Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram
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Messaggi di Aprile 2010
“Dovete sapere che, come individui, non siete gli agenti dell’azione, ma comportatevi nella vita come se lo foste.” (Ramakrishna)
Per l'armonia della Totalità ci è dato di funzionare in modo da sentirci liberi.
Per fortuna però non lo siamo.
Se lo fossimo realmente, la totalità sarebbe solo un caotico insieme di spinte divergenti, di volontà singole disarmoniche, incapaci di operare al meglio nell'interesse del Tutto.
Ecco tuttavia perché è importante credere fermamente di essere liberi, anche se non lo siamo:
le energie individuali, in questa modalità, riescono ad esprimersi con più intensità, forza, creatività...
E' dunque meraviglioso e stupefacente che il Tutto abbia creato questo sogno nella coscienza di ognuno, per coinvolgerci nella Sua volontà, facendoci credere che sia la nostra, al fine di compiere la sua libera Cosmica Danza.
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Essere perfetti è un concetto mentale dal quale ci si può liberare,perché noi siamo sempre "nel nostro giusto", se non ci diamo deimodelli mentali a cui adeguarci... una meta da raggiungere... se siamosenza aspettative.
In realtà, se non ci dividiamo, alimentando una lotta interna fra ciòche siamo e ciò che vorremmo essere in quel momento, si scopre chesiamo già a Casa. Proprio così come siamo.
Non ci sono miglioramenti immaginari da raggiungere ma solo un eternarealtà presente da riconoscere: quella che si sta vivendo proprioadesso, davanti e dentro di noi, così com'è. Con questa adesione totalesi entra in contatto pieno e diretto con ciò che Siamo realmente, conil Ciò che E'. Ci si libera dell’immaginaria visione di noi stessi. E'tutto qui e ora! Non c’è spazio per la fantasticheria sul come saremmose…
In questo pieno riconoscimento del Vero accade indirettamente ungenuino miglioramento spontaneo, non dettato, altrimenti, da un egospirituale ambizioso, orgoglioso, auto referenziale...
Per me, l'Accettazione assoluta, nella sua disarmante semplicità, quied adesso, è la chiave... del ben Vivere. In essa non c'è spazio per laseparazione fra l'essere ed il dovere essere... ed in tale condizionedi non tensione naturalmente la mente si calma... si ridimensiona.
Allora, in questo accettarsi, l'ego è vissuto come una semplicerappresentazione da "usare" nel "Gioco" della Vita. E non crea piùconflitti perché sa rapportarsi con altri ego in maniera nuova, Seriusciamo, o ci accade, di accettare perfino la nostra "nonaccettazione", abbiamo perfino la possibilità e capacità di Vedere lecose da un'altro piano, sempre più interno, addirittura impersonale.
Questo non è un gioco di parole ma una Comprensione Metafisica, direi sovra razionale.
Due livelli principali coesistono simultaneamente in noi: Sono illivello personale manifesto e l' impersonale immanifesto. In realtàsono due facce della stessa medaglia.
E' una unità che si dualizza per manifestarsi. E' L'Assoluto che giocaad essere relativo per esprimersi nella sua infinita creatività.
Quindi, l'umana manifestazione non si può che accettare, se non sivuole lottare senza possibilità di vittoria alcuna, e senza alimentareulteriore sofferenza a noi stessi e agli altri, al mondo.Nell'accettazione l'Essenza ha la possibilità di emergere e guidarci,spodestando l'ego usurpatore dal trono della Coscienza, da un ruolo chenon gli spetta. Però questa celebrazione del Ciò che E’ è possibilesolo se c'è una Presenza Osservante - la Consapevolezza - che ciaccompagna, vigile momento dopo momento.
E' evidente infatti che se la Consapevolezza è più espansa, l'areadell'identificazione da accettare si restringe. Più c’e Consapevolezza(Luce) meno c’è identificazione (Oscurità). La Vita si esprime danzandofra questi due poli, accentuando ora l’una ora l’altra dimensione.
Certamente, in questo ambito misterioso che è l'esistenza individuale,che si appalesa a più livelli, non si può che constatare che essa siamolto bizzarra nel suo esperimentarsi umano e addirittura paradossaleriguardo alla Comprensione "Divina" che scaturisce dal Riconoscerci perQuel che siamo veramente.
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La sofferenza appartiene alla dimensione personale. Anche il dolore che può comportare e dimostrare la nostra inadeguatezza di fronte al dolore altrui, il nostro sentirci impotenti, incapaci... fa parte del nostro cammino di trasmutazione coscienziale. E' inevitabile, perchè è necessario.
