Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Messaggi di Febbraio 2008

L'altro è uno specchio

Post n°410 pubblicato il 29 Febbraio 2008 da Praj
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Quando la relazione con qualcuno si chiarisce in noi a livello profondo, ci si rende conto che l'altro siamo noi
Se ci accade questo, constatiamo che la relazione con l’altro, colui esterno a noi, si modifica. Ora vediamo ciò con cui l’altro si identifica, le sue idee, il suo passato, un aggregato di memorie mescolate. Non vogliamo più cambiarlo, siamo noi stessi anche noi condizionati, a modo nostro, dalla storia che abbiamo vissuto e che abbiamo preso per personale. Ascoltiamo soltanto. Non ci paragoniamo più, vediamo in noi il bisogno di essere riconosciuti dall’altro, le nostre proiezioni, la nostra rabbia… La relazione con l’altro diventa una relazione nel presente. Siamo con ciò che si presenta ora: le nostre emozioni, le nostre sensazioni... vediamo come e dove agiscono.
Non domandiamo più all’altro di comprenderci né di approvarci. Vediamo in noi quando l'altro cerca di essere compreso: l’altro ci permette di vedere dove siamo con noi, nel rifiuto o nell’accettazione. Senza l’altro, ci sarebbe difficile conoscerci, l’altro è un rivelatore del nostro mondo interiore. L'altro è sempre uno specchio in cui possiamo rifletterci.
L'incontro, lo scambio, con l’altro diventa una relazione…silenziosa. Perché occorre il silenzio per poter ascoltare ciò che l'altro cerca di dirci dietro le parole, per ascoltare ciò che si risveglia in noi. In quest'ascolto silente, l'altro si rivela. Sia come l'altro in noi, sia l'altro di fronte a noi. In questo spazio d'ascolto e consapevolezza emerge ciò che si potrebbe chiamare Amorevolezza Cosciente.

 
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Post N° 408

Post n°408 pubblicato il 27 Febbraio 2008 da Praj
 
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Il valore di un traguardo conseguito non sta solo nel fatto di averlo raggiunto ma, anche e soprattutto, in ciò che abbiamo compreso durante il percorso per raggiungerlo.     Praj

 
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Fiorire

Post n°407 pubblicato il 25 Febbraio 2008 da Praj
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L’Amore non ha bisogni, perché è libero da ogni aspettativa. Dall’amore mondano fiorisce l’Amore Cosciente. In questa fioritura e Presenza c’è sempre meno coscienza di separazione. Ciò che è vissuto è una continuità d’Amore e non è più la cosa vissuta che è essenziale. Non sono più gli atti o l’atto d’amore che sono importanti. E’ semplicemente l’Amore che è vissuto in tutto. La manifestazione può prendere diverse forme, ma ciò che è vissuto resta l’Amore; il cuore allora non è più dipendente dall’esterno.
Quando lo realizziamo, non possiamo più restare nella credenza che, lasciando che la mente controlli tutto, sarà possibile realizzare la propria ricerca d’amore, di Pace, del Sé… Quando siamo identificati con la mente, dietro ogni azione voluta, controllata da lei, si nasconde l’attesa, per quanto sottile.
E quando c’è attesa, c’è desiderio di arrivare, di ottenere… La coscienza rivolta verso l’oggetto esterno oscura il discernimento. L’essere non vive più libero da ciò che arriva, da ciò che desidera e che attende.
Finché c’è un io e un oggetto d’amore, c’è desiderio di possederlo, di unire l’io all’oggetto. Vivere l’Amore, la Pace profonda, la Pienezza, è non essere più separati, è realizzare che lo spazio tra l’io e l’oggetto è sofferenza o piacere, e ciò non è che una formazione mentale. Quando la mente tace, lo spazio, l’io, l’oggetto, sono assorbiti nella Pace.
L’ego riconosce che si sente pronto a lasciare la sofferenza, ma non è lo stesso per il piacere. Non c’è da fare lo sforzo o da accettare di staccarsi dalla sofferenza o dal piacere, perché quello non sarebbe che controllo. C’è semplicemente da restare tranquilli, senza aspettativa, senza volere; lasciare fiorire la Grazia. E’ il nostro vissuto della Pienezza, della Pace, dell’Amore che tutto riempie, che assorbe ogni attaccamento.
L’ego ha associato la sua ricerca d’amore al piacere e questa confusione del piacere-attesa che è legato al bisogno di essere amato, di essere riconosciuto, rinforza l’attaccamento al piacere. E’ quando viviamo la Pienezza che realizziamo che il piacere appartiene alla mente. Per molti è l’attaccamento più profondo e l’ego a volte crede di liberarsene rendendolo più sottile. Dietro il piacere la sofferenza è sempre in agguato. Il piacere associato al bisogno d’amore non può essere permanente e noi ne conosciamo la fragilità. Quando viviamo una totale espansione interiore, l’Amore assorbe il piacere. Non possiamo né desiderarlo, né cercare di appagarlo. Perché, pieno d’Amore, è scomparso. Ma non restano che parole quando è la mente che ascolta. E’ sperimentando, vivendo la nostra vera natura che conosciamo la Sorgente di ogni cosa.

