Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Messaggi di Marzo 2009

INVISIBILE COERENZA

Post n°599 pubblicato il 30 Marzo 2009 da Praj
 

Quando sapremo comprendere la grande Coerenza  invisibile, l’armonia nascosta nel Tutto...
quel bisogno di sterile coerenza, chiuso in personale e umana prigione,
in evanescenti forme mentali, non sarà più visione limitante, sguardo mediocre che intravede sbirciando dal buco delle serrature di porte sempre aperte,
soltanto piccoli e grigi cerchi di cielo.

La Coerenza sconvolgente della Totalità può essere svelata soltanto a chi ad Essa s’arrende partecipando e godendone la Creatività inconoscibile, piena di vita, luce abbagliante ed oscurità insondabile.
Invece lo stupido ego s’aggrappa alla sua misera logica, vede soltanto la propria vacua immagine: proiezione distorta e dannata nel tormento dei suoi troppi calcoli, incubi e giudizi...
squallido diavolo da compatire (quest’ego)!
Spalanchiamo la finestra del cuore, diamo aria e colore all’anima fidandoci dell'Essenza divina;
buttiamo le maschere variopinte di persone ridicolmente pensanti e proviamo a vivere con fiducia l’avventura che il Sacro Mistero ci sta generosamente donando.
Ogni momento è buono. Soprattutto l’adesso!
Siamo ciò che Siamo. Diventiamone consapevoli.
La coerenza dei logori schemi appartiene alla stagnazione, mentre noi siamo flusso d'intelligenza, danza e gioco, tra il chiaro e lo scuro… tra l’alto ed il basso… siamo come il Tutto... Infinita Coscienza , siamo il Tutto... indescrivibile Energia, siamo nel Tutto... invisibile Coerenza.

 
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IL MOMENTO DEL SILENZIO

Post n°597 pubblicato il 16 Marzo 2009 da Praj
 

Poi viene il momento del silenzio...        
quello che non si disseta con le parole         
quello che non s’appaga con i pensieri.
Viene il momento del silenzio...
dove il mondo è un eco lontano
dove la sofferenza piange nella valle
e il cuore l'ascolta e impara. 
Viene il momento del silenzio...
perché la lotta ti ha stancato
perché l’ambizione ti ha indurito.
Viene il momento del silenzio...
quando è il tuo corpo che lo chiede
dopo aver sentito l’urlo dell’anima
che invoca attenzione.
Viene il momento del silenzio…
quando vuoi vedere senza occhi
quando vuoi udire senza orecchi
e hai bisogno di una leggerezza
senza tempo e senza confini
per inoltrarti il quel luogo di magia
dove la profondità si fonde nel mistero
dove il silenzio riporta alla sorgente.
Là dove la verità è... il silenzio dei semplici...
o la semplicità dei silenti.
 

 
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C'E' SEMPRE POSTA PER NOI

Post n°596 pubblicato il 13 Marzo 2009 da Praj
 

Sembra strano da dire, ma ora comprendo che ogni individuo rappresenta uno dei miei volti, è un mio riflesso. Chiunque incontro è latore di una lettera di cui paradossalmente sono il mittente. Ma solo se sono attento, consapevole, posso capire il potente messaggio contenuto in essa.
Immancabilmente vi trovo dentro questa esortazione: stai presente!
Quale occasione per uscire dal torpore in cui posso essere immerso? Sono chiamato a svegliarmi immediatamente alla sensibilità, devo aprirmi a ciò che ho di fronte, viverlo pienamente senza indugi.
Allora realizzo l'infinità di lettere che non ho mai aperto fino ad oggi. E ricordo che nonostante ricevessi queste montagne di posta mi credevo solo, trascurato, dimenticato... perso.
Ciò rende naturale domandarmi in ogni situazione: chi sto incontrando in questo momento, cosa mi sta comunicando il riflesso di me stesso?
Allora viene il tempo d'imparare a rispondere alle lettere che mi giungono. Non devo rimandare, posso aprirle subito. E istantaneamente il mondo cambia. La prospettiva è del tutto nuova.
E, incredibilmente, in questo gioco di riflessi, tu hai scritto questo messaggio e lo leggi allo stesso tempo per aiutare la tua anima a riconoscersi, a ricordarsi di essere presente, a non dimenticarsi di sé.
Questo vale ovviamente anche per me: perché è solo quando sono veramente presente che sono tutto ciò che c'è. Solo allora niente mi è estraneo, non sono mai isolato da ciò che vedo, tocco e sento.
Allora il sorridere è sorridere a me stesso, il mondo sorride. 
Se vivo con questa attenzione rendo vivo il mondo in cui abito, l'altro che incontro.
Ogni emozione, ogni stato d'animo riflette perciò la qualità della mia presenza.
La mia vita, la nostra vita, la vita, qui e adesso, è contemporaneamente l'enigma e la risposta.
Sii dunque presente e vivi, perché vivi solo se sei presente.

