Creato da unadonnaspezzata il 18/09/2009
o questa pazza virtuale?

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dici? č quello che ho "sentito" in questi mesi di...
Inviato da: unadonnaspezzata
il 21/09/2009 alle 18:52
 
Ottima analisi :)
Inviato da: Odette292
il 20/09/2009 alle 22:37
 
 

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Le Parole di una Vita

Post n°3 pubblicato il 13 Ottobre 2009 da unadonnaspezzata
Foto di unadonnaspezzata

Quando si è giovani si tiene chiuso in un cassetto un sogno. Crescendo ci si impegna a dargli una forma, un nome, una realtà.

Per Giancarlo Siani questo sogno è diventato una macchina da scrivere e battuta dopo battuta è diventato un giornalista. Succede a tutti di avere dei sogni, ma a pochi di realizzarli. Certo questo richiede impegno. Infatti Giancarlo già nel 1979 ha iniziato a scrivere su  piccoli periodici ‘scuola-informazione’ e ‘ il lavoro nel sud e poi sull‘osservatorio sulla camorra’, diretto dal Prof Lamberti.

 Muoveva i suoi primi passi in una strada ancora tutta da vivere. Cercava le notizie, camminava per le strade ascoltava e osservava il mondo con la naturalezza dei suoi vent’anni, con gli occhi di chi il mondo lo vuole scoprire.

E poi scriveva, ma quelle pagine intrise di passione e di forza raccontavano verità che solo perché vere e reali erano troppo scomode. La sua tenacia gli ha aperto le porte del quotidiano ‘Il Mattino’ per il quale è diventato corrispondente da Torre Annunziata, una di quelle terre di nessuno. Giancarlo però non poteva accontentarsi dei piccoli successi che aveva già raccolto, ne desiderava altri perché realizzare un sogno non è cosa da poco, e ha scritto così oltre 900 articoli, che in questo volume sono raccolti in ordine cronologico.

Giancarlo ha scritto di camorra, malapolitica, malaffare, droga, muschilli, brutture che ha raccontato con la voce di chi non vuole che il vuoto e il silenzio predominino.

 
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Quante cose belle ci stiamo perdendo?

Post n°2 pubblicato il 24 Settembre 2009 da unadonnaspezzata

Un violinista nella metropolitana.

Un uomo si mise a sedere in una stazione della metro a Washington DC ed iniziò a suonare il violino; era un freddo mattino di gennaio. Suonò sei pezzi di Bach per circa 45 minuti.
Durante questo tempo, poiché era l'ora di punta, era stato calcolato che migliaia di persone sarebbero passate per la stazione, molte delle quali sulla strada per andare al lavoro.
Passarono 3 minuti ed un uomo di mezza età notò che c'era un musicista che suonava.
Rallentò il passo e si fermò per alcuni secondi e poi si affrettò per non essere in ritardo sulla tabella di marcia.
Alcuni minuti dopo, il violinista ricevette il primo dollaro di mancia: una donna tirò il denaro nella cassettina e senza neanche fermarsi continuò a camminare.
Pochi minuti dopo, qualcuno si appoggiò al muro per ascoltarlo, ma l'uomo guardò l'orologio e ricominciò a camminare. Quello che prestò maggior attenzione fu un bambino di 3 anni.
Sua madre lo tirava, ma il ragazzino si fermò a guardare il violinista.
Finalmente la madre lo tirò con decisione ed il bambino continuò a camminare girando la testa tutto il tempo. Questo comportamento fu ripetuto da diversi altri bambini.
Tutti i genitori, senza eccezione, li forzarono a muoversi.
Nei 45 minuti in cui il musicista suonò, solo 6 persone si fermarono e rimasero un momento.
Circa 20 gli diedero dei soldi, ma continuarono a camminare normalmente. Raccolse 32 dollari. Quando finì di suonare e tornò il silenzio, nessuno se ne accorse. Nessuno applaudì, ne' ci fu alcun riconoscimento.
Nessuno lo sapeva ma il violinista era Joshua Bell, uno dei più grandi musicisti al mondo.
Suonò uno dei pezzi più complessi mai scritti, con un violino del valore di 3,5 milioni di dollari.
Due giorni prima che suonasse nella metro, Joshua Bell fece il tutto esaurito al teatro di Boston e i posti costavano una media di 100 dollari.

Questa è una storia vera. L'esecuzione di Joshua Bell in incognito nella stazione della metro fu organizzata dal quotidiano Washington Post come parte di un esperimento sociale sulla percezione, il gusto e le priorità delle persone. La domanda era: "In un ambiente comune ad un'ora inappropriata: percepiamo la bellezza? Ci fermiamo ad apprezzarla? Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?".

Ecco una domanda su cui riflettere: "Se non abbiamo un momento per fermarci ed ascoltare uno dei migliori musicisti al mondo suonare la miglior musica mai scritta, quante altre cose ci stiamo perdendo?"