 
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L'indagine del sè...

Post n°406 pubblicato il 22 Febbraio 2008 da Praj
 
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L’indagine del sé non è un sentiero che conduca da qualche parte.
E’ il sentiero che ti ferma di colpo così che puoi scoprire direttamente, da te, chi sei.
Il potere del fermarsi è indescrivibile.
Nel momento che ci si ferma non c’è il concetto di alcuna cosa, eppure c’è coscienza.
La coscienza senza concetti è naturalmente e intrinsecamente libera.
In un istante, è auto-evidente.

Siamo così abituati a seguire i concetti che trasformiamo anche la coscienza in concetto.
Nel momento fuori del tempo 
in cui riconosci che la coscienza esiste senza il bisogno di alcun concetto, l’identificazione coi concetti cade.
Questa è un’esperienza essenziale.
Quello che segue è il continuo approfondirsi del riconoscimento.

di Gangaji da “The Diamond in Your Pocket

 
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Convincere

Post n°404 pubblicato il 21 Febbraio 2008 da Praj
 
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Non si convince in genere per quel che si dice.
E nemmeno per come si dice.
Diversamente dalla persuasione momentanea,
si convince quando in chi ascolta risuona una maturazione che aveva già dentro, ma che non aveva mai saputo o sentito esternare nel modo appropriato.  Praj

 
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Questo è Tutto!