 
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LA CATTIVERIA, L'ODIO COME MANCANZA D'AMORE

Post n°595 pubblicato il 11 Marzo 2009 da Praj
 

Mi sono sempre domandato come un individuo potesse essere crudele, cattivo...
Non mi è stato semplice andare oltre i pregiudizi e gli schemi mentali che mi ero fatto intorno a questo argomento. Ma alla fine di una lunga indagine, dopo riflessioni ed esperienze personali, ho compreso che principalmente lo è perché non ama nessuno. E' cattivo appunto perché non ama: dunque soffre e fa soffrire. Non amando se stesso, non riesce ad amare nessun altro e non è riamato. E' un tremendo circolo vizioso da cui il cattivo fa fatica ad uscire.
La compassione (cum-patire) invece vuol dire partecipare della sofferenza dell'altro. E' proprio il percorso opposto a quello che fa colui che esercita la cattiveria, l'odio, a colui a cui è negato e nega l'amore.
Chi esprime crudeltà, cattiveria scappa dalla sofferenza, perché non vuole sentirla, e quindi  fugge la sua e la sofferenza altrui attraverso l'anestesia affettiva, la corazza dell'insensibilità. E' questo tentativo di rafforzare l'insensibilità il motivo principale per cui sente la pulsione di causare agli altri sofferenze, fare loro del male. Di ciò egli non è consapevole, ovviamente. La sua mente egocentrica gli offre mille giustificazioni che però non sono la causa reale dei suoi comportamenti.
Infatti, sono l'insensibilità, l'indifferenza le basi e le ragioni primarie della cattiveria, come quelle di ogni forma di espressione maligna.
Questa anestesia del cuore rappresenta la miseria poiché soffoca la grandezza dello spirito umano. L'assenza della sensibilità trasforma in negativo tutto ciò con cui entra in contatto e crea dolore incessantemente.
Creare sofferenza, soffrire, non saper amare, sono gli effetti dell'insensibilità della persona che scappa proprio dalla sua sensibilità per non soffrire.
La sofferenza più grande è esistere senza essere in grado di amare. I crudeli, i cattivi, i prepotenti soffrono appunto per questo non saper amare, anche se lo negano.
Essere immersi nello spirito dell'odio, della cattiveria è una sofferenza di per sé.
La mancanza di sensibilità è la peggiore delle sofferenze, perché fa di chi soffre questa privazione una sorta di zombie anaffettivo, un specie cadavere ambulante. Infatti il cattivo non può godere l'esistenza attraverso il più bel sentimento umano: l'amore.
Questa è una disgrazia immane.
Quando uno è crudele, cattivo, prepotente è distante dalla sua anima. Il suo cuore è bloccato e pietrificato nella sofferenza. L'aggressività verso gli altri è il segno esteriore di questa sua drammatica situazione interiore.
La pena più pesante sta nel restare lontani dalla luminosità, dal calore umano, fuori dal regno dell'amore, separati dalla sensibilità.
Il dolore più grande è forse quello di essere sopraffatti dalla cattiveria, nonostante le apparenze e le ostentazioni arroganti di colui che la mette in atto.
Perciò, anche se non è facile, anche se va contro le spinte emotive dettate dalla reattività egoica, è proprio per i cattivi che si dovrebbe avere una particolare compassione. Questa sorge alla luce di una Comprensione superiore che non è giustificazionista della cattiveria, dell'odio, ma una consapevolezza sovra personale della realtà umana. 
Non è un comprensione moralistica, banalmente ideologica e buonista, ma comprensione che è scaturisce da un cuore consapevole; una Visione d'Amore che sa osservare le cose con i fenomeni con l'occhio Divino che  tutti abbiamo dentro.

 
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QUANDO RICONOSCO LA MIA RABBIA...

