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ADDIO SILVIO (Che il vento continui a splendere tra le ridenti poppe rifatte "dell'altra parte del cielo")

Post n°246 pubblicato il 25 Ottobre 2012 da chinasky2006
 





Foto di chinasky2006



Lo immaginavo sul pontile della nave ormai per tre quarti affondata, intento a scrutare l’orizzonte e sfogliare una margheritina selvatica. “Che faccio, rimango in campo per fare goal oppure mi defilo?”. Indossata la paperella, ha raggiunto a nuoto la riva. Qualche presente dirà “con vigoria non inferiore al Grillo che attraversa lo stretto, ma procedendo nell’altro verso”.  
Melanconicamente sinistra, la scelta dell’orario in cui il comunicato è diramato: le 18. Quando lo struggente tramonto ormai è alle porte. Nel Tg della sera, avvinto da un pietistico alone di tristezza, Mentana annunzia al suo popolo radical chic la definitiva uscita di scena del monarca. Dietro le parole del comunicato, l’anchorman arriva ad intravvedere l’inconfondibile di Giuliano Ferrara. Fino alla fine, insomma, suo ghost-writer. Tranne improvvisazioni che conosciamo bene: le barzellette. E non lamentatevi, poteva toccarvi il letterato Lavitola. “D’avvero”.
Non aspettatevi impiccagioni arabe e sonanti monetine. Potere di un semi-regime mascherato da democrazia, composto dai moralisti lanciatori di monetine di vent’anni, e che avendole portate alle Cayman ovviamente non ne hanno più. Facile, semplice. Diabolico nel creare il suo regno, luciferino nell’uscirne incolume.
Il messia ha preso atto che la sua epoca è finita. I dati dei sondaggi sono impietosi, terrificanti. Solo otto italiani su cento hanno ancora fiducia in lui. Esattamente gli ospiti della case di cura per disagi mentali. Pdl clamorosamente sotto il 15%. Nemmeno l’ultimo prodigioso lifting, con cui pare abbiano impiantato sul suo volto la pelle di un varano lattante delle Galapagos, ha dato la scossa. Inutile mettere la porosa faccia divenuta un inquietante mix tra Cher e Michael Jackson allo stadio finale, nell’inevitabile sconfitta. Maschera autentica, pitturata a giovinezza. Fisica e politica. Nessun restyling può ridargli giovinezza nel volto, sotto quegli occhi malati. E pochi pazzi isolati,  a credere nella verginità politica di un regime che ha fatto razzia di dignità. Ormai riduttivo al cospetto di qualsiasi zimbellatura. Anche la gente disperata, ha scoperto il trucco: Pretende addirittura che i politici debbano governare. Al limite, se vuole consegnarsi inerme ad un imbonitore demagogo, ne sceglie uno nuovo. Meno paradossale ed incline a delinquere.
E’ da Nobel per la letteratura la scelta dell’imponente ghost-writer di citare ancora l’Italia, in quel sadico accanimento senza pietà. Entrò in politica perché amava l’Italia, ne esce perché ama l’Italia. Non poteva essere altrimenti, per il fautore del partito dell’amore contro ogni invidia. Entra ed esce (a lui piace tantissimo, il giochetto di parole) per l’amore immenso che prova verso il nostro paese. Incartando le cozze, vagamente invidioso e un po’ comunista,  il pescivendolo mi diceva: “E meno male che ci amava. Bastava un po’ di stima distaccata, e magari non stavamo con le pezze ar culo”.
E nel mezzo di quei due grandi, commoventi, slanci amorosi di cui esser riconoscenti?
Un assordante vuoto di apparenze e trucchi scenografici tipici del governo delle tv. Un’orgia di potere gradasso, sbeffeggiante, manigoldo, ignorante, razzista ed impunito. Riassunto meglio di qualsiasi parola, da alcune facce di questo potere da baraccone: Da Dell’Utri alla Minetti. Da Lavitola a Borghezio.
Silvio l’amatore fa un passo indietro. Di lato o, peggio ancora, dietro. Ma con la fierezza nel petto d’aver completato la sua mirabolante impresa pazza: Una magnifica rivoluzione liberale, durata un ventennio. Quale? Sdoganare un drappello di ex fascistelli neri ed un nugulo d’avvinazzati leghisti di verde vestiti. Grazie ai loro prodigiosi servigi da dignità sopita è rimasto in sella e garantito la salute delle sue aziende, mentre il paese boccheggiava. E poi moriva. Ma soprattutto ha conservato quella “libertà” sbandierata e ripetuta come un mantra, che altro non era se non l’ossessione di sfuggire al tristo gabbio. Abbandona rassicurato dallo scudo del benevolo Monti alle spalle. Dopo ruffiani tentativi di aggrapparsi a scialuppe improvvisate. Renzi, Grillo, ancora Casini, Monti. Forse anche il “pulcino pio”, pur di vincere e raccontarlo al bar. Si defila magari per ricompattare quello che ancora rimane delle destre e far risultare meno grottesca un’alleanza dei desaparecidos con Fini e Casini, che altrimenti somiglierebbe alla reunion dei Pooh. In attesa di entrare in quell'età matura, lui ancora scavezzacollo, per diventare Presidente della Repubblica. O Papa.
Scalda il cuore, l’indifferente saluto dei leghisti. Da lui sdoganati e che con lui han gozzovigliato al banchetto del potere. Ora gli donano sputi ed irriconoscenza sdegnata. Il peggio di ogni possibile peggio, i leghisti. Quasi rassegnato e fatalista, è il saluto che gli dedicano invece alcuni devoti: “Se ne va perché pensa al futuro dei giovani”. Dopo aver distrutto l’avvenire di due generazioni, ha voluto risparmiare le altre dal suo furore distruttivo. Non male, riconoscere involontariamente la sciagura che è stato.
Che destino può avere un partito-non partito che si fondava sulla nomina per acclamazione del suo fondatore idolo feticcio?
Nessuno. La morte lenta, ancorandosi su uno scoglio. Gli orfani servi della gleba, dopo qualche attimo di sgomento, ora paiono folgorati da un improvviso morbo. Inebriati dall’anelito di democrazia, con fanciullesco entusiasmo. Prendete i giornali di due anni fa. Li leggerete deridere gli arruffoni del Pd alle prese con le primarie. Ridicoli e senza uomo forte quegli sciamannati, rispetto alla loro messianica acclamazione gialla. Adesso quelle primarie le benedicono. Anzi, le pretendono anche da Grillo, con spavalderia.
Il senso dell’inevitabile comico è impareggiabile, quando dall’intoccabile idolatria si vuol passare alla democrazia.
Tragico vederli dibattersi tra ipotesi di “amazzoni”, rottamatori improvvisati (che va di moda, e fa share). E primarie mortuarie simili ad elegia funebre siano. Si può solo azzardare qualche nome nuovo: La sempre moderata Santanchè, il redento Lele Mora che riprende peso, l’intellettuale Lavitola. Il prodigo affarista letterato pare aver rifiutato, malgrado il pedigree sia notevole, con una missiva commovente: “Mi spiacque eminenze ma sono operato dello impegnio, a San Vittore pultroppo. D’avvero. Con stima e deferenza lei ce lo sa buono che io non parlerò mai di quante ne abbiamo combinate, no?”. In piedi ancora, le candidature del Gabibbo, una specie di papa straniero. Immagino sulla coda un inconsolabile Sandro Bondi, tristo e melancolico, che baciato dalla musa mortale e scrutando insistenti orizzonti, compone una immortale ode al suo mentore di vita:
 
