Praj il 15/01/11 alle 15:28 via WEB
Occorre, appunto, un approccio un nuovo riguardo ai nostri attaccamenti affettivi, alla violenza frutto dell'esplosione dell'aggressività covata nel oscurità della coscienza.
Quando sono consapevole, invece, posso anche avere pensieri aggressivi ma, per l'appunto, li riconosco subito come tali. Non do loro più energia, alimentandoli con la giustificazione.
So che si tratta di semplici pensieri, non sono portato ad obbedire loro meccanicamente.
Inoltre, la conoscenza che ho dei miei pensieri arrabbiati, mi permette di comprendere empaticamente i pensieri di chi mi aggredisce con parole o con azioni, perché capisco che egli non sta vedendo i suoi pensieri con la stessa consapevolezza che ho io in quel momento.
L'errore che posso invece compiere quando sono aggressivamente inconsapevole è il non mettere spazio tra me e le mie emozioni. Credere che il mondo ostile che proietto sia reale. Piuttosto di provare compassione per la sofferenza dell'altro, m'immagino che egli gioisca per la mia, il che mi fa arrabbiare ancora di più. Anche se l'irritazione a tutt'oggi è sempre possibile, invece di accusare l'altro della mia sofferenza e aggredirlo, trovo molto meglio far sorgere in me una sana risposta alla rabbia, attraverso la coltivazione della calma e della compassione, che poi sono i frutti primari della presenza della consapevolezza.
L'importante è dunque comprendere con chiarezza che non vi è consapevolezza reale senza compassione, come non vi è compassione senza consapevolezza.
Un sorriso e grazie, Magga. :-))
(Rispondi)
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il 09/07/2023 alle 12:42
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