Per quanto si possa entrare in empatia con l'altro, per quanto si possa stargli vicino, aiutarlo al meglio delle nostre possibilità umane... avvertiamo che c'è un punto in cui di più non si può fare. L'altro rimane alla fine sempre solo con il suo dolore. Lo stesso vale per noi.
Avrà pure il conforto, l'amore, l'amicizia intono a sè, nel migliore dei casi, ma in sostanza sarà solo di fronte all'esperienza interiore che dovrà viversi.
Questo solitario soffrire serve a farci crescere dentro, a conoscere più a fondo la nostra natura essenziale, la nostra vera identità. Se non ci fosse il dolore si resterebbe in superficie, ci attaccheremmo solo alla dimensione egoica del nostro esistere, perdendo l'occasione di conoscerci più profondamente. La sofferenza ci obbliga invece a guardare con una prospettiva diversa il senso della Vita, volenti o nolenti.
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Perdonare significa “dare come si faceva prima che si venisse feriti”. Ma ciò, secondo me, può succedere solo dopo che è accaduta una vera Accettazione e Perdono di noi stessi: che vuole anche dire riconoscimento dei nostri lati oscuri e luoghi potenziali di negatività, che anche in noi sicuramente albergano latenti, per ora solo dormienti.
Altrimenti non è possibile accettare e perdonare gli altri, in particolare modo chi ci ha ferito o fatto del male, sotto qualsiasi forma. E’ la realizzazione che in noi c’è tutta l’umanità, che noi siamo anche il mondo e che se qualcuno ha fatto qualcosa di offensivo o negativo nei nostri confronti... dovremmo sapere che avremmo potuto essere invece noi a farlo nei suoi, soltanto ci fossimo trovati nelle sue stesse condizioni, in ogni senso. Questo a mio avviso andrebbe onestamente riconosciuto, davanti allo specchio della nostra coscienza, ben meditato, prima di giudicare e condannare senza appello. Con questo mi riferisco soltanto al nostro spirito interiore e non ad eventuali perdoni giudiziari che appartengono ad un altro piano della giustizia, e alla quale ora non mi sto riferendo.
La grande affermazione evengelica "Perdona loro perchè non sanno quello che fanno" allora va intesa, a mio modo di vedere, come la capacità di Chi dimora nella Consapevolezza Compassionevole di vedere le cose, le conseguenze delle proprie azioni e quelle altrui da un punto di vista più ampio e da una sensibilità più profonda, manifestando la conseguente Comprensione e Compassione.
Comprensione che, come un fuoco purificatore, alchemizza la sensibilità e l’intelligenza.
Si può dunque dare e “insegnare”, attraverso un esempio sincero, a chi ci ha fatto del male e ferito, in ogni modo, una nuova disponibilità, una nuova apertura di credito, con questo nuovo spirito accettante, senza nemmeno sentirci fieri ed orgogliosi… ma solamente empatici, comprensivie e con rinata Coscienza.
Il perdono... è sempre Ora e Qui! Non c'é altro posto e momento per perdonarsi e perdonare...
Per cui perdoniamo possibilmente subito, noi e gli altri, generosamente facendo pulizia... del passato…che è soltanto un gravoso fardello di dolore e sofferenza che ci portiamo inutilmente appresso. So che non è facile ma questa è la Via... il vero "lavoro" su noi stessi da fare.
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Illusione che tuttavia scompare e riconosce se stessa solo volando oltre e sopra il pensiero.
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Il più grande dei tabù è, a mio parere, il mettere in discussione la nostra identità egoica, la quale ci fa credere che noi siamo agenti personali.
Riconoscere che il senso dell'io non è una realtà assoluta, che non è quella apparente realtà che immaginiamo, percepiamo... e nella quale ci identifichiamo... e accettare il fatto che siamo una sorta d'illusione è il più grande dei tabù. Chi mai può permettersi questo disvelamento?
Solo chi è disposto a morire a se stesso in quanto ego. Ma questo è il più grande dei tabù.
Va detto però che l'ego non muore in realtà, ma si dissolve. Muore solo l'attaccamento ad esso.
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Nelle avversità sii come il salice che, assecondando l’uragano, si piega di qua e di là, secondo il soffiare del vento. Poi, passata la tempesta, ricompone i suoi rami. (detto Zen).
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Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:42
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il 09/07/2023 alle 12:33
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il 09/07/2023 alle 12:31
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:28
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:24