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Il Volpone

Post n°122 pubblicato il 17 Agosto 2009 da chinasky2006
 

 

Foto di chinasky2006

Prendete un quarantenne che dimostra appena ventisei, tremendamente intelligente, bello, simpatico, colto, ricco. Uno che parla in scioltezza otto lingue, affascinante, sorridente, pieno di appeal mediatico, un ex giocatore ed ora dirigente di successo. Bene, piazzatelo ad allenare il Milan. Il suo nome è Leonardo, e l'illuminata dirigenza milanista lo ha messo a fare l'allenatore. Un prestanome, per pagare un ingaggio di meno, e che non rompa le balle. Come mettere un tabaccaio a fabbricare sigarette.
Gli comprano a costo zero un pennellone americano strappato al footbal americano, che di professione fa il difensore, ma che passeggia come Alice nel paese delle meraviglie a centrocampo, mentre gli avversari segnano. Club brasiliani del terzo mondo calcistico hanno uscite gustose: “Il Milan vuole pagare i nostri giocatori con le banane”. Poi la dirigenza rossonera, punta nel vivo, compra rate (come fanno i non abbienti con gli eletrodomestici), un centravanti olandese di 26anni, con la faccia implume, i denti da roditore, e l'espressione terrorizata di chi sa che a breve sarà sbranato dalle feroci difese italiche. Vendono a pezzo di saldo il più forte giocatore al mondo, e consegnano le chiavi della squadra ad un funambolo brasiliano, oramai ridotto a pupazzetto sbrodolino, coi rotoli dell'amore e la panzetta da birra. Uno che con la mente vorrebbe fare ancora le cose mirabolanti, e a cui il fisico gli suggerisce il sambodromo, le nottalbe di sbronze, al limite lo sport da materasso. La differenza tra idea e azione, non è un'invenzione della pubblicità. Attorno a sbrodolino panciuto creano una squadra di ex giocatori oramai alla frutta, che deambulano ingobbiti per il campo, lenti come Aroldo Tieri d'annata. Pensate a Perini, che scala la cima coppi con la lingua penzoloni, ecco lo stesso spettro esangue di Zambrotta che tenta di fare su e giù sulla fascia. Pagano sei portieri, che messi insieme ne fanno mezzo decente. Leonardo raccoglie otto sconfitte di fila. Quell'armata brancaleone, perderebbe anche contro la rappresentativa della Val Pusteria, in gita premio. Nel giro di un mese quello ha la faccia scafata, gli sono comparse pure le rughe, ha l'espressione perennemente funebre e dimostra 65anni. Nel suo italiano perfetto e che farebbe invidia a parecchi natii, ce la mette tutta a non sembrare il burattino del progetto di morte assistita, messo in atto dal club. Una esecuzione consapevole e ben architettata.
Nella spiaggia libera dei pezzenti, non si parlava d'altro. “Ma quando mette mano al portafogli, Berlusca?”. Le sconfitte in serie e la campagna acquisti a risparmio, hanno allarmato non poco gli ottusi appassionati rossoneri. La tocida è in gran fermento. Aria di feroce contestazione prevista per il trofeo intitolato al babbo dell'amatissimo premier, nonchè magapresidentissimo in pectore della società. Una cospirazione bella e buona. “Silvio, Milano ti ama”, scrivevano fino a pochi mesi fa su giganteschi drappi. Ed io mi vergognavo come un ladro, per una siffatta sindrome da leccaculismo vincente. Puliti, ordinati, perfettamente omologati alla linee del regime. Ora che il messia ha chiuso i rubinetti dei danari, si preparano a scrivere, come punto più alto dell'acuta contestazione: “Silvio spendi di più o Milano ti odia. Ti prego-ti prego-ti prego!”. Dei poveri fantocci asserviti, utilizzati come marionette dalla propaganda. Prima sfacciatamente zerbini, ora tremendamente irriconoscenti. Questo rimane del tifo rossonero, dopo che i rigurgiti anarcoidi e non omologati politicamente della “Fossa dei Leoni”, furono epurati in modo cruento e senza rispetto per la storia, anni fa. Un sacrificio necessario, per avere una tifoseria compatta e schiarata nella venerazione cieca del magapresidente. Salvaguardando l'immagine di una dittatura bella e pulita. Ma la Fossa tornerà a ruggire, prima o poi. Statene certi.