Post n°594 pubblicato il 09 Marzo 2009 da Praj
 

Una volta, quando sorgeva in me l'aggressività, ciò era quasi sempre accompagnato dal pensiero che fosse l'altro ad aggredirmi. Poi ho imparato ad osservarmi con più attenzione.
Infatti ora noto, dall'aspetto dei miei pensieri, quando mi sento arrabbiato o minacciato, che essere aggressivo e sentirmi aggredito sono un'unica cosa nella mia mente coinvolta in quel processo.
Per cui ho capito che se sono in grado di sentire la mia aggressività è molto più difficile che sia aggressivo. E' stato veramente importante imparare a non reagire immediatamente all'aggressione dell'altro con un'altra aggressività.
Ho compreso che quando sono pienamente presente sento molto meglio la mia reattiva aggressività.
Posso allora sentire l'altro dentro me, sentire la sua sofferenza di sentirsi a sua volta minacciato.
Percepisco maggiormente la sofferenza dell'essere aggressivo.
Per cui tendo a rispondere alla sofferenza del mio interlocutore piuttosto che alla sua aggressione.
Come accusatore invece sono portato a sentirmi aggredito senza sentire la mia aggressività.
Interpreto il mondo come ostile invece che come sofferente. Questa interpretazione mi spinge a costruire un mondo effettivamente aggressivo poiché la maggior parte dei miei interlocutori tende a reagire altrettanto automaticamente con aggressività alla mia aggressività.
E' come un oggetto nello specchio che si riflette all'infinito in una sala di specchi: questo è il meccanismo di fondo dell'aggressione generalizzata.
Ora non reagisco più in questo modo. Posso soffrire sentendo la sofferenza di chi mi aggredisce, cercando di evitare di venire rinchiuso nella trappola dell'ostilità senza poterne trovare l'uscita.
Quando sono consapevole posso anche avere pensieri aggressivi ma, per l'appunto, li riconosco subito come tali. Non do loro più energia, alimentandoli con la giustificazione.
So che si tratta di semplici pensieri, non sono portato ad obbedire loro meccanicamente.
Inoltre, la conoscenza che ho dei miei pensieri arrabbiati, mi permette di comprendere empaticamente i pensieri di chi mi aggredisce con parole o con azioni, perché capisco che egli non sta vedendo i suoi pensieri con la stessa consapevolezza che ho io in quel momento.
L'errore che posso invece compiere quando sono aggressivamente inconsapevole è il non mettere spazio tra me e le mie emozioni. Credere che il mondo ostile che proietto sia reale. Piuttosto di provare compassione per la sofferenza dell'altro, m'immagino che egli gioisca per la mia, il che mi fa arrabbiare ancora di più. Anche se  l'irritazione a tutt'oggi  è sempre possibile, invece di accusare l'altro della mia sofferenza e aggredirlo, trovo molto meglio far sorgere in me una sana risposta alla rabbia, attraverso la coltivazione della calma e della compassione, che poi sono i frutti primari della presenza della consapevolezza. 
L'importante è dunque comprendere con chiarezza che non vi è consapevolezza reale senza compassione, come non vi è compassione senza consapevolezza.

 
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CRISI: LA RESA DEI CONTI

Post n°593 pubblicato il 07 Marzo 2009 da Praj
 

Ogni genere di crisi, personale o collettiva, è una sorta di resa dei conti per una qualche forma di stupidità applicata in precedenza.
Ammetterlo è il presupposto necessario per una sua soluzione.
Cercare di pagare un prezzo di comodo - fare i furbi - per uscirne frettolosamente, in qualche modo, 
è la conferma che la stupidità, e i suoi sottoprodotti fatti di egoismi vari, permane.
Essendo ogni crisi il risultato di una convergenza di scelte e valutazioni erronee,
solo quando la stupidità che le ha causate è riconosciuta ha la possibilità di essere rimossa, non più ripetuta. 
Perciò se si vuol pagare il conto con l'imbroglio, con moneta falsa, essa si perpetuerà, e si aggraverà fino a diventare cronica.
E' appunto per questo che ogni crisi è una grande scossa, seppur dolorosa, che ci offre è un'opportunità di trasformazione e di miglioramento, ma solo a condizione che lo si voglia veramente.

 
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LA RADICE DEL SOFFRIRE PSICHICO