Post n°403 pubblicato il 19 Febbraio 2008 da Praj
 
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Dopo aver scritto riferendomi alla Luce e simbologie spirituali varie ci tengo a ribadire che sono solo metafore che indicano stati di coscienza, i quali però non sono staccati dalla realtà; che non sono concetti idealistici disconnessi dal nostro vivere quotidiano. Perciò ora voglio ritornare con i piedi a terra, per fami capire meglio, dopo i voli nel mondo dellimmaginazione, della allegoria.
Noi forse non lo sappiamo ma siamo diventati delle entità che vivono nella separazione. Siamo costantemente abitati da una sensazione di perdita, di mancanza. La formazione di una identità separata, dellio, del pensiero io, crea colui che poi vorrà conoscere se stesso. Quando diveniamo adulti proviamo a costruire un mondo o unesistenza nelle quali cerchiamo di consolarci da quella sensazione di perdita che mai ci abbandona.
Questo tentativo prende diversi strade: denaro, carriera, famiglia, ideali Ma niente serve. Qualsiasi cosa cerchiamo di fare, qualunque sia la riuscita che ci accreditiamo, rimane una sensazione di mancanza, qualcosa di cui siamo alla ricerca. Quando, nonostante tutti i nostri tentativi, niente di ciò che facciamo ci appaga, allora molti si rifugiano nella religione. Quando anche questo fallisce, alcuni si orientano verso alcune forme di terapia psicologica e quando anche lì c’è un fallimento, un piccolo numero di noi si mette in cerca di qualcosa chiamato illuminazione. Allora ci rivolgiamo ad esperti di illuminazione che presumono lesistenza di unentità separata, che, simmaginano, abbia la scelta di fare qualcosa per avere lilluminazione
Così la ricerca prosegue, fortificata dallidea che ci sia qualcuno che può aspirare a qualcosa chiamata illuminazione Tutta questa idea è radicata nellignoranza di chi siamo e non fa che rinforzare la ricerca e intensifica la sensazione dellio o del me che cerca. Ma la realtà è che non c’è nessuno. Non c’è realmente un io o me. La conseguenza di questa realizzazione, che accade in un momento di grandissima intuizione nel bel mezzo della ricerca, è che niente può essere fatto e che non può essere operata nessuna scelta per raggiungere lilluminazione. E altrettanto chiaro che non c’è niente da diventare, nessun luogo dove andare e niente da scoprire. Questa è lo shock che stende lego al tappeto! Ora non ha più spazi per raccontarsi storie. Anche il desiderio dellilluminazione è stato mollato da questo improvviso risveglio! Quindi, dopo che è accaduta questa istantanea comprensione, non cerchiamo più ciò che possiamo fare, ma ci rendiamo conto che la vita si produce, semplicemente, e che non si manifesta per nessuno in particolare. Unaltra realizzazione che arriva dal risveglio è che non c'è destino, niente è mai avvenuto, niente avverrà mai. Perchè tutto quello che c'è è questo. E tutto. E veramente questo il messaggio, molto semplicemente. La mente per sua stessa natura non può mai realizzare il Sé. Ciò che è il Sé è sempre realizzato e non ha mai bisogno della realizzazione di una qualunque persona. Ciò che noi siamo essenzialmente non ha assolutamente bisogno di nessun cambiamento.
E ciò che cambia invece fa parte di questa terra di ombre effimere, di impressioni sensoriali e instabili, del mondo fenomenico. La manifestazione parrebbe portare energie positive e negative in conflitto permanente.
Ma in effetti si equilibrano sempre esattamente. La totalità delle cose si equilibra. Tutto ciò che fa lesistenza sembra solo essere in cambiamento e in progressione, ma, in realtà, tutto è totalmente neutro e in quiete. E il mistero dellEsistenza che siamo chiamati ad onorare. Esistenza, che se accettata con tutto il nostro essere e vista con occhi e spirito nuovi, pur nella sua ordinarietà, fatta di una miriade di aspetti apparentemente contraddittori, più o meno belli o brutti, è indiscutibilmente una meravigliosa avventura sia per il corpo che per lo spirito. Non manchiamola quindi sognando altro dal ciò che è qui adesso davanti a noi.

 
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Stellari dimenticanze

Post n°402 pubblicato il 17 Febbraio 2008 da Praj
 
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Se mi chiederai il cuore,
ti darò la mia tiepida testa.
Se domanderai la testa,
ti offrirò il mio infuocato cuore.
E se li vuoi entrambi
posso donarti felice
il silenzio vuoto di pensieri
che è l’essenza mia più cara,
la mia natura misteriosa.
Ma se cerchi l’amore mondano
ancora nel tuo prossimo
per placare il sentirti solo
sei come un triste mendicante
senza memoria e dignità.
Invece ti dico che Sei un Re
che non sa di avere un regno
che aspetta d’essere illuminato
dentro il tempio del respiro.
Perciò amico viandante augurati
di ritrovare presto la chiave
per risedere trionfante
sul mistico trono della Luce
che hai lasciato per rincorrere
sogni di grigia gloria.
Hai passato già troppe notti
a guardare le stelle dimentico
che Sei una di loro.

