Mi alzai. Tossii. Mi venne un conato di vomito. Mi infilai lentamente i vestiti. "Mi fai sentire uno zero", le dissi. "Non posso essere così tremendo! devo avere anche qualche lato buono!". Finii di vestirmi. Andai in bagno e mi buttai un po' d'acqua sulla faccia, mi pettinai. Se solo potessi pettinarmi anche la faccia, pensai, ma è impossibile. Quotidiani deliri e farneticazioni di un povero stronzo.
SILVIO L'INVINCIBILE, NEL NULLA LI BATTE D'ESPERIENZA
Post n°260 pubblicato il 11 Gennaio 2013 da chinasky2006
Una serata attesissima, emozionante, che solo all’idea del suo orrore grottesco faceva arrizzare le carni ed erigere i peli delle pudenda anche agli implumi: Berlusconi da Santoro. Il tiranno negli studi del suo più grande avversario politico nell’ultimo ventennio. L’unico vero. Voci disparate, scommesse dei bookmakers, ipotesi fantasiose: impazzirà prima della mezz’ora, avventandosi come omino in trance su Travaglio e ruzzolando maldestramente tra il dileggio della folla bolscevica, secondo alcuni. Altri pronosticavano invece l’intervento d’infermieri con camicia contenitiva d’ordinanza al 73esimo “comunista” urlato, o un più improbabile (visto i lodi vari) intervento dei gendarmi a cavallo nei minuti di recupero. I più romantici utopisti si spingevano fino all’intervento dei barellieri a seguito di un prolasso cardiocircolatorio attorno al 53’ minuto. Attesa spasmodica come non si vedeva nemmeno per il Festival di San Remo ai tempi di Nilla Pizzi o per le “Notti Mundial ‘82”. Innanzi agli studi due ali di gente per un red carpet stile Festival del cinema eroticomico di Aquisgrana, disperati senza casa e anziani con dentiere semoventi assiepati fin dalle prime luci dell’alba. Sono i genitori di quelle che nel 1986 strepitavano per l’arrivo dei Duran Duran all’Ariston. Urletti, schiamazzi e decibel alle stelle all’arrivo del Messia, che saluta con un fiero sorriso. E’ tesissimo, con la mascella in vetroresina contratta. Come i calciatori che percorrono il tunnel prima di entrare in campo. Scrolla anche la gamba, per sciogliere i muscoli, e gli parte la rotula di compensato. Ma l’emozione è a mille. C’è pure la stretta di mano, come prima di un match pugilatorio. In un momento di, rarissima, lucidità mi domando: Perché tutto questo clamore verso un uomo che ha distrutto il paese mettendolo alla berlina, economicamente e moralmente, del mondo intero e che faticava a raggiungere il 14% dei voti? Perché offrirgli ancora un palcoscenico in cui inscenare le solite sceneggiate da guitto, in cui germoglia il consenso dopato dei suoi “mentalmente svantaggiati” elettori? Facile, psicologicamente, non sappiamo stare senza Berlusconi, senza il male. E lo aiutiamo nella sua missione, anche quando è ormai una mummia cadente, umiliata e sconfitta. Entra, con cartella clinica sotto il braccio, avvolto da una luce cobalto. Vergini e ragazze con meno di 21 anni sono messe immediatamente al riparo. Si è preparato benissimo, dicono, studiando la parte assieme a dei figuranti di Forum. I preparatori atletici di origine prussiana gli hanno somministrato ventisette dosi di essenza vitale di unicorno albino, lucertole tritate delle Galapagos e bacherozzi sacri dello Yucatan. E’ rimesso a nuovo fisicamente, dopo un anno trascorso a rigenerarsi nella cripta della vita eterna. Come Rocchio 76 si ripete: “Ci ho i pugni nelle mani! Vado in trasferta! Sono un leone!”, i medici si guardano, interrogandosi se non abbiano esagerato col rinvigorente. I suoi occhi ormai siano una fessura di serpente, che fatica a muovere quasi fossero di cristallo. E’ arduo per il pur bravo Santoro, sibillino e paraculante, il compito di metterlo alle strette. Lui, di strette, conosce solo le passere. E’ come trovarsi finalmente di fronte ad una bellissima donna su cui si è fantasticato per anni, nuda, sul letto. Il rischio cilecca con salivazione azzerata, per l’emozione, è altissimo. Gli mettono di fronte anche la giovane e brava Innocenzi, per fargli perdere la testa. Lo lavorano ai fianchi