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Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram
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Messaggi di Novembre 2012
Cos'è la Resa al Divino?
E' l'accettazione che ci porta a vivere pienamente la vita che si sta vivendo senza problematizzarla. La resa è Comprensione: una Grazia che entra in noi e che ci fa dire "sì" a ciò che Siamo. Quella Grazia che ci fa dire "sì" a tutto quel che viviamo, ci fa accettare anche i nostri “no” a quel che non vogliamo. La resa ci fa accettare il Mondo così com’è, ora.
L’istante successivo vedremo di crearlo alla Luce di una Consapevolezza accompagnata da una volontà Superiore: quella del Divino che ci dice con una sottilissima voce che viene dal Cuore: Essere ciò che siamo; non dobbiamo essere altro che noi stessi come già lo siamo, ed i cambiamenti avvengono e avverranno attraverso di noi per come dovranno e potranno essere… in ciò che ci appare il mondo reale.
La resa ci fa essere completamente veri… liberi da divisioni: non perché non le non le abbiamo più nella superficie della nostra umana natura, ma perché le accettiamo, le includiamo in una unità dell’Essere più profondo, e quindi le trascendiamo nell’Essenza, quale centro di riconoscimento e appartenenza Divina. La resa è rimettere la nostra presunta volontà al posto che le compete: essere strumento Consapevole della Volontà del Tutto.
Dal momento in cui accade la resa totale, ci rendiamo conto che anch’essa non è stata nostra, che nulla è nostro… dalla nascita alla morte, dall’odio all’Amore, dalla resistenza alla Resa sublime.
Volere raccontare tutti particolari salienti dei nostri sogni, i momenti topici ci hanno portato fino alla resa che coincide con il Risveglio, per me, non ha molto senso. Solo l’intimo Silenzio è degno di tale Comprensione.
Sarebbe come dare una credibilità agli evanescenti personaggi nei quali ci eravamo identificati che ora appaiono lontani, un eco fantastico del mondo coperto dal velo di Maya.
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L’immaginare che un giorno troverò conforto, sperare che qualcuno o qualcosa mi sorreggerà, che un evento o una filosofia mi renderà felice per sempre, sono le basi del conflitto, del disagio, del malessere…
Questi scompensi, disequilibri vengono proprio dall’incomprensione del fatto che non posso essere diverso da ciò che sono e che non ho margini reali per l’auto determinazione. Non essere ciò che sono è impossibile, perché qualunque cosa o situazione che promana dal Tutto si manifesta come una necessità assoluta, come una forza, un’esigenza ineluttabile. Non ho dunque alcuna scelta, devo attuare la convergenza d'indirizzi e spinte che s'individuano in me. Questo vale per me come per ognuno, evidentemente. Il mio destino è questa danza che si mette in azione e che mi sincronizza con la manifestazione diversa che mi sta intorno, la quale va esprimendosi nell'infinità dei fenomeni, momento dopo momento, ovunque. Partendo dunque da questa primaria sensazione esistenziale nasce il disagio, il quale scaturisce appunto dalla contrapposizione generata dal credermi un qualcuno in grado di fare quello che liberamente vuole e la danza oceanica dell’energia Cosmica che invece mi “costringe” altrimenti, a passi "obbligati". Questa mia voglia di danzante indipendenza sorge dal desiderare, funzione intrinseca dell'ego. Seppure non c’è alcun desiderio manifesto, in realtà il desiderio è sempre presente. E’ l’effetto del percepirmi separato, potenzialmente libero. Sebbene possa trovare questo determinismo inaccettabile perché sembra neghi la mia irrinunciabile identità e possibilità di scelta, per il Tutto ciò è irrilevante. Questo perché è solo nel Tutto che si trova il compimento della completa espressione dell’assoluta Libertà. La presunta parte dipende necessariamente dal Tutto: quindi non ha mai potere reale in sé.
Allora non c’è niente da accettare. Perché anche come ego sono, nei fatti, semplicemente forma del Tutto-Uno.
Quando tuttavia io sono il Ciò che è, dis-identificato, e non ho nessuna considerazione di ciò che sono, o non sono, quando non c’è secondo, io divengo l’accettazione stessa, perché non rimane nulla da accettare.
Non ho perciò niente da aggiungere con una accettazione personale. In questa comprensione, essa diviene chiaramente superflua. Ogni accettazione secondaria va e viene, non è che un ombra effimera dell’accettazione essenziale. Per cui se anche volessi sviluppare una modalità di gestione dell’accettazione creerei solo una sorta sovrapposizione mentale inutile. Nonostante possa credere di poter accettare in quanto persona, in realtà non è mai la mia accettazione che accade. E’ sempre l’accadere impersonale del ciò che è, l’aldilà di un me che non c’è.
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Probabilmente sei solo un attore che si è perso nel personaggio.
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Basta saperlo, non è obbligo rincorrerle o cavalcarle...
Divertiti piuttosto nell'ammirare quanto galoppano in lungo e in largo e quanto sono prolifiche.
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puoi assaporare la dolce e sostenibile leggerezza dell'essere.
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E' nella misura in cui una cosa ti fa paura che la vedi e senti come difficile. Per cui, quando scegli una Via per crescere, scegli quella che ti fa più paura, non quella conosciuta in cui ti barcameni meglio.
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E fuori dal sogno non c'è che quell'Amore che comprende il tutto: che non è più l'amore personale, egoico, il quale è inevitabilmente antitetico al suo opposto: l'odio.
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Il frastuono del mondo, per quando sia solido là fuori, trova amplificazione in te solo se la mente gli fa da cassa di risonanza.
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Nessuno è più potente di chi ha ottenuto la perfetta non-violenza.
Nessuno potrebbe lottare, nessuno potrebbe litigare, in sua presenza.
Si, la sua semplice presenza significa pace, significa amore, dovunque lui possa essere.
Nessuno potrebbe essere arrabbiato o combattere in sua presenza. (Vivekananda)
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Come in un ambiente di matti è pericoloso affermare di non esserlo, lo stesso vale per un ambito in cui i personaggi sono identificati col sogno corrente, pesantemente addormentati.
Allora è meglio lasciar credere... più saggio sapere e non dire.
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E' un campanello d'allarme. Così è quando ciò accade fra gli individui, così è con le folle.
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Il distacco da una dipendenza di qualsiasi natura, per essere irreversibile, deve poggiare su una completa maturazione di un processo. Altrimenti il distacco sarà solo apparente, momentaneo.
Poi, può essere repentino o graduale: ciò dipenderà dall'individuo e dalle circostanze. Ora però non avrà più importanza il modo e il tempo del distacco, perchè ormai dentro la presa della dipendenza è recisa alla radice.
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Per crescere, non sono gli specchietti che richiamano le nostre piccole o grandi ambizioni che dovremmo rincorrere, ma piuttosto gli specchi che smontano le nostre illusioni.
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Tutti i risentimenti che ti leghi al dito, in realtà te li stai legando al collo, al cuore. Questi nefasti legami soffocheranno e oscureranno inevitabilmente la voce e la visione dell'oggettiva realtà.
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Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:42
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:33
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:31
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:28
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:24