 
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La Fiducia spirituale condizionata non paga

Post n°400 pubblicato il 15 Febbraio 2008 da Praj
 
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Se non abbiamo Fiducia nel presente, la stessa Fiducia nel futuro non può fiorire.
Solo dando fiducia al presente creiamo le premesse per la fiducia nel momento successivo.
Così facendo andremo ad alimentare, momento dopo momento, l'energia che farà funzionare le cose, sorprendentemente. Scopriremo i piccoli miracoli della vita quotidiana.
La Fiducia ricompensa però quando è reale. Se è parziale o condizionata, in qualsiasi modo, porta con sè un vizio, un limite, che la trasformerà in calcolo, convenienza, opportunismo, facendole perdere la magia che potrebbe contenere. Dunque il segreto è nella totalità. La Fiducia di facciata, falsa, è impotente. Ed per questo che poi si rimane delusi...
Invece la magia che è contenuta misteriosamente nella Fiducia accade solo quando non è condizionata dall’aspettativa derivata da qualche forma di egoismo.
Fidati se vuoi vedere o toccare: questo è il paradosso con il quale bisogna confrontarsi. E’ inevitabile.
Se vogliamo vedere o toccare prima di Fidarci infrangiamo la legge che fa succedere l'impensabile.
Pochi però sanno cos'è questa Fiducia. Pochissimi l'hanno sperimentata direttamente.Essa comporta una rinuncia totale alle pretese rassicurazioni, e ciò fa molta paura, perché sembra tremendamente pericolosa.
Questa rinuncia è un morire alla dimensione egoistica e ha in sé la bellezza dell’innocenza.
Ma il rischiare di essere Fiduciosi non significa essere sprovveduti come taluni possono credere. Questo ce lo fa pensare l'ego.La Fiducia che è figlia della Grazia è sempre accompagnata da un forma di sottile Consapevolezza che sa discriminare fra gli inganni, riconosce i raggiri. Possiede il raro e prezioso dono della vista dell’occhio spirituale. Essa è necessaria per coloro che hanno intrapreso un cammino spirituale. Perché ad un certo punto del loro percorso devono Fidarsi… altrimenti il salto quantico nel mondo dello Spirito non accade. Altrimenti succede una sorta di ristagno, di caduta o di blocco. In questa dimensione, le leggi dell'opportunismo, che ordinariamente hanno una qualche rilevanza nel mondo della cosiddetta realtà concreta, non ne hanno nessuna.
Addirittura vengono capovolte come, ad esempio: bisogna credere, fidarsi, per provare; oppure, la miglior vendetta è il perdono… beati gli ultimi… e così via.
Quindi la Fiducia è la base, il presupposto irrinunciabile, per ogni relazione che vuole veramente aprirsi all’Amicizia, all’Amore, al mistero dell’Esistenza, a Dio.

 
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Nel silenzio del cuore è il sacro vincolo

Post n°399 pubblicato il 14 Febbraio 2008 da Praj
 
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Quando ti penso
sento il cuore vibrare                             
di mille suoni.
Note alte e basse
si rincorrono struggenti.                                          
     
Il silenzio di fondo
che accompagna
l'alternarsi dei ritmi                                           
delle nostre anime
è l'unico sacro vincolo
che mai le disunirà.
La musica e la danza                
del palpito umano
tentano il capolavoro
nel concerto profano                                         
dell'unità nella carne
sapendo che solo nell'invisibile                          
vi è l'eterno legame.                                        
  
Il domani lo affido fiducioso
a chi ci ha fatto incontrare                                  
di cui però non scopriremo
mai il suo misterioso                                         
e generoso intento.
Che la Grazia
vegli ancora su di noi
comunque Sia.