L'idea di fondo, è che il Milan è il Milan, non è il Milan di Berlusconi, di un petroliere dromedario, uno sceicco o del prossimo padrone danaroso. La coerenza è una bruttissima bestia. Almeno quanto la riconoscenza. Ma oramai è troppo tardi e la situazione troppo semplice, perchè dei muli possano capire. Dopo anni di successi, il magnate di Arcore ha deciso di vendere. Il Milan è servito tantissimo al suo progetto di onnipotenza. Ha raccolto nel mondo l'immagine di un uomo tremendamente efficiente, deciso e preparato, in grado di portare in un ventennio, una squadra in cima all'universo sportivo. Ora che quel mondo è ai suoi piedi, e nemmeno le puttane riescono a scalfire la sua monarchia, il calcio è diventato un orpello di cui sbaeazzarsi. Ci ha investito tanto, recuperato il doppio, grazie alle vittorie, ed acquisito il titolo di gran vincente. Adesso sarebbe spesa inutile, al più si darà a qualche campagna per il viagra. Ora che il marchio Milan non serve più al suo scopo, ne getta il cadavere laddove lo aveva trovato. Ma con infinitamente meno dignità.
In un periodo di grave crisi, ed in cui dichiara affranto di dover spendere centomila euro a sera, per incontri politici a suon di escort, sarebbe amorale continuare a scialare per le inutili faccende pedatorie. Perfettamente plausibile. Con gran perizia, sta risanando i bilanci, per poter cedere la società. Lo si nota chiaramente, dalle interviste, dal modo di rispondere, sempre più simile alle modalità utilizzate per la politica.
Il megapresidente divino e celeste, si cala solita maschera da vincente, che si appresta a proferir menzogna con l'espressione credibile. Dopo una serie di figuracce mondiali, con una squadra da film tragicomico, gli chiedono:
“Presidente, non crede che il Milan abbia bisogno di rinforzi?”.
“Oh, ma il Milan così è la squadra più forte, non vedo chi possa batterci, bisogna avere fiducia...”.
Qualcuno riesce a vederci qualcosa di simile al politico predicatore dell'ottimismo col paese sull'orlo del baratro? Quell'omino di carta pesta che interrogato sulla crisi, la nega con fermezza, e dichiara che va tutto bene. Che l'Italia (la sua, certamente) sta benone. Poi ancora, insistono:
“Ma presidente, i tifosi contestano...”.
“I tifosi dimenticano che in ventitrè anni ho portato il milan ad essere il Cluuuuub più titolato al mondo. Nessuno al mondo ha vinto più di ME.(Sottolineo il 'ME', mica il Milan)”.
Qualche pazzo visionario riesce a fare un'orrenda similitudine con quel figuro impettito, che nell'illustrare il bilancio annuale del governo, apre la ruota del pavone e snocciola solo risultati elettorali: La vittoria in Sardegna, il trionfo in Sicilia, in Abruzzo...Senza alcun contraddittorio si loda, s'incensa, giustifica e autoassolve dalle volgari calunnie.
Ecco, anche nel calcio adesso adotta lo stesso strumento. Ed è una novità assoluta, perchè in quel campo, il messia celeste aveva sempre mantenuto una parvenza di contatto con la realtà. Il motivo? Dopo l'affare puttane d'alto borgo, ha perfettamente compreso di aver guadagnato l'immortalità assoluta. Può sparar fregnacce, che tanto gli credono a prescindere. E' una linea che paga. Ha capito che i tifosi non sono altro che miserabili creduloni, non dissimili dagli elettori. E se la menzogna funziona in politica perchè non nel calcio? Il terzo, e forse vero motivo, è che al Messia, del Milan non interessa assolutamente più nulla, dopo averlo sfruttato per guadagnarsi l'immagine del vincente desideroso del potere. E adesso si comporta come ha sempre fatto con l'Italia, della quale invece non gli è mai interessato nulla. Una mente diabolicamente lucida, un disegno criminoso che passa sopra tutto e tutti.
Ed anche questa contestazione che assume risvolti di grottesca pagliacciata, è stata voluta, se non architettata. I burattini puliti, una volta adoranti, gli servono anche ora. Provocati, per creare una reazione scomposta e fornirgli l'alibi dell'irriconoscenza, e fargli lasciare la presidenza con una motivazione plausibile, quasi da vittima. Facendo in modo che non appaia evidente a tutti, come abbia usato quei gloriosi colori solo per la sua immagine. Il povero Super Mega presidente vincente, costretto ad abbandonare la barca, di fronte a simili atti indecenti. Così lo vedrà l'opinione pubblica. Cosa vuoi che sia, dopo averla data a bere nell'affare puttane.
Per il resto, il Milan è servito più a lui, di quanto lui sia servito al Milan. Così pensa chi rivorrebbe la dignità di Mark Hateley, modesto centrattacco degli anni bui, con le ginocchia ridotte a fasci informi di nervi. Si alzava in cielo come una Dio greco, e rimaneva sospeso in aria tra le altre divinità. Quella chioma svolazzante e scomposta, inzuccava perentoria il gol della vittoria in un derby. Se qualcuno dovesse ascoltare Collovati parlare (il suo marcatore allora), noterà come a distanza di 25 anni, porti ancora addosso i segni del grave esaurimento nervoso, causato da quella marcatura. Erano bei tempi, quelli. Perdenti con dignità.

 
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