Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Messaggi di Aprile 2008

Pausa... di meditazione

Post n°435 pubblicato il 17 Aprile 2008 da Praj
 
Tag: Notizie

Dopo 434 post in cui ho espresso la sostanza del mio punto di vista, sugli argomenti che più mi appassionano, sento la voglia di prendermi una pausa... poi vedrò il da farsi, lasciando accadere quel che dovrà essere.

Un grazie di cuore e un caro saluto agli amici che mi hanno letto e commentato, ai quali sono riconoscente per il ricco scambio e confronto avuto.
Un sorriso anche a tutti i visitatori del blog.

 

 
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Gioielli... offerti da un Saggio (R. Balsekar)

Post n°434 pubblicato il 15 Aprile 2008 da Praj
 

- Qualunque decisione pensiamo di prendere in realtà è presa per noi, perché la decisione è il risultato finale di un pensiero e noi non abbiamo controllo sulla produzione del pensiero.

- I conflitti dell'uomo e la sua infelicità derivano dalla sua ossessiva preoccupazione per la sicurezza e la sopravvivenza basate su due fondamentali concetti sbagliati. Primo, che è separato e distinto dal resto della creazione; secondo, che egli ha un indipendente libero arbitrio nella scelta delle azioni per determinare i risultati degli eventi all'interno della creazione. Questo tremendo equivoco costituisce la caduta dell'uomo dalla grazia divina, che nella favola Biblica di Adamo ed Eva veniva chiamata la conoscenza del bene e del male.

- L'atto puro e spontaneo accade naturalmente quando non c'è alcun "io" a controllare se l'azione sia conforme alla tua idea di quale sia la cosa migliore per te.

- Puoi disporti ad accettare la tesi che tutto nell’universo sia un’illusione, ma è più che probabile che in tale illusione mancherai di includere il fattore più essenziale, cioè te stesso.

- ... i vari oggetti che costituiscono la manifestazione, non hanno sostanza o natura propria al di fuori della coscienza che... è il percepire e il conoscere i fenomeni. Il fatto è che tutta la manifestazione, tutti i fenomeni, sono apparizioni nella coscienza, percepiti dalla coscienza e conosciuti dalla coscienza, attraverso l'interpretazione della mente.

- ... la coscienza è sia il funzionamento che la percezione del funzionamento e che noi (non gli individui ma l'eterno "io") siamo quel percepire.

- Il vuoto mentale non e' uno stato di idiozia, bensì vigilantissima intelligenza, non distratta da pensieri estranei. 

- Per la Totalità non c’è né passato, né futuro. La Totalità vede la globalità del quadro.Se vedi una formica andare incontro a un’altra, dalla tua prospettiva puoi prevedere che tra pochi secondi si incontreranno. Ma, per le formiche,si tratta di predestinazione. Se smettiamo di pensare nell’ottica individualistica e accettiamo la nostra situazione,inizieremo a pensare nell’ottica della Totalità. Ritorneremo dal personale all’impersonale, e non avremo più problemi.

- Chi progredisce e verso cosa? Non c'è "nessuno" a fare alcun progresso. Il più sicuro segno di progresso è la totale mancanza di preoccupazione a riguardo del progresso stesso e circa la "liberazione", un abbandono non-volitivo a qualunque cosa possa accadere.

- ... è concettualmente impossibile sapere ciò che siamo. Non abbiamo che l'alternativa dell'abbandono della ricerca, che assieme all'abbandono del ricercatore, costituisce di per se "il trovare". Il trovare vuol dire che il cercatore è il cercato. Il cercato è il cercatore; e ognuno di questi, essendo la metà concettuale di CIÒ che è inconcepibile, "né è, né non è".

- Nulla accade che non debba accadere, gli individui sono semplicemente dei personaggi all’interno di una commedia. Non c’è nessuno a cui dobbiamo nulla e nulla ci deve essere restituito; per questo non ha senso porre questioni riguardanti il biasimo o l’errore. Chi ha creato l’ego? La Sorgente lo ha creato e, in determinati casi, la Sorgente stessa lo sta distruggendo.
... non si può evitare il processo avviato dalla Sorgente e tanto meno tentare di combattere l’ego. Continuando a combattere l’ego, la tigre manterrà la bocca aperta per secoli. Accettando l’ego la tigre lo eliminerà in tre secondi, in un sol boccone.