 
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Volere è potere... ma è solo un'apparenza

Post n°398 pubblicato il 12 Febbraio 2008 da Praj
 
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Noi non siamo nati per essere diversi da quello che siamo.
Possiamo pure pensare che non sia così e che avremmo potuto essere diversi, ma ciò rimarrà
comunque una mera astrazione, una sterile immaginazione senza riscontro.
La prova di questa situazione consiste nell’impossibilità di una riprova del ciò che è irreversibile corso dei fatti. Come il destino di un seme, siamo affidati indissolubilmente sia all’insito potenziale di questo che all’insieme incommensurabile dei fattori che concorreranno a svilupparlo o meno.

Questi due dinamici aspetti interdipendenti non si possono mai separare perché appartengono all’espressione di un’unica Coscienza, un’unica Realtà, la quale ha solo in sé stessa le ragioni dell’equilibrio e dell’armonia assoluta. E’ una Danza misteriosa che non potremo mai capire, ma soltanto perderci o ritrovarci in Essa. Se ci accade di lasciarci andare al fluire di questo misterioso Esserci, forse è il segno che ci stiamo ritrovando: ovvero siamo quello che siamo senza più opporre alcuna resistenza ad una Volontà che ci trascende. Allora ci Fidiamo non perché sappiamo, ma sappiamo perché ci fidiamo. Noi dunque siamo il risultato della relazione fra ciò che ci sta dentro e ciò che ci sta fuori, anche se possiamo pensare di avere un potere e un volere personali.

Quando si dice che volere è potere si sta dicendo anche che potere è volere.
Da dove proviene il potere che ci può dare un volere? Da ciò che ci ha fatto nascere e ci mantiene in vita.
Quindi è un controsenso immaginarci diversi da quello che siamo, perché in realtà non potremo mai esserlo anche se lo volessimo, perché non risiede in noi quella Volontà assoluta.
Perciò essere quello che siamo é l’unica opportunità che ci è data. Onoriamola quindi vivendola come se fossimo liberi. Solo così realizziamo in ogni momento quello per cui siamo nati.

 
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La fuga dal mondo è la risposta?

Post n°397 pubblicato il 10 Febbraio 2008 da Praj
 

Prendendo spunto dal bel film "Into the wild", sono emerse in me alcune considerazioni che vorrei condividere. Il tema principale del film è la libertà più grande che può conseguire un uomo nella sua vita.
La tesi è che essa non la si può trovare nel mondo civilizzato, ma solo isolandosi nella natura selvaggia.
C’è
un inno alla ribellione che descrive il desiderio dell'uomo cresciuto nella società consumista e decadente, la quale è in contrapposizione alla ricerca della felicità e della verità, di uscire da tutti i condizionamenti esteriori che essa impone. E’ la metafora della ricerca di un luogo idealizzato, la meta ultima di un viaggio iniziato come una fuga e diventato invece di una verità soggettiva, la scoperta della saggezza, la scoperta della propria essenza. Ciò che conterebbe sarebbe l’allontanarsi dal materialismo, dall’ambizione e dalla rabbia della  famiglia, dai valori nei quali non ci si riconosce più. Come drastica conseguenza scaturisce il rifiuto dei simboli che sono lo specchio della società moderna-occidentale: che sono il denaro come fine, l’ambizione carrieristica, la competizione spietata, la famiglia borghese…
Fuggire da questo mondo perché non più ritenuto vivibile da tutti i punti di vista allora diventa un imperativo morale, una vocazione che attraversa la vita di certe anime pure: quelle che dinanzi alla prospettiva di una vita conformistica e banale, rinunciano alle lusinghe del mondo materiale e scelgono la sfida di una vita regolata soltanto dalla forza dei propri ideali, dalla soddisfazione dei bisogni primari, rinunciando ai desideri effimeri impostici.
E’ un viaggio, un’avventura alla scoperta di se stessi,  illuminato solo dalla luce della spiritualità. Spogliato da ogni sicurezza e vissuto nella massima intensità esistenziale, nella totale incertezza sul futuro, momento per momento. Un faccia a faccia con la natura più estrema, in solitudine.
In questo viaggio poi però arriva anche il giorno in cui il ricercatore ciò si rende conto che, alla fine, la chiave non sta nel raggiungere la meta, ma nel viaggio affrontato per arrivare a toccarla, negli incontri fatti e nelle emozioni ricevute e donate…
II punto significativo della storia, tra l’altro vera, è quando il neo selvaggio, con la morte incombente, nella situazione di massima paura, ma nella pura contemplazione della bellezza della natura, con lo sguardo rivolto verso il cielo luminoso, si rende consapevole che ”la felicità è vera solo quando è condivisa”.