sperando che in preda ad uno dei suoi raptus si denudi, inviti il pubblico a un trenino dell’amore. Niente, regge alla grande al logorio psicologico. La Costamagna, dopo aver dilaniato come una sanguinaria jena la carcassa di Di Pietro, al suo lucente cospetto pare inebetita e sbiascicante. Persino Travaglio, nel suo pezzo iniziale, ostenta un imbarazzo infantile, un ragazzetto alla prima comunione che legge una preghierina innocua contro l’inesistente Demonio. Ma è lì, cazzo, il Demonio. Per una volta. Santoro continua a stilettare, sornione, e quello rintuzza a testa bassa e a due mani col suo collaudato copione. Gli sbattono in faccia paradossi e contraddizioni del suo essere, dati numeri e sue parole documentate. Lo smontano. E lui controbatte con supercazzole terrificanti, che fanno girare la testa a tutti e ti ammutoliscono: Ci ha portato al fallimento? colpa del traditore Fini. Il suo era un governo di inetti? Impossibile instaurare la dittatura che avevo in mente, con questi comunisti attorno. Scandali vergognosi e zimbello mondiale? colpa della stampa di sinistra. Processi e condanne? Ma santo iddio, la congiura delle toghe rosse. Suoi ministri e governatori pregiudicati, o coinvolti in scandali ripugnanti? Ecco il guizzo: si trasforma in putto immacolato della nuova politica, un grillino quasi. Via i marrani e profittatori, e gli anziani politicanti. Lui, 76enne plurimputato e pure condannato. Presunte puttane stipendiate? Atto di generosità. I Barbapapà? Comunisti. Santoro pare un narcotizzato Alì che regala buoni spunti, lui il Tyson feroce della bugia e della comunicazione. Travaglio recupera dall’inziale cilecca con un pezzo memorabile e di forte impatto. Gli dice, benissimo, ciò che sappiamo e che tutti sanno. L’Italia, il mondo, i bonobo di uno zoo. Un meraviglioso, ricercato pugnettone a due mani. Senza una domanda. Ma retoricamente vibrante. Forse ha pure ragione lui, non ci sono domande e risposte, inutile anche farle. Pateticamente, il vecchio sultano srotola una letterina di risposta, letta peggio di come l’avrebbe scritta Lavitola (D’Avvero). Poi, si saprà parto della perpetua Bonaiuti. Momento umanamente imbarazzante. Santoro, paonazzo, perde la testa. Vorrebbe assestargli un gancio secco, e perde. “Avete visto, come sono fatti i comunisti?” fa lui. E la gente sembra credergli. Crederà anche che abbia una pelle liscissima e vellutata, che deve compiere ventidue anni in maggio. Non c’è scampo, causa persa. Diceva (credo Bombolo) “Non discutere con uno sciocco, ti porta sul suo campo e ti batte con l’esperienza”. Riadattatela: “Non discutere con un esperto venditore di fumo, ti porta sul suo campo e ti batte con l’esperienza”. Ora rimodellatela per i suoi oppositori: “Non offritegli platee televisive, nella finzione vi surclasserà con l’esperienza nella menzogna”. Alla faccia del giocare in trasferta, sapeva di giocare in casa. Tenete distinti i due campi. Verità e bravura giornalistica dei conduttori da un lato, diabolica abilità comunicativa dell’ex sultano dall'altra. E non può che trionfare quest’ultimo, perché si è in televisione, il regno della finzione. Ha “vinto” il niente, insomma. Evviva il niente che tanto piace ai veneratori di questo nulla menzognero trasformato in realtà. Giubilo dei suoi alleati, entusiasmo tra le fila dei giornalisti neutrali. Perché ha mentito bene, ormai si è entrati in quest’ottica. Nello sport vince chi bara meglio, nel lavoro avanza chi fotte disinvoltamente, in politica chi vi prende in giro meglio. Stereotipi, cliché vecchi come il cucco, ma mai così impunemente ostentati e celebrati. E’ la culla piena di bambagia, in cui si crogiola. Aveva già vinto accettando l’invito, trionfa dopo aver partecipato. Ascolti monstre per La7, campagna elettorale gratis per la cariatide, che dei nove milioni davanti allo schermo, ne riporterà qualcuno all’ovile. Tutti contenti, insomma. Ma non chiedetevi più: “Come ha fatto a prendere in giro un paese intero”?
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