- Che cosa deve fare l'individuo? ... tenere sempre a mente il fatto che un'entità indipendente non può esistere ...la sola cosa che rimane è di non "praticare" con sforzo deliberato, ma semplicemente lasciare che la nostra vera comprensione impregni profondamente il nostro vero essere, passivamente e pazientemente, cosicché tutte le illusioni e le ostruzioni gradualmente cadano da sole.

- Il risveglio è solo un accadimento impersonale, ma gli date il crisma d'un raggiungimento personale. Di conseguenza vi ponete la domanda: «Cosa si prova a essere illuminati?». Una tal cosa come una persona illuminata non esiste: il risveglio è solo un evento come un altro. C'è un'inondazione, un incendio, un terremoto; e c'è il risveglio, come una cosa che accade a tutto il processo, completamente parte del processo fenomenico.

- L'autorealizzazione o risveglio, non è altro che comprensione, la più profonda possibile, che non c'è uno specifico agente per ogni singola azione, né tu, né nessun altro. Nello stesso modo, tu non sei il pensatore di alcun pensiero, né lo sperimentatore di alcuna esperienza: tutto semplicemente accade.

- La liberazione consiste solo nell'eliminazione dell'idea che ci sia qualcuno che ha bisogno di liberazione.

Tutti questi scritti sono estratti da alcuni libri - "La Coscienza parla" - Ubaldini editore e la traduz. di "Una rete di gioielli" - di Ramesh Balsekar, un Maestro di Advaita Vedanta contemporaneo che ha ispirato una fase importante del mio cammino.

 
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Lasciare maturare il non attaccamento

Post n°433 pubblicato il 11 Aprile 2008 da Praj
 

Spesso, in molti di noi, nasce la voglia di non essere più attaccati a cose, situazioni, stati d'animo... perché capiamo che in ciò sta la causa della nostra sofferenza, dolore, disagio. Quindi si cerca una via per arrivare al non attaccamento, per imparare ad arrivare alla liberazione dagli attaccamenti. Però se anche il non attaccamento poi diventa una ideologia, un nuovo attaccamento, siamo punto e daccapo. L'ottenimento del non attaccamento, secondo me, non è mai un atto di volontà: perchè questi elimina un attaccamento, sempre creato dal senso dell’ego, ma ne crea subito un altro, ancor più nascosto e sottile. Crea, come minimo, l'aspettativa di vedere i risultati del nuovo stato, di cui ci si vanta, al quale poi orgogliosamente e nuovamente ci si aggrappa. E dal quale, quindi, rinascerà ancora sofferenza. Solo la grazia che sorge dall'abbandono a quello che siamo, compresi i nostri limiti, attaccamenti, debolezze, può gradualmente distaccarci dagli oggetti dell'attaccamento. Ciò ci rende profondamente umani e meno egoisti, orientati da un bisogno di essere speciali. Che fare dunque per andare oltre gli attaccamenti, se proprio lo vogliamo, ma senza ritornare nella trappola del circolo vizioso? Niente, oltre che osservare compassionevolmente i nostri attaccamenti e lasciare che si stacchino da soli quando sono giunti a maturazione, quando hanno svolto tutta la loro funzione pedagogica. Quando non hanno più senso d'esistere, hanno fatto il loro corso, siamo noi, per primi, ad abbandonarli. Nel caso invece vogliamo ingaggiare una lotta con loro, buttandoli fuori della porta a forza, rischiamo di vederli molto facilmente rientrare sotto altra forma dalla finestra. Perché ancora ci appartengono, non sono stati riconosciuti per quello che sono e perchè ci sono. Perciò, non è con la lotta ma con la comprensione e compassione che ci liberiamo da essi. Pazientemente, rilassati. Come fa la natura con i tempi necessari per portare ogni seme diverso alla sua fioritura.

 
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La spirito non andrebbe commercializzato 