Ma come condividere, descrivere la magia dei sentimenti provati con il contatto umano o legati ad una natura…sempre più selvaggia? Come si può solo sfiorare tutto questo, senza sperimentarlo direttamente?
Viviamo una vita piena di tutto e spesso, nonostante questo, ci sentiamo insoddisfatti. A questo punto la vera sfida è: privarsi di tutto, isolarsi dal mondo, rinunciare alle comodità e mettersi in viaggio o vivere giorno dopo giorno la giungla e la fatica quotidiana? Rischiare tutto in nome della libertà?
C'è chi crede nella fuga e chi crede nel coraggio di restare, c'è chi crede nel viaggio andata e ritorno e chi non partirebbe mai. Ognuno qui ha una sua risposta, in base al suo spirito, alle sue caratteristiche psicologiche, caratteriali. E’ un sogno o necessità di sfida che appartiene solo ad alcuni individui, solo a dei giovani romantici?
"La felicità è in tutto ciò che ti circonda, e per raggiungerla devo isolarmi in essa" dice nel film il ribelle, deciso a spingere la propria ricerca oltre il limite consentito dalla natura più selvaggia.
E’ nella fuga dalla civiltà la risposta, la ricerca della libertà, della verità? O altrove?

 
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                          Amare non è possedere  

Post n°396 pubblicato il 08 Febbraio 2008 da Praj
 

Assecondando un abbraccio fatale
circonfuso di una brama possessiva

che soffoca dolcemente il respiro
rinunci alla dignità e all’onore

d’essere libero di cuore.
Ti fai complice di un delitto

verso il vero Amore.

Ti rendi docile e triste ostaggio

di una passione avvelenata

che innalza alte sbarre  

intorno alla tua anima.

Non trattare perciò il ricatto

con chi vuole il sequestro

del tuo sentire aperto e sincero.

Fuggi anche nella notte se puoi

non ascoltare il richiamo
della sirena dei ricordi, dei piaceri

anche a costo di patire.

Così che chi ti voleva prigioniero

possa sorpreso domandarsi

prima o poi, se vorrà

il perché della tua fuga coraggiosa

guardando la gabbia vuota

risvegliandosi dall’inganno

che gli faceva credere
che il possedere fosse Amore.

Il tuo sfuggirgli

è un dono che gli fai

liberandolo dal ruolo di guardiano
che imprigiona con parole distorte

ancor prima che gli altri,

il suo stesso volere, lo stesso suo potere

ancor non ispirato dalla Luce.

 
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Perchè non guardare il sole e volare verso il cielo?

Post n°395 pubblicato il 06 Febbraio 2008 da Praj
 

 Pillola blu o pillola rossa? 

Un uomo trovò un uovo d'aquila e lo mise nel nido di una chioccia.
L'uovo si dischiuse contemporaneamente a quelle della covata, e l'aquilotto crebbe insieme ai pulcini. Per tutta la vita l'aquila fece quel che facevano i polli del cortile, pensando di essere uno di loro. Frugava il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di qualche decimetro.
Trascorsero gli anni, e l'aquila divenne molto vecchia. Un giorno vide sopra di sè, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d'aria, muovendo appena le robuste ali dorate. La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita. "Chi è quello?" chiese. 
"E' l'aquila, il re degli uccelli", rispose il suo vicino. "Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perchè siamo polli".
E così l'aquila visse e morì come un pollo, perchè pensava di essere tale.


