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Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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« IL MITO DEL NON GIUDICARETUTTE SONO SERVITE »

NON BASTA STAR ZITTI PER NON GIUDICARE

Post n°2091 pubblicato il 22 Agosto 2013 da Praj
 

Ho l'impressione che quando si dice che non bisogna mai giudicare si incorra in un equivoco, in una mala comprensione di un virtuoso comportamento.
Ci si sente scorretti perché c'è una sorta di etica indotta che non vorrebbe si facesse, in contrasto però con una sorta di automaticità che sfugge al nostro controllo.
Il non giudicare, secondo me è non è possibile: è inutile che vogliamo affermare il contrario.
E' nella natura della mente giudicare, comparare, preferire, fare confronti... quindi va accettato come una della modalità del nostro essere umani. Ritengo abbastanza ipocrita il credere di non giudicare soltanto perché non ci si esprime a parole, quando tuttavia lo si fa con il pensiero.
E' meglio essere onesti e assumersi la responsabilità di un giudizio, piuttosto che averlo dentro e negarlo mostrandosi falsamente non giudicanti.
L'importante piuttosto, a mio avviso, è che non ci sia l'attaccamento al giudizio, che si resti sempre aperti... che non lo si cristallizzi in una sentenza definitiva e si resti sempre disponibili a lasciarlo andare, a rivederlo o almeno a sospenderlo.
Il giudizio è un errore direi necessario, ma esso deve essere provvisorio e mai lapidario.
Quando c'è la consapevolezza che è comunque una proiezione momentanea di un nostro particolare punto di vista, schema di valori e riferimenti, è evidente che esso deve essere passibile di cambiamento.
Quindi non può essere definitivo, ma temporaneo e dovuto alla valutazione soggettiva - perciò relativa -della situazione, del fatto, della persona...
Se è fatto con questo spirito, il giudizio, assume un carattere più leggero, plastico e non definitivo.
E' una valutazione personale ammessa senza pretese di assolutezza.
Diverso è il pregiudizio il quale è un errore molto più grave perché valuta senza conoscere, definisce a prescindere da un contatto o confronto diretto. Cataloga senza ragione, senza esperimentare, solo in base ad una preventiva presa di posizione. Il pregiudizio dunque non appartiene alla sfera della riflessione profonda, al sentimento di apertura e ascolto.
Per cui direi che non ci si deve sentire in colpa se ci succede di giudicare, anche se è preferibile non indulgere in questa attività mentale. Sarebbe meglio astenersi - ma questo è il frutto di una maturità psicologica e spirituale che non si raggiunge facilmente – ma, se capita di farlo, non è il caso di sentirsi in colpa o sentirsi sbagliati perché non siamo stati capaci di trattenerlo.
Come dicevo, si cresce, anche in tale ambito, imparando a gestire il giudizio, non solidificandolo e rendendolo fluido, affinché non ci blocchi nelle nostre visioni e considerazioni.
Invece sul pregiudizio va fatto un lavoro un lavoro serio di de-condizionamento, altrimenti rischiamo di basare le nostre scelte e possibilità attraverso filtri mentali che distorcono la realtà. E questo è un grave danno di relazione e comunicazione per noi e per gli altri, perché crea divisioni che ostacolano una migliore convivenza e guasta i rapporti con gli esseri che abitano come noi questo pianeta.




 
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Commenti al Post:
sofiastrea
sofiastrea il 22/08/13 alle 10:03 via WEB
Parlo di me...il senso di colpa è una lama che affetta il cuore ma ti fa capire che sei ben lontano dalla soluzione dell'enigma. Usarlo come alleato e non averne paura è l'arma migliore. "Io giudico ciò che non ho compreso, comprendo ciò che la mia lama ha messo in luce, io non giudico e sorrido":-))
(Rispondi)
 
Praj
Praj il 22/08/13 alle 12:16 via WEB
Mi piace il tuo commento e lo condivido. Grazie. :-))
(Rispondi)
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