Post n°432 pubblicato il 09 Aprile 2008 da Praj
 

Guardandomi attorno non posso non osservare un crescente mercato che vende merce spacciata per cose attinenti allo spirito.
Per me, più che servizi spirituali, sono servizi para religiosi, pratiche strumentali alla consolazione, esercizi rivolti al ripristino psicosomatico, al rilassamento mentale, corsi di guarigione, terapie vibrazionali che si rifanno ai gruppi di crescita, oggettistica varia... in sostanza, prodotti ben diversi da ciò che s'intende per reale spiritualità.
A quel livello di religiosità pseudo materialistica mi sembra lecito, oltre che convenzionale, che gadgets e servizi vengano pagati, al pari di qualsiasi altro servizio profano.
Quello che però voglio far notare è che la spiritualità, quando è vera e profonda, ha un’altra natura: è sempre dono. Sia quando viene offerta sia quando è ricevuta. Perciò, per me, e non per moralismo, il quale vede nel denaro lo sterco del demonio, la spiritualità non dovrebbe essere monetizzata. Non dovrebbe dunque essere resa merce di scambio, commercio, mezzo di guadagno e arricchimento. Il limite massimo sta nel richiedere, casomai, la copertura e pagamento delle spese necessarie affinché lo scambio o il servizio gratuito possa essere fatto. E’ un fatto di riconoscenza interiore, di onestà essenziale: lo spirito che è stato infuso gratuitamente deve essere ri condiviso senza condizioni. Altrimenti diventa merce, seppur definita o creduta spirituale. Certamente questo genere di materiale e servizio si può vendere e acquistare, ma è un’altra cosa.
Non sarà molto probabilmente veicolo della grazia, la quale tocca sempre generosamente chi piuttosto non aspira al profitto personale e dona disinteressatamente.
Che poi siano istituzioni già affermate o altre piccoli gruppi settari, conventicole varie, a vendere e offrire i loro prodotti, cosiddetti spirituali, la faccenda non cambia: sempre mercato è, in qualsiasi forma venga fatto e rappresentato.

 
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Non vendetta ma risarcimento

Post n°431 pubblicato il 08 Aprile 2008 da Praj
 

Leggendo, ho trovato questa interessante ipotesi.
Forse è discutibile, sicuramente da approfondire; potrebbe avere molte ripercussioni sotto innumerevoli aspetti: sul piano giuridico, sociale, psicologico... ma offre una prospettiva diversa da quella istintiva.
Per me è
un invito molto stimolante alla riflessione, rispetto ad un tema piuttosto coinvolgente le coscienze di chiunque sia chiamato in causa da un torto o danno subito. Forse guardando il problema da quest'ottica... 

"La vendetta è un mezzo per evitare di soffrire quando qualcuno ci ha fatto un torto?

Bisognerebbe cambiare il concetto di vendetta con quello di risarcimento. La vendetta non porta a niente.
Finchè ci si vendica non si ottiene nessuna riparazione (risarcimento). La persona che ci ha abusato, per esempio, non bisognerebbe ucciderla, metterla in prigione, castrarla, ma portarla a pagare un risarcimento in denaro o tramite un'azione ben precisa.
Se non c'è risarcimento, la vendetta non serve a niente:
è solo la soddisfazione dell'ego e la sofferenza non finisce.

Il risarcimento può essere metaforico o reale.
Finire sempre con qualcosa di positivo, mai negativo."

(Alejandro Jodorowsky)

 
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Non siamo costretti...

Post n°430 pubblicato il 07 Aprile 2008 da Praj
 

Ricordiamoci che non siamo costretti a reagire sullo stesso piano in cui gli altri ci trattano e a rispondere allo stesso livello in cui ci parlano.
Anche se spesso siamo chiamati ad essere quello che vorrebbero che fossimo o si aspettano da noi, non è detto che dobbiamo necessariamente accontentarli.
Essere centrati nella consapevolezza ci permette di rapportarci con loro comunque armoniosamente, senza però venire meno alle nostre esigenze, pur rispettandoli per il loro modo d'essere.

 
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Uscire dal circolo vizioso

Post n°429 pubblicato il 04 Aprile 2008 da Praj
 

Alcuni dicono dobbiamo cambiare noi stessi e imparare ad accettarci, senza rendersi conto della contraddizione che stanno esprimendo.
Se dobbiamo cambiare noi stessi, allora che accettazione è? Una volta compreso ciò... il cambiamento naturale, spontaneo, sorge da sè. Non è un azione dettata dalla volontà: è un abbandono... in ciò che siamo.
In caso contrario è una falsa accettazione: è soltanto una nuova strategia dell'ego per rimandare... ad una gradualità interminabile di miglioramente quella che può essere invece un lampante comprensione liberatoria.
E' come dire che dobbiamo rilassarci.
E' una specie di assurdità, se ben si riflette.
Ci si rilassa e basta. Altrimenti, anche nel tentativo di rilassarci, c'è una sorta di tensione sottostante. Questo punto va colto con chiarezza: pena il rimanere intrappolati in un circolo vizioso… di cui non si viene mai a capo.
Si pensa pure che bisogna fare qualcosa per accettare le cose così come sono. Che non è semplice farlo...
E' questo l'errore in cui si cade quasi sempre. Per accettare le come sono non occorre nessuna strategia: basta accettarle. E’ facilissimo ma il nostro ego la fa diventare la cosa più difficile da fare.
E se, casomai, non si sa accettarle si accetti anche questo fatto:
si accetti pure il non accettare...
e si è aderenti in pieno al ciò che è, immediatamente.
Ma l'ego s'intromette e, di fatto, non si lascia andare realmente. Manca il grande insight! Ed allora cominciano le problematizzazioni, le filosofie, gli psicologismi… si è preda della mente.
Si sa anche che bisognerebbe rinunciare a tutti i desideri, compreso quello dell'illuminazione. Lo dicono i saggi, lo dicono molti che sono sulla via.
Lo affermano in tanti ma in pratica non lo si comprende nella maniera idonea. Altrimenti, se avessimo veramente rinunciato anche al desiderio d'illuminarci, come a tutti gli altri desideri, avremmo "realizzato" che siamo già illuminati, così come siamo! Che è solo l’ego che ci vuole diversi…
e spesso non ne siamo coscienti fino in fondo.

