Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram
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Messaggi di Gennaio 2015
Con fili di polvere variopinta d'esperienze si va tessendo, momento dopo momento, un'ineffabile trama sul telaio della mia esistenza.
Di sorpresa in sorpresa, gioiosamente stupefatto, osservo un mandala che mi riflette e un giorno si disperderà in un deserto di luce incolore, sull'eco dell'oblio.
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Come c'è la dipendenza da social network, dal chiacchericcio mentale, ecc... ci può essere anche la dipendenza dal silenzio. Sempre dipendenza è. Quando è presente una dipendenza, qualsiasi, l'incantesimo è in atto.
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Ci si inoltra, fra titubanze e entusiasmi in un fantastico mondo fatto di pericoli e incantesimi, come piccoli eroi alla ricerca del tesoro perduto.
Quando infine s’oltrepassa la soglia dell’ultima porta, che contiene il misterioso elisir che dona la vita eterna, s'incontra Chi ci stava sognando.
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Questi scompensi e disequilibri vengono proprio dall’incomprensione del fatto che non posso essere diverso da ciò che sono e che non ho margini reali per l’auto determinazione. Non essere ciò che sono è impossibile, perché qualunque cosa o situazione che promana dal Tutto si manifesta come una necessità assoluta, come una forza, un’esigenza ineluttabile. Non ho dunque alcuna scelta, devo attuare la convergenza d'indirizzi e spinte che s'individuano in me. Questo vale per me come per ognuno, evidentemente. Il mio destino è questa danza che si mette in azione e che mi sincronizza con la manifestazione diversa che mi sta intorno, la quale va esprimendosi nell'infinità dei fenomeni, momento dopo momento, ovunque. Partendo dunque da questa primaria sensazione esistenziale nasce il disagio, il quale scaturisce appunto dalla contrapposizione generata dal credermi un qualcuno in grado di fare quello che liberamente vuole e la danza oceanica dell’energia Cosmica che invece mi “costringe” altrimenti, a passi "obbligati". Questa mia voglia di danzante indipendenza sorge dal desiderare, funzione intrinseca dell'ego. Seppure non c’è alcun desiderio manifesto, in realtà il desiderio è sempre presente. E’ l’effetto del percepirmi separato, potenzialmente libero. Sebbene possa trovare questo determinismo inaccettabile perché sembra neghi la mia irrinunciabile identità e possibilità di scelta, per il Tutto ciò è irrilevante. Questo perché è solo nel Tutto che si trova il compimento della completa espressione dell’assoluta Libertà. La presunta parte dipende necessariamente dal Tutto: quindi non ha mai potere reale in sé. Allora non c’è niente da accettare. Perché anche come ego sono, nei fatti, semplicemente forma del Tutto-Uno.
Quando tuttavia io sono il Ciò che è, dis-identificato, e non ho nessuna considerazione di ciò che sono, o non sono, quando non c’è secondo, io divengo l’accettazione stessa, perché non rimane nulla da accettare.
Non ho perciò niente da aggiungere con una accettazione personale. In questa comprensione, essa diviene chiaramente superflua. Ogni accettazione secondaria va e viene, non è che un ombra effimera dell’accettazione essenziale. Per cui se anche volessi sviluppare una modalità di gestione dell’accettazione creerei solo una sorta sovrapposizione mentale inutile. Nonostante possa credere di poter accettare in quanto persona, in realtà non è mai la mia accettazione che accade. E’ sempre l’accadere impersonale del ciò che è, l’aldilà di un me che non c’è.
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pur sapendo che tu le appenderai ad una rete invisibile d'occhi e cuori diversamente curiosi.
Non so chi lo legge o leggerà, non importa: mi basta scriverlo o averlo scritto per me,
per gustare un eco di tracce risonanti canti di passione.
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A mio modesto avviso, non è sbagliato voler ricordare, commemorare, tragedie immense, anche per non dimenticare orrendi fatti storici che non dovrebbero mai più ripetersi. Ciò va fatto senza però essere prigionieri del ricordo, vivendoci l'adesso sempre nuovo, consapevolmente. La rimozione del di ciò che ci turba non è crescita. Ci dovrebbe essere un andare oltre il passato solo se lo si è elaborato bene e insegnato qualcosa sui nostri errori e responsabilità. Non dovrebbe essere una fuga da ciò che c'inquieta ancora.
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E' in questo quid sta la reale difficoltà... di arrendersi al Tutto (al Sè).
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Se non si coglie il cuore della meditazione,
se non si vive la sua essenza,
la spiritualità può ridursi ad una faccenda sentimentale,
dottrinale o filosofica.
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a volte beato a volte meno, nell'aria ventosa di stagioni momentanee.
Sapendo di non appartenermi.
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Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
(Jorge Luis Borges)
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Si cercano riconoscimenti e conferme esteriori quando l'autoriconoscimento essenziale di sè ancora non è accaduto. Altrimenti non servirebbero: sarebbero superflui. Se non lo si ammette, ci si autoinganna, ritardando il compimento effettivo, il quale richiede soprattutto l'abbandono di ogni ambizione realizzativa.
