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9 mesi:prima e dopo. La ... »

Ho avuto un attacco di panico? Come riconoscerlo e affrontarlo.

Post n°1 pubblicato il 27 Agosto 2012 da simonapierini
 
Foto di simonapierini

 

È stato solo un momento, breve ma ben definito; lo posso raccontare nei minimi dettagli…non lo dimenticherò facilmente…

La metropolitana era piuttosto affollata, era il momento in cui in molti raggiungono il posto di lavoro… in un attimo il terrore e lo spavento hanno preso il sopravvento su di me; sentivo il bisogno di fuggire, scappare il più lontano possibile da quella situazione che stava diventando,ne ero certo, catastrofica, nefasta, irreparabile…

Il mio cuore batteva all’impazzata, era incontrollabile… sentivo distintamente il sudore nelle mani, sul collo,lungo la schiena, su tutto il corpo…e aumentava,aumentava, aumentava… non sembrava arrestarsi.

Iniziai a sentire brividi agli arti; tremavo e avvertivo una forte nausea, giramenti di testa e credevo di svenire da un momento all’altro…in poche parole, ho avuto paura di impazzire e…morire, proprio lì, in quel momento…morire!

 

Nonostante sia possibile riconoscerci in questo racconto, o in parte dei sintomi narrati, l’attacco di panico non è un disturbo facilmente identificabile; per poterlo diagnosticare, molto dipende dalla storia del soggetto e dal contesto in cui si trovava nel momento dell’insorgenza del disagio.

 

Un aspetto fondamentale da indagare in questi casi risulta essere la “tentata soluzione”[1] messa in atto dal soggetto nel tentativo di far fronte all’attacco di panico…Cosa ha fatto concretamente? Quali azioni? Cosa ha pensato? Come ha reagito?

Per quanto strano possa apparire, a volte  sono proprio le modalità che scegliamo per risolvere un problema ad alimentare il problema stesso…

 

…“mi sentivo il cuore scoppiare letteralmente nel petto, battere velocemente e, nel tentativo, e nella disperata speranza, di controllarlo,  mi agitavo sempre più…proprio non voleva saperne di rallentare”…

 

E se invece di controllare le reazioni del nostro corpo e rimanere protesi all’ascolto delle sue piccole e grandi alterazioni, che, ovviamente, ci fanno allarmare, pensassimo che non abbiamo paura di ciò che sta succedendo e non ci faremo prendere in ostaggio da loro nel disperato tentativo di controllarle?

Cosa succederebbe se riuscissimo a fare ciò?

Forse ci calmeremmo…..

 

…“da allora è successo altre volte, ho quindi ritenuto opportuno non recarmi più in quel posto e, quando proprio non posso farne a meno, sono costretto a chiedere a qualcuno di accompagnarmi…mi sento un menomato oramai”…

 

 Evitare le situazioni può portarci alla convinzione che, dunque, queste sono dannose per noi e che noi non siamo in grado di affrontarle; come un bambino che sta imparando ad andare sullo scivolo: se la prima volta che scivola, cade e si fa male e si lasciasse convincere che quel gioco è pericoloso per lui, che non può farlo o che, se proprio ne ha voglia, la mamma o il papà lo devono aiutare e tenere per la mano, allora è probabile che quel bambino continuerà ad avere paura dello scivolo! Continuare ad evitare quel gioco sarà solo un modo per riconfermare  a se stesso che il gioco è pericoloso!

 

Giorno dopo giorno si evitano quei luoghi, quelle situazioni, quei posti specifici dove potrebbe verificarsi un attacco di panico, così rimaniamo ingabbiati nella rete che noi stessi abbiamo tessuto!

 

Le proprie risorse ed i propri strumenti per affrontare la situazioni diventano sempre più sfumati, labili, evanescenti e anche l’autostima, nonché la vita quotidiana, ne paga un caro prezzo!

 

La domanda più importante è:”Cosa posso fare per risolvere il problema?” “Come posso affrontarlo, facendo ricorso alle mie risorse?” “Come trasformare la paura che “blocca” e “immobilizza” in una paura che porta all’azione concreta e funzionale?”

 

L’attacco di panico si può curare!

 

La terapia strategica integrata è un valido aiuto per uscire da questo empasse e tornare a respirare “aria fresca”, senza la paura che il nostro corpo possa improvvisamente impazzire.

 

Avvalendosi della storia e della definizione del problema che il soggetto stesso racconta, della sua storia relazionale, affettiva ecc…; di prescrizioni (“compiti”, come li chiamò una volta un mio paziente); della comprensione e ristrutturazione delle tentate soluzioni disfunzionali di cui abbiamo parlato sopra; delle modalità di cambiamento delle sensazioni associate al disturbo; di nuovi punti di vista che consentano di interpretare, e vivere, l’evento in un modo “nuovo”.

 

Perché la paura non sia più un nemico ma un valido alleato!

 

 

 

 



[1] I vari studi condotti negli ultimi vent’anni da Giorgio Nardone presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo (CTS) su chi soffre di questo disturbo fanno emergere che ciò che determina la strutturazione della sintomatologia fobica e del panico sono le tentate soluzioni che la persona mette in atto nel tentativo di sfuggire alla paura, e le conseguenti reazioni emotive e somatiche.

 
 
 
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Un blog di: simonapierini
Data di creazione: 27/08/2012
 
 

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