 
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Non si può sapere: magari è bene, magari è male...

Post n°428 pubblicato il 03 Aprile 2008 da Praj
 

Si racconta che il bel cavallo di un saggio un giorno sfondò la porta della stalla e fuggì via. Ai vicini di casa che andarono da lui per compatirlo rispose con un dolce sorriso: "Magari è un bene". Sei mesi dopo il cavallo fece ritorno insieme a dieci cavalli selvaggi che lo avevano eletto a capo branco. Quando i vicini casa accorsero a congratularsi con lui, il saggio rispose: "Magari è un male". Il figlio del saggio cercò di domare uno di quei cavalli. Ma il cavallo indomito lo scaraventò per terra. Il giovane si ruppe una gamba e rimase zoppo per tutta la vita. Il saggio disse ai vicini venuti a consolarlo: "Magari è un bene".
Scoppiò la guerra e tutti i ragazzi del villaggio furono costretti ad arruolarsi nell'esercito, tutti tranne il figlio del saggio, perchè era zoppo...

 
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Quell'intervallo fra i pensieri...

Post n°427 pubblicato il 01 Aprile 2008 da Praj
 
Foto di Praj

La stragrande maggioranza degli individui è identificata con il proprio pensiero. Infatti essi credono che l'unica dimensione della loro coscienza sia il pensiero discorsivo. Essi sono convinti di ciò perchè non hanno mai conosciuto il Testimone del pensiero che non sia pensiero stesso: ovverosia l'osservatore impersonale. La cosiddetta non mente. Dunque essi sono portati negare la possibilità che esista una tale presenza Consapevole in loro  perchè non l'hanno mai conosciuta, perchè questa credenza non è mai stata verificata  dall'esperienza meditativa. Ma, per chi ha potuto realizzarla, invece è la più lampante delle realtà. Il flusso dei pensieri appare come un fenomeno incessante, continuo, ma non è così. E' piuttosto come il cerchio che si può percepire quando si fa roteare una torcia  velocemente. Se si smette però di farla roteare la torcia appare per quel che è: una torcia e non più un cerchio di fuoco. Lo stesso accade con i pensieri. Se li osserva con attenzione distaccata si vedrà che sono separati fra loro. Il fenomeno è molto diverso da come appare. Questo si riscontra nel laboratorio para scientifico della ricerca interiore. Se si impara a meditare, permettendo il rallentamento dello scorrere dei pensieri, avremo l'occasione di riconoscere con evidenza che non tutto è pensiero. Si impara a vedere che c'è sempre un intervallo, uno spazio vacuo fra un pensiero e l'altro. Quello spazio è la nostra più essenziale natura. E' il non Essere, il sostrato fondamentale e necessario dell'Essere. Su ciò  potremmo discuterne ad oltranza, così come spesso inutilmente si fa , ma, se non c'è l'esperienza diretta rispetto a tale dimensione è come parlare della luce a chi che non ha mai aperto gli occhi nella sua vita. Egli crederà solo al buio perchè la sua esperienza personale si ridurrà al vissuto condizionato dall'aver tenuto gli occhi sempre chiusi. Solo posizionandoci in quello spazio immacolato possiamo vedere l'intera realtà di cui "noi" siamo la sorgente. Solo in quello spazio possiamo percepire la Vita come la danza (movimento) dell'energia che sono gli infiniti fenomeni, ornamento di quell'unica dimensione alla quale possiamo dare infiniti nomi senza però cambiarne l'Essenza.

 
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