Washingtonpost.com

 
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IL MIO COMPLEANNO SU DIGILAND

Post n°1 pubblicato il 18 Settembre 2009 da unadonnaspezzata

Uso computer da vent'anni. Ma da un anno esatto sono qui,su questa community. In quello che definivo il luogo del cazzeggio virtuale.
Mi sembra una vita fa...
Tanti accadimenti, tanti eventi, tanti fatti. Di ciascuno c'è traccia qua sopra, più o meno velatamente, più o meno esplicitamente.
Ho ripercorso mentalmente, rileggendo qua e là, questi dodici mesi...
E m'è venuto spontaneo cercare di farne un bilancio. Che ovviamente condivido con voi.
Dunque: parto dall'assioma.
Qui, come nella vita, non si può non comunicare.
E quindi cosa penso di digiland un anno dopo?
Penso che sia uno strumento estremamente efficace (azz, che scoperta). Ma non tanto e non solo per mettere in contatto le persone tra loro. Bensì, ritengo sia utilissimo per fornire una radiografia di ciascuno di noi...
Un anno fa non immaginavo fosse possibile.
No, non mi spaventa affatto: ho da tempo acquisito la consapevolezza del vivere nell'era della comunicazione globale dove l'unico sistema per tutelare la privacy è non averla...
In questo bignami del marketing, spaccato autentico dei giorni nostri, è facile, con un minimo di capacità di osservazione, "leggere" le persone dentro di loro, carpirne la personalità, dedurne le peculiarità, sfrondare del superfluo ed arrivare fino in fondo, al nocciolo dell'animo umano. Cogliendone tic e manie, percependone usi e costumi, individuandone tabù e questioni irrisolte.
Una persona alla quale sono stato molto legato mi disse un giorno che internet era la rovina delle relazioni, era un mondo virtuale nel quale ci si finge quel che non si è. Io penso al contrario che sia una vetrina dalla quale non si può mentire: qui sopra c'è esattamente quel che siamo. Anzi, c'è addirittura quel che mostriamo di essere persino senza volerlo.
Ci sono persone che sprizzano gioia da tutti i pori... ops, da tutti i byte. Ci sono persone che vivono la propria vita con frustrazioni e rancori repressi. Ci sono quelli che combattono la propria solitudine e quelli che si nutrono di superficialità. Ci sono quelli che fanno politica senza rendersene conto e quelli che vorrebbero farla senza riuscirci. Ci sono quelli che ostentano tutto ciò che ritengono possa rappresentarli al meglio e che tuttavia ne forniscono il peggio. Ci sono quelli che si raccontano la propria vita per convincersi che sia davvero quella. Ci sono quelli che vivono la propria vita al solo scopo di poterla raccontare. E quelli che interpretano la propria vita come se fosse un romanzo o che si raccontano la propria vita come se dovessero scriverne un romanzo. Ci sono quelli che guardano a sé con durezza e quelli che si assolvono sempre, ché la colpa delle proprie miserie è sempre degli altri. Quelli che fingono di amare il prossimo come se stessi e quelli che finiscono per ripromettersi di amare sempre quello successivo. Quelli che non riescono a non urlare nemmeno scrivendo e quelli che sussurrano sempre con delicatezza.Ci sono quelli che ti chiedono di essere aggiunti nello spazio amici e poi ti cancellano per chissà quale meccanismo e quelli che all'improvviso spariscono e poi riappaiono e poi spariscono ancora, esattamente come nella vita reale. Ci sono quelli che sono ogni giorno presenti e quelli che si affacciano a tempo perso per vedere se ci sia qualcosa di interessante. Ci sono quelli che ti censurano i commenti scomodi e quelli che si tengono persino gli insulti.
Quelli che usano l'ambiguità come strumento e quelli che faticano a tradurre il proprio pensiero. Quelli che lo dicono in faccia e quelli che non te lo diranno mai. Ci sono quelli che parlano al mondo come se il mondo non aspettasse altro e quelli che mettono in piazza vicende ed immagini private forse senza nemmeno rendersene conto. Quelli che spiano e quelli che tacciono, quelli che comunicano a due vie e quelli che lo fanno in due ma ciascuno con un'unica via in una sorta di dialogo tra sordi.
Su queste pagine è possibile leggere questioni sociali e gossip senza ceti, formazioni culturali ed ironie esilaranti, gusti e preferenze, incoerenze e difetti, temi scabrosi ed amori nascosti, melliflua buonacreanza ed angosce esistenziali, umiliazioni e felicità, precarietà e rassegnazione, gioia e frustrazione, socialità e solitudine, condivisione ed egoismo, solarità e presunzione, ansia e menefreghismo, sincerità e provocazione.
E soprattutto, siccome ciascuno di noi non usa mai per caso le parole che proferisce, c'è quel che siamo persino quando crediamo di esserci espressi male. Ci siamo noi. Con tutti i nostri pregi e con tutti i nostri difetti.
Una volta definii la community come una sorta di piazza (sì, virtuale) in cui ci si reca quando si vuole, si stringono mani, si getta uno sguardo, si scambia una parola, si stringono rapporti.
Un luogo in cui si intessono relazioni.
Ad un anno di distanza, aggiungo il mio personalissimo bilancio (parziale, ovviamente): credo che la rete mi abbia permesso di capire molte più cose di quante ne avessi capite in vent'anni. Vi ho conosciuto persone, davvero, nel senso che le ho conosciute profondamente; ho dato volti a persone di cui conoscevo solo il nick; ho conosciuto realmente persone che pensavo di conoscere ed ho scoperto di non conoscere altre che pensavo di conoscere. Ho conosciuto persone vere e persone che preferiscono nascondersi dietro finti profili (problemi loro). Ho salutato fugacemente persone che difficilmente rivedrò nella mia vita. Ho centellinato le mie presenze sui blog altrui per il timore di essere invadente. Talvolta mi sono astenuta dal commentare, altre ho (per mio costume) rinunciato a rincorrere chi percepivo infastidito.
Insomma, un mondo che ha poco di virtuale e molto di reale.
E dunque: che bilancio ne traggo?
In quest'epoca di commercializzazione del nulla, in cui siamo tutti clienti di qualcuno, saprei già cosa fare. Se fossi un guru del marketing farei di tutto per accedere a questa enorme mole di dati sulla nostra personalità: per ciascuno di noi saprei già quale prodotto confezionare.
E, in fondo, non è detto che non sia già accaduto.

 

 
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