Desiderio carnale
Figlio di Dio
Silvio salvato
Estasi dei sensi
Pertugio fremente
Prono d’amore
Oblio della nerchia
Amore amato
Sangue divino
Padre nostro
Nei cieli semper.



 
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Commenti al Post:
o3radovicka
o3radovicka il 25/10/12 alle 20:38 via WEB
Presto dire “ addio”..:)… Si dice: cambia il nome del padrone, ma non il padrone…serena serata, radovicka
(Rispondi)
 
 
chinasky2006
chinasky2006 il 26/10/12 alle 14:45 via WEB
Massì...è solo un'uscita di scena simbolica. Regge ancora le fila, per ora. E lo spettro che le destre dei fantocci Fini/Casini/Pdl senza di lui (ma con lui a dttare le regole) torni a vincere, è più che reale. Ciao, a presto.
(Rispondi)
 
almenounpaiodore
almenounpaiodore il 26/10/12 alle 11:33 via WEB
per fortuna sei tornato fra noi. sei l'unica fonte di satira politica da cui mi disseto e che mi regala sane risate. ancora grazie.
(Rispondi)
 
 
chinasky2006
chinasky2006 il 26/10/12 alle 14:46 via WEB
Unica fonte, mi pare eccessivo...ma grazie lo stesso. Ormai la realtà fa più ridere della satira. :) Ciao, a presto.
(Rispondi)
 
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