Post n°592 pubblicato il 05 Marzo 2009 da Praj
 

Non si dovrebbe fuggire la sofferenza, nemmeno rassegnarsi ad essa va bene: andrebbe invece capita a fondo. Andrebbe esplorata, osservata e sviscerata con coraggio.
La sofferenza ha una causa basilare che ha molteplici effetti che si riverberano nel nostro esistere.
La sofferenza psicologica nasce fondamentalmente da un senso illusorio di separazione e termina quando comprendiamo che quella separazione non è reale, che non esiste.
Quando si è intuito questo principio fondamentale, ci si può pure aggrappare alle nostre tensioni, alle nostre convinzioni, sia a livello psichico che fisico.
Questa resistenza è comprensibile dal punto di vista dell'ego.
Gli attaccamenti al nostro modo di pensare e di sentire, che affondano le loro radici in lunghi anni di abitudinarietà e conformismo, hanno bisogno di un pò tempo per essere smontate.
Ma il presupposto, la precondizione al de-condizionamento è una comprensione, un’intuizione essenziale di ciò che siamo.
Se la fonte dell’ignoranza metafisica non è debellata, nessun argine può contenere i sintomi dolorosi che ne scaturiscono e si riflettono continuamente nel nostro vivere quotidiano .
Se non avviene questo potente insight, tutto ciò che andiamo smontando si riformerà, si ricostituirà in nuove forme, con molta probabilità.
La sofferenza psicologico-spirituale può dunque attenuare la sua presa, fino a lasciarci, solo se siamo capaci di Vedere da dove realmente nasce e dove può svanire definitivamente.

 
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LA SMARRITA VIA DI MEZZO

Post n°591 pubblicato il 04 Marzo 2009 da Praj
 

La Via di mezzo è come la giusta tensione di una corda di chitarra la quale, per non stonare, non può essere né troppo tesa né allentata.
E' come la mano di un bambino che stringe fiduciosamente quella del genitore: stringe né troppo forte né mollemente. E' una presa giusta, naturale. Non c'è tensione o allentamento in essa.
Essa è infusa dallo spirito della temperanza che calma, rasserena e non giudica.
Questa Via di mezzo la sperimentiamo quando siamo energici, flessibili, centrati.
La si ritrova quando si è rilassati di fronte alle situazioni della vita.
La Via di mezzo attiene alla nostra più profonda natura.
Andrebbe stabilizzata e fatta diventare la Via amica, di ogni passo, di ogni istante.

 
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LIBERI DALLA PERSONALITA'

Post n°590 pubblicato il 02 Marzo 2009 da Praj
 

E' bene Amare ciò che siamo. Non l'ego, ma il vero Sé che siamo.
Per essere in
grado di farlo dovremmo liberarci da tutte le credenze, dalle informazioni, dalle opinioni raccolte qui e là su di noi.
Sarebbe bene osservare e osservarci invece con uno sguardo nuovo, liberi dell’immaginazione che l’ego si è costruito; allora scopriremmo una bellezza del tutto insolita, ricca di nuovi orizzonti. 
Altrimenti avremo solo monotone ripetizioni. Proviamo ad esplorare ed esplorarci senza alcun pregiudizio, senza conclusioni e preconcetti. Entriamo nel nostro silenzio infinito e lasciamo emergere una nuova visione.
Siamo così condizionati ad avere a che fare con gli oggetti che diventa quasi naturale vedere anche noi stessi come un oggetto.
Ci convinciamo di essere il signor X e viviamo come questo signor X accumulando conoscenze in nome suo, senza sapere che costui non ha nessuna realtà autentica.
Quando il senso dell'io – rappresentato dal crederci il signor X - si evidenzia, i suoi argomenti non sono solo basati sul bello e sul vero, ma soltanto sulla sopravvivenza sia fisica che psicologica della persona nella quale è identificato.
La consapevolezza di questa illusorietà può tardare a farsi strada, richiedere tempo, ma un giorno vedremo che avremo vissuto come un’entità che non ha nessuna realtà.
Quel momento è l'inizio di una trasformazione radicale, importantissima, nella nostra vita.
Allora scopriremo la bellezza di non essere nulla di ciò che credevamo.
La considerazione personale si svuota di contenuti particolari facendoci realizzare che siamo il Tutto.
In noi, più o meno marcatamente, c'è un presentimento di questa apertura, lì dove non c’è né limite né centro. In questo spazio aperto la nostra intelligenza è a nostra disposizione nel migliore dei modi.
Adesso può emergere un'ottica nuova nella quale la memoria interferisce sempre meno.
Quando siamo questo spazio aperto, aderiamo a ciò che ci circonda nella sua totalità. Se non siamo niente, siamo liberi dalle scelte, liberi dalle selezioni, liberi dalle discriminazioni. Possiamo lasciare che la vita si presenti a noi, senza timore, così com'è.
Allora non saremo condizionati dalla personalità che si è sovrapposta al nostro essere autentico e in quel momento, saremo in grado di relazionarci agli altri e noi stessi non più come oggetti. Da questa nuova modalità esistenziale la bellezza e la benevolenza troveranno modo di esprimersi sempre meglio.

 
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