Praj il 12/09/11 alle 21:52 via WEB
Lara, sebbene possa trovare questo "determinismo" inaccettabile perché sembra neghi la mia irrinunciabile identità e possibilità di scelta, per il Tutto ciò è irrilevante. Questo perché è solo nel Tutto che si trova il compimento della completa espressione dell’assoluta Libertà.
La presunta parte dipende necessariamente dal Tutto: quindi non ha mai potere reale in sé.
Allora non c’è niente da accettare.
Perché anche come ego sono, nei fatti, semplicemente forma del Tutto-Uno.
Quando tuttavia io sono il Ciò che è, dis-identificato, e non ho nessuna considerazione di ciò che sono, o non sono, quando non c’è secondo, io divengo l’accettazione stessa, perché non rimane nulla da accettare.
Non ho perciò niente da aggiungere con una accettazione personale. In questa comprensione, essa diviene chiaramente superflua.
Ogni accettazione secondaria va e viene, non è che un ombra effimera dell’accettazione essenziale.
Per cui se anche volessi sviluppare una modalità di gestione dell’accettazione creerei solo una sorta sovrapposizione mentale inutile.
Nonostante possa credere di poter accettare in quanto persona, in realtà non è mai la mia accettazione che accade. E’ sempre l’accadere impersonale del ciò che è, l’aldilà di un me che non c’è.
Lo stato meditativo che emerge da una ricerca interiore che conduce all'arresa non è sforzo, è Grazia. Altrimenti non è un vero stato meditativo. Crediamo che ci sia sforzo perchè scambiamo la "concentrazione" con la "meditazione". La meditazione è pura Osservazione senza sforzo alcuno. E' serve a far emergere la presenza del Puro Osservatore, il cosiddetto Testimone (impersonale), Quello del "non fare sforzo", anche se in chiave concettuale è giusto affermarlo, può anche diventare un estremo stratagemma dell'ego per mantenere il suo ruolo e potere in modo ancor più occulto e astuto.
Ecco che allora la vigilanza consapevole, meditativa, diventra un grande strumento per riconoscere questa trappola in cui si può ancora cadere: magari convincendosi che non c'è più "nulla da fare" e pensando che è la volontà di Dio. E' un confine molto sottile da riconoscere come tale. Occorre, secondo me, una specchiata onestà con se stessi per rilevare l'ambiguità che c'è fra il mero pensare uno stato di coscienza e realizzarlo. Un caro saluto :-)
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il 09/07/2023 alle 12:42
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