASOLINI

 

LA PROFEZIA-PASOLINI

 

ALLA MIA NAZIONE-PIER PAOLO PASOLINI(V.GASSMAN)

 

DARIO BELLEZZA LEGGE SE STESSO 1/3

 

DARIO BELLEZZA LEGGE SE STESSO 2/3

 

DARIO BELLEZZA LEGGE SE SETSSO 3/3

 

DINO CAMPANA-A UNA TROIA DAGLI OCCHI FERRIGNI

 

HO SCESO,DANDOTI IL BRACCIO-MONTALE

 

INNO ALLA MORTE-UNGARETTI


Amore, mio giovine emblema,
Tornato a dorare la terra,
Diffuso entro il giorno rupestre,
E' l'ultima volta che miro
(Appiè del botro, d'irruenti
Acque sontuoso, d'antri
Funesto) la scia di luce
Che pari alla tortora lamentosa
Sull'erba svagata si turba.

Amore, salute lucente,
Mi pesano gli anni venturi.

Abbandonata la mazza fedele,
Scivolerò nell'acqua buia
Senza rimpianto.

Morte, arido fiume...

Immemore sorella, morte,
L'uguale mi farai del sogno
Baciandomi.

Avrò il tuo passo,
Andrò senza lasciare impronta.

Mi darai il cuore immobile
D'un iddio, sarò innocente,
Non avrò più pensieri nè bontà.

Colla mente murata,
Cogli occhi caduti in oblio,
Farò da guida alla felicità.

 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963