Oppure:

Un aquilotto orfano fu affidato ad un contadino ed allevato in mezzo alle galline. Questo aquilotto era convinto che avrebbe passato tutta la sua vita starnazzando per terra come le galline quando un giorno un cacciatore lo costrinse a fissare il sole:dapprima non voleva farlo ma poi la sua natura di aquila prese il sopravvento perchè solo le aquile possono tenere gli occhi fissi sul sole. Fu così che quell’aquilotto che credeva di essere capace di vivere sempre a terra come le galline, alla fine prese il volo verso il cielo.

 

Storielle tratte da libri di Anthony De Mello

 
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Le porte strette...

Post n°394 pubblicato il 04 Febbraio 2008 da Praj
 
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Se ci guardiamo attorno vediamo l'infelicità che regna nel mondo, attorno a noi e dentro di noi. Sappiamo spiegarcene il motivo? Noi possiamo dire: la solitudine, l'oppressione, la guerra, la cattiveria, l'ateismo, le religioni... E ci sbagliamo, probabilmente. Forse una sola è la radice dell'infelicità: le false certezze che abbiamo in testa, quelle certezze talmente diffuse e difese che non abbiamo mai creduto di doverle mettere in discussione. Per queste certezze devianti noi vediamo il mondo e noi stessi da una prospettiva sbagliata. I nostri schemi mentali sono così costringenti, e la pressione che la società esercita su di noi è così forte che noi siamo come obbligati a vedere il mondo in questa maniera distorta. Non c'è via di scampo, proprio perché non ci viene neppure il sospetto che il nostro modo di vedere sia miope, che il nostro modo di pensare sia distorto e che le nostre certezze siano false. Guardiamoci ancora attorno e vediamo se possiamo trovare una sola persona autenticamente felice, libera da paure, incertezze, ansietà, tensioni e preoccupazioni: a essere fortunati, ne troveremo pochissimi.
Noi però siamo stati programmati anche a vivere senza sospetti, senza dubbi, programmati a fidarci delle certezze che sono state seminate in noi dalla nostre tradizioni, dalla nostra cultura, dalla nostra società e dalla nostra religione. E se non ci ritroviamo felici, noi siamo stati addestrati anche a compiangerci, e non a incolpare il nostro modo di pensare, i nostri modelli, le nostre certezze culturali ed ereditarie.
A rendere ancora più tragica questa situazione, c'è poi il fatto che molta gente ha subito un tale lavaggio del cervello che non si rende neppure più conto di essere infelice: così come un uomo che sogna non si rende conto che sta sognando.
Per questo è necessario portare ciò che è inconscio, ciò che è orami depositato nella parte più oscura in noi, e che determina le nostre reazioni, emozioni e pensieri, a livello conscio. Per poi passare da questo tipo di coscienza alla Consapevolezza che è oltre anche le identificazioni di ciò che abbiamo portato alla luce.
Questo implica un viaggio interiore. E' necessario, se vogliamo liberarci dai condizionamenti interiori ed esteriori.
Poi si deve imparare anche ad amare se stessi; questo è un requisito fondamentale, che è assente in tutto il mondo. Per questo il mondo è in preda a una tale angoscia. Tutti cercano di amare, ma è impossibile amare, ne mancano le basi, i presupposti.
L'angoscia, la sofferenza... possono diventare delle porte verso la serenità. Qualcuno ha detto: "Benedetti coloro che sono abbastanza sfortunati da conoscere l’angoscia, benedetti coloro che sono in angoscia, perché possono essere risvegliati." Usiamo dunque la nostra angoscia come una forza per risvegliarci, perché quando siamo comodi tendiamo a dormire, quando siamo scomodi le possibilità di risvegliarci sono maggiori. Ricordiamoci continuamente che il mondo in cui siamo è un fenomeno momentaneo. Nelle più riposte pieghe del nostro essere noi sappiamo che tutto questo è vero, ma ugualmente continuiamo a sprecare i nostri sforzi e le nostre energie alla ricerca di un qualcosa che già sappiamo che non ci potrà rendere felici.