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In fin dei conti, per me, la realizzazione interiore è ciò che ti fa sentire veramente e profondamente appagato: è un senso di compiutezza. Tuttavia è una dimensione del tutto relativa e soggettiva, che non ha senso comparare con altri modelli di realizzazione che non siano quello che tu hai creato per te stesso. Sei realizzato quando ti senti davvero realizzato, per quel che sono i tuoi canoni, valori e intuizioni, a prescindere da valutazioni e giudizi esterni.
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A volte mi domando del perchè molti film, fiction e opere letterarie, che hanno come protagonisti personaggi che sono o si rappresentano duri, cattivi…attraggano l'interesse di così tanta gente. Mi chiedo perchè il genere thriller, horror, intrattenimenti vari che si basano sulla violenza, sulla crudeltà fisica e psicologica, siano per tante persone spettacoli affascinanti.
Per non parlare del fatto che la cronaca nera produce ascolti record nei mass media. Poi mi pongo subito dopo quest'altro interrogativo: perchè invece queste cose non suscitano, ripugnanza, schifo, rifiuto, piuttosto che curiosità, attrazione morbosa? Invece, devo constatare che nel nostro modo d'intendere l'informazione sulla realtà, spesso anche nell'arte cinematografica... valori positivi come il bene, l'armonia, la gentilezza. l'amore fraterno, la fiducia… siano aspetti che non facciano spettacolo o si ritengono notizie non degne di rilievo, ovvie. Noto una sproporzione netta della rappresentazione del bene e del male, a favore del male. Perché questo squilibrio?
Mi spiace vedere che sulle dimensioni positive non si metta molta più enfasi, entusiasmo. Che non si diano notizie positive che almeno controbilancino quelle negative. Come naturale stato delle cose, della realtà. Ma da dove viene questa perversione per cui la rappresentazione del male è così seducente? Mi duole immaginare un mondo dove solo la patologia sia ritenuta interessante, proponibile come spettacolo a persone adulte.
La nostra mente quotidianamente, purtroppo, si nutre prevalentemente di imput nefasti, poco edificanti. Così mi sembra ovvio che poi sia sempre più intasata da suggestioni negative, con tutte le conseguenze psicologiche e sociologiche che ciò comporta nel vivere sociale, relazionale, di ogni giorno. Questo continuo bombardamento psicologico induce poi a fenomeni di emulazione o depressione in soggetti dalla mente già stressata o fragile. Questo lo riscontriamo facilmente. E’ un circolo vizioso: più negatività veicoliamo come comunicazione più negatività ritorna in forma di stati d’animo e comportamento.
Perché invece non s’inverte questa tendenza che porta sempre più verso il degrado? Chi ha interesse che le cose non cambino, che si viva sempre nell’insicurezza, nel disagio, alimentando così le nostre zone tenebrose di paura, diffondendo tensione nell’inconscio personale e collettivo?
Mi dico: non si potrebbe invertire questa patologico modo d'intendere le cose, di diseducare care, giovani e non, per cui la notizia o lo spettacolo che deve necessariamente interessare è soprattutto quello che fa leva sulla parte più oscura della nostra natura? O vogliamo fino in fondo cavalcare la tigre della negatività, della disperazione, della sfiducia e sprofondare sempre più nell’abisso?
Resta a noi la responsabilità e la libertà di cambiare, se vogliamo: partendo da una trasformazione interiore, che cambi l'interesse alle cose a cui diamo energia, attenzione.
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ma solo sulle risposte che siamo in grado di dare a queste istanze.
Tutta la nostra libertà è dunque misurabile nella qualità delle risposte.
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Mi piace... non mi piace... dice Jodo
Mi piace sviluppare la mia coscienza per capire perché sono vivo, cos'è il mio corpo e cosa devo fare per cooperare con i disegni dell'universo.
Non mi piace la gente che accumula informazioni inutili e si crea false forme di condotta, plagiata da personalità importanti.
Mi piace rispettare gli altri, non per via delle deviazioni narcisistiche della loro personalità, ma per come si sono evolute interiormente.
Non mi piace la gente la cui mente non sa riposare in silenzio, il cui cuore critica gli altri senza sosta, la cui sessualità vive insoddisfatta, il cui corpo s'intossica senza saper apprezzare di essere vivo.
Ogni secondo di vita è un regalo sublime....!!!!
Mi piace invecchiare perché il tempo dissolve il superfluo e conserva l'essenziale.
Non mi piace la gente che per retaggi infantili trasforma le bugie in superstizioni.
Non mi piace che ci sia un papa che predica senza condividere la sua anima con una "papessa".
Non mi piace che la religione sia nelle mani di uomini che disprezzano le donne.
Mi piace collaborare e non competere.
Mi piace scoprire in ogni essere quella gioia eterna che potremmo chiamare Dio interiore.
Non mi piace l'arte che serve solo a celebrare il suo esecutore.
Mi piace l'arte che serve per guarire.
Non mi piacciono le persone troppo stupide.
Mi piace tutto ciò che provoca il riso.
Mi piace affrontare, volontariamente, la mia sofferenza, con l'obiettivo di espandere la mia coscienza.
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Il buonismo è una stupida caricatura della bontà. Perchè è intenzionalità bonaria privata del buon senso e del realismo. E' una pratica apparentemente generosa, che fa involontariamente danni di cui non vuol mai rendersi conto.
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Se c'è il coraggio di vivere pienamente ora,
si troverà anche il coraggio per morire in pace, allora.
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Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:42
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:33
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:31
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:28
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:24