 
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Stessi problemi... ma risposte diverse

Post n°393 pubblicato il 01 Febbraio 2008 da Praj
 
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Ognuno di noi può trovarsi di fronte alle stesse situazioni difficili nella vita. Ma non è detto che ogni individuo non risponda diversamente alla condizione data. C'è gente che in condizioni difficilissime, con handicap di ogni genere, sa vivere in modo più sereno e appagato di altri che pur vivono nell'opulenza, senza problemi economici, fisici o ambientali. Ciò potrebbe essere anche la dimostrazione che ciò che conta, aldilà di casi estremi, è lo stato di coscienza di ognuno che fa la differenza.
In cosa consisterebbe questa differenza, sostanzialmente?
Secondo me, sta nella pienezza spirituale, non necessariamente religiosa, che un individuo porta in sé; nella saggezza acquisita, la quale gli fa trovare un senso profondo nell'esistenza, comunque sia. Cosa che non sempre la mera cultura razionalistica, filosofia speculativa, sa trovare, offrire all'uomo.
Ci possono benissimo essere due individui che, pur immersi in una stessa realtà, sia sociale che psicologica, possono avere un approccio, verso i problemi che pone l'esistenza, totalmente diverso. Gli occhiali coscienziali che potrebbero o che danno il senso alla loro vita saranno determinanti per come vedranno e interpreteranno il mondo e la dialettica delle cose, gli eventi con i quali si confronteranno…
Per me, chi riesce a godere con spirito positivo la Vita data, così com'è, qualunque sia il destino in cui possa venire coinvolto,
senza pretese e aspettative, è gratificato da una serenità senza pari. Questo atteggiamento si pone esempio o specchio allo stesso essere umano vicino che, nelle medesime condizioni, vive frustrato e nella sofferenza psicologica. Questo semplice essere diverso mostra un’altro modo di rispondere e affrontare le situazioni, ed è già di per sé aiuto. L’aiuto operativo e compassionevole è poi scontato: perché chi è appagato spiritualmente non può esimersi d’aiutare il suo simile. Non è capace d’ignorare il sofferente. Colui che guarda e si arrende alla Vita così com'è, in totale Fiducia del mistero che è chiamato a vivere, scopre una Grazia che gli illumina ogni situazione, per quanto dolorosa e disagevole sia. Questo comportamento positivo non trova il significato in una qualche forma di logica, ma sorge da un senso di gratitudine inesplicabile, che non è frutto del mero intelletto, ma solo in regioni profonde e insondabili che dimorano nella Essenza dell’ Essere. Da questo luogo non si reclama nessuna richiesta di giustizia, di equanimità… ma c’è un senso di unità trascendente, impersonale, di bellezza ed equilibrio superiore, dove anche la morte della propria persona non incute più terrore, né angoscia. Ciò permette di non farsi sopraffare dagli orrori che possono vedere intorno, ma anche di saper cogliere le meraviglie che stanno fuori e dentro di noi. Il solo sentirsi vivo si percepisce come un dono e un miracolo continuo. Poi, non saprei perchè a qualcuno ciò accade e ad altri no. Qui potrei rispondere che il mistero della Grazia forse si offre a chi è disposto ad accoglierla; perchè ha rinunciato a comprendere il senso e il significato del mistero dell’esistenza, e che si è arreso all'Ignoranza metafisica… che poi scopre Sapiente.

 
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